martedì 26 ottobre 2010

Quale marchio per il Salento leccese?


Quale marchio per il Salento leccese?
di Antonio Bruno*
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Nella Tavola Rotonda di lunedì 25 ottobre 2010 organizzata dal Prof. Luigi De Bellis dell'Università del Salento molte proposte ma nessuna decisione comune su quale marchio sia più funzionale al territorio e alle produzioni del Salento leccese. In questa nota una proposta per superare l'attuale confusione che si traduce in un freno allo sviluppo.
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Ieri sera c'è stata una bellissima Tavola Rotonda organizzata dal Prof. Luigi De Bellis dell'Università del Salento sul tema Come tutelare i prodotti “tipici” che si è tenuta presso la Sala Conferenze del Rettorato. E' accaduto ciò che accade di solito nel Salento leccese ovvero anche in questo caso tutti i partecipanti hanno proposto una loro idea di pianificazione, una diversa dall'altra, tutte con belle intuizioni che rischiano di rimanere patrimonio inespresso e non armonizzato perchè le discussioni, le tavole rotonde, utilissime per partecipare a tutti le idee, non sono lo strumento adeguato per un progetto condiviso.
Il Salento leccese è parte di una società avanzata fortemente pianificata. La pianificazione del territorio del Salento leccese in senso generale ha due direttrici principali, quella economica (il budget, gli incentivi e disincentivi) e quella fisico-territoriale (il quadro delle risorse idriche o delle aree protette, o dei piani regolatori o delle infrastrutture di trasporto).
Voglio sottolineare con forza che le due attività di pianificazione sono decisive per determinare il futuro del Salento leccese compresa la sua “sostenibilità”, la qualità della vita e l’ambiente.
Quanto ho scritto è frutto del mio convincimento di tenere presente in ogni decisione strategica contemporaneamente la dimensione locale e quella globale. Lo so che tu che mi leggi hai già sentito da qualche parte lo slogan ambientalista per eccellenza: “Pensare globalmente, agire localmente” ma secondo la mia opinione lo sviluppo del Salento leccese è strettamente legato alle decisioni che andremo a prendere seguendo le indicazioni metodologiche di questo slogan.
Tutti concordiamo ch il marchio territoriale è uno strumento di garanzia di qualità e di sviluppo locale.
La procedura di registrazione di un marchio ha come scopo prevalente quello di costituire sul segno oggetto di registrazione un diritto di uso esclusivo circoscritto ai prodotti e/o servizi rivendicati ed ai prodotti e/o servizi a questi affini.
Per tornare alla tavola rotonda di Lunedì 15 ottobre 2010 per fare un esempio vi riporto le proposte di marchio territoriale che sono emerse nel dibattito. La prima è quella dell'editore di Telerama dott. Paolo Pagliaro con il suo “Salento doc” che ha sciorinato una serie di dati ricavati da un sondaggio che dimostrano il successo commerciale dell'iniziativa, è stata poi la volta del dott. Francesco Pacella assessore al Turismo e al Marketing Territoriale, con delega all'agricoltura e alle risorse del mare per la Provincia di Lecce che ha proposto l'introduzione delle De. Co. (Denominazioni Comunali d'origine dei prodotti agricoli) infine per non farci mancare nulla l'Assessore alle Risorse Agroalimentari della Regione Puglia dott. Dario Stefano ha rimarcato la necessità di un solo marchio valido per tutti che lui individua in “Prodotti della Puglia”. Chi ha ragione? Chi ha torto? Dalle argomentazioni a sostegno dei vari marchi vengono fuori tutte buone ragioni, ma è del tutto evidente la mancanza di un luogo in cui tutti i portatori di interesse possano confrontarsi per poi confluire in un unico progetto e nel caso specifico un unico marchio che sia condiviso da tutti.
Qui non si tratta di decidere chi comanda, di imporre in maniera prescrittiva l'uso di questo o di quell'altro marchio, c'è invece la necessità di capire cosa si deve fare per stare insieme al fine di decidere ciò che poi potrà essere condiviso da tutti. L'altro giorno in un altro dibattito presso la Masseria Sani di Caprarica di Lecce un Ingegnere che si è definito “proveniente dalla Padania” affermava che presi singolarmente i Padani non hanno nulla di differente da noi meridionali, ma faceva l'esempio di un appuntamento per protestare in difesa dell'agricoltura che, se preso dai Padani alle ore 4 di mattina del giorno X, ha come risultato che tutti, ma proprio tutti, alle 4 di mattina sono presenti per protestare. Invece noi del Salento leccese per decidere un marchio territoriale del territorio Salento leccese abbiamo Telerama che riunisce una parte degli stakeholder ovvero una TV lcale ha individuato alcuni tra i soggetti "portatori di interessi" nei confronti dell'iniziativa economica “Marchio territoriale”, la Provincia di Lecce ne ha raggruppati altri e infine la Regione Puglia altri ancora, alcuni si sono riuniti a gennaio, altri a febbraio e altri stanno ancora aspettando di fare la riunione.
E' questo che fa la differenza! Ma è solo un problema di marchio? E' solo un problema di produrre e vendere di più? Secondo la mia opinione c'è la necessità e l'urgenza di analizzare la problematica “sviluppo sostenibile del Salento leccese”, perchè è sotto gli occhi di tutti che molti tentativi di riportare l’uso dello spazio fisico a criteri ambientali eco-sostenibili e quantificabili, sono legati al concetto di “soglia”, la risorsa minima da non intaccare; un concetto che allargato finisce in qualche modo per comprendere anche quello di “impatto” ambientale e di sviluppo ecocompatibile.
Quindi tutte le idee di pianificazione non possono essere derivate da esigenze esterne al territorio poiché tutto quanto dovrà essere prodotto nel Salento leccese deve essere oggetto di una valutazione etica alla problematica ambientale e sociale partendo da una sostanziale “critica” al modello economico che ha portato alle attuali condizioni.
Io sostengo con assoluta convinzione che alcune piccole mosse “dal basso” potrebbero rilanciare le azioni per uno sviluppo sostenibile e per una maggiore coscienza ecologica.
Per realizzare ciò è necessario prendere in considerazione l'opportunità che offre la progettazione partecipata, quale concreta realizzazione della partecipazione quale via alla sostenibilità, in un processo “a cascata”.

*Dottore Agronomo

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