venerdì 4 ottobre 2024

IL SALENTO DOPO LA XYLELLA Prof. Luigi De Bellis.

 

IL SALENTO DOPO LA XYLELLA

Prof. Luigi De Bellis. «C’è ancora un futuro. A patto che opportuni finanziamenti regionali o nazionali supportino e promuovano una rinnovata e sostenibile agricoltura sul territorio»

Ci sono prospettive per una agricoltura Salentina postXylella? Lo abbiamo chiesto al prof. Luigi De Bellis del Dipartimento di Scienze e Tecnologia Biologiche ed Ambientali dell’Università del Salento.


«Il Salento ha assistito alla distruzione della filiera olivicola da parte della Xylella, filiera che per secoli ha avuto una notevole importanza sia economica che sociale. Il danno è stato enorme e molti, in particolare gli abitanti delle città e i politici, sembrano non averne pienamente contezza così che, in attesa che la “Scienza” trovi un rimedio, ben pochi, anche tra i ricercatori, agiscono o propongono attività di buon senso. Ultimamente si assiste a proposte molto contraddittorie quali, ad esempio, la sponsorizzazione – perché di sponsorizzazione si tratta, non di divulgazione scientifica - di prodotti curativi quasi “magici”, la cessazione delle procedure fitosanitarie di abbattimento delle piante potenzialmente ospiti del batterio nel raggio di 50 metri da una pianta infetta, o l’introduzione di piattaforme tecnologiche che forniscano all’agricoltore cose che conosce già, come le colture che possono essere coltivate (moltissime, eccetto quelle che hanno un fabbisogno di freddo invernale o molte specie tropicali) insieme alle caratteristiche del suolo e dell’acqua che ha a disposizione.

RITORNO ALLA CURA

Unica iniziativa di buon senso, portata avanti da alcuni potatori ed esperti di olivicoltura, quella di un ritorno alla “cura” – stavolta intesa non come terapia ma come gestione accorta e razionale dei bisogni agronomici - degli olivi salentini affetti da Xylella ma ancora vivi, attraverso potature dei rami che manifestano i primi sintomi, il controllo dell’insetto vettore (la ormai ben nota “sputacchina”), la difesa da altri patogeni, la corretta gestione dell’acqua e delle concimazioni, che certamente non potranno garantire la produttività e la vitalità degli olivi per molti anni, ma che sembrano, rispetto agli oliveti abbandonati, condurre a qualche rallentamento del declino, così come avviene per gli animali o le persone: chi è ben curato vive più a lungo di chi non riceve alcuna assistenza. Allo stesso tempo si assiste al reimpianto di oliveti superintensivi, strategia potenzialmente efficace sotto il profilo della sostenibilità economica come sembra indicare anche l’esperienza spagnola, realizzati soprattutto con la cultivar Favolosa, che richiedono, però, ogni anno una significativa quantità di acqua per ettaro, acqua che è sempre stato un fattore limitante nel Salento e lo sarà sempre di più (o avrà costi proibitivi o sarà necessaria una desalinizzazione su larga scala). La conseguenza è che occorre un aiuto per mantenere una agricoltura degna di questo nome nel Salento. Aiuto che deve venire soprattutto dai decisori politici a livello nazionale e regionale e da parte dei sindaci del Salento che vedono il loro territorio degradare, così da continuare a supportare la ricerca e proporre il finanziamento (e successivamente un adeguato controllo) di progetti di filiera. È, infatti, ben poco efficace indicare agli agricoltori cosa coltivare per poi non garantire una prospettiva di remunerazione del loro lavoro, ovvero lasciarli soli di fronte alle difficoltà del mercato; nel XXI secolo non occorre semplicemente conseguire una elevata qualità del prodotto, ma raggiungere una massa critica del prodotto stesso, accompagnata da una solida azione di promozione e marketing. Questo può essere anche realizzato associando i produttori tra loro (OP o Distretti poco importa) così da organizzare una assistenza e formazione continua, oltre che una efficace e centralizzata promozione per una serie di filiere adatte al Salento. Non è possibile ipotizzare un reimpianto di tutti gli oliveti affetti da Xylella, perché è risultato evidente come la quasi monocoltura di olivo abbia favorito la diffusione del batterio e i danni conseguenti, mentre sarebbe da sostenere il finanziamento di 3-4 filiere in grado di dare origine ad una agricoltura sia sostenibile che remunerativa per gli agricoltori e, in funzione economica, far ritornare i giovani nel settore. Questo approccio si rende necessario anche per ragioni ecologiche ed ambientali: tutti gli olivi morti o in via di disseccamento hanno cessato di immagazzinare CO2 e traspirare acqua, così da non contribuire più alla riduzione degli inquinanti ambientali ed a mitigare gli effetti della temperatura, generando un poco percettibile quanto insidioso cambiamento climatico a livello locale. Tutti i cittadini del territorio insieme agli agricoltori e politici dovrebbero discutere apertamente, senza pregiudizi, all’interno di una solida cornice fatta di conoscenze scientifiche ed analisi di dati fattuali, allo scopo di concordare iniziative per il futuro del Salento. Ciò anche alla luce di uno scenario di convivenza con il batterio Xylella nella zona infetta ed il suo andamento epidemico verosimilmente variabile: dopo la morte di decine di migliaia di olivi, la presenza del batterio potrebbe risultare ridotta, una condizione apparentemente favorevole alle attività di reimpianto ma che potrebbe essere soggetta a non perdurare con l’eventuale introduzione di piante ospiti, pur resistenti.

LE POSSIBILI SOLUZIONI

Mantenendo attive le buone pratiche agricole (lavorazioni dei terreni, taglio della vegetazione erbacea, eliminazione delle piante compromesse, lotta diretta agli insetti vettori) in grado di limitare l’impatto e la diffusione di Xylella, evitando di importare specie altamente suscettibili, semplici basi di discussione e di intervento sono: individuare nuove fonti irrigue (nuovi invasi, impianti di depurazione in grado di fornire acqua idonea all’agricoltura, miglioramento delle reti irrigue ecc.) così da fornire acqua agli agricoltori a basso costo, perché solo con la disponibilità di questa essenziale risorsa potrà essere sviluppata nel Salento una moderna e remunerativa agricoltura e gli imprenditori potranno scegliere liberamente cosa e come coltivare; analisi critica delle filiere tradizionali e dei relativi sottoprodotti, con particolare attenzione sulle filiere olivicola-olearia, viti-vinicola, e orto-frutticola; realizzazione di campi prova/esperienze pilota di coltivazione e/o di trasformazione per realizzazione di (nuovi) prodotti agroalimentari da sottoporre alla attenzione di imprenditori agricoli e cittadini; analisi economica delle potenzialità di mercato delle varie filiere così che queste possano essere supportate da finanziamenti regionali o nazionali; finanziamento costante negli anni della ricerca indirizzata allo studio di efficaci strumenti per il contrasto alla Xylella e l’individuazione di germoplasma resistente o tollerante ai fini della convivenza con il batterio in area infetta. Per la filiera olivicola, che ha la maggiore necessità di un rapido intervento allo scopo di prevenire errori che il territorio potrà pagare caro negli anni futuri, è utile e necessario definire un progetto o più progetti di filiera per il territorio gestiti da Organizzazioni di Produttori (OP) o distretti del cibo riconosciuti dalla Regione Puglia con lo scopo di: garantire e migliorare la qualità dell’olio; aumentare la produzione attraverso nuovi impianti e migliore gestione degli oliveti; programmare i reimpianti con più varietà di olivo in modo da evitare la ricostituzione di una (quasi) monocoltura varietale limitando per quanto possibile impianti superintensivi che richiedono notevoli disponibilità di acqua; creare un marchio collettivo allo scopo di portare sul mercato nazionale ed estero la gran parte del prodotto del territorio così da ottenere una maggiore remunerazione; promuovere la costituzione di una Elaioteca Regionale sia fisica che di promozione e vendita “on-line” partendo da una sede a Lecce (la Legge Regionale 29 luglio 2008, n. 20 “Costituzione dell’Enoteca/Elaioteca regionale”, mai attuata, prevede una sede in ogni capoluogo di provincia della Puglia) quale vetrina dei prodotti olivicoli; promuovere contributi per l’insediamento di giovani agricoltori.

C’È ANCORA UN FUTURO

La risposta alla domanda posta è quindi positiva, a patto di partire dal fatto che la scarsa disponibilità di acqua è il fattore limitante per molte scelte aziendali e territoriali, insieme alla necessità che opportuni finanziamenti regionali o nazionali supportino e promuovano una rinnovata e sostenibile agricoltura sul territorio».

Prof. Luigi de Bellis

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