giovedì 31 dicembre 2015

Xylella: Ministro Martina ecco come fare a contenere e fermare il CoDiRo




Eccellenza Ministro Martina,

ho letto sul Quotidiano di Puglia

http://www.quotidianodipuglia.it/regione/xylella_emergenza_ulivi/notizie/1760847.shtml che Lei ha scritto nei giorni scorsi una lettera indirizzata al governatore Michele Emiliano per chiedergli di «poter conoscere presto i nuovi orientamenti di lavoro per il contrasto al batterio xylella che sta colpendo gli olivi del Salento».

Siamo tutti chiamati in causa da questa lettera e ho pensato a come avrei risposto io. Le riporto le mie proposte:

La prima cosa da fare è descrivere con elevato dettaglio la distribuzione attuale della vegetazione delle aree delle Province di Lecce, Brindisi, Taranto e Bari attraverso IL TELELERILEVAMENTO DI CUI SI RIFERISCE QUI:http://centrostudiagronomi.blogspot.it/2015/12/xylella-le-verita-terra-effettuate-dai.html

La seconda cosa da fare è ottenere dagli scienziati della Task Force di cui è segretario il collega Gianluigi Cesari le linee guida per il contenimento e controllo del CoDiRo. Le linee guida dovrebbero essere continuamente aggiornate con i risultati provenienti dai progetti di ricerca sul disseccamento degli olivi quindi si tratta di un Work in progress (spesso abbreviato con l'acronimo W.I.P.) che è un termine inglese traducibile come "lavori in corso".

La terza cosa da fare è la costituzione di un consorzio interaziendale obbligatorio (costituito per legge), finalizzato a creare una collaborazione tra imprenditori per lo svolgimento delle fasi dell'attività d'impresa agricola relative al contenimento del CoDiRo che dovrebbe essere l’Ente Attuatore delle Linee Guida elaborate dalla Task Force. Il Consorzio potrebbe rappresentare inoltre l’ente attuatore  della Ricerca Partecipata che sta trovando una sua importante applicazione in Puglia, con uno studio sullo stato di salute della popolazione di Manfredonia, città teatro, ormai quasi quarant’anni fa, di un gravissimo incidente industriale accaduto nell’impianto Enichem, dal quale si sprigionò una nube tossica contenente composti a base di arsenico di cui riferisco qui: http://centrostudiagronomi.blogspot.it/2015/12/nel-salento-il-modello-della-ricerca.html

A titolo di esempio per spiegare la necessità e l’urgenza di costituire il Consorzio riporto la discussione con l’amico presidente della Cooperativa Acli Enzo Manni:

Enzo Manni ha scritto: Continuiamo a trattare la straordinarietà con l'ordinarietà (che per inciso chi và realmente in campo sa bene il lavoro che da sempre si svolge) e l'approssimazione preferendo la pseudoricerca simpatica alla ricerca reale, professionale e dura. Vedremo dove si arriverà.

Antonio Bruno ha risposto: Caro Enzo Manni leggo solo ora il tuo scritto. Noi siamo stati, siamo e saremo sempre a disposizione della scienza. La ricerca sino ad oggi ha trovato sempre riscontro nelle nostre azioni, non abbiamo nulla da rimproverarci. Putroppo c'è l'abbandono e, di conseguenza, campi che non sono oggetto di nessuna pratica ordinaria nè di quelle che servono a contenere il disseccamento. Un esempio per tutti la pratica delle arature per il contenimento dell'insetto vettore che fece gridare e chiedere giustizia a tutti gli olivicoltori che le avevano fatte nei riguardi di quegli olivicoltori e agricoltori che avevano lasciato i campi incolti. Ripeto è proprio l'ordinario che manca a causa dell'abbandono totale o parziale delle campagne e per ovviare a questa piaga che ho formulato la proposta che hai letto. LA PROPOSTA E' QUELLA DELLA COSTITUZIONE DI UN CONSORZIO OBBLIGATORIO!
Ho provato a dare il mio microscopico contributo. Spero possa servire. Approfitto dell’occasione per formulare gli Auguri di un 2016 in cui la salvaguardia e lo sviluppo del territorio vengano perseguiti con ancora più forza.


Antonio Bruno dottore agronomo
 

Xylella: Le “verità a terra” effettuate dai dottori agronomi e forestali delle Puglie.





Il telerilevamento, applicato alla vegetazione, legge lo stato fisiologico della pianta, quindi è in grado di indicare piante che soffrono per qualunque motivo, differenziandole da piante che invece non soffrono.
Il telerilevamento non è specifico, nel senso che non ci dice per quale motivo la pianta soffre, può essere in sofferenza a causa del Co.di.Ro, a causa dell’inquinamento atmosferico, può essere in sofferenza perchè la pianta è in una zona siccitosa oppure perchè non è stata irrigata, oppure perché c’è un inquinamento del suolo: i motivi plausibili che causano la sofferenza dell’albero o della pianta possono essere mille. C’è solo una certezza: attraverso il telerilevamento l’albero o la pianta viene indicata come sofferente.
Quando si fa il telerilevamento non si tratta di osservare immagini. Il telerilevamento si fa in questo modo: per una medesima area si producono decine di fotografie rilevate a diverse lunghezze d’onda; in seguito combinando queste immagini fra di loro, si evidenziano i risultati che si vogliono ottenere. Per i risultati riguardanti la vegetazione si utilizzano in genere, alcune bande, sulle quali tutti i ricercatori concordano. 
Ma non basta perché per avere certezza si fanno le “verità a terra”, cioè si va sul campo, in corrispondenza delle aree spazzate dal telerilevamento e si osserva la verità a terra, ovvero si osserva lo stato reale del territorio spazzato.
Questo è quello che deve essere fatto nel Salento e nella Puglia. Le “verità a terra” naturalmente sono effettuate dai dottori agronomi e forestali delle Puglie.

Xylella 31 dicembre 2015



mercoledì 30 dicembre 2015

Il contenimento del CoDiRo ai Consorzi di Bonifica


L’olivicoltura della provincia di Lecce è di fronte alla questione fondamentale: cosa fare e come fare per salvaguardare e valorizzare il patrimonio ambientale e territoriale.
Per il contenimento del CoDiRo vi è la necessità di un costante monitoraggio con l’ausilio di giovani esperti agricoltori e tecnici che dovrebbero provvedere alla potatura di risanamento per contenere il CoDiRo e il ripristino della fertilità microbiologica dei suoli oltre che per riutilizzare in agricoltura le acque reflue salvaguardando il nostro mare. I Consorzi di Bonifica già distribuiscono le acque reflue affinate per l’irrigazione dei campi.
Vi è la necessità di irrobustire l’agroecosistema nella consapevolezza che l’agricoltura sostenibile gioca un ruolo primario in tema di paesaggio e ambiente.
Tutto ciò può essere ottenuto attraverso il Consorzio.
Si definisce il Consorzio come associazione tra imprenditori, avente lo scopo di disciplinare attività comuni.
Basta l'atto della pubblica autorità per dare vita a un consorzio obbligatorio.
Nella fattispecie  l'autorità governativa dispone con proprio provvedimento la costituzione di consorzio tra imprese, qualora la costituzione stessa risponda alle esigenze dell'organizzazione della produzione [v. c.c. 2616] o serva per la gestione collettiva dei prodotti agricoli dei quali sia prescritto l'ammasso [v. c.c. 2617]. Il consorzio obbligatorio, a differenza di quello volontario, può considerarsi un istituto di diritto pubblico.
Si tratterebbe di un consorzio interaziendale, finalizzato a creare una collaborazione tra imprenditori per lo svolgimento delle fasi dell'attività d'impresa agricola relative al contenimento del CoDiRo.
Ma anziché fare dei nuovi Consorzi obbligatori perché non utilizzare quelli già esistenti? Mi riferisco ai Consorzi di Bonifica.
E’ una mia riflessione, anche se interessata, poiché come noto svolgo il mio lavoro da più di 30 anni in queste strutture. Ma assicuro che, se chiamati a questo compito, i Consorzi lo svolgerebbero con efficienza e professionalità così come già accade per l’uso dei reflui in agricoltura.


Premio Nazionale "L'oro d'Italia" 2016



Xylella 30 dicembre 2015






Un ricercatore, un’intervista e una mappa. Non è un programma scientifico né un documentario, bensì l’intervista di una giornalista ad uno studioso, il quale durante un progetto sui cambiamenti climatici e sui processi di desertificazione, è riuscito, assieme ai suoi colleghi dell’IRSA-CNR, a rilevare dei dati molto interessanti mediante la tecnologia del telerilevamento.
A dispetto di quanti credono che la scienza buona non esista, compare quindi sulla scenaAntonio Lo Porto, volto noto della scienza internazionale, ricercatore attivo presso ilConsiglio Nazionale delle Ricerche Istituto di Ricerca sulle Acque (CNR Irsa), che con linguaggio comprensibile anche ai non addetti ai lavori spiega i risultati di alcuni dati saltati fuori durante delle operazioni di telerilevamento aereo. Ascoltando con estremo interesse l’intervista rilasciata dal dott. Lo Porto ai microfoni di Telerama, la situazione pare abbastanza chiara: il ricercatore, sostiene che dalle immagini ottenute tramite telerilevamento, si evidenzia che le aree in rosso, le quali poi sono risultate corrispondere a zone con Co.di.Ro. manifesto, sono contigue ad aree dove il Co.di.Ro non è manifesto. La cosa che più ha incuriosito i ricercatori è che questa contiguità è delimitata da linee regolari: se ci fosse solo un’infezione batterica, ci dovremmo aspettare una diffusione a macchia d’olio perché la sputacchina è un vettore capace di coprire distanze abbastanza lunghe. Se ricordiamo bene, ci è stato detto che la sputacchina poteva essere trasportata anche sugli indumenti, quindi a chilometri di distanza. Come mai, si chiede il ricercatore, si ferma davanti ad un muretto a secco o ad una strada? Che differenza c’è tra un terreno evidenziato in rosso ed il suo contiguo oltre il muretto a secco, indicato in giallo? Certamente, risponde Lo Porto durante l’intervista, la differenza può farla la storia dell’appezzamento agricolo.Sarebbe interessante sapere se due terreni contigui, uno con segni di Co.di.Ro ed uno apparentemente sano, hanno le stesse caratteristiche del suolo: la stessa concentrazione di materia organica, la medesima biodiversità nella microfauna del suolo, la stessa concentrazione di glifosate, di metalli pesanti o di altre sostanze tossiche che non possiamo immaginare. Praticamente un discorso che non fa una piega.
La storia poteva fermarsi qui, vista la chiarezza della spiegazione, ma, come ogni cosa che ruota intorno agli ulivi del Salento così non è stato.
Nelle giornate che sono seguite alla pubblicazione di questa mappa sul web, da più e più partii detrattori della scienza buona, hanno cominciato ad agitarsi, ponendo domande, insinuando dubbi e, nella maggior parte dei casi, bambinescamenteAVANZANDO PERCHE’ inopportuni anche ai nostri occhi.
Ad un discorso logico ed oggettivo, ad un ragionamento rigorosamente valido, tutti coloro che si dicono pronti a sostenere la scienza cosa fanno? Cercano di sotterrare come insulsi ed insufficienti dei dati importantissimi, forse i più significativi che ad oggi arrivano dalla scienza, tentano di spegnere una luce lampante. Ovviamente, chi intende vederci chiaro e non è del settore, non poteva che cercare un contatto con il dottor Lo Porto, per chiedere direttamente all’interessato come si erano svolte le ricerche, quali erano i dati ottenuti e soprattutto quale legame queste nuove informazioni potevano avere con il disseccamento rapido degli ulivi del Salento.
Riportiamo quindi l’intervista che gentilmente, e senza alcun preavviso, il dottor Lo Porto ha voluto rilasciarci.
E.CPer il vostro progetto avete utilizzato il telerilevamento, come funziona?
A.L.P: Il telerilevamento, applicato alla vegetazione, legge lo stato fisiologico della pianta, quindi è in grado di indicare piante che soffrono per qualunque motivo, differenziandole da piante che invece non soffrono. Pertanto, non è specifico, nel senso che non ci dice per quale motivo la pianta soffre, in questo caso può essere per il Co.di.Ro, per l’inquinamento atmosferico, può essere che la pianta è in una zona siccitosa o non è irrigata, oppure c’è un inquinamento del suolo: i motivi plausibili possono essere mille, la pianta viene indicata come sofferente. Non si tratta di osservare immagini. Per una medesima area si producono decine di fotografie rilevate a diverse lunghezze d’onda; combinando queste immagini fra di loro, si evidenziano i risultati che si vogliono ottenere. Per la vegetazione si utilizzano in genere, alcune bande, sulle quali tutti i ricercatori concordano. Per avere certezza si fanno le “verità a terra”, cioè si va sul campo, in corrispondenza delle aree spazzate dal telerilevamento e si osserva la verità a terra, ovvero si osserva lo stato reale del territorio spazzato. Noi da terra abbiamo rifatto la stessa ripresa con uno spettroradiometro a spalla, per verificare se si ottenevano i medesimi risultati del telerilevamento aereo, appurando che questi non fossero alterati o perturbati da effetti del suolo, effetti di altra vegetazione o altro.
E.C.: I rilevamenti quando sono stati effettuati?
A.L.P: All’inizio del 2014.
E.C.: Quindi la situazione attuale del terreno, ed eventuali modifiche apportate dall’uomo (costruzioni, nuove colture, che oggi insistono sui campi) possono essere sorte successivamente al telerilevamento?
A.L.P: Chiarisco una cosa. Quell’immagine che io ho mostrato non è affatto il prodotto finito di un’elaborazione, perché nessuno ci ha pagato, nessuno ce lo ha chiesto. Noi abbiamo prodotto queste elaborazioni per tutt’altri scopi, visto che i risultati ci sono parsi curiosi ed interessanti, l’abbiamo diffusi, per dire anche alla Regione, “secondo noi c’è da guardarci un po’ meglio”. Quindi non sono stati eseguiti i processi di “raffinamento” dell’immagine, c’è da ripulirla, ed è probabile che possono esserci delle sbavature. Ad esempio i pixel gialli rappresentano un comportamento della pianta intermedio, ma si tratta di combinazioni di diverse fotografie: i motivi dell’anomalia vanno analizzati sul campo. Ed è questo ciò che abbiamo detto quando siamo stati auditi dalla IV Commissione Agricoltura:“Quest’immagine è un’indicazione che ci dice che dovrebbero essere fatti ulteriori studi”.
Nessuno dice che la Xylella o il rodilegno o i funghi non ci siano nella zona, anzi; il problema è che se si manifestano in questa forma un po’ curiosa c‘è qualche altro fattore che perturba.
E.C.Passiamo alla questione Xylella ed a tutto ciò che sta succedendo oggi. Perché voi avete ritenuto di dover presentare queste immagini?
A.L.P: Innanzitutto siamo stati chiamati a farlo, non ci siamo proposti. Siamo stati invitati a far parte della Task Force di Emiliano. Durante quell’assemblea, tutti i presenti hanno offerto il loro punto di vista e le loro posizioni in presenza di alcuni consiglieri, i quali hanno annotato gli interventi che secondo loro erano più interessanti e stimolanti. Siamo stati quindi poi convocati durante la IV Commissione Agricoltura a presentare il nostro punto di vista. Certamente tale convocazione è stata accolta da noi con gioia, se non altro perché ci ha dato la possibilità di offrire il nostro punto di vista. Il parere che noi abbiamo espresso è che ci si è fermati troppo a discutere sulle varietà, la sub-specie della xylella, se è la xylella o se sono i funghi, se è il rodilegno, e soprattutto si è parlato tanto del Piano Silletti, se è efficiente o meno, se 100 metri son giusti, troppo pochi o tanti, quando invece, prima di adottare politiche soprattutto nel campo ambientale è necessario conoscere.
Noi abbiamo detto che il primo passo è avere le basi scientifiche per poter prendere delle decisioni scientificamente basate. E questo è tutto, quindi noi non parteggiamo per nessuno, anche perché non capisco nemmeno quali siano le diverse fazioni, se così le vogliamo chiamare. E non comprendo come mai anche su questo, che dovrebbe essere un assunto condiviso, siano nate quasi delle tifoserie.
E.C.: Lei ha assolutamente ragione. Io faccio un lavoro evidentemente molto diverso dal suo, però io credo che un po’ tutti i lavori, se svolti correttamente, dovrebbero partire da un elemento comune: i fatti o, perlomeno, dalla domanda: quali sono i fatti? E’ chiaro che, una volta individuati i fatti, essi possono essere interpretati in cento modi diversi, perché ciascuno può guardare alla medesima cosa con occhi differenti, ma i fatti, quindi le basi di partenza dovrebbero essere condivise. Cosa che non sta avvenendo, nel senso che, molti fatti vengono stravolti. Se uno scienziato osserva un ulivo che secca, che è in sofferenza, e non valuta dapprima l’ambiente, la terra in cui quest’albero cresce, ciò che è stato fatto a quell’albero negli anni per curarlo o (mi consenta) “avvelenarlo”, come può capire cos’ha?
A.L.P: Beh, certo, questa dovrebbe essere la base comune di discussione.
Chiudiamo la comunicazione e l’interessante conversazione, e ci chiediamo: come mai “i baroni”, gli scienziati, i tecnici e tutto il corteo di giullari ed adepti vari che dovrebbero meglio di noi, ed ancor più di noi, esser curiosi nella ricerca ed aver sete di scoperta, ANCORA, dopo due anni sono fermi a poche pubblicazioni sul giornale di famiglia? Come mai non hanno cercato, chiesto, valutato l’ambiente, il terreno, le acque, l’aria ancor prima di sentenziare la “cura” o meglio la morte degli ulivi? Non sono bravi a fare il loro mestiere? Peccano di incompetenza? Oppure?
Intanto, oggi siamo grati, perché la SCIENZA esiste.
Xylella, gli esperti: “specie in Puglia è diversa dalle altre”
Per i consulenti della procura di Lecce che ha disposto il sequestro preventivo degli ulivi destinati all’abbattimento secondo il piano anti Xylella, la popolazione batterica di Xylella fastidiosa che si e’ diffusa nel territorio salentino “e’ assegnabile alla sottospecie ‘pauca’ ed e’ assolutamente peculiare e diversa da ogni altra pauca di cui si ha finora conoscenza. Tale peculiarita’ e’ in massima parte dovuta al numero e al tipo di piante che sembra attaccare nel Salento”.

E’ uno degli elementi che si evincono dalla consulenza dei due esperti, Giuseppe Surico e Francesco Rinaldi, oltre che su altro genere di accertamenti investigativi che i magistrati di Lecce hanno disposto il sequestro preventivo degli alberi di ulivo destinati all’abbattimento, secondo quanto previsto dal piano degli interventi dell’ormai ex commissario straordinario Giuseppe Silletti. Stralci della consulenza sono citati dal gip Alcide Maritati nel provvedimento con cui ieri ha convalidato il sequestro d’urgenza disposto dai pm Elsa Valeria Mignone e Roberta Licci.
“In conclusione – scrivono i consulenti di parte – i dati da noi raccolti confermano che in piante di olivo in Puglia e’ presente la specie batterica Xylella Fastidiosa e che la popolazione batterica che si e’ diffusa nel territorio salentino e’ assegnabile alla sottospecie ‘pauca”. Rilevano, pero’, anche due “fatti”. “La sottospecie presente nel Salento e’ assolutamente peculiare – proseguono – diversa da ogni altra pauca di cui si ha finora conoscenza. Tale peculiarita’ e’ in massima parte dovuta al numero e al tipo di piante che sembra attaccare nel Salento”. Secondo gli esperti “un diverso ambiente, quello salentino rispetto a quello costaricano, ha permesso al batterio di esplicare un piu’ elevato potere fitopatogeno”. Aggiungono i consulenti che “la popolazione presente nel Salento non sembra costituire una popolazione omogenea”. Quindi ci potrebbero essere state “non un’unica introduzione dalla Costa Rica, ma piu’ introduzioni di Xylella, non solo dalla Costa Rica”. La Xylella inoltre “potrebbe essere entrata nel Salento anche molto tempo fa, tanto da aver avuto il tempo di subire modificazioni genetiche”. Ad ogni modo, concludono: “Le ipotesi potrebbero essere queste e altre ancora, tutte da studiare, ma soprattutto e’ da verificare se effettivamente nel Salento sono presenti popolazioni diverse, come sembrano indicare taluni dati raccolti dagli stessi ricercatori in Puglia e mai da essi, inspiegabilmente, adeguatamente commentati”.