sabato 19 dicembre 2015

Il capo della Procura leccese Cataldo Motta ha spiegato punto per punto l'inchiesta che ha portato al sequestro preventivo d'urgenza degli ulivi che dovevano essere sradicati



Il giorno dopo il terremoto giudiziario che ha scosso la Puglia, il capo della Procura leccese, Cataldo Motta ha spiegato punto per punto l'inchiesta che ha portato al sequestro preventivo d'urgenza degli ulivi che dovevano essere sradicati.

Lecce. Alla fine avevano ragione i vecchi contadini e tutti coloro che hanno sempre sostenuto che la causa del complesso del disseccamento rapido dell’ulivo, noto come Co.Di.Ro, che ha provocato la morte di centinaia e centinaia di alberi secolari nel Salento, doveva essere cercata altrove. La Xylella, il batterio killer che si è cercato di combattere in tutti i modi, tanto ‘killer’ non era. Forse è stata solo ‘fastidiosa’, come dice il nome stesso. Già, perché come spiegato dal Procuratore Capo, Cataldo Motta durante la conferenza stampa di questa mattina in Tribunale «non è stato accertato il nesso di casualità tra la morte delle piante e il patogeno da quarantena». Insomma, quello che è successo non è colpa della Xylella fastidiosa, o almeno la Xylella non è l’unica causa del Co.ri.do.
«Il batterio killer ­– ha spiegato ai giornalisti il Procuratore – è stato trovato in alcuni ulivi sani, che non presentavano le caratteristiche del disseccamento rapido e viceversa non è stato trovato in alcune piante ‘malate’». Questo è stato confermato anche dai rilievi effettuati in cui è stato dimostrato che due uliveti confinanti presentavano piante della stessa varietà in condizioni assolutamente diverse, alcuni erano secchi, altri assolutamente ‘in salute’. «Il muretto a secco che separava le campagne evidentemente è un ostacolo insormontabile anche per la cicala sputacchina che evidentemente non sa saltare» hanno ironizzato nel corso dell’incontro per evidenziare la ‘stranezza’.  Questo, però, non significa che dietro la morìa degli alberi ci sia un complotto. Non si stanno cercano ‘streghe’ o ‘untori’, ma soluzioni. «Quando in passato per ragioni di studio sono state introdotte varie sottospecie di Xylella in parte come batterio allo stato puro su piastra, in parte su piantine di vite – ha spiegato Motta – mancava la sottospecie della ‘pauca’ che poi è stata trovata in Salento». 

Non solo, c’è un altro aspetto fondamentale: il tempo. Gli accertamenti hanno portato ad escludere che ci sia stata una diffusione recente del batterio. La xylella fastidiosa sarebbe, infatti, presente in Salento da almeno 15/20 anni «Abbiamo trovato nove ceppi diversi di una sottospecie – ha continuato Motta - e questo significa che c’è stata una mutazione genetica del batterio che richiede un periodo piuttosto lungo». Da allora, il ceppo si è evoluto, divenendo più aggressivo come nella zona di Gallipoli, Taviano e Alezio.

Proprio per questo motivo, non essendo una situazione di emergenza che legittimi il periodo di quarantena, procedere con l’abbattimento delle piante è una scelta sbagliata. Questo il motivo principale per cui è stato emanato un decreto di sequestro preventivo d’urgenza di tutti gli ulivi che, in base alla più recente ordinanza commissariale, dovrebbero essere abbattuti nell’ambito delle misure di contrasto alla diffusione del batterio. Ma la soluzione avrebbe senso solo se la diffusione fosse recente, cosa che non è.

«Eradicazione del batterio non significa estirpazione della pianta» ha sentenziato il Procuratore sottolineando come il batterio debba essere combattuto utilizzando altri metodi. Bisognerà lavorare per estirpare la malattia e non la pianta stessa. «Sarebbe un po’ – ha ironizzato Motta – come abbattere i soggetti colpiti da influenza anziché curarli». E anche questo è stato sempre sostenuto, in questi mesi, dagli ambientalisti e dagli agricoltori ‘disperati’ disposti a fare di tutto pur di salvare quelle piante che hanno visto crescere o che hanno ereditato dai loro padri e nonni. Una strada c’è ed è quella – come sottolineato dagli inquirenti – di puntare al rafforzamento delle difese immunitarie della pianta che, invece, con l’eccessivo uso di insetticidi e pesticidi, viene danneggiata.

Passiamo poi al capitolo Europa. «Ci siamo trovati di fronte a direttive europee, in parte molto rigorose, come l’eradicazione degli ulivi, ma che sono state emesse sulla falsa rappresentazione della situazione. L’Unione Europea che avrà anche le sue colpe ma per altro, è stata tratta in errore da quanto è stato rappresentato con dati impropri e non del tutto esatti» ha continuato il Procuratore Motta. 

Il giorno dopo il terremoto giudiziario che ha scosso la Puglia, il numero uno del secondo piano di Viale De Pietro ha spiegato punto per punto i motivi del provvedimento destinato a cambiare le carte in tavola.  «L’indagine che abbiamo iniziato circa un anno e mezzo fa, nell’aprile 2014,  è ancora incompleta ed incompiuta – ha spiegato il Procuratore Motta – il tempo trascorso vi da la dimensione della cautela con la quale ci siamo mossi nonostante le sollecitazioni ad intervenire. Abbiamo scelto di procedere con i piedi di piombo».

Basti guardare i reati contestati ai 10 nomi iscritti nel registro degli indagati per capire: diffusione colposa della malattia delle piante, falso ideologico e materiale in atto pubblico, inquinamento ambientale e deturpamento delle bellezze naturali. Si tratta, è bene sottolinearlo, di reati di natura colposa e non dolosa.

Ora, il vaso di Pandora è stato aperto. Come ha auspicato Elsa Valeria Mignone - che ha coordinato l'indagine insieme alla collega Roberta Licci -  è arrivato il momento di ricominciare da capo per trovare la strada giusta per combattere il disseccamento rapido degli ulivi. È il modo migliore per farlo è iniziando un confronto scientifico vero sulla materia

«L'Europa in quella direttiva non dice immediatamente 'abbattete gli alberi', lo scopo che bisogna raggiungere è il contenimento della malattia. I dati empirici fino ad oggi esaminati hanno dimostrato che l'abbattimento non contiene la malattia e che si configura addirittura inutile. A maggior ragione in un territorio che fonda non solo l'economia, ma la propria immagine sugli ulivi, le misure dovevano essere adeguate e cadenzate alle esigenze del torritorio» ha concluso Elsa Valeria Mignone chiudendo la conferenza stampa sull’inchiesta che ancora sembra nascondere molti risvolti. 

Gli ambientalisti, intanto, esultano. Poco prima della conferenza stampa, hanno fatto ingresso nella stanza del procuratore della Repubblica di Lecce, Cataldo Motta, per mostrare un cartello di ringraziamento ai due Pm che hanno condotto l'inchiesta, Elsa Valeria Mignone e Roberta Licci.

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