Un ricercatore, un’intervista e una mappa. Non è un programma scientifico né un documentario, bensì l’intervista di una giornalista ad uno studioso, il quale durante un progetto sui cambiamenti climatici e sui processi di desertificazione, è riuscito, assieme ai suoi colleghi dell’IRSA-CNR, a rilevare dei dati molto interessanti mediante la tecnologia del telerilevamento.
A dispetto di quanti credono che la scienza buona non esista, compare quindi sulla scenaAntonio Lo Porto, volto noto della scienza internazionale, ricercatore attivo presso ilConsiglio Nazionale delle Ricerche Istituto di Ricerca sulle Acque (CNR Irsa), che con linguaggio comprensibile anche ai non addetti ai lavori spiega i risultati di alcuni dati saltati fuori durante delle operazioni di telerilevamento aereo. Ascoltando con estremo interesse l’intervista rilasciata dal dott. Lo Porto ai microfoni di Telerama, la situazione pare abbastanza chiara: il ricercatore, sostiene che dalle immagini ottenute tramite telerilevamento, si evidenzia che le aree in rosso, le quali poi sono risultate corrispondere a zone con Co.di.Ro. manifesto, sono contigue ad aree dove il Co.di.Ro non è manifesto. La cosa che più ha incuriosito i ricercatori è che questa contiguità è delimitata da linee regolari: se ci fosse solo un’infezione batterica, ci dovremmo aspettare una diffusione a macchia d’olio perché la sputacchina è un vettore capace di coprire distanze abbastanza lunghe. Se ricordiamo bene, ci è stato detto che la sputacchina poteva essere trasportata anche sugli indumenti, quindi a chilometri di distanza. Come mai, si chiede il ricercatore, si ferma davanti ad un muretto a secco o ad una strada? Che differenza c’è tra un terreno evidenziato in rosso ed il suo contiguo oltre il muretto a secco, indicato in giallo? Certamente, risponde Lo Porto durante l’intervista, la differenza può farla la storia dell’appezzamento agricolo.Sarebbe interessante sapere se due terreni contigui, uno con segni di Co.di.Ro ed uno apparentemente sano, hanno le stesse caratteristiche del suolo: la stessa concentrazione di materia organica, la medesima biodiversità nella microfauna del suolo, la stessa concentrazione di glifosate, di metalli pesanti o di altre sostanze tossiche che non possiamo immaginare. Praticamente un discorso che non fa una piega.
La storia poteva fermarsi qui, vista la chiarezza della spiegazione, ma, come ogni cosa che ruota intorno agli ulivi del Salento così non è stato.
Nelle giornate che sono seguite alla pubblicazione di questa mappa sul web, da più e più partii detrattori della scienza buona, hanno cominciato ad agitarsi, ponendo domande, insinuando dubbi e, nella maggior parte dei casi, bambinescamente, AVANZANDO PERCHE’ inopportuni anche ai nostri occhi.
Ad un discorso logico ed oggettivo, ad un ragionamento rigorosamente valido, tutti coloro che si dicono pronti a sostenere la scienza cosa fanno? Cercano di sotterrare come insulsi ed insufficienti dei dati importantissimi, forse i più significativi che ad oggi arrivano dalla scienza, tentano di spegnere una luce lampante. Ovviamente, chi intende vederci chiaro e non è del settore, non poteva che cercare un contatto con il dottor Lo Porto, per chiedere direttamente all’interessato come si erano svolte le ricerche, quali erano i dati ottenuti e soprattutto quale legame queste nuove informazioni potevano avere con il disseccamento rapido degli ulivi del Salento.
Riportiamo quindi l’intervista che gentilmente, e senza alcun preavviso, il dottor Lo Porto ha voluto rilasciarci.
E.C: Per il vostro progetto avete utilizzato il telerilevamento, come funziona?
A.L.P: Il telerilevamento, applicato alla vegetazione, legge lo stato fisiologico della pianta, quindi è in grado di indicare piante che soffrono per qualunque motivo, differenziandole da piante che invece non soffrono. Pertanto, non è specifico, nel senso che non ci dice per quale motivo la pianta soffre, in questo caso può essere per il Co.di.Ro, per l’inquinamento atmosferico, può essere che la pianta è in una zona siccitosa o non è irrigata, oppure c’è un inquinamento del suolo: i motivi plausibili possono essere mille, la pianta viene indicata come sofferente. Non si tratta di osservare immagini. Per una medesima area si producono decine di fotografie rilevate a diverse lunghezze d’onda; combinando queste immagini fra di loro, si evidenziano i risultati che si vogliono ottenere. Per la vegetazione si utilizzano in genere, alcune bande, sulle quali tutti i ricercatori concordano. Per avere certezza si fanno le “verità a terra”, cioè si va sul campo, in corrispondenza delle aree spazzate dal telerilevamento e si osserva la verità a terra, ovvero si osserva lo stato reale del territorio spazzato. Noi da terra abbiamo rifatto la stessa ripresa con uno spettroradiometro a spalla, per verificare se si ottenevano i medesimi risultati del telerilevamento aereo, appurando che questi non fossero alterati o perturbati da effetti del suolo, effetti di altra vegetazione o altro.
E.C.: I rilevamenti quando sono stati effettuati?
A.L.P: All’inizio del 2014.
E.C.: Quindi la situazione attuale del terreno, ed eventuali modifiche apportate dall’uomo (costruzioni, nuove colture, che oggi insistono sui campi) possono essere sorte successivamente al telerilevamento?
A.L.P: Chiarisco una cosa. Quell’immagine che io ho mostrato non è affatto il prodotto finito di un’elaborazione, perché nessuno ci ha pagato, nessuno ce lo ha chiesto. Noi abbiamo prodotto queste elaborazioni per tutt’altri scopi, visto che i risultati ci sono parsi curiosi ed interessanti, l’abbiamo diffusi, per dire anche alla Regione, “secondo noi c’è da guardarci un po’ meglio”. Quindi non sono stati eseguiti i processi di “raffinamento” dell’immagine, c’è da ripulirla, ed è probabile che possono esserci delle sbavature. Ad esempio i pixel gialli rappresentano un comportamento della pianta intermedio, ma si tratta di combinazioni di diverse fotografie: i motivi dell’anomalia vanno analizzati sul campo. Ed è questo ciò che abbiamo detto quando siamo stati auditi dalla IV Commissione Agricoltura:“Quest’immagine è un’indicazione che ci dice che dovrebbero essere fatti ulteriori studi”.
Nessuno dice che la Xylella o il rodilegno o i funghi non ci siano nella zona, anzi; il problema è che se si manifestano in questa forma un po’ curiosa c‘è qualche altro fattore che perturba.
E.C.: Passiamo alla questione Xylella ed a tutto ciò che sta succedendo oggi. Perché voi avete ritenuto di dover presentare queste immagini?
A.L.P: Innanzitutto siamo stati chiamati a farlo, non ci siamo proposti. Siamo stati invitati a far parte della Task Force di Emiliano. Durante quell’assemblea, tutti i presenti hanno offerto il loro punto di vista e le loro posizioni in presenza di alcuni consiglieri, i quali hanno annotato gli interventi che secondo loro erano più interessanti e stimolanti. Siamo stati quindi poi convocati durante la IV Commissione Agricoltura a presentare il nostro punto di vista. Certamente tale convocazione è stata accolta da noi con gioia, se non altro perché ci ha dato la possibilità di offrire il nostro punto di vista. Il parere che noi abbiamo espresso è che ci si è fermati troppo a discutere sulle varietà, la sub-specie della xylella, se è la xylella o se sono i funghi, se è il rodilegno, e soprattutto si è parlato tanto del Piano Silletti, se è efficiente o meno, se 100 metri son giusti, troppo pochi o tanti, quando invece, prima di adottare politiche soprattutto nel campo ambientale è necessario conoscere.
Noi abbiamo detto che il primo passo è avere le basi scientifiche per poter prendere delle decisioni scientificamente basate. E questo è tutto, quindi noi non parteggiamo per nessuno, anche perché non capisco nemmeno quali siano le diverse fazioni, se così le vogliamo chiamare. E non comprendo come mai anche su questo, che dovrebbe essere un assunto condiviso, siano nate quasi delle tifoserie.
E.C.: Lei ha assolutamente ragione. Io faccio un lavoro evidentemente molto diverso dal suo, però io credo che un po’ tutti i lavori, se svolti correttamente, dovrebbero partire da un elemento comune: i fatti o, perlomeno, dalla domanda: quali sono i fatti? E’ chiaro che, una volta individuati i fatti, essi possono essere interpretati in cento modi diversi, perché ciascuno può guardare alla medesima cosa con occhi differenti, ma i fatti, quindi le basi di partenza dovrebbero essere condivise. Cosa che non sta avvenendo, nel senso che, molti fatti vengono stravolti. Se uno scienziato osserva un ulivo che secca, che è in sofferenza, e non valuta dapprima l’ambiente, la terra in cui quest’albero cresce, ciò che è stato fatto a quell’albero negli anni per curarlo o (mi consenta) “avvelenarlo”, come può capire cos’ha?
A.L.P: Beh, certo, questa dovrebbe essere la base comune di discussione.
Chiudiamo la comunicazione e l’interessante conversazione, e ci chiediamo: come mai “i baroni”, gli scienziati, i tecnici e tutto il corteo di giullari ed adepti vari che dovrebbero meglio di noi, ed ancor più di noi, esser curiosi nella ricerca ed aver sete di scoperta, ANCORA, dopo due anni sono fermi a poche pubblicazioni sul giornale di famiglia? Come mai non hanno cercato, chiesto, valutato l’ambiente, il terreno, le acque, l’aria ancor prima di sentenziare la “cura” o meglio la morte degli ulivi? Non sono bravi a fare il loro mestiere? Peccano di incompetenza? Oppure?
Intanto, oggi siamo grati, perché la SCIENZA esiste.
Xylella, gli esperti: “specie in Puglia è diversa dalle
altre”
Per i consulenti della procura di Lecce che ha disposto il
sequestro preventivo degli ulivi destinati all’abbattimento secondo il piano
anti Xylella, la popolazione batterica di Xylella fastidiosa che si e’ diffusa
nel territorio salentino “e’ assegnabile alla sottospecie ‘pauca’ ed e’
assolutamente peculiare e diversa da ogni altra pauca di cui si ha finora
conoscenza. Tale peculiarita’ e’ in massima parte dovuta al numero e al tipo di
piante che sembra attaccare nel Salento”.
E’ uno degli elementi che si evincono dalla consulenza dei
due esperti, Giuseppe Surico e Francesco Rinaldi, oltre che su altro genere di
accertamenti investigativi che i magistrati di Lecce hanno disposto il
sequestro preventivo degli alberi di ulivo destinati all’abbattimento, secondo
quanto previsto dal piano degli interventi dell’ormai ex commissario
straordinario Giuseppe Silletti. Stralci della consulenza sono citati dal gip
Alcide Maritati nel provvedimento con cui ieri ha convalidato il sequestro
d’urgenza disposto dai pm Elsa Valeria Mignone e Roberta Licci.
“In conclusione – scrivono i consulenti di parte – i dati da
noi raccolti confermano che in piante di olivo in Puglia e’ presente la specie
batterica Xylella Fastidiosa e che la popolazione batterica che si e’ diffusa
nel territorio salentino e’ assegnabile alla sottospecie ‘pauca”. Rilevano,
pero’, anche due “fatti”. “La sottospecie presente nel Salento e’ assolutamente
peculiare – proseguono – diversa da ogni altra pauca di cui si ha finora
conoscenza. Tale peculiarita’ e’ in massima parte dovuta al numero e al tipo di
piante che sembra attaccare nel Salento”. Secondo gli esperti “un diverso
ambiente, quello salentino rispetto a quello costaricano, ha permesso al
batterio di esplicare un piu’ elevato potere fitopatogeno”. Aggiungono i
consulenti che “la popolazione presente nel Salento non sembra costituire una
popolazione omogenea”. Quindi ci potrebbero essere state “non un’unica
introduzione dalla Costa Rica, ma piu’ introduzioni di Xylella, non solo dalla
Costa Rica”. La Xylella inoltre “potrebbe essere entrata nel Salento anche
molto tempo fa, tanto da aver avuto il tempo di subire modificazioni
genetiche”. Ad ogni modo, concludono: “Le ipotesi potrebbero essere queste e
altre ancora, tutte da studiare, ma soprattutto e’ da verificare se
effettivamente nel Salento sono presenti popolazioni diverse, come sembrano
indicare taluni dati raccolti dagli stessi ricercatori in Puglia e mai da essi,
inspiegabilmente, adeguatamente commentati”.
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