Nel Salento leccese si sono svolti negli ultimi tre anni
decine di convegni e dibattiti sul problema della Xylella, con al centro quasi
sempre gli aspetti tecnici per affrontare e risolvere questa fitopatia.
Poca importanza è stata data al problema dell’accettazione sociale degli interventi che l'Unione Europea e il Governo hanno messo in atto per il contenimento di questo batterio,
che in tutti i paesi democratici viene oggi considerato il problema principale.
Nel Salento leccese Xylella ha avuto una storia tormentata
proprio in materia di consenso. Le problematiche di accettabilità, e quindi del
come intervenire, sono destinate ad assumere maggior peso che altrove.
Se si continuerà ad agire come si è fatto in questi 3 anni non
si faciliterà il consenso.
Ogni volta che si ha una decisione che parte dall’alto, è
utile partire dal cosiddetto “triangolo del consenso” costituito da tre
componenti:
• Consenso socio – politico: gli attori chiave del processo
sono l’opinione pubblica nazionale, i decisori politici. Spesso il problema si
è visto nascere nel passaggio dal generale al locale.
• Consenso locale: si riferisce al consenso specifico circa il
piano di interventi da parte delle autorità locali, dei gruppi di interesse sul
territorio e dei residenti ed è qui che si registra il noto effetto NIMBY
• Consenso degli imprenditori olivicoli: da grossi piani di intervento si
sta passando a realizzazioni a scala più piccola, è importante monitorare l'impatto alle aziende produttrici di olio d’eccellenza,
Il piano di contenimento di Xylella è frutto dei cambiamenti
sociali e ambientali, economici e tecnologici che accompagnano la nostra epoca che
sollecitano altrettanti mutamenti nelle categorie, organizzazioni, procedure alla
base delle nostre società e sistemi politici. È auspicabile che siano orientati
e agiti piuttosto che subiti.
Oggi nel nostro paese si registra una generale crisi degli
strumenti democratici e dei soggetti che vi prendono parte, ed emerge anche una
tendenza che non punta a governare la complessità sociale, economica e istituzionale
con strumenti più fini ma a tagliare corto, a dare maggiore voce non ai
cittadini ma a chi li governa.
Se oggi si parla sempre più spesso di partecipazione è perché
se ne sente la mancanza, si avverte il bisogno di un rinnovamento della
tradizione civica, dei rapporti tra le istituzioni e tra queste e i cittadini.
Siamo ancora lontani dal praticare effettive forme partecipative
e anche sul significato del termine stesso “partecipazione” non c’è condivisione.
Andrebbero evitati la confusione, gli accenti ideologici e
retorici, nonché gli interventi “fai da te” poiché è per tali vie che si
producono risultati inattesi o contrari alle aspettative.
Situazioni che si verificano quando non è chiaro l’intento
iniziale e la promessa di partecipazione, non sono coerenti e conseguenti le
scelte e gli strumenti che si adottano.
Occorre dunque, consapevoli delle difficoltà di contesto,
ripartire dalle esperienze concrete di coinvolgimento dei cittadini nelle
decisioni pubbliche che hanno comunque già un storia nei nostri territori. Sono
quelle portate avanti da enti locali, associazioni e vari portatori di
interesse, positivamente e con modalità che hanno tenuto conto anche degli
errori e degli insuccessi e, pertanto, possono realmente concorrere ad
affermare nuove forme di partecipazione e fornire alle pubbliche
amministrazioni e ai loro cittadini maggiori capacità di analisi,
progettazione, decisione e realizzazione delle politiche pubbliche.
Consolidare e standardizzare maggiormente i processi e gli
strumenti partecipativi, richiede in primo luogo chiarezza e risolutezza
rispetto a una serie di elementi quali l’esplicitazione degli obiettivi che ci
si pone, il ruolo degli attori coinvolti, le competenze e gli strumenti a
disposizione, l’applicazione omogenea, integrata e trasversale ai diversi settori,
un maggiore utilizzo degli strumenti di e-government ed e-democracy, ma soprattutto,
è necessario promuovere una coerenza di insieme di tutti i diversi livelli
della PA nell’applicare in modo serio e rigoroso e verificabile metodi e
strumenti partecipativi.
E ancora, lo si è già detto ma è meglio ribadirlo: evitare
fenomeni di dispersione, duplicazione e sovrapposizione di esperienze, l’eterno
vizio di ricominciare sempre le cose da capo non facendo tesoro delle
cognizioni ed esperienze anche se recenti.
Amministratori, tecnici, associazioni di cittadini possono
utilizzare gli strumenti della progettazione partecipata per gestire meglio i processi
partecipativi che li coinvolgono o decidono di attivare al fine di ottenere
consenso sociale al piano di contenimento del batterio Xylella fastidiosa
varietà pauca ceppo CoDiRo.
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