venerdì 20 settembre 2024

Intervista al Dottore Agronomo Antonio Bruno: Il Futuro dell'Agricoltura Salentina Attraverso il Progetto “Dajs Atlas”

 

Intervista al Dottore Agronomo Antonio Bruno: Il Futuro dell'Agricoltura Salentina Attraverso il Progetto “Dajs Atlas”


In questa intervista, il Dottore Agronomo Antonio Bruno ci guida alla scoperta del progetto innovativo “Dajs Atlas”, una piattaforma nata per supportare la rigenerazione sostenibile dell'agricoltura nei territori colpiti dalla xylella fastidiosa. Parliamo di soluzioni, sfide e opportunità per il futuro dell'agricoltura nel Salento.


Dottor Bruno, ci potrebbe spiegare in cosa consiste il progetto “Dajs Atlas”?

Sì, “Dajs Atlas” è una piattaforma web pensata per fornire un supporto concreto agli agricoltori, ai decisori politici e anche ai cittadini nella gestione e rigenerazione sostenibile dell'agricoltura. Si tratta di un sistema modulare e scalabile, che raccoglie i risultati della ricerca sulla “Rigenerazione sostenibile dell'agricoltura nei territori colpiti da xylella fastidiosa”. La piattaforma è progettata per offrire scenari su misura, basata su diverse aree tematiche, come la gestione delle risorse idriche e del suolo, la biodiversità, il paesaggio e la neutralità carbonica, solo per citarne alcune. Questo strumento è particolarmente utile per orientare alla resilienza e migliorare la produttività dei territori colpiti dalla malattia, come il Salento.

Quali sono le principali funzionalità offerte da questa piattaforma per gli agricoltori?

Una delle funzionalità più rilevanti di “Dajs Atlas” è la possibilità di incrociare le esigenze specifiche degli utenti con le azioni di rigenerazione agricola più adatte. Ciò consente di generare scenari personalizzati basati su una varietà di fattori chiave, come i nuovi scenari produttivi post-xylella, la gestione dell'acqua e del suolo, la biodiversità, la sostenibilità e molto altro. Inoltre, la piattaforma integra una cartografia interattiva, che consente di monitorare in tempo reale lo stato del territorio, inclusi aspetti come la fertilità del suolo e la disponibilità delle risorse idriche, elementi fondamentali per pianificare interventi agricoli efficaci e tempestivi.

Durante il convegno è stato menzionato che la piattaforma comprende anche un'interfaccia documentale. Qual è la sua importanza?

L'interfaccia documentale è uno strumento altrettanto fondamentale. Essa consente agli utenti di accedere facilmente a un archivio di documenti essenziali, che include modelli di rigenerazione, normative, casi studio e linee guida. Questo significa che gli agricoltori ei decisori politici possono ottenere informazioni pratiche e efficaci per affrontare le sfide poste dalla xylella e dalla gestione del territorio, tutto in un'unica piattaforma.

Passando a un altro aspetto cruciale, si potrebbe parlare delle analisi dei suoli e delle acque nel Salento? Quali sono i risultati emersi dal progetto?

Le analisi sono state condotte dall'unità operativa del Ciheam Bari, coordinata da Donato Mondelli, e hanno riguardato lo stato di fertilità dei suoli e la qualità delle acque irrigue nelle zone colpite dalla xylella, in particolare nelle province di Lecce, Brindisi e Taranto. Fortunatamente, nonostante il contesto sia delicato, i risultati hanno mostrato che la fertilità dei suoli non è del tutto compromessa. Inoltre, non è stato riscontrato alcun fenomeno di salinizzazione, una notizia molto positiva per gli agricoltori, poiché significa che c'è ancora margine per intervenire in modo efficace e rigenerare i terreni.

Un altro tema di grande interesse è quello della neutralità del carbonio. Ci può dire di più sul lavoro svolto in questo ambito?

Certamente. La task leader Maria Vincenza Chiriacò, del Centro euro-mediterraneo sui cambiamenti climatici, ha presentato un innovativo strumento tecnologico che potrebbe rivoluzionare la pianificazione delle coltivazioni nel Salento. Si tratta di un sistema che sarà accessibile tramite un semplice codice QR e fornirà agli agricoltori mappe esplorabili che indicano quali colture sono più adatte al territorio. Questo strumento non solo supporta una gestione agricola sostenibile, ma offre anche la possibilità di generare crediti di carbonio attraverso l'adozione di pratiche virtuose. In questo modo, gli agricoltori non solo contribuiranno alla mitigazione dei cambiamenti climatici, ma potranno anche ottenere guadagni economici vendendo i crediti di carbonio.

In conclusione, quali sono le prospettive future per il progetto “Dajs Atlas” e per l'agricoltura nel Salento?

Le prospettive sono molto promettenti. “Dajs Atlas” rappresenta un vero e proprio cambio di paradigma per l'agricoltura salentina, offrendo uno strumento completo che integra dati scientifici, tecnologia e innovazione. Grazie a questa piattaforma, gli agricoltori possono affrontare con maggiore sicurezza le sfide poste dalla xylella e dai cambiamenti climatici, puntando su una rigenerazione sostenibile e una produttività resiliente. Il futuro dell'agricoltura nel Salento passa attraverso l'adozione di strumenti come questo, che uniscono conoscenza, innovazione e sostenibilità per garantire un futuro migliore per l'intero territorio. Ho però una certezza in proposito circa l’assenza degli imprenditori agricoli nel Salento leccese perché la loro difficoltà non è quella di prendere la decisione di cosa produrre ed è questa la situazione dell’agricoltura del Salento che è necessario ed urgente affrontare. Voglio dire che la piattaforma “Dajs Atlas” se non si affronterà questo problema non servirà che a pochi intimi.

Circa situazione dell'agricoltura nel Salento leccese. Cosa pensa delle attuali difficoltà che gli imprenditori agricoli stanno affrontando?

Le difficoltà che gli imprenditori agricoli stanno vivendo sono molteplici, ma vorrei porre l'accento su due aspetti principali. Il primo riguarda il cambiamento del ruolo dell'agricoltore: oggi assistiamo a un fenomeno che definisce “commercializzazione forzata”. Molti imprenditori agricoli si vedono costretti a trasformarsi in commercianti. Nessuno vuole più produrre, tutti vogliono solo vendere, perché i costi di produzione in Italia, soprattutto nel nostro contesto salentino, sono troppo alti per essere competitivi rispetto ai paesi esteri, come quelli dell'Africa mediterranea.

Lei ha parlato spesso di una nuova "Riforma Fondiaria". Potresti spiegarci in cosa consiste questa proposta?

Certo. La mia proposta parte dalla consapevolezza che il paesaggio rurale è una risorsa preziosa non solo per chi vi lavora, ma per l'intera collettività. Il Salento leccese, ad esempio, produce servizi ecosistemici che hanno un impatto diretto sul benessere di tutti i cittadini. La globalizzazione ha reso insostenibile la produzione alimentare a livello locale, a meno che non si tratti di brand di nicchia detenuti da grandi imprese di trasformazione. Tuttavia, l'agricoltura ha un valore che va oltre la produzione di cibo: essa contribuisce alla salvaguardia del paesaggio e alla lotta contro il riscaldamento globale.

Per questo motivo, propongo la creazione di un "Consorzio Obbligatorio", un ente di diritto pubblico o pubblico economico che gestisca direttamente le terre abbandonate e frammentate, garantendo la produzione e il mantenimento del paesaggio.

Questa è una proposta ambiziosa. Come potrebbe funzionare concretamente il Consorzio Obbligatorio?

Il Consorzio avrebbe il compito di gestire le terre degli agricoltori che non sono più in grado di farlo autonomamente. Pensiamo ai molti anziani proprietari di piccoli appezzamenti di terra che non hanno più la forza oi mezzi per occuparsi della loro gestione. Invece di abbandonare queste terre, il Consorzio le prenderebbe in carico, con la possibilità di continuare a produrre cibo e mantenere il paesaggio.

I proprietari, da parte loro, riceverebbero uno compenso per il contributo dato al mantenimento del paesaggio e alla produzione alimentare. Inoltre si potrebbero finalmente assumere persone come addetti agricoli che analogamente a quanto accade per i dipendenti pubblici avrebbero uno spitendio. Le risorse per finanziare questo sistema verrebbero dalla fiscalità generale o dall'emissione di ruoli specifici a carico degli abitanti del territorio, in funzione dei benefici ricevuti dai servizi ecosistemici prodotti dal paesaggio rurale.

Un sistema simile potrebbe disincentivare la creazione di nuove imprese agricole? Come si garantirebbe che ci siano ancora imprenditori agricoli disposti a lavorare in proprio?

È un punto molto interessante. L'imprenditoria agricola, come la intendiamo oggi, potrebbe essere meno attraente se si offrisse una via più semplice, quella di diventare dipendenti pubblici del Consorzio. Tuttavia, la mia proposta non mira a eliminare l'imprenditoria privata. Coloro che desiderano continuare a gestire la propria azienda agricola in modo autonomo potranno farlo. Il Consorzio interverrebbe solo per quei proprietari che non riescono più a sostenere l'attività in modo indipendente. Inoltre, lo Stato potrebbe incentivare i produttori privati, magari attraverso agevolazioni fiscali o contributi, per favorire chi ancora sceglie di operare nel settore agricolo con un'impresa privata.

Qual è la differenza principale tra la sua proposta e la politica agricola comune (PAC) degli ultimi decenni?

La PAC, negli ultimi decenni, ha avuto come obiettivo il sostegno alla rendita piuttosto che alla vera gestione del territorio. Questo ha portato alla frustrazione di molti agricoltori, che si sono trovati a fare i conti con aiuti economici che non hanno mai veramente incentivato il lavoro agricolo. La mia proposta, invece, vuole mettere al centro l'ecosistema e il paesaggio rurale, riconoscendo che questo non solo produce cibo, ma anche servizi essenziali per la collettività. È necessario ripensare il cibo non più come una semplice "commodities", ma come un diritto, proprio come l'istruzione o la salute.

Sembra una visione di un'agricoltura più integrata con la società e l'ambiente. Come pensi che questo modello possa influire sul futuro dell'agricoltura nel Salento?

Il modello che propongo potrebbe essere una soluzione al problema dell'abbandono delle terre, che affligge da anni il nostro territorio. Non solo salverebbe il paesaggio, ma potrebbe anche garantire occupazione e preservare il nostro patrimonio agricolo e culturale. Naturalmente, sarà necessario un grande sforzo da parte dello Stato e delle istituzioni per far sì che questo sistema funzioni, ma credo che sia un passo necessario se vogliamo evitare che intere aree del nostro territorio cadano nell'abbandono e nella desertificazione.

La sua proposta sembra innovativa e audace. Hai già ricevuto risposte o critiche da parte di colleghi e istituzioni?

Certamente, e il dialogo è sempre aperto. Alcuni, per esempio, hanno espresso perplessità riguardo all'idea che gli agricoltori possono preferire diventare dipendenti pubblici piuttosto che imprenditori. Ed è un punto legittimo. Ma credo che dobbiamo affrontare la realtà: molti agricoltori sono ormai scoraggiati, e non vedono più la loro attività come sostenibile. Se non interveniamo ora, il rischio è che queste terre vengano abbandonate del tutto. La mia proposta nasce proprio dalla necessità di trovare soluzioni pratiche per salvare il nostro paesaggio rurale.

La ringrazio, dottor Bruno, per il suo tempo e per aver condiviso con noi la sua visione su un tema così importante per il futuro del nostro territorio.

Grazie a voi, è stato un piacere. Spero che questa discussione possa contribuire a trovare soluzioni concrete per l'agricoltura nel Salento e non solo.

 

 

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