Il team di esperti è composto da ricercatori e agronomi
baresi, foggiani e salentini.
«Non siamo in grado di dire se la presenza del batterio nei
tessuti degli ulivi sia regredita oppure no però, possiamo dire che la
sperimentazione che portiamo avanti dalla scorsa primavera ci conferma che
anche gli ulivi infettati dalla xylella hanno ripreso a rivegetare». E questo
cosa significa? «Vuol dire che la xylella c’è, provoca danni ma le piante
riescono comunque a fiorire e portare avanti il loro ciclo produttivo». Le
parole di Antonia Carlucci, ricercatrice del dipartimento di Scienze agrarie dell’Università
degli studi di Foggia, sono caute. Perché la sperimentazione che sta conducendo
- assieme al collega Francesco Lops e un team composto da esperti agronomi e
produttori olivicoli baresi e salentini -
e volta a cercare una possibile soluzione in grado di fronteggiare il
batterio patogeno che ha contaminato gli
ulivi, non può ancora definirsi cura o terapia.
«Abbiamo effettuato la sperimentazione nell’area più infetta
ovvero nel gallipolino per capire se era meglio eradicare gli arbusti contaminati
dal batterio oppure no – spiega la professoressa – Abbiamo lavorato su un
centinaio di ulivi alcuni molto antichi e finora hanno risposto bene alle fasi
sperimentali». «Il prossimo anno faremo altri cicli sperimentali per
approfondire quanto già sappiamo oggi», annuncia Carlucci e specifica: «Abbiamo
svolto un’attività agronomica ordinaria procedendo a una buona potatura e
aratura a cui è seguita l’estirpazione delle erbacce che ospitano insetti
vettori di batteri».
«Gli ulivi sono piante secolari e i monitoraggi hanno
bisogno di tempo e verifiche che sono necessarie. Stiamo raccogliendo delle
indicazioni utili dai rimedi scientifici che stiamo utilizzando, dopo aver
messo in rassegna diverse ipotesi che dobbiamo tradurre in valori concreti per
capire a che punto siamo. Il 2016 sarà di certo un buon anno per continuare gli
studi e arrivare a risultati concreti», conclude.
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