Siccità,
desertificazione e leggerezze pericolose: quando le parole pesano più
della crisi
Autore: Antonio Bruno
Istituzione: Associazione dei
Laureati in Scienze Agrarie e Forestali della Provincia di Lecce
Negli ultimi giorni, in merito al crollo del 30% della raccolta
del pomodoro in Capitanata, sono circolate dichiarazioni che
rischiano di banalizzare uno dei problemi più complessi e drammatici
per l’umanità: la perdita di acqua dolce.
Il presidente di Coldiretti Foggia, Marzio De Matteo,
ha denunciato giustamente la mancata campagna irrigua e l’aumento
dei costi di produzione. Tuttavia, quando le soluzioni si fermano
alla logica di un mercato che non remunera adeguatamente gli
agricoltori, si rischia di restringere un tema epocale a una
questione di prezzi, mancando completamente la portata planetaria del
problema.
Ancora più insidiose sono le parole dell’europarlamentare
M5S Valentina Palmisano, che attribuisce la desertificazione
pugliese a “decenni di scelte agricole errate” e propone come
soluzione un “cambio di modello produttivo” fondato su qualità e
tradizione, citando olio e vino come esempi. Dichiarazioni di questo
tipo, pur animate da buone intenzioni, risultano scientificamente
fragili e politicamente fuorvianti: riducono la
desertificazione a una conseguenza di cattive pratiche locali,
ignorando del tutto i dati globali sulla perdita irreversibile di
riserve idriche.
Un recente studio internazionale guidato da Jay
Famiglietti (Arizona State University), basato su 22
anni di osservazioni satellitari (2002–2024), ha
dimostrato che:
Il 68% della perdita di acqua dolce nel mondo è
dovuto all’esaurimento delle falde acquifere per l’agricoltura
intensiva.
Dal 2015, il contributo di queste falde allo innalzamento
dei mari ha superato quello delle calotte glaciali di Groenlandia e
Antartide, con quasi 1 mm/anno di aumento.
Le aree colpite comprendono l’Europa occidentale e il
Mediterraneo, quindi anche l’Italia, inserite in una fascia
continua di “mega-essiccazione” che si estende
fino alla Cina settentrionale.
In questo contesto, parlare di “qualità” o di “ritorno a
produzioni tipiche” come risposta alla desertificazione è
pericoloso, perché offre ai cittadini l’illusione
che bastino ricette locali per affrontare una catastrofe globale.
Gli scienziati sono chiari:
“Stiamo spostando l’acqua nella direzione
sbagliata” (M. Shirzaei, Virginia Tech).
“È fondamentale distinguere fra effetti climatici
ed effetti antropici” (B. Cook, Columbia University).
Per Famiglietti, si tratta del “messaggio più
drammatico sull’impatto del cambiamento climatico fino ad oggi”.
Le dichiarazioni di chi ricopre ruoli istituzionali – come
Palmisano a Bruxelles o De Matteo nel mondo agricolo – hanno un
peso enorme. Proprio per questo devono poggiare su basi scientifiche
solide, non su semplificazioni che possono deviare l’attenzione
dell’opinione pubblica e delle istituzioni da ciò che davvero sta
accadendo: la Terra sta perdendo acqua dolce a ritmi che
minacciano la sopravvivenza di interi ecosistemi e della stessa
agricoltura.
Quando si affrontano temi così delicati senza preparazione
adeguata, non si commette solo un errore di comunicazione: si
contribuisce a costruire una percezione distorta del problema,
rallentando l’adozione di politiche serie e coordinate a livello
globale. E in una crisi idrica mondiale, ogni ritardo equivale a
peggiorare le condizioni di vita delle generazioni future.
Di seguito l'articolo apparso sulla
stampa locale:
Si aggrava il bilancio della raccolta
del pomodoro che sconta
pesanti tagli a causa della siccità che si aggirano al momento
su oltre il 30% in meno della
produzione, con il conseguente auspicato rialzo dei prezzi
che comunque non vanno a remunerare gli sforzi degli agricoltori
in questa campagna critica per la mancanza di acqua.
La stima arriva da Coldiretti
Puglia, che stila un bilancio di
metà percorso della raccolta di
pomodoro a Foggia dove si coltiva quasi 1/5 (19) dell’intero
raccolto nazionale.
Alle difficoltà in campagna
nelle fasi di trapianto e di gestione delle colture a causa della
mancanza d’acqua, per cui
alcune aziende agricole sono
state costrette ad abbandonare
interi ettari, per concentrare le
scarsissime risorse idriche solo su parte della produzione ed
evitare così di perdere tutto il
raccolto - insiste Coldiretti Puglia - si aggiunge l’aumento dei
prodotti energetici e delle materie prime che si riflette sui
costi di produzione del pomodoro superiori del 30% rispetto alle
medie storiche, anche per il
caro carburanti e il gap delle infrastrutture logistiche di
trasporto.
La Puglia che è il principale
polo della salsa Made in Italy
nel Mezzogiorno con quasi
18mila ettari concentrati per
l’84% proprio a Foggia, che è
leader nel comparto – dice Coldiretti Puglia - con 3.500
produttori di pomodoro che coltivano mediamente una superficie di 32
mila ettari, per una
produzione di 20 milioni di
quintali ed una P.L.V. di quasi
180.000.000 euro. Dati ragguardevoli se confrontati al resto
d'Italia con i suoi 55 milioni
di quintali di produzione e i
95mila ettari di superficie investita
«Alle difficoltà oggettive di
portare avanti la produzione
con la siccità - dice il presidente di Coldiretti Foggia, Marzio
De Matteo – si aggiunge la criticità di una campagna irrigua
mai realmente partita. Il drastico calo della produzione comporta
un rialzo dei prezzi riconosciuti al pomodoro, che comunque coprono a
malapena i
costi di produzione e non vanno certamente a compensare
gli investimenti fatti dagli agricoltori che non sono andati a
buon fine».
In tutto ciò si inserisce il fenomeno dell’import di derivati
del pomodoro dalla Cina che
interessa ormai tutta l’Europa.
Per tutelare le imprese agricole italiane già colpite dagli
effetti dei cambiamenti climatici occorre garantire una piena
valorizzazione del prodotto nazionale attraverso le leve della
distintività, del legame con il territorio, della qualità. Ciò
sarà
possibile solo attraverso un sistema di etichettatura di origine
obbligatorio a livello Ue e la
garanzia del principio di reciprocità delle regole sanitarie e
sociali, a tutela di imprese e
consumatori. Una battaglia
che Coldiretti sta portando
avanti attraverso una proposta
di legge di iniziativa popolare
lanciata lo scorso anno al Brennero.
«Il crollo del 30% nella raccolta del pomodoro in Capitanata è
solo la manifestazione
più visibile di un problema
strutturale che da troppo tempo viene ignorato: la
desertificazione», ha commentato l’europarlamentare M5s Valentina
Palmisano. «Nel mio intervento in plenaria al Parlamento Europeo nei
mesi scorsi, ho
ricordato come quasi il 40%
del territorio pugliese sia già a
rischio, secondo studi consolidati. Non siamo di fronte solo
ad un'emergenza climatica, anche a decenni di scelte agricole
errate, che hanno progressivamente impoverito i suoli e messo a
dura prova gli equilibri
ambientali della nostra regione».
La europarlamentare sottolinea come «la risposta non può
che essere quella indicata dalla
scienza: un cambio di modello,
che riporti al centro la qualità
delle produzioni, come l'olio e
il vino pugliese, e la capacità di
rigenerare il suolo, invece di
consumarlo. L'Europa deve farsi carico di questa trasformazione,
sostenendo i territori
più fragili con politiche agricole lungimiranti».