venerdì 20 settembre 2024

Intervista al Dottore Agronomo Antonio Bruno: Riflettere sul nostro futuro ambientale e sociale

 

Intervista al Dottore Agronomo Antonio Bruno: Riflettere sul nostro futuro ambientale e sociale


Intervistatore : Dottor Bruno, nel suo scritto "Vogliamo vivere in delle bolle artificiali?" emerge una riflessione molto profonda sulla nostra relazione con l'ambiente e sulle scelte che stiamo facendo in merito al nostro futuro. Cosa intendi quando si parla di "nicchia ecologica" e del rischio che questa sia limitata alla città o all'Italia stessa?

Antonio Bruno : Quando parlo di "nicchia ecologica", mi riferisco allo spazio che ogni essere vivente occupa e percepisce nel suo ambiente. È un concetto che include tutto ciò che riteniamo rilevante per la nostra esistenza. Se un bambino cresce solo in città, la sua percezione del mondo sarà confinata a quell'ambiente urbano. Non sarà in grado di comprendere realmente cosa significa vivere fuori da quel contesto, perché non fa parte della sua "nicchia". Lo stesso vale per chi pensa che l'Italia, o una qualsiasi regione circoscritta, sia il tutto del nostro mondo. Ma la nostra nicchia ecologica non è solo lo spazio fisico che occupiamo, è anche il mondo che contribuiamo a creare, con le nostre decisioni e le nostre azioni.

Intervistatore : Lei menziona il pensiero di Humberto Maturana, secondo cui "siamo generatori dei mondi che abitiamo". Potresti approfondire questo concetto?

Antonio Bruno : Maturana ci ricorda che il mondo non esiste come qualcosa di indipendente da noi. Noi creiamo il mondo attraverso le nostre interazioni, i nostri pensieri, le nostre scelte. Siamo responsabili di quello che costruiamo e delle conseguenze che ne derivano. Questo vuol dire che abbiamo il potere e la responsabilità di scegliere come sarà il mondo in cui vogliamo vivere. Possiamo generare mondi sostenibili, rispettosi della biosfera, oppure possiamo creare mondi artificiali, dove la natura è ridotta a una simulazione, a un ambiente in cui non c'è più spazio per la vita come la conosciamo oggi.

Intervistatore : In che modo le nostre decisioni attuali in materia di ambiente potrebbero portare a un mondo artificiale, come descritto nel suo testo?

Antonio Bruno : Le nostre decisioni hanno il potenziale di modificare radicalmente l'ambiente in cui viviamo. Se continuiamo a sfruttare le risorse naturali senza limiti e senza una reale consapevolezza delle conseguenze, potremmo trasformare il pianeta in una sorta di "luna" artificiale, come lo definisco nel mio scritto. Un luogo dove gli esseri umani vivono in capsule, producendo chimicamente il proprio cibo, isolati dal resto della biosfera. È uno scenario estremo, certo, ma possibile se non prendiamo misure. Ma non è detto che questo debba accadere: tutto dipende dalla nostra consapevolezza e dalla velocità con cui agiamo per cambiare rotta.

Intervistatore : Quindi, secondo lei, la questione della conservazione ambientale non è solo una questione tecnica o scientifica, ma anche di desiderio e benessere?

Antonio Bruno : Esattamente. La conservazione non riguarda solo dati e argomentazioni razionali. È una questione di estetica, di benessere, di desiderio. Dobbiamo chiederci: cosa vogliamo? Vogliamo vivere in un mondo naturale, con tutte le sue complessità e bellezze, oppure vogliamo adattarci a un mondo artificiale, dove tutto è costruito e controllato? Le nostre scelte ambientali riflettono i nostri valori, ciò che consideriamo importante per il nostro futuro e il nostro benessere. Se vogliamo preservare il nostro spazio vitale naturale, dobbiamo fare scelte drastiche e immediate, anche se questo comporterà disagio per molti.

Intervistatore : Secondo lei, qual è il ruolo dell'educazione ambientale in tutto questo? Come possiamo aumentare la consapevolezza?

Antonio Bruno : L'educazione ambientale è cruciale. Deve essere presente in ogni ambito della nostra vita, non solo a scuola, ma anche nelle politiche pubbliche, nei media e nelle nostre comunità. Dobbiamo educare le persone a comprendere che le loro azioni quotidiane hanno un impatto sul mondo che abitiamo. E più questa consapevolezza crescerà, più sarà possibile prendere decisioni drastiche e collettive che, sì, causeranno disagi nel breve termine, ma che garantiranno uno spazio vivibile per le generazioni future.

Intervistatore : Alla luce di tutto ciò, come vede il futuro del nostro pianeta e delle nostre società? Dobbiamo prepararci a vivere in queste "bolle artificiali" di cui parla?

Antonio Bruno : Il futuro dipende dalle scelte che facciamo oggi. Se continuiamo su questa strada, rischiamo davvero di finire in un mondo artificiale, dove la natura sarà solo un ricordo lontano. Ma non dobbiamo rassegnarci a questa idea. Possiamo ancora invertire la rotta, se agiamo con urgenza e determinazione. La chiave è la consapevolezza: capire che siamo responsabilità del mondo che creiamo e che possiamo fare scelte diverse, scelte migliori. Non siamo condannati a vivere in bolle artificiali. Sta a noi decidere.

Intervistatore : Grazie mille, Dottor Bruno, per queste riflessioni così profonde e stimolanti. Speriamo davvero che il messaggio arrivi forte e chiaro.

Antonio Bruno : Grazie a voi. È fondamentale continuare a discutere di questi temi e a sensibilizzare quante più persone possibile. Il futuro del nostro pianeta è nelle nostre mani.

 

Intervista al Dottore Agronomo Antonio Bruno: La Sesta Estinzione e il Ruolo dell'Uomo nella Crisi della Biodiversità

 

Intervista al Dottore Agronomo Antonio Bruno: La Sesta Estinzione e il Ruolo dell'Uomo nella Crisi della Biodiversità


Intervistatore : Buongiorno, dottor Bruno. Vorrei iniziare l'intervista parlando delle estinzioni di massa che hanno segnato la storia del nostro pianeta. Possiamo spiegare brevemente cosa sono e quali sono le principali cause di queste catastrofi?

Antonio Bruno : Certamente. Le estinzioni di massa sono eventi in cui una significativa percentuale di specie viventi è stata cancellata in un breve lasso di tempo geologico. Nella storia della Terra ne abbiamo avute cinque, e si sono verificate nell'Ordoviciano, circa 440 milioni di anni fa; nel Devoniano, 365 milioni di anni fa; nel Permiano, 245 milioni di anni fa; nel Triassico, 210 milioni di anni fa; e infine nel Cretaceo, 66 milioni di anni fa. L'ultima, quella più nota, è stata la scomparsa dei dinosauri, molto probabilmente causata dall'impatto di un asteroide, che ha cambiato radicalmente il clima e aperto la strada all'era dei mammiferi. Quanto alle cause delle altre estinzioni, non le conosciamo con precisione, ma le ipotesi più accreditate includono impatti meteorici, intense eruzioni vulcaniche, la deriva dei continenti e drastici cambiamenti climatici.

Intervistatore : Un aspetto interessante che ha menzionato è l'estinzione del Permiano, che sembra essere stata particolarmente devastante. Ci può dare qualche dettaglio in più?

Antonio Bruno : Sì, l'estinzione del Permiano, avvenuta circa 251 milioni di anni fa, è probabilmente la più catastrofica tra tutte. È stato calcolato che questo evento ha portato alla perdita tra il 76 e il 96 per cento delle specie marine. Si stima che la vita, in quel periodo, sia stata sul punto di scomparire del tutto. Il mondo biologico, e in particolare gli organismi superiori, ha evitato l'estinzione totale per un soffio. È un evento che ci ricorda quanto fragile possa essere la vita su questo pianeta.

Intervistatore : Si è parlato molto recentemente dell'ipotesi di una sesta estinzione di massa. Può spiegare meglio cosa intendono i ricercatori quando parlano di questa ipotesi?

Antonio Bruno : È un'ipotesi avanzata da scienziati come Edward O. Wilson, che suggerisce che potremmo essere all'inizio di una sesta estinzione di massa. La differenza fondamentale è che questa volta la causa non sarebbe un fenomeno naturale esterno, come un asteroide o un'eruzione vulcanica, ma l'attività umana. L'uomo, il prodotto più avanzato della selezione naturale, è diventato il principale motore della perdita di biodiversità. E questo è dovuto non solo all'inquinamento, ma a un insieme di fattori che comprendono la deforestazione, il sovrasfruttamento delle risorse, la caccia indiscriminata e il cambiamento climatico provocato dalle nostre attività.

Intervistatore : Quindi l'uomo, il prodotto più avanzato della selezione naturale, sarebbe anche il principale responsabile della crisi attuale. Come si concilia questo con il nostro concetto di "progresso"?

Antonio Bruno : È una domanda che ci porta a riflettere profondamente. L'Homo sapiens ha sviluppato capacità straordinarie, ma queste capacità non sono mai state pienamente armonizzate con l'ambiente naturale. Storicamente, l'uomo si è comportato come un predatore senza limiti: i nostri antenati preistorici sterminavano completamente le prede di un territorio per poi spostarsi altrove. Questo atteggiamento predatorio si è conservato fino ai giorni nostri. Il progresso tecnologico, senza una corretta gestione delle risorse naturali, ha solo accelerato la nostra capacità di distruggere gli ecosistemi.

Intervistatore : Ritiene che ci sia una possibilità di invertire questa tendenza?

Antonio Bruno : Ci sono possibilità, ma dobbiamo agire subito. È fondamentale riconoscere che la crisi ambientale non è solo il risultato dell'inquinamento, ma di un modello di sviluppo insostenibile che mette a rischio la biodiversità su larga scala. L'uomo deve imparare a vivere in simbiosi con il suo habitat. Questo significa cambiare radicalmente il modo in cui utilizziamo le risorse naturali, ridurre l'impatto delle nostre attività e proteggere le specie a rischio di estinzione. Se riusciremo a fare questo, potremo forse evitare la sesta estinzione di massa. Ma il tempo è limitato.

Intervistatore : Le sue parole sono un monito chiaro e diretto. Cosa possiamo fare a livello individuale per contribuire a questa causa?

Antonio Bruno : Anche i piccoli gesti possono fare la differenza. Ridurre il nostro impatto quotidiano, limitando i consumi superflui, adottando stili di vita più sostenibili, promuovendo la consapevolezza ambientale e sostenendo politiche che favoriscono la protezione della biodiversità. Se ognuno di noi fa la sua parte, possiamo contribuire a creare un cambiamento più ampio. Ma è anche cruciale esercitare pressione sui governi e le industrie, affinché adottino misure efficaci e ambiziose per proteggere il nostro pianeta.

Intervistatore : Grazie, Dottor Bruno, per questa illuminante intervista. Le sue considerazioni ci offrono molti spunti di riflessione.

Antonio Bruno : Grazie a voi. È importante continuare a parlare di questi temi e mantenere alta l'attenzione. Solo così possiamo sperare di cambiare il corso degli eventi.

 

giovedì 19 settembre 2024

Intervista al Dottore Agronomo Antonio Bruno: Riflessioni sulle Recenti Calamità Naturali in Puglia

 

Intervista al Dottore Agronomo Antonio Bruno: Riflessioni sulle Recenti Calamità Naturali in Puglia


Intervistatore: Buongiorno Dottor Bruno, grazie per essere qui con noi oggi. La Puglia ha recentemente subito gravi danni a causa di un nubifragio che ha colpito in particolare la provincia di Brindisi. Qual è la situazione attuale?

Antonio Bruno: Buongiorno, grazie a voi per l'invito. La situazione è davvero critica. Le intense piogge hanno causato allagamenti in molte aree, danneggiando gravemente uliveti, vigneti e altre coltivazioni. È un momento di grande preoccupazione per gli agricoltori, che si trovano a dover affrontare perdite ingenti e difficoltà nel ripristino delle loro produzioni.

Intervistatore: Una organizzazione agricola ha attivato le verifiche tecniche per richiedere lo stato di calamità. Può spiegarci come funziona questo processo?

Antonio Bruno: Certamente. Quando si verificano eventi come questi, è fondamentale avviare un’istruttoria per raccogliere dati sui danni subiti. Questo processo è necessario per giustificare la richiesta di stato di calamità, che può attivare misure di sostegno per gli agricoltori colpiti. È un passo cruciale per ricevere aiuti economici e poter ripartire.

Intervistatore: Si parla di una tendenza alla tropicalizzazione del clima in Puglia. Quali sono le implicazioni per l'agricoltura?

Antonio Bruno: La tropicalizzazione porta a eventi meteorologici estremi, come nubifragi e grandinate improvvise. Questo crea un ambiente sempre più instabile per le coltivazioni. Gli agricoltori devono adattarsi rapidamente a queste nuove condizioni climatiche, il che richiede investimenti in tecnologie e pratiche agricole più resilienti.

Intervistatore: Quali misure potrebbero essere adottate per mitigare gli effetti delle calamità naturali e garantire un’agricoltura sostenibile?

Antonio Bruno: È fondamentale implementare un piano di gestione delle risorse idriche, che includa anche l'uso delle acque reflue depurate. Inoltre, è importante sviluppare politiche per la salvaguardia del suolo e ridurre il consumo di terreno fertile. La legge sulla protezione della destinazione agricola dei suoli è un passo nella giusta direzione.

Intervistatore: In che modo i cambiamenti climatici stanno influenzando anche il settore della pesca in Puglia?

Antonio Bruno: I cambiamenti climatici, come l'aumento delle temperature dell'acqua, stanno impattando gravemente il settore ittico. Si sono registrate diminuzioni significative nelle catture e cambiamenti nella distribuzione delle specie. È essenziale che il settore si adatti e che ci sia una collaborazione tra agricoltura e pesca per affrontare queste sfide.

Intervistatore: Cosa possono fare le istituzioni per supportare gli agricoltori in questo momento difficile?

Antonio Bruno: Le istituzioni devono prendere in seria considerazione l’opportunità di garantire un supporto immediato attraverso finanziamenti e risorse agli imprenditori agricoli, mentre ai proprietari del paesaggio rurale che hanno la maggior parte del territorio va offerta una soluzione di gestione pubblica del paesaggio rurale attraverso una costituzione di un Ente pubblico. È importante creare tavoli di discussione con gli agricoltori e i rappresentanti del settore per sviluppare strategie a lungo termine. La collaborazione tra enti di ricerca, agricoltori e istituzioni è cruciale per costruire un futuro più resiliente.

Intervistatore: Infine, quali messaggi vorrebbe trasmettere agli agricoltori pugliesi che stanno affrontando queste difficoltà?

Antonio Bruno: Volevo dire loro di non perdere la speranza. È un momento difficile, ma se si istituirà un Ente pubblico che si interessi della gestione del paesaggio rurale e con la giusta resilienza, innovazione e supporto, possiamo superare queste sfide. Dobbiamo lavorare insieme per costruire un'agricoltura più sostenibile e preparata agli eventi futuri con la consapevolezza attraverso la costituzione di Ente Pubblico perché i privati ed il libero mercato hanno dimostrato di non essere in grado di portare avanti questa missione importante.

Intervistatore: La ringrazio, Dottor Bruno, per le sue preziose informazioni e riflessioni.

Antonio Bruno: Grazie a voi per l'opportunità di parlare di temi così importanti per il nostro territorio.

 

Intervista al Dott. Antonio Bruno, Esperto in Diagnostica Urbana e Territoriale

 

Intervista al Dott. Antonio Bruno, Esperto in Diagnostica Urbana e Territoriale


Intervistatore: Buongiorno Dott. Bruno, grazie per aver accettato il nostro invito. Recentemente, la provincia di Lecce ha subito un violento nubifragio che ha causato notevoli disagi. Qual è il suo punto di vista sulla situazione attuale?

Dott. Bruno: Buongiorno, grazie a voi per l'invito. È evidente che il cambiamento climatico sta influenzando la frequenza e l'intensità degli eventi meteorologici estremi. I dati indicano che il 91% dei comuni italiani è un rischio idrogeologico e questo è particolarmente preoccupante in Puglia. Gli allagamenti recenti non sono un caso isolato, ma parte di un problema sistemico legato alla nostra urbanizzazione e gestione del territorio.

Intervistatore: Ha citato il rischio idrogeologico. Quali sono le principali cause di questa vulnerabilità nelle nostre città?

Dott. Bruno: Ci sono diversi fattori in gioco. Innanzitutto, l'eccessivo consumo di suolo e l'urbanizzazione non pianificata contribuiscono a una riduzione della capacità del terreno di assorbire l'acqua. Inoltre, molte infrastrutture, come i sistemi di drenaggio, sono obsolete e progettate per una realtà urbanistica molto diversa da quella attuale. Questo porta a un'incapacità di gestire le precipitazioni intense che si verificano ora.

Intervistatore: Per quanto riguarda i sottopassi allagati, quali misure potrebbero essere adottate per evitare simili situazioni in futuro?

Dott. Bruno: È fondamentale dotare queste infrastrutture di sistemi di allerta, come barriere automatiche o segnali luminosi, che possono intervenire in caso di pericolo. Inoltre, è necessaria una manutenzione costante delle griglie e dei sistemi di drenaggio per garantire che possano gestire il volume d'acqua che si accumula durante eventi di pioggia intensa.

Intervistatore: Ha accennato alla manutenzione. In che misura questo è un problema rilevante?

Dott. Bruno: Molto rilevante. Spesso le opere di raccolta e smaltimento dell'acqua sono trascurate. La pulizia regolare delle griglie è essenziale per evitare che rifiuti e detriti blocchino il flusso d'acqua. Inoltre, la manutenzione delle opere terminali è fondamentale per prevenire le esondazioni.

Intervistatore: Cosa suggerisce per migliorare la situazione nel lungo termine?

Dott. Bruno: È necessario investire in opere di compensazione, come le vasche di equalizzazione, per gestire l'onda di piena. Dobbiamo anche pensare ad una zona destinata a trattenere l'acqua in caso di forti piogge, come vecchie grotte dismesse. È fondamentale una pianificazione attenta, in linea con il Piano di assetto idrogeologico (Pai), per garantire una gestione sostenibile delle risorse idriche e del territorio.

Intervistatore: Grazie, Dott. Bruno. Le sue osservazioni sono molto utili e offrono spunti importanti per affrontare questa problematica complessa.

Dott. Bruno: Grazie a voi. È essenziale continuare a discutere e lavorare su queste questioni per migliorare la sicurezza e la qualità della vita nelle nostre città.

 

mercoledì 18 settembre 2024

Intervista al Dottore Agronomo Antonio Bruno sul progetto di rigenerazione sostenibile “Il Salento rinasce”

 

Intervista al Dottore Agronomo Antonio Bruno sul progetto di rigenerazione sostenibile “Il Salento rinasce”


Buongiorno dottor Bruno, e grazie per essere qui con noi. Oggi parliamo del progetto “Il Salento rinasce”, un'iniziativa di grande rilevanza per il futuro agricolo del nostro territorio. Potrebbe spiegarci brevemente di cosa si tratta e quali sono i suoi obiettivi principali?

Dott. Antonio Bruno : Buongiorno, è un piacere essere qui. Riporto le notizie che ho appreso dalle cronache. Il progetto “Il Salento rinasce” è un'iniziativa nata dalla necessità di rigenerare il sistema agricolo del nostro territorio, duramente colpito negli ultimi anni dalla xylella. L'obiettivo principale è ripensare l'agricoltura salentina, rendendola più resiliente e sostenibile. Questo significa sviluppare nuovi modelli produttivi, introdurre colture alternative e promuovere un'agricoltura rigenerativa, capace di rispondere alle sfide del cambiamento climatico, preservando allo stesso tempo le risorse naturali e la biodiversità locale.

Il progetto coinvolge numerosi esperti e istituzioni. Secondo lei qual è il ruolo del Distretto Agroalimentare di qualità Jonico Salentino (Dajs) in questa iniziativa?

Dott. Antonio Bruno : Il Dajs, dalle notizie apprese dalle cronache, dichiara di avere un ruolo centrale nel coordinamento di questo progetto. Sempre dalla stampa ho appreso che con il supporto del Ministero dell'Agricoltura e delle principali istituzioni accademiche, il distretto sta guidando un piano di interventi su larga scala, che coinvolge esperti e operatori agricoli di Lecce, Brindisi e Taranto. Riferiscono che questa rete di collaborazioni ha messo insieme ben 21 task leader, ognuno dei quali si occupa di un'area tematica specifica, che va dalla gestione sostenibile delle risorse idriche e del suolo alla tutela della biodiversità, fino all'analisi delle infrastrutture e della logistica del sistema agroalimentare.

Uno dei temi centrali del progetto è il cambiamento climatico e la sua influenza sull'agricoltura. Come ritiene che questa struttura possa affrontare queste sfide a livello locale?

Dott. Antonio Bruno : Il cambiamento climatico è una delle sfide più complesse che l'agricoltura moderna deve affrontare, e il Salento non fa eccezione. Secondo me è un ottima strada ciò che il distretto sta facendo, ovvero lavorare per sviluppare strategie che possa permettere un adattamento a queste nuove condizioni, riducendo l'impatto delle emissioni di carbonio e promuovendo pratiche agricole sostenibili. Un esempio concreto è l'idea di cui sono venuto a conoscenza, di creare un distretto agricolo "carbon neutral", cioè capace di bilanciare le emissioni di carbonio grazie a pratiche rigenerative. Come noto ai colleghi Dottori Agronomi questo approccio si basa anche sulla diversificazione delle colture, con l'introduzione di specie alternative come il noce e l'avocado, che possono prosperare nelle nuove condizioni climatiche.

Un altro aspetto interessante è l'attenzione alla tutela del paesaggio rurale e alla valorizzazione del territorio. Secondo lei il distretto ha pensato di integrare queste esigenze con quelle agricole?

Dott. Antonio Bruno : La salvaguardia del paesaggio rurale è fondamentale per il Salento, non solo dal punto di vista agricolo, ma anche per il suo valore storico e culturale. Dalle cronache ho appreso che il progetto prevede di integrare le esigenze produttive con la valorizzazione del paesaggio, attraverso soluzioni che coniughino agricoltura e turismo sostenibile. L’ obiettivo a questo punto è quello di creare un sistema agricolo che non solo sia produttivo, ma che rispetti e valorizzi il patrimonio naturale del territorio, rendendolo un punto di forza per lo sviluppo locale e su questo non si può che essere d’accordo!

Durante l'evento di domani saranno presentati i primi risultati del progetto. Potete anticiparci qualcosa?

Dott. Antonio Bruno : Posso dirvi ciò che tutti possono vedere dal programma. Domani verranno presentati i risultati intermedi delle ricerche del distretto, che dalle notizie in mio possesso mostrano già un buon livello di avanzamento. Gli scienziati hanno analizzato in dettaglio il territorio, considerando le filiere produttive locali e il contesto storico-culturale, e hanno avviato studi sulla gestione delle risorse idriche e del suolo. Una delle innovazioni più interessanti di cui ho notizia è l'Interfaccia Lifewatch, un sistema di monitoraggio delle risorse naturali che permetterà di prendere decisioni tempestive e informate. E’ mia opinione che questo strumento possa essere molto utile per affrontare le sfide climatiche e garantire una gestione sostenibile delle risorse a livello locale.

Quali sono le sue aspettative più in generale, per il futuro agricolo del Salento?

Dott. Antonio Bruno : Sono molto fiducioso. Il progetto “Il Salento rinasce” rappresenta una grande opportunità per rilanciare l'agricoltura salentina in modo sostenibile e innovativo. Se riusciranno a coinvolgere attivamente le comunità locali, e a mettere in pratica le soluzioni che si stanno sviluppando, si potranno superare le devastazioni causate dalla xylella e creare un modello di agricoltura che possa essere un esempio di sostenibilità a livello nazionale e internazionale. La criticità di tutto questo sforzo è il rischio che risulti velleitario per la esiguità del numero e delle superficie di paesaggio agricolo gestite dagli imprenditori agricoli. Il mio progetto invece prevede la costituzione di un Ente pubblico per la gestione del paesaggio rurale del Salento. La chiave del successo sarà una visione a lungo termine e una forte collaborazione tra scienza, istituzioni e comunità e per questo non bastano i pochi e deboli imprenditori agricoli.

Grazie per il suo tempo, Dottor Bruno.

Dott. Antonio Bruno : Grazie a voi!

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Intervista al Dottor Antonio Bruno, agronomo, sulla digitalizzazione agricola e il DemoLab di Brindisi

 

Intervista al Dottor Antonio Bruno, agronomo, sulla digitalizzazione agricola e il DemoLab di Brindisi


Intervistatore : Dottor Bruno, ieri ha saputo del DemoLab organizzato dal Cetma-Dihsme presso la Cittadella della Ricerca di Brindisi. Secondo lei qual è lo stato dell'obiettivo principale dell'evento?

Dott. Antonio Bruno : Certamente. L'obiettivo principale del DemoLab era sensibilizzare le aziende agricole della Puglia e della Basilicata sull'importanza dell'uso intelligente delle tecnologie digitali in agricoltura. Gli organizzatori attraverso questo evento, hanno voluto mostrare agli imprenditori agricoli come queste soluzioni possano non solo aumentare l'efficienza dei processi produttivi, ma anche migliorare la sostenibilità complessiva delle loro attività.

Intervistatore : Quali sono stati i principali temi trattati durante la giornata?

Dott. Antonio Bruno : Dalle cronache ho appreso che i partecipanti hanno avuto l'opportunità di approfondire diversi temi legati all'innovazione digitale applicata all'agricoltura. Si è parlato di telerilevamento, intelligenza artificiale, robotica, uso di droni e algoritmi per ottimizzare i consumi idrici. Sono state anche presentate soluzioni per monitorare le colture e prevedere l'attacco di parassiti come la mosca olearia, con l'obiettivo di prevenire i danni alle coltivazioni.

Intervistatore : E’ a conoscenza di qualche dettaglio sulle dimostrazioni pratiche effettuate ieri?

Dott. Antonio Bruno : Si pare che una delle dimostrazioni più interessanti sia stato l'uso di un drone per il monitoraggio delle colture. Il drone ha effettuato un volo di mappatura “live” dei terreni agricoli attorno alla Cittadella della Ricerca. Questo tipo di tecnologia permette di avere un controllo visivo immediato e preciso delle condizioni delle colture, riducendo i tempi di risposta e migliorando l'efficacia degli interventi agronomici.

Intervistatore : A suo parere, come possono le tecnologie digitali impattare il futuro dell'agricoltura nelle regioni Puglia e Basilicata?

Dott. Antonio Bruno : Le tecnologie digitali hanno il potenziale di rivoluzionare il modo in cui si gestisce l'agricoltura, rendendola più sostenibile e competitiva. Davanti alle sfide come i cambiamenti climatici, la scarsità delle risorse idriche e la compressione dei prezzi, diventa uno strumento cruciale che consente di ottimizzare i processi e ridurre gli sprechi. Questo evento ha mostrato chiaramente come l'innovazione tecnologica possa rappresentare un vero supporto per le aziende agricole del territorio.

Intervistatore : Ha menzionato la sostenibilità. In che modo la digitalizzazione può contribuire a una maggiore sostenibilità in agricoltura?

Dott. Antonio Bruno : Le tecnologie come i sistemi di supporto alle decisioni, l'intelligenza artificiale ed i droni consentono un uso più efficiente delle risorse, riducendo gli sprechi di acqua e di input agricoli come fertilizzanti e pesticidi. Inoltre, grazie al telerilevamento e agli algoritmi avanzati, è possibile prevenire problemi legati alle malattie delle piante o ai parassiti, intervenendo in modo mirato e tempestivo. Tutto questo si traduce in una produzione più sostenibile e in un miglioramento della qualità del prodotto finale.

Intervistatore : Cetma-Dihsme ha annunciato che nei prossimi anni saranno erogati oltre 1.400 servizi di innovazione per le piccole e medie imprese del settore agricolo. Qual è il suo punto di vista su queste iniziative?

Dott. Antonio Bruno : È una grande opportunità per le aziende agricole della nostra regione. Il fatto che questi servizi siano finanziati fino al 100% grazie ai fondi europei e nazionali rappresenta un incentivo concreto per le imprese a investire nell'innovazione. Il modello di "test before invest" proposto dal Cetma-Dihsme è estremamente utile: permette agli agricoltori di sperimentare le tecnologie prima di fare un investimento definitivo, riducendo i rischi e aumentando la probabilità di successo.

Intervistatore : Cosa si pensa dovrebbe essere fatto per promuovere ulteriormente l'adozione di queste tecnologie nel settore agricolo?

Dott. Antonio Bruno : Credo che la chiave sia la formazione e l'informazione. È fondamentale che gli agricoltori conoscano le tecnologie disponibili e capiscano come possono essere utilizzati per le loro attività specifiche. Gli eventi come il DemoLab sono un ottimo punto di partenza, ma è necessario continuare a organizzare iniziative che coinvolgano gli imprenditori e li aiutino a comprendere i vantaggi concreti dell'innovazione digitale. Ma ciò non basta perché nella provincia di Lecce la maggior parte del paesaggio rurale è in mano a persone di più di 70 anni, per questi ci vuole un Azienda pubblica che gestisca il paesaggio rurale che adotti tali tecnologie.

Intervistatore : Grazie per il suo tempo, dottor Bruno. Vuoi aggiungere qualcosa per concludere?

Dott. Antonio Bruno : Vorrei solo sottolineare che il futuro dell'agricoltura è sempre più legato all'innovazione. Le aziende che sapranno cogliere questa opportunità saranno quelle che riusciranno a prosperare, anche di fronte alle sfide future. Posso assicurare che essendo pochissimi gli imprenditori agricoli tutto ciò non basta così come ho già detto. La digitalizzazione non è più un'opzione, ma una necessità che deve essere messa in atto dalla gestione pubblica del paesaggio rurale del salento come ho dimostrato con il mio progetto.

Intervistatore : Grazie ancora per la sua disponibilità e per il suo prezioso contributo.

Dott. Antonio Bruno : Grazie a voi!

 

Intervista al Dottore Agronomo Antonio Bruno: Il Futuro dell'Olivo nel Salento e le Possibilità di Recupero

 

Intervista al Dottore Agronomo Antonio Bruno: Il Futuro dell'Olivo nel Salento e le Possibilità di Recupero 


Intervistatore : Buongiorno Dottor Bruno, grazie per essere con noi oggi. Iniziamo subito con una domanda fondamentale per il nostro territorio: cosa rappresenta l'olivo per la nostra regione, in particolare per il Salento?

Antonio Bruno : Buongiorno a voi, è un piacere essere qui. L'olivo è molto più di una semplice pianta per la nostra regione, è il simbolo stesso della Puglia. La sua presenza è radicata nella nostra storia e cultura, ma non solo. Gli ulivi hanno un ruolo centrale anche nella memoria collettiva dei nostri visitatori, che tornano qui per le vacanze e associano i nostri paesaggi proprio agli olivi che da secoli dominano il nostro territorio. Da qualche anno, inoltre, anche i Comuni del Salento hanno introdotto questa pianta nel verde urbano, trapiantandola nelle aiuole cittadine. Questo ha permesso di far diventare l'olivo una presenza stabile anche nei centri abitati, dove oggi è una splendida essenza agraria.

Intervistatore : Purtroppo, come molti sanno, negli ultimi anni gli ulivi del Salento sono stati colpiti dalla Xylella fastidiosa, un batterio che ha causato un disastro ecologico. Qual è la situazione attuale?

Antonio Bruno : La Xylella fastidiosa subsp. pauca è un problema enorme. Abbiamo visto il lento e inesorabile disseccamento di numerosi ulivi, compresi quelli trapiantati nelle aiuole urbane, che si ammalano e muoiono. Si tratta di un fenomeno devastante, tanto per l'ambiente quanto per il paesaggio, ma anche per l'economia e l'identità culturale del Salento. Tuttavia, esiste una speranza concreta per difendere questi ulivi e contrastare il batterio.

Intervistatore : Ci parli di questa speranza. C'è davvero una soluzione per salvare gli ulivi del Salento?

Antonio Bruno : Sì, fortunatamente c'è una via che possiamo percorrere. Due professori dell'Università degli Studi di Bari, Giovanni Luigi Bruno e Corrado Cariddi, hanno studiato a lungo questo problema e sono arrivati ​​con risultati molto incoraggianti. Hanno testato un prodotto che, con due trattamenti l'anno – uno a marzo e uno a ottobre – può quasi azzerare l'incidenza della Xylella fastidiosa, anche su varietà di ulivi particolarmente sensibili come l'Ogliarola e la Cellina di Nardò. Questo trattamento non risulta solo efficace, ma non danneggia le piante, mantenendo inalterata la membrana cellulare degli ulivi.

Intervistatore : È straordinario. Ci sono già dei risultati tangibili di questi trattamenti?

Antonio Bruno : Sì, ci sono prove evidenti e facilmente verificabili. A Lecce, ad esempio, ci sono due luoghi simbolo dove possiamo osservare gli effetti di questi trattamenti. Uno è l'aiuola nei pressi dell'Hotel Tiziano, all'ingresso della città, dove gli olivi sono verdi, lussureggianti e in piena produzione di olive. L'altro è l'aiuola di Piazza Sant'Oronzo, accanto all'Anfiteatro Romano. Qui, un ulivo che sembrava secco e morto da tempo ha sorprendentemente sviluppato una nuova branca con un'oliva. Sono segnali importanti che dimostrano che la cura funziona e può essere un'arma preziosa contro il disseccamento causato dalla Xylella.

Intervistatore : Cosa dovrebbe essere fatto, quindi, per estendere questi risultati a tutto il Salento?

Antonio Bruno : Alla luce degli studi e delle prove sul campo, ritengo che sarebbe doveroso intervenire su tutti gli ulivi secchi della città di Lecce e dei 100 paesi del Salento. Questo prodotto ha il potenziale per ridare vita a questi alberi e preservare il nostro paesaggio e la nostra cultura. L'olivo non può e non deve scomparire dalle nostre città. È essenziale che le autorità e gli esperti del settore agiscano rapidamente per implementare su larga scala questa soluzione.

Intervistatore : È un messaggio di speranza molto forte. C'è qualcos'altro che vorrebbe aggiungere o che riteniamo importante comunicare?

Antonio Bruno : Vorrei solo ribadire che salvare gli ulivi non significa solo salvare una pianta. Significa preservare il nostro patrimonio culturale, economico e paesaggistico. Gli studi sono stati fatti, le prove sono davanti ai nostri occhi. Ora dobbiamo solo agire, e farlo in fretta, prima che sia troppo tardi.

Intervistatore : Grazie mille, Dottor Bruno, per il suo tempo e per queste preziose informazioni. Speriamo che le autorità competenti colgano il suo invito e che si possa finalmente invertire la rotta per il futuro degli ulivi salentini.

Antonio Bruno : Grazie a voi per l'attenzione e la sensibilità verso un tema così importante.

Professori dell’Università degli Studi di Bari Giovanni Luigi Bruno originario di San Cesario di Lecce https://www.uniba.it/docenti/bruno-giovanni-luigi e Corrado Cariddi https://www.uniba.it/docenti/cariddi-corrado .

Link dello studio scientifico

https://www.semanticscholar.org/paper/Exploring-a-sustainable-solution-to-control-Xylella-Bruno-Cariddi/effb61f99448ac2e4c682fc7ed2ba7be80ce0f6d?fbclid=IwY2xjawFYmLtleHRuA2FlbQIxMAABHaKnm7B4gYxuj5aPx0G4Pt5V2OvCo9X_ZTHbe7Ae_bjV1qqPN6xBXj1xkg_aem_VU3hEFVxrbvvvoBtDCOMWQ

Intervista al Dottore Agronomo Antonio Bruno: l'impatto dell'agricoltura sull'evoluzione e sull'ambiente

 

Intervista al Dottore Agronomo Antonio Bruno: l'impatto dell'agricoltura sull'evoluzione e sull'ambiente


Intervistatore: Dottor Bruno, partiamo da una riflessione fondamentale di Niles Eldredge, secondo il quale la costruzione di strumenti e l'avvento dell'agricoltura hanno avuto conseguenze epocali sull'evoluzione umana. In che modo, secondo lei, questi eventi hanno modellato la nostra civiltà?

Dott. Antonio Bruno: Eldredge tocca un punto cruciale. L'agricoltura, come la costruzione dei primi strumenti, rappresenta una svolta decisiva nell'evoluzione umana. Quando i nostri antenati iniziarono a costruire utensili di pietra, modificarono radicalmente il loro rapporto con l'ambiente. Questi strumenti non erano solo funzionali, ma segnarono l'inizio di un processo di trasformazione della natura a nostro vantaggio. Con l'agricoltura, poi, siamo passati da una relazione di sussistenza, basata sulla raccolta e sulla caccia, a una di dominio sulla natura. Ciò ha reso più agevole il soddisfacimento del fabbisogno energetico umano, ma ha anche aperto la strada a conseguenze a lungo termine che oggi stiamo vivendo.

Intervistatore: Parlando di fabbisogno energetico, i dati mostrano che l'essere umano necessita di un apporto di calorie giornaliero che varia tra 2.500 e 4.000 kcal, a seconda dell'età e del genere. L'agricoltura ha indubbiamente reso più accessibile l'energia necessaria alla sopravvivenza. Ma a quale prezzo?

Dott. Antonio Bruno: Proprio così, l'agricoltura ha reso il cibo più accessibile e ha permesso l'aumento delle popolazioni, ma ha anche introdotto nuove problematiche. Come sottolinea Eldredge, il "prezzo" pagato è la nostra disconnessione progressiva dalla natura. L'agricoltura, in particolare quella moderna e intensiva, ci ha allontanato dai cicli naturali, rendendo gli ecosistemi più vulnerabili e meno sostenibili. L'energia che otteniamo oggi con facilità attraverso sistemi agricoli avanzati viene prodotta spesso a scapito della salute del suolo, dell'acqua e della biodiversità.

Intervistatore: Eldredge parla della rivoluzione agricola come del "secondo taglio del cordone ombelicale con la natura". È davvero così drastico l'impatto che ha avuto l'agricoltura sulla nostra relazione con l'ambiente?

Dott. Antonio Bruno: Eldredge ha ragione. La domesticazione delle piante e degli animali ha rappresentato un punto di non ritorno nella nostra storia evolutiva. Prima dell'agricoltura, eravamo in simbiosi con gli ecosistemi: raccoglievamo ciò che la natura offriva spontaneamente, senza alterarne l'equilibrio. Con l'avvento dell'agricoltura, abbiamo iniziato a modificare e sfruttare l'ambiente in modo sistematico per produrre cibo in grandi quantità. Questo ha portato alla sedentarizzazione delle comunità, alla nascita delle città e, infine, alla civiltà moderna, ma ha anche creato una spaccatura tra noi e la natura, che oggi percepiamo più come un ostacolo che come una risorsa da preservare.

Intervistatore: Parlando di conseguenze a lungo termine, Eldredge riflette sull'incapacità dell'umanità di pensare in modo lungimirante. Qual è la sua opinione riguardo alla nostra capacità di rispondere alle sfide ambientali attuali?

Dott. Antonio Bruno: Concordo con la sua analisi. Spesso tendiamo a non guardare oltre il nostro immediato orizzonte temporale. La miopia che Eldredge descrive è evidente: siamo concentrati sul benessere attuale, senza preoccuparci realmente del futuro delle prossime generazioni. Ciò è particolarmente problematico quando si tratta di cambiamenti climatici e di sostenibilità agricola. La nostra agricoltura moderna, altamente tecnologica, può rispondere alle esigenze del presente, ma rischiando di compromettere la capacità degli ecosistemi di rigenerarsi a lungo termine.

Intervistatore: In che modo l'agricoltura moderna potrebbe essere ripensata per mitigare gli effetti negativi sull'ambiente e sulla nostra relazione con la natura?

Dott. Antonio Bruno: Dobbiamo ripensare l'agricoltura in modo più sostenibile, adottando tecniche che rispettino i limiti ecologici. Pratiche come l'agroecologia, la permacultura e l'agricoltura rigenerativa offrono soluzioni interessanti. L'obiettivo non deve essere solo la produzione di cibo, ma anche il ripristino degli ecosistemi, la protezione della biodiversità e la riduzione dell'impatto delle nostre attività sul clima. Siamo arrivati ​​a un punto in cui non possiamo più ignorare il fatto che il nostro benessere dipende dall'equilibrio della natura.

Intervistatore: Secondo lei, possiamo ancora invertire questa tendenza negativa?

Dott. Antonio Bruno: Sono ottimista, ma solo se iniziamo a prendere decisioni collettive e consapevoli. Abbiamo le conoscenze e le tecnologie per farlo. Quello che manca, come dice Eldredge, è la volontà morale e politica. Se riusciamo a sviluppare una coscienza più ampia, che custodiamo oltre il breve termine e abbracci la necessità di preservare la nostra "àncora di salvezza", possiamo invertire il rottame. Il futuro dell'agricoltura, e quindi della nostra sopravvivenza, dipende da quanto siamo disposti a cambiare il nostro atteggiamento nei confronti del pianeta.

Intervistatore: Grazie mille, dottor Bruno, per queste riflessioni così illuminanti.

Dott. Antonio Bruno: Grazie a voi.

 

Intervista al Dottore Agronomo Antonio Bruno sull'Evoluzione dell'irrigazione nei tempi attuali (dal 1800 in poi)

 Intervista al Dottore Agronomo Antonio Bruno sull'Evoluzione dell'irrigazione nei tempi attuali (dal 1800 in poi)


Intervistatore: Buongiorno, Dottor Bruno. Grazie per essere qui con noi oggi. Volevo iniziare parlando dell’evoluzione dell’irrigazione dai tempi moderni, dal 1800 in poi. Potrebbe darci una panoramica di come si è sviluppata questa pratica agricola e quali sono stati i cambiamenti più significativi?

Dott. Antonio Bruno: Buongiorno e grazie per l'invito. L’irrigazione, come pratica agricola, ha una storia millenaria, ma è nel XIX e XX secolo che abbiamo assistito a una vera e propria espansione. L’agricoltura irrigua è diventata il principale consumatore di acqua in molti paesi. Durante questi due secoli, l’irrigazione si è evoluta da sistemi tradizionali locali a grandi progetti ingegneristici, organizzati spesso a livello statale. I dati indicano che, intorno al 1800, le terre irrigate ammontavano a circa 8 milioni di ettari, ma entro il 1900 questa cifra è salita a 47 milioni di ettari.

Intervistatore: È sorprendente quanto velocemente l'irrigazione si sia diffusa. Quali sono stati i principali paesi coinvolti in questo processo?

Dott. Antonio Bruno: I principali paesi che hanno guidato questa espansione sono stati l’India, la Cina, gli Stati Uniti e il Pakistan. Questi paesi, grazie alla combinazione di terreni fertili e risorse idriche, hanno investito molto nell'irrigazione per sostenere la crescita agricola e la sicurezza alimentare.

Intervistatore: Nel XX secolo, quindi, l’espansione delle terre irrigate è proseguita in modo deciso?

Dott. Antonio Bruno: Sì, nel corso del XX secolo, le superfici irrigate sono raddoppiate prima nel 1945 e poi nuovamente nel 1980. Tuttavia, negli anni ’80, il ritmo di crescita si è rallentato per vari motivi, come la fine di alcuni grandi progetti nell’ex Unione Sovietica, dove la transizione economica ha avuto un impatto negativo sulle infrastrutture idriche.

Intervistatore: Come mai l'irrigazione non ha avuto lo stesso impatto in tutte le regioni del mondo? Mi riferisco, ad esempio, all'Africa sub-sahariana.

Dott. Antonio Bruno: Ottima osservazione. In Africa sub-sahariana, nonostante l’enorme potenziale in termini di terre e risorse idriche, lo sviluppo dell’irrigazione è stato limitato. Ci sono stati molti tentativi di progetti di irrigazione, ma molti di questi sono falliti a causa degli elevati costi iniziali, scarsa pianificazione e manutenzione. Tuttavia, in tempi più recenti, si sta guardando a questa regione con rinnovato interesse per il suo potenziale non sfruttato.

Intervistatore: Tornando all’espansione globale, ci sono stati altri fattori che hanno contribuito al rallentamento dell'irrigazione?

Dott. Antonio Bruno: Assolutamente. Oltre ai problemi legati alle infrastrutture, ci sono state anche questioni ambientali. L’aumento della salinità del suolo e la scarsità di risorse idriche hanno reso difficile continuare l’espansione in molte regioni. Inoltre, la crescente concorrenza per l’uso dell’acqua da parte di altri settori, come quello industriale e municipale, ha contribuito a stabilizzare o ridurre le superfici irrigate.

Intervistatore: Cosa ci può dire riguardo agli sviluppi tecnologici nell'irrigazione?

Dott. Antonio Bruno: Una delle maggiori innovazioni tecnologiche nel campo dell’irrigazione è stata la comprensione delle interazioni tra il suolo e l’acqua, che ha preso piede nel XIX secolo. Prima di allora, la gestione delle risorse idriche era incentrata sui flussi d'acqua, ma solo più tardi si è cominciato a studiare le relazioni tra la fisica e la chimica del suolo. Questo ha permesso lo sviluppo di sistemi più efficienti. Le innovazioni, come i sistemi a pioggia o i metodi di microirrigazione, hanno rivoluzionato il modo in cui si utilizzano le risorse idriche, consentendo di irrigare in modo più preciso e sostenibile.

Intervistatore: La Rivoluzione Verde, che ha segnato profondamente l'agricoltura nel XX secolo, ha avuto un impatto sull'irrigazione?

Dott. Antonio Bruno: Certamente. La Rivoluzione Verde ha aumentato l’importanza dell’irrigazione, soprattutto nei paesi in via di sviluppo. Il miglioramento genetico delle piante, combinato con l’aumento dell’uso di fertilizzanti e pesticidi, ha portato a una maggiore produttività agricola, ma tutto questo dipendeva dall'accesso all'acqua. La disponibilità di risorse idriche è stata fondamentale per il successo di questa rivoluzione, in particolare in paesi come l’India.

Intervistatore: Per concludere, quale direzione sta prendendo oggi l'irrigazione, specialmente di fronte alle sfide ambientali?

Dott. Antonio Bruno: Oggi, l’irrigazione si trova a un bivio. Da un lato, ci sono sempre più vincoli legati alla scarsità d’acqua e alla protezione ambientale, che rendono difficile espandere le superfici irrigate. Dall'altro, le nuove tecnologie e la gestione sostenibile offrono soluzioni promettenti. Molti paesi stanno investendo in metodi più efficienti, come il recupero e il riutilizzo delle acque reflue, o l’adozione di tecnologie di irrigazione di precisione, che consentono di ottimizzare l’uso delle risorse idriche, garantendo al contempo la produttività agricola.

Intervistatore: Grazie mille, Dottor Bruno, per averci illustrato in modo così approfondito e chiaro l'evoluzione e le sfide future dell'irrigazione.

Dott. Antonio Bruno: Grazie a voi. È stato un piacere.

La Mela Viola: Un Tesoro del Saskatchewan

 La Mela Viola: Un Tesoro del Saskatchewan 


Nel cuore del Saskatchewan, in Canada, cresce un frutto che è molto più di una semplice mela. La mela viola, conosciuta anche come "uva canadese", è un vero gioiello dell’agricoltura locale, capace di trasformare un ambiente gelido in un palcoscenico di straordinaria bellezza e sapore.

Questa mela unica prospera nel freddo clima canadese, dove le sue radici affondano in una terra rigogliosa, sebbene austera. Il suo esterno, di un viola brillante, nasconde un interno dai colori intensi, un vero spettacolo per gli occhi e per il palato. Ma non è solo la sua apparenza a renderla speciale: il profilo aromatico di questa mela è un viaggio sensoriale che richiama le note della cannella e della banana, un’armonia di sapori che sa conquistare chiunque.

La mela viola, celebrata con orgoglio dalle popolazioni indigene del Saskatchewan, è molto più di un frutto. È un simbolo di tradizione e comunità. La salsa di mele viola, preparata secondo antiche ricette tramandate di generazione in generazione, non è solo un piatto della tradizione culinaria; è un segno tangibile dell’eredità culturale di un popolo, un unificante legame che celebra l’unità e l’orgoglio delle sue genti.

Oltre al suo significato culturale, la mela viola offre numerosi benefici per la salute. Ricca di antiossidanti e nutrienti, rappresenta una scelta eccellente per chi cerca di mantenere uno stile di vita sano. E non finisce qui: il potenziale impatto economico di questo frutto non è da sottovalutare. La coltivazione delle mele viola può rappresentare una risorsa preziosa per l’economia locale, contribuendo allo sviluppo e alla prosperità della regione.

In un mondo dove spesso le tradizioni rischiano di essere dimenticate, la mela viola è un esempio splendido di resilienza e radicamento nella terra. Questo frutto non è solo una prelibatezza da gustare, ma un richiamo alla storia, alla cultura e alla forza di una comunità che continua a prosperare grazie alla sua ricca eredità.

In conclusione, la mela viola non è solo un simbolo del Saskatchewan, ma un messaggero di bellezza e speranza. Che il suo successo continui a brillare come il suo straordinario colore, e che la sua storia arrivi a tutti, come un dolce assaggio di cultura e tradizione.

Antonio Bruno