giovedì 4 luglio 2024

L'allevamento degli ovini Karakul nel Salento

 









L'allevamento degli ovini Karakul nel Salento

Non so quale impressione abbia prodotto nell'animo dei nostri Allevatori il mio precedente scritto dal titolo "L'Ariete Karakul nel Salento", pubblicato su questa simpatica Rivista, con tanta amorevole cura, diretta dall'Illustre Prof. Cav. Uff. Attilio Biasco. Penso, però, che, nell'interesse di tutti, dopo la rosea esposizione da me fatta, occorra, pure, esaminare attentamente il rovescio della medaglia per evitare possibili e non poche delusioni alle quali si può andare inesorabilmente incontro, se non si terrà giusto conto di quanto sarò ancora per dire.

Agnella all'età di giorni 15-1 Incrocio Karakul Leccese nera

Allevamenti Comm. Dott. Raffaello Garzia

Innanzi tutto, bisogna tenere ben presente che la razza Karakul, traendo origine da regioni a noi molto lontane e costituita da elementi naturali ed atmosferici assai diversi dai nostri, il primo e più grave inconveniente che gli Allevatori dovranno superare sarà quello dell'acclimatazione. Non vi è certo chi non sappia, infatti, come tale fenomeno se non sia trionfalmente superato, rappresenti la causa fondamentale di limitata fecondità, di gravissime malattie e della stessa perdita dei soggetti pagati spesso a peso d'oro!

È, quindi, assolutamente necessario che coloro i quali vogliano darsi a un allevamento qualsiasi, e a questo in modo particolare, siano molto cauti nella scelta dei soggetti e stiano più che attenti sulla provenienza dei loro riproduttori, sulla loro costituzione fisica, sulla loro resistenza organica.

Né ciò basta. È anche necessario che ciascuno ponga al proprio passivo somme non lievi, dipendenti da perdite, a volte dell'intero capitale, il che può costringere, dopo pochi mesi, di dovere ricominciare di bel nuovo, con enorme, incalcolabile dispendio e con l'immensa difficoltà di sostituire i propri riproduttori con altri soggetti che, per quanto apparentemente forti, non danno maggiori garanzie di quelli precedentemente perduti! Il fenomeno dell'ambientamento rappresenta, infatti, un gioco a mosca cieca, per cui l'allevatore, per quanto esperto ed oculato, non sa, il più delle volte, come potrà uscirne.

E passiamo ad altro. Accanto alle gravissime difficoltà dell'ambientamento esistono fatti patologici, non sempre apparentemente constatabili, specialmente nel periodo di incubazione, che possono dar luogo a vastissima mortalità per il loro carattere infettivo e parassitario. Tali malattie, di cui i nostri greggi sono finora esenti, e guai ad introdurle nella nostra regione, provengono principalmente da pascoli infetti messi a disposizione dei greggi esotici. Alcune di esse colpiscono l'apparato gastro-intestinale, altre i bronchi e i polmoni. Tutte sono ugualmente gravi, di difficilissima cura e conducono inesorabilmente alla morte, distruggendo perfino interi greggi. Si richiede, quindi, anche per questo, ogni prudenza nell'acquisto di simili ovini e, più specialmente, grande, ben fondata fiducia nella provenienza.

Altro importantissimo punto da dover tenere ben presente sarà la scelta dei riproduttori. È necessario che essi siano purissimi dal punto di vista della razza, altrimenti ogni somma impiegata per il loro acquisto sarà buttata, senz'altro, al vento! Non è, però, facile assicurarsi della purezza dei soggetti, specialmente se acquistati a distanza, per semplice corrispondenza. Ma anche da vicino si può cadere facilmente in errore, tenendo presente, come già dissi nel mio precedente scritto, che i meticci dalla quinta generazione in poi hanno quasi tutti i caratteri del puro sangue. E se l'apparenza potrà, quasi indiscutibilmente, ingannare, all'amara prova l'acquirente subirà le più dure delusioni e i maggiori danni! Non bisogna dimenticare che l'Ariete Karakul deve essere assolutamente e sicuramente puro sangue. Qualsiasi transazione su questo importantissimo, capitale punto farà tornare sempre più indietro nelle successive generazioni.

Un ultimo consiglio sento di dover dare ai futuri allevatori: quello di non iniziare l'allevamento senza prima aver curato di fornirsi di uno scelto gregge di vere pecore leccesi nere, oggi in buona parte alterate nei loro migliori caratteri da precedenti irrazionali incroci. Agendo diversamente si impiegherebbe inutilmente un capitale non lieve nell'acquisto di un Ariete Karakul, riuscendo a fare soltanto un buco nell'acqua!

Non ho voluto con quanto ho detto scoraggiare completamente i futuri allevatori di razze Karakul nel Salento, ma ho ritenuto mio dovere mettere in guardia sui maggiori e più importanti pericoli coloro che si dessero a importare riproduttori senza i necessari accorgimenti, senza la più sicura perizia. Così facendo, essi sarebbero causa di danni gravissimi a se stessi e alla collettività, invece di contribuire efficacemente a sollevare la nostra bilancia agricolo-commerciale dal peso delle importazioni estere!

Raffaello Garzia


 


Di alcune cause e rimedi della saltuaria e scarsa produttività degli oliveti

 Di alcune cause e rimedi della saltuaria e scarsa produttività degli oliveti




In questo periodo in cui facile è l'alzarsi delle lamentele di agricoltori delusi per la mancanza, o la scarsezza, o le deficienti sanità e resa in olio del raccolto, è ben adatto richiamare l'attenzione di essi su alcune delle cause che le determinano e sui rimedi necessari.

Innumerevoli olivicoltori hanno radicata in mente l'idea che l'ulivo non possa produrre se non ogni due anni, bene inteso, quando non vi siano avversità speciali che ne rendano ancor più lunga l'aspettativa. Essi giustificano l'alternanza della produzione come in tutto dipendente dal fatto che in seguito ad un buon raccolto rimangano spossate le piante e perciò le vermene non abbiano la capacità di portarne nuovamente dell'altro copioso e ben nutrito.

A parte le inclemenze stagionali, che nelle Puglie ed in Lucania spiegano la loro nociva azione più che in altre regioni olivicole italiane, l'improduttività, la scarsezza e l'alternanza della produzione di molti oliveti dipendono dal non volere e non saper mettere le piante nelle condizioni di non esaurire le riserve di sostanze da esse elaborate, immagazzinate e distribuite nei diversi organi.

L'opera della potatura ed il sussidio delle concimazioni adeguate, portano in seno alle piante energie eccedenti il bisogno della buona nutrizione dei frutti, siano pur essi abbondanti, energie che vengono anche usufruite dai rametti fruttiferi del venturo anno per il loro normale sviluppo.

In diverse località intercorrono serie di 4, 5, 6 anni prima che si compia la rimonda. Negli ulivi trascurati i rami fruttiferi non sono regolarmente vestiti di rigogliose fronde; essi presentano nuda la base, scarsa anche di gemme e solo la cima, incapace di accrescersi, presenta un ciuffetto di anemiche foglie.

Quivi le piante acquistano il carattere cespuglioso, per il disordinato sviluppo in larghezza anziché in altezza. Con le due cure essenziali della potatura e della concimazione razionali, insieme ai lavori del terreno, annualmente e previdentemente applicate, subito dopo la raccolta delle olive e mai oltre il mese di marzo, si procurerà una più redditizia olivicoltura.

Caso per caso, dall'esame delle condizioni ambientali di clima e terreno, delle varietà coltivate, dello sviluppo delle piantagioni, della esecuzione dei lavori, del valore delle varie sostanze concimanti, calcolato in base al prezzo delle unità fertilizzanti contenute, le Istituzioni agrarie locali ed in ispecie le Cattedre ambulanti di agricoltura, potranno dare i più giusti consigli al premuroso agricoltore.

Numerose esperienze, ripetute anche nei luoghi più ingrati della nostra regione, han chiaramente dimostrato che la potatura razionale e la concimazione fosfo-potassico-azotata, hanno elevato e stabilizzato la produzione degli oliveti trattati.

Non solo, ma hanno anche elevato la resa in olio delle olive e migliorato la qualità di esso ed ancora, hanno reso le piante ed il prodotto più resistenti e meno attaccabili dalle avversità parassitarie.

Il valore medio delle produzioni di tali oliveti è stato sempre molto più alto e remunerativo, da sorpassare spesso del doppio quello della produzione degli oliveti vicini di controllo.

L'olivicoltura è uno dei più importanti settori dell'agricoltura nazionale. Per la nostra regione essa dovrebbe stare molto vicina alla viticoltura e beneficiare analogamente delle attenzioni che a questa si prodigano, specialmente ora che le numerose provvidenze del Governo Nazionale han difeso e valorizzato il prodotto oleario.

Dott. Sava Salvatore

mercoledì 3 luglio 2024

Le Cantine Sociali nella Provincia di Lecce nel 1895

 

Le Cantine Sociali nella Provincia di Lecce nel 1895



Nel 1895, la provincia di Lecce presentava un paesaggio unico e caratteristico, dominato da pianure immense e vaste distese di vigneti. Il Salento, secondo solo alla Sicilia, si distingueva per la sua coltivazione estensiva della vite, una pianta tanto amata per il suo tronco rugoso e serpentino, e per i pampini verdeggianti che profumavano l'aria e producevano un'uva deliziosa. Tuttavia, nonostante questa apparente ricchezza, la realtà economica della viticoltura salentina era ben diversa.

La Crisi Vinicola

La coltivazione intensiva dei vigneti, esplosa dopo la devastazione dei vigneti francesi ad opera della fillossera, era inizialmente motivata dalla speranza di soddisfare la domanda di vino d'oltre Alpi. Tuttavia, quando la Francia riuscì a ricostituire i propri vigneti e cessò le relazioni commerciali con l'Italia, la produzione vinicola salentina si trovò in crisi. Il mercato si saturò e i viticoltori dovettero confrontarsi con la dura realtà di un'offerta che superava di gran lunga la domanda.

La Necessità di Innovazione

Per rispondere a questa crisi, fu chiaro che la produzione vinicola dovesse subire una trasformazione radicale. Il problema principale risiedeva nel fatto che la maggior parte del vino prodotto nel Salento veniva venduto allo stato di mosto o come vino da taglio, senza essere adeguatamente affinato o valorizzato. I produttori locali non possedevano le conoscenze enologiche necessarie né i mezzi per migliorare la qualità del vino e spesso vendevano il prodotto al primo compratore disponibile, generalmente commessi viaggiatori piemontesi o lombardi.

Le Cantine Sociali: Una Soluzione Collettiva

La soluzione proposta era la costituzione di consorzi enologici o Cantine Sociali. Queste associazioni avrebbero avuto il compito di affinare i vini prima di esportarli, producendo vini di alta qualità destinati al consumo diretto. Si sarebbe trattato di un’impresa collettiva, che richiedeva la cooperazione delle individualità più intelligenti e coraggiose della regione, disposte a investire nella nuova industria enologica.

Benefici delle Cantine Sociali

I vantaggi delle Cantine Sociali erano evidenti: la produzione di vini di qualità superiore avrebbe permesso di accedere a nuovi mercati esteri, stabilendo il Salento come un importante centro di produzione vinicola a livello mondiale. I vini salentini, prodotti in condizioni favorevoli di suolo e clima, avevano il potenziale per competere con quelli delle regioni più rinomate come la Borgogna e il Bordeaux.

Problemi Attuali e Potenziali Miglioramenti

Nonostante il grande potenziale, la situazione vinicola nel Salento del 1895 era ancora segnata da pratiche agricole e produttive arretrate. Molti viticoltori, ignorando i principi basilari della chimica enologica e dell’enotecnia, continuavano a utilizzare metodi primitivi per la produzione del vino. La mancanza di strutture adeguate per l'affinamento e la conservazione del vino portava spesso a grandi perdite economiche.

Inoltre, l’epoca della vendemmia non veniva scelta con criterio, il che comprometteva ulteriormente la qualità del prodotto finale. La fermentazione e l'imbottamento seguivano metodi empirici e variabili, con scarsa attenzione alla standardizzazione e alla qualità costante.

Conclusione

L'istituzione delle Cantine Sociali rappresentava una soluzione necessaria e lungimirante per affrontare le sfide della viticoltura salentina. Con l'unione delle risorse e delle competenze, i viticoltori avrebbero potuto migliorare la qualità dei loro vini, accedere a nuovi mercati e trasformare il Salento in una regione vinicola di prestigio internazionale.

Antonio Bruno

 

Bibliografia

La provincia di Lecce (1895:A. 1, apr., 26, fasc. 1)