venerdì 25 aprile 2025

Bruno Basso, scienziato italiano nei campi d’America: «Il suolo è vita. Proteggerlo è una priorità»

 

Lo straordinario lavoro di Bruno Basso evidenzia in modo inequivocabile quanto sia urgente adottare un approccio sistemico al paesaggio, inteso non più come semplice sfondo delle attività umane, ma come rete complessa di relazioni tra suolo, clima, acqua, biodiversità e attività produttive. Le tecnologie avanzate, come i gemelli digitali e i modelli predittivi, non servono a confermare pratiche consolidate, ma a ridefinire radicalmente il modo in cui interagiamo con l’ambiente. L’agricoltura smette di essere una scommessa e diventa un sistema integrato di conoscenze, etica, economia e sostenibilità. Solo un approccio sistemico consente di leggere e governare questa complessità, trasformando il paesaggio in un’infrastruttura viva, resiliente e orientata al futuro. Perché, come ricorda Basso, senza una visione d’insieme, anche le migliori tecnologie rischiano di peggiorare i problemi che vorrebbero risolvere.




Bruno Basso, scienziato italiano nei campi d’America: «Il suolo è vita. Proteggerlo è una priorità»

di Eleonora Chioda

Bruno Basso, scienziato italiano nei campi d’America: «Il suolo è vita. Proteggerlo è una priorità»

Dalla Federico II alla Michigan State University. Professore e founder di una startup che ha tra i suoi investitori Al Gore e Peter Thiel. «Aiuto chi coltiva a decidere meglio»


24 Aprile 2025 alle 18:10

5 minuti di lettura

Nei laboratori della Michigan State University, intere fattorie crescono nei computer. Si tratta di gemelli digitali creati per simulare scenari futuri in agricoltura e valutare l’impatto di una decisione prima che venga presa: proviamo a dare più azoto, meno azoto. Più acqua, meno acqua. L’obiettivo è ridurre l’incertezza delle coltivazioni agricole. E salvare il Pianeta.


Dietro lo sviluppo di questi gemelli digitali c’è uno scienziato italiano. Si chiama Bruno Basso, è professore ordinario nel Dipartimento di Scienze della Terra e dell'Ambiente alla Michigan State University, la prima università agraria negli Usa, fondata nel 1855, anno in cui Abraham Lincoln ha disegnato le Land Grant University, gli atenei pensati per mettere la scienza al servizio del bene comune.


«Il mio lavoro è aiutare chi produce cibo a prendere decisioni migliori. Il suolo è vita: è la casa delle piante. Si evolve ed è dinamico come la vita. Filtra l’acqua, trattiene il carbonio. Proteggerlo è una priorità».


Basso dedica l’85% del suo tempo alla ricerca. Utilizza tecnologie avanzate come le analisi satellitari e sviluppa modelli matematici per rispondere a una domanda fondamentale: come si può produrre cibo in modo più sostenibile nei luoghi dove il cibo è in abbondanza? Dalle sue ricerche è nata la startup Cibo Technologies, inclusa da Time tra le 100 aziende più sostenibili del mondo. Tra i suoi finanziatori ci sono la fondazione di Al Gore — di cui Basso è consigliere per agricoltura e clima — il fondo Founders Fund di Peter Thiel e Flagship Pioneering, la società che ha dato vita al vaccino Moderna.



I suoi algoritmi misurano l’impatto ambientale dell’agricoltura e permettono alle grandi aziende alimentari - da Nestlé a PepsiCo – di capire quanta CO? viene emessa per produrre i loro prodotti, quanto carbonio è stato sequestrato nel suolo, quali pratiche riducono l’impronta ambientale. Un sistema che analizza e quantifica in modo rigoroso le emissioni prodotte dalla propria filiera.


Ma il vero senso del lavoro di Basso è tutto per gli agricoltori. «Negli Stati Uniti, in agricoltura anche le grandi aziende agricole lavorano con margini molto ridotti. I costi fissi sono altissimi: trattori da centinaia di migliaia di dollari, estensioni enormi, investimenti anticipati su fertilizzanti e sementi. Un errore di gestione, una stagione avversa per il clima, e l’intero bilancio salta. Ci sono casi in cui gli agricoltori si trovano schiacciati dal rischio economico, tanti sono a rischio suicidio. Avere strumenti che riducono l’incertezza può fare la differenza».


Per loro, Basso ha sviluppato la mappa della resa nel tempo. «Partendo dai dati raccolti dai GPS posizionato sui trattori, andando anche indietro di 15 anni, noi scopriamo che ogni metro quadrato del campo produce in modo diverso. Ci sono quadratini [li chiama pixel ndr] che fanno dieci tonnellate di mais, chi sedici, chi otto… Ma quello che conta non è solo quanto si produce, ma quanto è stabile nel tempo questa produzione. Ci sono aree che mantengono rendimenti elevati con poca variazione: sono zone “alte” e stabili. Altre che restano sempre sotto la media: “basse” e stabili. E poi ci sono le aree più incerte, dove la produzione cambia molto di stagione in stagione. Sapere quali zone sono affidabili e quali no consente all’agricoltore di intervenire in modo più efficiente: meno fertilizzante dove la resa è bassa e stabile, più attenzione dove c’è più potenziale. È un po’ come sapere che ogni sera arrivano dieci persone più o meno affamate al ristorante: sai quanto cucinare in media. La variabilità non sparisce, ma si gestisce. E si riduce il rischio.»


Questa lettura dei campi ha un impatto anche sul loro valore economico. «In pratica puoi cliccare su qualsiasi campo e scoprire il suo valore. Due campi accanto possono essere diversi. Uno ha il 50% di zone alte e stabili, l’altro il 30% di zone basse e stabili, eppure il prezzo è uguale per ettaro: 40mila dollari».


Il principio è semplice: più è stabile la resa di un campo, più quel terreno rappresenta un investimento sicuro. «Quindi si è portato un po’ di trasparenza in agricoltura e si può iniziare a dire: questa terra vale di più, questa meno, in base a quello che produce davvero». Questo algoritmo ha avuto un successo incredibile negli Stati Uniti, ed è stato applicato a 150 milioni di ettari di mais, soia e frumento.


Napoletano, figlio di un professore, Basso non è cresciuto in campagna. Perché fa tutto questo? Come mai ha scelto l’agricoltura?


«Sono cresciuto nel centro storico di Napoli. Mio padre era professore e coltivava l’amore per le piante. Ho sempre avuto grande interesse per due cose: il cibo, perché a Napoli si mangia bene e le persone povere. Non voglio essere banale, ma chi cresce a Napoli è più separato dal materialismo. Nei vicoli stretti del centro storico, il ricco e il povero vivono porta a porta, non esistono grandi distanze. È un po’ come nella Livella di Totò: alla fine, siamo tutti uguali. E questo ti rimane dentro. Così ho scelto di studiare Agraria perché unisce questi due mondi: il cibo e l’impatto sociale».


Basso si laurea alla Federico II, poi parte per gli Stati Uniti per dottorato e post-doc. Rientra in Italia per alcuni anni— prima a Napoli e poi in Basilicata — ma nel 2013 accetta un’offerta dalla Michigan State University. «Era difficile dire di no. Non solo per la proposta economica, ma per la possibilità di lavorare in un sistema che valorizza le idee e investe nei giovani». Oggi, nel suo laboratorio, lavorano 32 dottorandi da tutto il mondo. «Do spazio a molti ragazzi italiani. C’è uno studente di Milano, uno di Roma, una ragazza di Napoli. Devono capire che la scienza cambierà il mondo. L’agricoltura non è più zappa e terra: è strategia, è intelligenza, è innovazione».


È proprio per dare una base scientifica alle decisioni degli agricoltori che Basso ha sviluppato un modello matematico chiamato SALUS, che sta per Systems Approach to Land Use Sustainability. Un sistema che ogni giorno incrocia dati su clima, suolo, genetica delle colture e gestione agronomiche, per rispondere alla domanda: What if? Cosa succederebbe se...?


«Non è un modello statistico che guarda ai dati del passato, è un modello dinamico che simula il processo di crescita delle piante e i fattori che determinano la resa finale. Ogni giorno calcola quanta acqua c’è nel terreno, quanto azoto è disponibile, quanto tempo manca alla fioritura. E risponde a una domanda fondamentale: Cosa succede se do più azoto, meno irrigazione, cambio varietà o tecnica di gestione?».


Questo modello viene dato gratuitamente a tutti gli agricoltori che lo richiedono. Basso riceve finanziamenti dal Dipartimento dell'Energia degli Stati Uniti, da quello dell’Agricoltura, dalla National Science Foundation e dai filantropi.


«Con la stability map gli agricoltori capiscono se quella è una terra giusta da affittare. Non solo: si sta cercando di disegnare una nuova politica dove il prezzo per quelle zone può essere abbassato e soprattutto si aiutano le comunità ad avere un'agricoltura più sostenibile».


È così che l’agricoltura smette di essere una scommessa. La tecnologia resta uno strumento per raggiungere un obiettivo. «Senza un’idea dietro, senza una conoscenza del sistema, la tecnologia non serve. Se gli obiettivi sono sbagliati, gli strumenti ci fanno più male che bene. Aiutare a irrigare in Arizona non è una soluzione: si chiama Arizona perché è arida, perché lì non c’è acqua. Il problema non si risolve legittimandolo, ma ripensando il sistema»


Che cosa ha imparato lungo la sua strada che può servire a tutti no?


«Che le idee vanno capitalizzate, soprattutto quelle dei giovani. E che la meritocrazia fa la differenza. In America, se hai qualcosa da dire, ti ascoltano. Se hai merito, vai avanti. E se non ce l’hai, non c’è amico che tenga.»


È per questo che nel suo laboratorio alla Michigan State University accoglie studenti da tutto il mondo. Li sprona a pensare in grande, a non seguire le mode, a non avere paura di deviare. «Ci vogliono spirito critico e filosofia. La filosofia, in fondo, non è così distante dalla matematica: entrambe aiutano a ragionare per sistema, a vedere i collegamenti tra le cose. Non bisogna essere impulsivi. Meglio osservare, connettere, ragionare»


Tornerà? «La scienza è globale. Sono legatissimo all’Italia, torno spesso. Ma difficilmente ritornerei a fare il professore in un’università italiana. Non avrebbe senso. Qui hai possibilità, finanziamenti, infrastrutture. È un altro mondo»


Forte il legame con ciò che conta davvero. «L’agricoltura dà da mangiare al mondo. Ma senza i servizi ecosistemici, non c’è futuro. Qui negli Stati Uniti si parla sempre più spesso di One Health: la salute del cibo, la salute dell’ambiente, la salute delle persone»


Ogni giorno Basso si sveglia alle cinque, nuota due chilometri, entra nell’acqua fredda. «Ho bisogno di avere una mente lucida. Mens sana in corpore sano. La forza di volontà è un dono. Ma nella vita ho anche incontrato persone che l’hanno riconosciuta».


E ora, con quel dono, restituisce. «Cerco di fare del mio meglio, senza aspettarmi nulla in cambio. Perché poi, alla fine, l’esame vero è superiore, non è dei mortali».


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