Storia naturale del pollo di razza leccese
Messaggio da leggereda Bayard » lun 9 apr 2012, 9:14
Cantato per le sue penne caudali turchine, immortalato sui
piatti della ceramica grottagliese e cutrofianese, forgiato come banderuola sui
tetti dei nostri centri storici, il gallo nostrano e la sua fida compagna dalle
inesauribili uova bianche hanno un interessante passato zootecnico. I polli
locali, quelli che razzolavano sulle aie delle masserie salentine, erano
bestiole variopinte e vivaci:«Bella, petulante e randagia», scriveva della
gallina di Terra d’Otranto un periodico (“Cultura avicola”) agli inizi del
‘900. Erano creature errabonde e pellegrine dei prati, delle stoppie e dei
querceti; la femmina in particolare era una lavoratrice instancabile, un po’
come gli industriosi abitanti di questa terra. Galli e galline di razza Leccese
- ma anche gli altri reinventati dall’autarchia di regime negli anni ’30 come
la Nera di Foggia - si erano accattivati meritati elogi da tutti gli agronomi
italici: dagli antichi romani Varrone e Columella fino ai contemporanei
Bonadonna e Jovino. Le galline salentine, in effetti, erano tanto amorevoli
nell’accudire i loro pulcini quanto grandi dispensatrici di uova e di carne.
Questa varietà è stata talmente importante per l’economia delle classi povere
da essere stata immortalata nei canti popolari e nelle filastrocche di cui è
protagonista.
Per lunghi decenni i domestici pennuti di Terra d’Otranto
sono stati dati per estinti: spodestati già a partire dal secondo dopoguerra
dai cosiddetti broiler industriali, cioè dagli ibridi americani di grandi
dimensioni e dalle uova dal guscio bruno erroneamente considerate più genuine
delle vecchie e candide sfere ovoidali che le nonne applicavano, ancora tiepide
della deposizione, sugli occhi dei nipotini per guarirli dalle più svariate
oftalmie, essi in realtà non erano del tutto annientati. Poche decine di
relitti zoonomici erano sopravvissuti nei poderi e nelle corti e oggi sono al
centro di un’importante progetto di recupero da parte di un gruppo di ricerca
sostenuto dalla Coldiretti provinciale e composto da dottori agronomi, storici
della scienza, medici veterinari, allevatori e semplici amatori: tutti uniti
dalla passione nel ritrovare e moltiplicare questa pregevole razza avicola
mediterranea.
La storia scientifica e zootecnica del pollo Leccese è tutta
da riscrivere. Tuttavia si sa per certo che nel 1931, nelle campagne
immediatamente circostanti il capoluogo, tecnici ministeriali raccolsero e
misero a incubare centinaia di uova. A partire dagli esemplari nati da quella
schiusa, la razza fu quindi «purificata» e selezionata presso il locale pollaio
provinciale, che era nient’altro che un allevamento annesso agli orti
dell’Istituto Tecnico Agrario “G. Presta”. Ma, ahimé, avvenne proprio qui il
primo inciampo in un destino erroneamente ritenuto avviato verso le «magnifiche
sorti e progressive» dell’economia rurale: l’errore dei tecnici «autarchici» fu
quello di prendere in considerazione soltanto esemplari provenienti dalla
costellazione di piccole e grandi masserie che sorgevano nella cintura
periferica di Lecce, soprattutto quelle limitrofe alla scuola agraria,
escludendo le popolazioni avicole allevate nel resto della provincia e in
quelle di Brindisi e Taranto. Comunque sia, le caratteristiche produttive del
pollo leccese degne di nota erano fondamentalmente due: la discreta precocità
di sviluppo (a 5-6 mesi maschie femmine erano pronti per la riproduzione) e la
bontà ed economicità delle carni (per le classi sociali subalterne quella di
pollo era sovente, in quegli anni, l’unica carne dal prezzo accessibile). Le
uova invece, secondo quando ebbero modo di scrivere alcuni autori, restavano
piuttosto piccole qualunque tentativo si fosse fatto per migliorarne il peso e
le dimensioni. La razza Leccese venne poi distinta in due sottorazze: una detta
‘moresca’, di piumaggio perniciato e molto scuro; l'altra detta ‘isabella’,
dalle tinte più tenui (beige nei pettorali della femmina e dalla mantellina
ruggine-dorata nel maschio). Ma, a detta di molti anziani intervistati, il fenotipo
classico era quello con il piumaggio cuculo/barrato bianco-grigio. La Leccese,
tipica razza di polli mediterranei con zampe gialle, orecchioni bianchi, cresta
semplice assai sviluppata e grossomodo rettangolare, ricadente su un lato della
testa della femmina nella stagione della deposizione, si conferma oggi animale
rustico; pulcini e adulti resistono alle malattie, al caldo e al freddo; la
gallina conserva l’istinto della cova; i galli sono formidabili razzatori. La
coda è piuttosto rialzata con falciformi poco sviluppate; nell'insieme,
l'aspetto dell’animale è slanciato.
C’è da dire, però, che contemporaneamente alle indagini che
nel ventennio fascista svolgevano i tecnici del pollaio provinciale leccese, un
altro studioso, il ricco possidente Raffaello Garzìa, ne conduceva un’altra
nella propria masseria di Torre Pinta: la sua selezione portava presto ad un
tipo di pollo molto diverso, decisamente dalla taglia pesante (il gallo pesava
anche più di 4 Kg), dalle zampe color ardesia, ancora una volta con dimorfismo
dei caratteri tra maschio e femmina, orecchioni bianchi pronunciatissimi, e
infine con uova candide del peso anche superiore a 70 g. Il progetto di Garzìa
era quello di un pollo a duplice attitudine, che producesse cioè un maggior
quantitativo di carne ma anche di uova, queste ultime ben più grosse di quelle
intorno alle quali naufragavano gli sforzi di miglioramento operati dai tecnici
ministeriali. Come mai questa differenza tra i due tipi di pollo? Probabilmente
alla razza di Garzìa, che polemizzava nei suoi scritti con la scuola
autarchica, contribuiva un insanguamento di polli Minorca. Anche i discendenti
di questi esemplari sono stati trovati durante l’indagine in corso, ma i
responsabili del progetto preferiscono essere cauti nell’inserirli per ora nel
loro studio.
L’indagine scientifica avviata un anno fa a cura di questo
gruppo eterogeneo di ricercatori è apparsa così persuasiva da meritare da
subito il sostegno finanziario della Coldiretti e della Camera di Commercio di
Lecce attraverso la fiducia convinta dei loro presidenti, rispettivamente
Vincenzo Tremolizzo e Alfredo Prete. La ricerca ha avuto luogo in un territorio
della provincia limitato, per il momento, ai comprensori rurali di Soleto,
Otranto, Miggiano, Galatina e Gallipoli. Le uova reperite sono state messe in
incubatrice nell’autunno 2005 e nell’estate 2006 e hanno visto nascere un
centinaio di pulcini rispondenti alle caratteristiche morfologiche del pollo di
tipo mediterraneo immortalato dalle foto degli anni ’30. L’obiettivo dichiarato
dei tre animatori di questa benemerita iniziativa, il dottore veterinario
Vittorio Alba, il dottore agronomo Sergio Falconieri e lo storico della scienza
Gino L. Di Mitri, è la costituzione di un presidio allevatoriale presso
l’azienda Gaia di Corigliano d’Otranto che possa poi distribuire gli esemplari
salvati dall’estinzione agli agricoltori salentini, e così favorire il
ripristino di una razza importante nella storia della civiltà rurale della
nostra provincia. I risultati della ricerca sono stati presentati il 16
dicembre scorso in una riuscitissima giornata di studio al Castello “Delli
Monti” di Corigliano organizzata dalla Coldiretti in partnership con Gaia, e
sotto il patrocinio dell’Assessorato alle Risorse Agricole della Regione
Puglia, dell’Amministrazione Provinciale di Lecce, del Comune di Corigliano e
dell’Unione della Grecìa Salentina.
ALLEGATI
Un superbo esemplare di gallo di razza leccese proveniente dagli allevamenti della Azienda Agricola Gaia di Corigliano d'Otranto.
Gallo leccese razza Raffaello Garzia.jpg
Il supergallo di Raffaello Garzia.
Gallina leccese razza Raffaello Garzia.jpg
Gallina della varietà leccese selezionata negli anni '40 da
Raffaello Garzia.
Coppia di avicoli di razza leccese, varietà isabella,
fotografati nell'autarchico pollaio provinciale di Lecce a metà anni '30.
leccesebarrato.JPG
Un giovane maschio di razza lecceze, varietà barrata grigia
morescaannitrenta1.JPG
Gallo e gallina di razza leccese, varietà moresca,
fotografati nel pollaio provinciale di Lecce alla metà degli anni '30.
Maximam naturae venator reverentiam debet
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Bayard
Iscritto il: dom 1
apr 2012, 15:35
età: 54
prov.: LE
Raffaello Garzia, gentiluono salentino di campagna
Messaggio da leggereda Bayard » lun 9 apr 2012, 9:19
Fonte: http://forum.biscusoarmitalia.com/viewtopic.php?f=68&t=433
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