martedì 22 ottobre 2024

Intervista al Dott. Antonio Bruno, agronomo sulla necessità di conservare la biodiversità


 Intervista al Dott. Antonio Bruno, agronomo sulla necessità di conservare la biodiversità

Giornalista: Dott. Bruno, la COP16 sulla biodiversità si è appena aperta a Cali, in Colombia. Quali sono le aspettative principali per questo vertice internazionale?

Dott. Antonio Bruno: La COP16 rappresenta un momento cruciale per la conservazione della biodiversità globale. L'obiettivo principale è mettere in sicurezza il 30% delle terre emerse e dei mari incontaminati entro il 2030. Questo impegno, preso nella precedente COP15 di Montreal, è essenziale per contrastare la drammatica perdita di biodiversità che stiamo vivendo. Secondo il Programma delle Nazioni Unite per l'ambiente, stiamo affrontando la più grande estinzione di specie dai tempi dei dinosauri, con circa un milione di specie a rischio. La sfida ora è tradurre questi obiettivi in azioni concrete, trovare le risorse economiche necessarie e assicurare che tutti i Paesi, soprattutto quelli in via di sviluppo, possano partecipare attivamente.

Giornalista: Uno degli aspetti più critici è proprio il finanziamento. Cosa può dirci al riguardo?

Dott. Antonio Bruno: La questione finanziaria è, senza dubbio, uno degli ostacoli più complessi da superare. I Paesi ricchi hanno promesso di investire almeno 20 miliardi di dollari all'anno entro il 2025 e 30 miliardi entro il 2030 per sostenere la conservazione della natura nei Paesi in via di sviluppo. Ma a oggi, solo una minoranza dei 196 Paesi firmatari dell'accordo ha presentato delle strategie chiare per raggiungere questo obiettivo. È fondamentale che si sviluppino meccanismi trasparenti su come verranno gestiti questi fondi, chi avrà accesso e come si potrà garantire che i soldi vengano utilizzati in modo efficace per proteggere la biodiversità.

Giornalista: Perché è così importante che l’Occidente sostenga finanziariamente i Paesi più poveri in questa lotta?

Dott. Antonio Bruno: La risposta a questa domanda è strettamente legata al concetto di giustizia ambientale. Molti Paesi occidentali hanno costruito la loro ricchezza sfruttando le risorse naturali di Paesi più poveri. Come ha sottolineato l'ecologo David Obura, è ora che l’Occidente restituisca qualcosa a quelle nazioni. Non si tratta solo di una questione economica, ma anche di equità: i Paesi in via di sviluppo sono spesso quelli con la più grande ricchezza di biodiversità e allo stesso tempo i più vulnerabili ai cambiamenti climatici e alla distruzione ambientale.

Giornalista: Clima e biodiversità sono spesso affrontati in conferenze separate. Non sarebbe più efficace unire gli sforzi?

Dott. Antonio Bruno: È una domanda che molti si pongono, e con ragione. Clima e biodiversità sono strettamente interconnessi. Non possiamo risolvere la crisi climatica senza proteggere la biodiversità e viceversa. Entrambi questi temi sono stati al centro dell’attenzione internazionale fin dal Summit della Terra di Rio de Janeiro nel 1992, e molti osservatori sostengono che affrontarli separatamente rischia di limitarne l’efficacia. Tuttavia, anche se le conferenze restano distinte, è importante che i governi e le organizzazioni coinvolte comprendano questa interconnessione e agiscano di conseguenza.

Giornalista: Guardando oltre la COP16, cosa si aspetta dai prossimi appuntamenti internazionali, come la COP29 sul clima a Baku e la COP30 a Belem?

Dott. Antonio Bruno: La COP29 a Baku sarà altrettanto cruciale, soprattutto perché si concentrerà sulla finanza climatica, un tema centrale per i Paesi in via di sviluppo. Tuttavia, ci sono preoccupazioni legate alla partecipazione: diversi leader mondiali potrebbero non essere presenti, il che rischia di indebolire il vertice. Le elezioni presidenziali negli Stati Uniti potrebbero influenzare le politiche climatiche americane, un fattore che pesa molto sulla riuscita di questo incontro. Detto ciò, molti guardano già alla COP30, che si terrà nel cuore dell’Amazzonia, in Brasile. Sarà un vertice simbolicamente e strategicamente importante: lì si capirà davvero se il mondo è pronto a mantenere l'impegno di limitare il riscaldamento globale.

Giornalista: In conclusione, quale messaggio vorrebbe lanciare ai governi e alle persone in merito alla biodiversità?

Dott. Antonio Bruno: Il messaggio è chiaro: proteggere la biodiversità non è solo una questione ecologica, ma anche sociale ed economica. La perdita di biodiversità minaccia le basi della nostra esistenza e della nostra prosperità. È una responsabilità collettiva che riguarda tutti noi, dai governi alle comunità locali, fino ai singoli cittadini. Abbiamo le conoscenze e le risorse per fare la differenza, ma dobbiamo agire ora, prima che sia troppo tardi.

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