venerdì 30 aprile 2010

Olio d'oliva “Fresco di millenni di storia”inonderà il tuo corpo di saggezza.


Olio d'oliva “Fresco di millenni di storia”inonderà il tuo corpo di saggezza.
di Antonio Bruno*

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Ieri pomeriggio alle 16 e 30 presso la sede del GAL (Gruppo di Azione Locale) Capo di Leuca insieme Presidente On. Antonio Lia Agri Colture di Lecce ha presentato il progetto “adotta un albero d'olivo”
L'adozione a distanza di una albero d'olivo mette in condizione, i custodi del Paesaggio rurale, di potersi prendere cura dei loro campi, che sono un pezzettino del nostro Pianeta e di poter sostenere le spese necessarie per la crescita degli alberi e delle piante, evitando così che, sotto la pressione delle difficoltà economiche, si giunga alla disgregazione del Paesaggio rurale e alla distruzione degli olivi perché non più convenienti dal punto di vista economico.
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Sei proprietario di un pezzettino di Pianeta terra? I tuoi antenati o gli antenati dei proprietari dai cui lo hai acquistato hanno piantato gli alberi d'olivo che ora tu custodisci? Come dici? Più forte prego! Hai detto si? Bene allora fai attenzione perché quanto è scritto potrebbe essere per te una opportunità.
Un pomeriggio di primavera, la brezza leggera che accarezza il viso della mia famiglia: io, mia moglie e mia figlia in bicicletta. Sotto le ruote antichi tratturi, immersi nella natura ancora selvaggia e incontaminata si snodano nella campagna di San Cesario di Lecce e i fiori esplosi in questa primavera sono per noi il segno della vegetazione sorprendente accanto alla gariga dove indico alla mia piccola Sara le meravigliose orchidee, gli anemoni di varie specie e colorazioni, le maestose agrimonie, le praterie di arisari (Arisarum vulgare) e altre meraviglie della flora spontanea salentina. “Papà guarda in fondo! C'è un lupo!”, è la voce di mia figlia Sara, guardo meglio e gli dico che è un albero d'olivo! E' bello guardare le mille facce e forme che dal tronco degli olivi si materializzano sotto i nostri occhi. Ecco perché ieri pomeriggio alle 16 e 30 presso la sede del GAL (Gruppo di Azione Locale) Capo di Leuca insieme all'on. Antonio Lia che ne è il Presidente quando Agri Colture guidata dall'amico Angelo Amato ha presentato il progetto “adotta un albero d'olivo” c'è stata una grande emozione da parte dei presenti, un brivido che ha percorso la sala del meraviglioso Castello Gallone di Tricase costruito nel 1661 da Stefano II Gallone, primo Principe di Tricase che volle fare tante stanze quanti i giorni dell’anno e una sala detta “del trono”, tanto grande da contenere più di mille persone. Se hai un albero secolare, Agri culture lo fa adottare, e a chi avrà quell'albero viene dato l'olio che si ricava dalle olive che quell'albero secolare produce spremute da un frantoio mobile sotto i tuoi occhi. Queste donne e uomini che dalla Francia, Germania, Svizzera, Olanda e Norvegia ma anche del Salento leccese, di Milano o di Forlì verranno a vedere sgorgare dal frutto l'oro liquido e poi, si porteranno a casa, un pezzo di storia del Mediterraneo carico di influenze riconducibili alle dominazioni e ai popoli stabilitisi in questi territori che si sono susseguite nei secoli: messapi, greci, romani, bizantini, longobardi, normanni, albanesi, francesi, spagnoli. Il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali nel suo sito chiarisce le disposizioni circa il divieto di abbattimento di olivi nei casi di espianto con zolla o spostamento e questo deve far riflettere gli “innamorati dell'olivo” che cercano di portarsi a casa la pianta secolare. Mi rivolgo a te che abiti nel nord Europa, che ami questa pianta e che hai pensato di acquistarla per piantarla nel tuo giardino. Non farlo! La uccidi per amore! Lei non riesce a vivere alle tue latitudini. Invece se ti rivolgi a me scrivendomi, potrai adottarne una e venirti a prendere l'olio che vedrai sgorgare sotto i tuoi occhi da un frantoio mobile che lavorerà le tue olive, in tua presenza e sotto al tuo albero, nostro ospite, perchè se non lo sai noi del Salento leccese siamo così ospitali che chi ha l'avventura di frequentarci non può più fare a meno di noi e ci trona a trovare spessissimo.
L'adozione a distanza di una albero d'olivo è un atto di solidarietà verso la madre terra che garantisce ai custodi delle piante un reddito e che ti permette di portare a casa l'olio che proviene da quell'albero che tu hai adottato.
L'adozione a distanza di una albero d'olivo mette in condizione, i custodi del Paesaggio rurale, di potersi prendere cura dei loro campi, che sono un pezzettino del nostro Pianeta e di poter sostenere le spese necessarie per la crescita degli alberi e delle piante, evitando così che, sotto la pressione delle difficoltà economiche, si giunga alla disgregazione del Paesaggio rurale e alla distruzione degli olivi perché non più convenienti dal punto di vista economico.
Ieri sera a Tricase un vivace gruppo di “Custodi del Paesaggio” ha riempito l'incontro di suggerimenti, annotazioni e non sono mancate neppure le domande e le raccomandazioni. Ai custodi del territorio presenti, che rappresentavano aziende d'eccellenza, abbiamo fatto presente presente, in onore del 1 maggio festa del lavoro che stiamo festeggiando, che stando al rapporto presentato alla Camera dei Deputati, in agricoltura il tasso di irregolarità è cresciuto dal 20,9% del 2001 al 24,5% del 2009 con una crescita costante del fenomeno e una preoccupante diffusione, soprattutto da noi al Sud dove il tasso complessivo di irregolarità raggiunge il 25,3% ma con punte estreme in Campania (31,0%) e Calabria (29,4%) e che l'iniziativa di Agri Colture può contribuire a dare un reddito legale ai lavoratori insistendo nella battaglia per l'emersione delle irregolarità e per il maggior uso di nuovi strumenti di assunzione come i cosiddetti vaucher che per ora vengono usati pochissimo nel Salento leccese. Fresco di legalità, è scritto sui sacchetti distribuiti oggi nelle piazze di Roma, Bologna e Rosarno. Dentro a quei sacchetti, verdure fresche e sane perché depurate da quelle contaminazioni mafiose che troppo spesso avvelenano i territori. L'olio d'oliva di Agri Colture, lo stesso olio della dieta mediterranea, che fa mangiare correttamente la tua famiglia perché assaporandolo e mangiandolo porti nel tuo corpo un equilibrato apporto di nutrienti che contribuiscono a ridurre il rischio di sovrappeso ed obesità. Olio d'oliva “Fresco di millenni di storia”, l'olio di Agri Colture, l'olio di quell'albero di olivo, che ha un suo carattere, che è diverso da quello dell'olivo che gli è cresciuto accanto per secoli. L'olio d'oliva che tu e i tuoi figli metterete nelle pietanze per impreziosirle e riempirle di sapore e di gusto e che inonderà il tuo corpo e quello dei tuoi familiari di millenni di saggezza.

*Dottore Agronomo

Bibliografia

Andrea Zaghi: Nei Campi cresce il sommerso - Avvenire del 1 maggio 2010
Don Luigi Ciotti: Fresco di Legalità - L'Unità del 1 maggio 2010
CIRCOLARE N.5 DEL 18/06/99 del MINISTERO POLITICHE AGRICOLE

giovedì 29 aprile 2010

Sonia Bellezza da aspirante Dottore Agronomo risparmia acqua e difende l'ambiente.





Sonia Bellezza da aspirante Dottore Agronomo risparmia acqua e difende l'ambiente.
di Antonio Bruno*
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Il nome pacciamatura deriva da «pacciame», termine che indica lo strato di foglie e piccoli rami che si accumula sotto gli alberi.
Sonia BELLEZZA, una studentessa della Facoltà di Agraria dell'Università degli Studi di Reggio Calabria, ha brevettato il Tunnel anti-infestanti in Pvc che permette la pacciamatura e il suo riuso.
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L'essere vivente, il terreno, la terra, quella rossa o argillosa e profonda del Salento leccese da sempre, sin dall'inizio dei tempi ospita le piante che ci danno i frutti che ci nutrono. Terra madre a cui noi tutti dobbiamo la nostra esistenza. Insieme a quelle piante che ci nutrono ce ne sono altre che entrano in competizione, che sono così potenti che sottraggono sostanze nutritive, facendo ridurre il raccolto anche del 70%. Pensaci! Se il contadino non fa nulla, invece di raccogliere 10 chili di verdura, ne raccoglie 3!
Il terreno, quello che sotto ai nostri piedi percorriamo quando ci avventuriamo in campagna è un vero e proprio organismo vivente che ospita le radici delle piante che da lui assorbono gli elementi necessari alla crescita.
Il terreno che chinandoci raccogliamo nella mano. La terra più o meno umida e grassa l'hai mai stretta in una mano? Hai mai stretto nella mano la terra rossa che è il laboratorio della Natura dove avvengono in continuazione processi biologici che possono essere ostacolati dagli sbalzi termici, dal sole cocente, dall'erosione del vento, dalla pioggia battente che colpendo il terreno ha un'azione devastante dal punto di vista meccanico? L'acqua, che è in essa custodita, prima o poi evapora; sarebbe bello poterla conservare a lungo nel terreno per lasciarla a disposizione delle piante. Mi chiedo e vi chiedo: c'è un modo per proteggere il terreno, questo organismo vivente, sia dalle azioni meccaniche, che dalle erbe infestanti, che dall'evaporazione che lo lascia senz'acqua?
Si! Lo possiamo fare e questa protezione ha anche un nome: Pacciamatura.
Il nome pacciamatura deriva da «pacciame», termine che indica lo strato di foglie e piccoli rami che si accumula sotto gli alberi. E l'abbiamo inventata noi del Sud! Si, proprio noi del Salento leccese una delle poche zone della Penisola Italiana dove le precipitazioni sono di circa 600 millimetri di pioggia l'anno. Un clima arido come il nostro in Italia c'è solo nell'estremo sud della Sardegna e nel sud della Sicilia. Nella Puglia piove così poco che da sempre i nostri antenati hanno studiato delle strategie per evitare che l'acqua evaporasse nell'atmosfera, l'acqua che è indispensabile per avere il raccolto che serve a nutrire le tante bocche da sfamare.
Oggi proteggiamo il terreno con la pacciamatura utilizzando le materie plastiche. Si applica in Italia su una superficie di circa 60.000 Ettari con un consumo annuo di plastica che sembra stabilizzarsi intorno a 26.000 tonnellate. Negli ultimi anni c'è stato un aumento di superfici di terreno pacciamate ma non c'è stato un aumento delle quantità di film plastico perché le aziende produttrici hanno messo in vendita film plastici con minore spessore, infatti da spessori medi di 60-70 micron si è passati a spessori medi di 40-50 micron.
Come sempre quando facciamo qualcosa possiamo osservare dei vantaggi e degli svantaggi.
Così pure è per la pacciamatura che ha i vantaggi del riscaldamento del suolo; del mantenimento dell’umidità del terreno; del controllo delle infestanti (film opachi); delle proprietà dei prodotti raccolti; del mantenimento più prolungato, rispetto al suolo nudo, della struttura del terreno; della protezione delle colture da alcune patologie; del miglioramento della luminosità; del disorientamento dell’entomofauna dannosa. E ha lo svantaggio di un consistente consumo di materiali (250.000 tonnellate/anno) poco o nulla degradabili, con problemi ecologici di notevole portata, tanto da costringere l’Unione Europea a regolamentarne lo smaltimento. Inoltre la difficoltà di istallazione dei film plastici richiede l’uso di speciali macchine applicative con difficoltà per il piccolo produttore o per colui il cui appezzamento non consente le manovre di una grossa macchina.
Quindi vi invito a pensare come sarebbe bello se si potessero “riciclare” i film plastici utilizzati per la pacciamatura delle colture agrarie.
Con grande soddisfazione ho appreso la notizia che Sonia BELLEZZA, una studentessa della Facoltà di Agraria dell'Università degli Studi di Reggio Calabria, ha brevettato il Tunnel anti-infestanti in Pvc che permette la pacciamatura e il suo riuso risolvendo tutti i problemi di cui ho scritto. Sono dei veri e propri mini tunnel di Pvc rigido che nascono dalla sezione a metà di quei tubi che si usano solitamente per le condotte dell'acqua.
I tunnel sono molto pratici e leggeri e possono essere riutilizzati. Inoltre non necessitano di macchinari per l’istallazione.
Sapete a chi ha scritto la nostra amica Sonia per comunicare questa sua scoperta? Ma a Niki Vendola, al nostro Governatore della Puglia, a chi se no? Come dici? Perché mai ha scritto al nostro governatore? Ma se te l'ho scritto prima che la Puglia è povera d'acqua, che costringe la nostra agricoltura a fare ricorso all'irrigazione e quindi è assolutamente certo che l'utilizzo della tecnica inventata dal Sonia Bellezza sarebbe utilissima per ridurre gli sprechi d'acqua senza inquinare in quanto i tubi in Pvc possono essere riusati.
Insomma tagliando in due la condotta in Pvc si ottiene un tunnel che è una struttura rigida da posizionare sul terreno che sarà sede delle coltivazioni di verdura o di peperoni o di melanzane dopo che sia stato lavorato. Capite? In questo modo semplice e pratico inventato da Sonia Bellezza (benedette donne!) si proteggono le piante, si riducono i consumi d'acqua, si eliminano i trattamenti chimici e si aiuta il nostro terreno ottimizzando la produzione. E' del tutto evidente che il tunnel anti infestanti ha, al di sopra, dei fori che servono per permettere di piantare le piante di pomodoro, verdura o peperoni o qualsiasi altra pianta che vogliate mettere a dimora nel terreno. All'interno del tunnel le piantine troveranno le giuste condizioni per il loro sviluppo ottimale grazie al caldo umido che si crea e al giusto grado di areazione che si forma per il naturale abbassamento del livello del terreno, una volta bagnato, all'interno del tunnel.
Sonia Bellezza da aspirante Dottore Agronomo risparmia acqua e difende l'ambiente. Vi lascio immaginare cosa combinerà quando diverrà Dottore Agronomo a tutti gli effetti.

*Dottore Agronomo


Bibliografia

Sonia Bellezza, Facoltà di Agraria dell'Università degli Studi di Reggio Calabria: Tunnel anti-infestanti in Pcv, la pacciamatura in una sola mossa
M. Tringale:L'azienda agricola biologica: l'esperienza di Ivo Totti
A. Del Fabro: Il grande libro. Orto, frutteto, giardino. Tecniche colturali, varietà
Margherita Neri, Fausta M. Fazio: Coltivare la rosa
Marie-Luise Kreuter: Orto e giardino biologico
Alfonso Sciortino: POLIMERI IN AGRICOLTURA: Il punto di vista dell’Agronomo sulla pacciamatura
L.Pettia,b e P. Mormileb: Film Fotoselettivi per un’Agricoltura Eco-Sostenibile
Stefano Catellani: Adddio infestanti? Un tubo in Pvc Italia Oggi del 17 aprile 2010

mercoledì 28 aprile 2010

Beni culturali enogastronomici: una traiettoria per penetrare il Salento leccese


Beni culturali enogastronomici: una traiettoria per penetrare il Salento leccese
di Antonio Bruno*
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La presenza dei cosiddetti beni culturali enogastronomici nell'offerta del tempo libero è piuttosto ampia e varia. I beni culturali enogastronomici del Salento leccese costituiscono un suo Patrimonio culturale.
Ho notato che quando fornisco spiegazioni alle persone sui cibi che stiamo mangiando ecco che si accende l'interesse e mi piace guardare i miei amici mentre faccio la narrazione perché ormai seguono continuità, coerenze, “piste” e direttrici sempre più imprevedibili e meno scontate.
In questo contesto i Dottori Agronomi ed i Dottori Forestali costituiscono una risorsa per il territorio del Salento leccese che è così diversificato proprio perché deriva da diversi patrimoni di costituiti dalle diverse culture agricole del nostro territorio.
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Non so voi, ma quando arriva il pomeriggio di sabato a casa mia iniziano a giungere le telefonate degli amici. Che dici? Stai tranquillo c'entra con il titolo questo fatto perché le telefonate sono finalizzate a decidere a qual'è locale dove si intende andare a cena con gli amici per prenotare un tavolo. Già! Perché se non prenoti un tavolo, il Sabato rischi di passarlo ad aspettare che si liberi, perché tutti i tavoli sono occupati da altri, e le attese durano ore ed ore.
Senza dubbio il cavallo vincente delle serate prefestive e dei giorni festivi è l'offerta enogastronomica. Ma i menù che risultano gettonatissimi e richiestissimi sono quelli che offrono le primizie della campagna, le carni, i formaggi e i salumi che compongono l'ampia varietà degli antipasti e dei contorni che inondano le tavole che occupiamo con i nostri amici nei giorni di festa. Ci dovrebbe essere un patto tra Chef di prestigio, cultori di antropologia culturale, esponenti del mondo sindacale, rappresentati delle categorie del mondo agricolo, insigni scienziati, operatori commerciali, esponenti del mondo degli ambientalisti, professionisti e uomini di levatura internazionale per portare sulla tavola prodotti tipici del Salento leccese narrando agli avventori le caratteristiche di quei prodotti della terra di Lecce e guidando la consumazione attraverso la narrazione preventiva del gusto, della meraviglia degli odori, dei sapori e dei colori di quello che la terra del Salento leccese produce.
La presenza dei cosiddetti beni culturali enogastronomici nell'offerta del tempo libero è piuttosto ampia e varia. I beni culturali enogastronomici del Salento leccese costituiscono un suo Patrimonio culturale.
Il patrimonio è un complesso organico di elementi spirituali, culturali, sociali o materiali che una persona, una collettività, un ambiente hanno accumulato nel tempo. È comprensibile che nei processi di patrimonializzazione, spesso connessi al concetto di proprietà (cioè del diritto di godere e disporre di una cosa in modo pieno ed esclusivo, entro i limiti fissati dalla legge), si presti grande attenzione all’appartenenza esclusiva di un certo prodotto culinario ad un determinato territorio per un arco di tempo abbastanza lungo.
Il Ministero delle politiche agricole e forestali, certifica tipicità, la tradizione e via discorrendo di un certo artefatto culinario o anche delle materie prime (piante ed animali).
Mi soffermo spesso ad osservare la realtà del nostro patrimonio enogastronomico e noto con piacere che la nostra “dimensione locale” si proietta al di la dei confini del Salento leccese quando il mio amico di Parigi esclama di stupore e di meraviglia dinanzi a un purè di fave bianche e cicorie, ed io gongolo perché sono consapevole che saper gustare quel piatto, offrirlo ai miei amici italiani e stranieri è un eredità che consegno a mia figlia, un sapere che è costitutivo della fisionomia dell'essere nati nel Salento leccese. Il gusto dei piatti che si assaporavano dalla mamma, dalle nonne e dalle zie sono veri e propri luoghi della memoria che da vita al presente per noi tutti di questa terra che si immerge nel Mediterraneo e che ci rende la guida dei visitatori che venendoci a trovare assaporano il gusto della nostra accoglienza attraverso il tiepido calore dei nostri piatti.
Ho notato che quando fornisco spiegazioni alle persone sui cibi che stiamo mangiando ecco che si accende l'interesse e mi piace guardare i miei amici mentre faccio la narrazione perché ormai seguono continuità, coerenze, “piste” e direttrici sempre più imprevedibili e meno scontate. Ho potuto notare che partendo dal territorio di una Comune del Salento leccese e dai suoi confini si può arrivare sino ad ambiti interprovinciali sino a quelli internazionali.
E quando mi vengono a trovare ecco che spesso mi accorgo che se immagino di fargli fare un itinerario ecco che istintivamente nella mia mente si forma una rete di “attrattori” culturali e non: ad esempio un itinerario turistico in cui vi sia un importante complesso di dimore storiche come è quello della Centro storico di Lecce e nelle tappe successive beni paesistici, ambientali ed eno gastronomici. Mi viene naturale portare i miei amici nei boschi degli olivi della provincia di Lecce, fargli gustare le nostre focacce, il pane farcito di olive.
Ogni tanto osservo questo meraviglioso Salento leccese leggendo le insegne degli itinerari culturali propriamente detti che sono affiancati dagli itinerari enogastronomici, strade del vino e strade dell'olio e mi dico che tutto questo è intrecciato con la valorizzazione del paesaggio e dei beni culturali presenti nel nostro territorio.
Io non comprendo perché quando si parla di valorizzazione dei beni culturali ci si riferisce solo ai luoghi e istituti della cultura ma non si prenda in considerazione quella che è una tipica attività di valorizzazione del patrimonio culturale presente nel territorio con la costituzione degli itinerari culturali. In questo contesto i Dottori Agronomi ed i Dottori Forestali costituiscono una risorsa per il territorio del Salento leccese che è così diversificato proprio perché deriva da diversi patrimoni di costituiti dalle diverse culture agricole del nostro territorio.
I Dottori Agronomi ed i Dottori Forestali possono rappresentare la risorsa formidabile del Salento leccese perché potranno provvedere alla riunificare e ricontestualizzare degli aspetti del Paesaggio rurale e del patrimonio enogastronomico del Salento leccese che si sono progressivamente allontanati dalla loro unità originaria e dono stati separati dal nostro territorio in cui sono nati e dalle funzioni per le quali erano stati prodotti.

*Dottore Agronomo

Bibliografia

Alessandra Guigoni: I beni enogastronomici nella Rete italiana: un’introduzione
Baicr Sistema Cultura: Musei del gusto. Mappa della memoria enogastronomica
Giorgio Castoldi:La guida turistica. Manuale di preparazione all'esame di abilitazione: beni culturali ed ambientali, geografia, cultura locale, tecnica professionale, normativa
Francesca Ricciardi: Il viaggio dell'innovazione. Informatica, beni culturali e turismo
Francesco Forte,Michela Mantovani: Manuale di economia e politica dei beni culturali
Valentino Baldacci: Gli itinerari culturali. Progettazione e comunicazione

L'ombelico del mondo: “Fiera Internazionale dell'Agricoltura” di Foggia.


L'ombelico del mondo: “Fiera Internazionale dell'Agricoltura” di Foggia.
di Antonio Bruno
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Un evento come la “Fiera Internazionale dell'Agricoltura” che si rivolge al MONDO intero può avere come principale protagonista la sola Università degli Studi di Foggia?
La rete delle diverse esperienze e delle buone pratiche è uno degli elementi fondamentali per favorire il benessere dei popoli nei posti dove vivono, rendendo le migrazioni una libera scelta e non l'ultima spiaggia di persone disperate in cerca di cibo per i loro bambini affamati.
La “Fiera Internazionale dell'Agricoltura” di Foggia pur insistendo in una Regione come la Puglia che fa dei temi della cooperazione e dello sviluppo dei Paesi del Mediterraneo ha finito con il guardare al suo ombelico.
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Da oggi 28 aprile e fino a lunedì 3 maggio 2010 torna a Foggia la Fiera dell'Agricoltura e della Zootecnia, il salone internazionale dedicato al mondo agricolo e zootecnico che vedrà quest'anno tra i suoi principali protagonisti l'Università degli Studi di Foggia.
Mi viene in mente la canzone di Lorenzo Jovanotti, il cantante ostinatamente adolescente “per sempre “ che recita: “questo è l'ombelico del mondo è qui che c'è il pozzo dell'immaginazione dove convergono le esperienze e si trasformano in espressione, dove la vita si fa preziosa e il nostro amore diventa azioni, dove le regole non esistono esistono solo le eccezioni”.
La questione che pongo alla tua attenzione, si! Dico proprio a te! Visto che stai leggendo le parole che sto scrivendo, è se un evento come la “Fiera Internazionale dell'Agricoltura” che si rivolge al MONDO intero e potrebbe rappresentare un'importante occasione per presentare le attività e i progetti di ricerca per lo sviluppo di un settore strategico per il nostro Paese come quello dell'agro-alimentare possa avere come principale protagonista la sola Università degli Studi di Foggia? E le altre Università d'Italia? E i saperi e i professionisti Dottori Agronomi e Dottori Forestali del Salento leccese? Mentre scrivo questa mia nota il Presidente della Regione Puglia Nichi Vendola, sta inaugurando la sessantunesima edizione e sicuramente è certo che sta partecipando a una manifestazione che ha lo scopo di far conoscere ai vari attori i risultati ottenuti nell'ambito della ricerca scientifica sia di base che applicata. Insomma il Presidente della Regione Puglia è certo che sta inaugurando una manifestazione che rappresenta l'occasione per presentare a tutto il MONDO la nuova offerta formativa basata su percorsi di studio, all'interno di strutture e laboratori all'avanguardia, volti all'acquisizione di competenze altamente professionalizzanti in sintonia con le attuali esigenze del mercato del lavoro. E il mondo finalmente saprà dei risultati raggiunti, o in via di acquisizione, nei settori della produzione vegetale, della zootecnia, dell'industria alimentare, dell'ambiente, del territorio rurale e delle energie rinnovabili? Ma di chi? Della sola Facoltà di Agraria di Foggia?
E anche se fosse, gli organizzatori della Fiera internazionale, a chi stanno facendo conoscere queste cose?
Mentre a Foggia si svolge tutto questo po' di roba lo scorso 23 aprile a Montevideo si è discusso della ‘Rete del Sud’ il progetto di “promozione del cooperativismo” delle reti di imprese di economia sociale del Mercosur. Tutti i relatori hanno convenuto, nei loro diversi interventi, che la Rete del Sud è sì un progetto ma anche una strategia per combattere la povertà.
E' bene ribadire che la rete delle diverse esperienze e delle buone pratiche è uno degli elementi fondamentali per favorire il benessere dei popoli nei posti dove vivono, rendendo le migrazioni una libera scelta e non l'ultima spiaggia di persone disperate in cerca di cibo per i loro bambini affamati.
Ho letto che la “Fiera Internazionale dell'Agricoltura” provvederà a conferire il Premio Mediterraneo che leggo vuole essere un riconoscimento dell'impegno per lo sviluppo dell'agricoltura. Sarebbe opportuno che questa occasione servisse a diffondere un paradigma, un modello, insomma un esempio positivo di imprenditoria nell'ambito della filiera agro-alimentare che legasse le produzioni al rispetto dell'ambiente e della natura e che favorisse lo sviluppo nei Paesi che vedono flussi migratori verso il Salento leccese e l'Europa. Queste mie considerazioni sono determinate dalla circostanza che ci fa prendere atto che si protraggono le condizioni di incertezza per il prolungarsi della stagnazione della domanda. A questo problema oggettivo io ritengo che invece di continuare a chiedere provvedimenti per un forte impulso alla domanda interna, si potrebbe favorire la domanda dei paesi extra Unione Europea.
La notizia della “Fiera Internazionale dell'Agricoltura” è giunta improvvisa e rischia di passare inosservata dalla realtà del Territorio del Salento leccese. Infatti l'Ordine dei Dottori Agronomi e dei Dottori Forestali avrebbe potuto contribuire fattivamente a questo progetto di “internazionalizzazione” della nostra realtà Agricola sostenibile nel Bacino del mediterraneo. L'amarezza è che anche questa occasione passi senza che i territori delle Puglie e in particolare il territorio del Salento leccese, siano stati coinvolti.
Il successo strategico dell'impresa agricola è funzionale all'interesse di tutte le persone che vivono nel pianeta. Ma le persone vivono nel loro territorio, è di queste realtà che devono farsi carico di coinvolgere gli organizzatori di eventi che hanno un anelito “globale”. Prendendo ad esempio il Piano d'azione per il cambiamento climatico del Sindaco di Londra Boris Johnson diventa necessario soddisfare la necessità delle persone di nuove occasioni di crescita e sviluppo, sicurezza, salute e ambiente. Nel mediterraneo c'è necessità di sviluppare un miglioramento della sostenibilità con interventi di efficienza energetica e di riduzione degli sprechi e di sviluppo nei territori che costringono alla migrazione i loro abitanti.
La “Fiera Internazionale dell'Agricoltura” di Foggia pur insistendo in una Regione come la Puglia che fa dei temi della cooperazione e dello sviluppo dei Paesi del Mediterraneo ha finito con il guardare al suo ombelico sicura com'è di rappresentare l'ombelico del mondo, ma sappiamo bene che chi si ostina a guardare il proprio ombelico rischia di perdere l'equilibrio e quindi cadere rovinosamente per terra. Speriamo che a Foggia non accada questo.

Bibliografia

Sergio Maiorino: Le strategie di internazionalizzazione delle piccole e medie imprese
Sybille Sachs : Sviluppo sostenibile, così si crea valore per tutti
Marcella De Martino: L'internazionalizzazione delle piccole e medie imprese del Mezzogiorno
Bruno Berthon e Mauro Marchiaro: Sindaci, se ci siete battete un colpo. Il sole 24 ore 27/04/2010

lunedì 26 aprile 2010

Gestione sostenibile del Paesaggio del Salento Leccese per scoprire “Quel qualcosa che non va”


Gestione sostenibile del Paesaggio del Salento Leccese per scoprire “Quel qualcosa che non va”
di Antonio Bruno*

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Se prendiamo in mano i dati delle giornate lavorative effettuate in campagna gli operai con età compresa tra i 20 ed i 40 anni sono 4 milioni 907 mila 478 .
E' interessante l'iniziativa che si sta facendo in questi giorni in Terra di Bari dove la Provincia con l'azione di una donna l'Assessore Mary Rina ha dato il via a un ciclo di Seminari sulla gestione Eco- sostenibile del Suolo che toccherà tutti i Comuni della Provincia di Bari.
La Provincia di Lecce ha in corso un progetto strategico che ha nella tutela dell'ambiente il suo punto di forza. Mi rivolgo a questo importante Ente territoriale per segnalare la possibilità di formare donne e uomini che attivamente salvaguarderanno il territorio.
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Ieri sera a Lecce, dopo aver attraversato porta Rudiae, nei pressi dell'Accademia delle Belle Arti, ho visto un uomo elegante che con un'andatura raffinata veniva verso di me: si trattava del Professore Vittorio Di Sansebastiano. Abbiamo discusso dei Dottori Agronomi, dell'Ordine di cui è stato Presidente e che oggi vede me ricoprire l'incarico di Consigliere, dell'anelito di riuscire a fare il bene di questo territorio comunicando il contributo indispensabile della categoria dei Dottori Agronomi e dei Dottori Forestali. Ha voluto sapere della mia attività e mi ha incitato a proseguire, insomma come il comandante di una nave mi ha detto quell'”avanti così” che conforta.
Siccome il lavoro in campagna cambia, si caratterizza sempre più come tutela del suolo e del Paesaggio, con il recupero dell'etica e l'introduzione di metodi innovativi presto dovrò onorare l'invito che mi ha fatto il Segretario dell'Istituto Tecnico Agrario Statale “Giovanni Presta” di Lecce perché le nuove generazioni devono tornare a scommettere sull'agricoltura.
Devo assolutamente andare a parlare con chi si interessa di formazione perché, secondo la mia modesta opinione, c'è necessità di contrastare l'abbandono dei campi, l'inquinamento e lo sfruttamento del patrimonio rurale.
Se prendiamo in mano i dati delle giornate lavorative effettuate in campagna gli operai con età compresa tra i 20 ed i 40 anni sono 4 milioni 907 mila 478 che sono quasi la metà del totale delle giornate lavorative effettuate nella Regione Puglia e rappresentano il 15% del valore nazionale.
Ci dobbiamo rivolgere prima di tutto a queste donne e a questi uomini rendendoli consapevoli della assoluta necessità di divenire professionisti qualificati attraverso un percorso formativo.
E' interessante l'iniziativa che si sta facendo in questi giorni in Terra di Bari dove la Provincia con l'azione di una donna l'Assessore Mary Rina ha dato il via a un ciclo di Seminari sulla gestione Eco- sostenibile del Suolo che toccherà tutti i Comuni della Provincia di Bari.
La Provincia di Bari ha messo in cantiere questo progetto con la collaborazione della Facoltà di Agraria dell'Università degli Studi di Bari, del Centro di ricerche “Basile Calamia” (Crsa) di Locorotondo e con le associazioni che si occupano di ambiente e territorio.
Bisogna imitare le buone cose e tenersi alla larga da quelle cattive! I buoni esempi, come questo della Provincia di Bari, andrebbero estesi alla Provincia di Lecce a cui rivolgo il mio appello da queste colonne.
Diversi studi critici, a partire dagli anni 1980 sostengono che l'adozione delle innovazioni tecnologiche prodotte dal sistema scientifico e diffuse tramite l'apparato della divulgazione agricola, sono la condizione essenziale per il superamento delle forme arretrate di produzione.
In molti paesi in via di sviluppo i servizi di divulgazione agricola sono stati criticati per aver concentrato gli sforzi e le risorse a favore dei coltivatori maggiori e al passo con il progresso, a discapito quindi dei coltivatori più piccoli e meno accessibili dal punto di vista geografico.
Le organizzazioni professionali e quelle di categoria dovrebbero entrare nel sistema innovativo soprattutto con compiti di divulgazione. Tuttavia presentano gravi problemi in termini di organizzazione, per cui la loro attività è prevalentemente circoscritta nella consulenza burocratica, che peraltro permette di espletare le pratiche per i finanziamenti pubblici, spesso destinati ad investimenti innovativi.
La Provincia di Lecce ha in corso un progetto strategico che ha nella tutela dell'ambiente il suo punto di forza. Mi rivolgo a questo importante Ente territoriale per segnalare la possibilità di formare donne e uomini che attivamente salvaguarderanno il territorio.
Operare nel Paesaggio rurale significa divenire custodi della biodiversità perché si utilizzeranno più specie animali e vegetali che sono già adatte al nostro ambiente e che quindi ricostituiscono l'equilibrio naturale che lo tutela dal degrado e dallo scempio di chi fa abuso del Paesaggio.
Insomma in questo modo si avrebbe un sistema Salento Leccese basato sulle risorse del Territorio e sulle peculiarità delle eccellenze e delle produzioni tipiche.
A questo proposito ricordo l'interessante iniziativa “sulla biodiversità” decisa lo scorso 22 aprile presso il Comune di Zollino che potrebbe divenire un “Manifesto per la valorizzazione del Paesaggio”.
La formazione è indispensabile anche per proteggerci dalla piaga della sofisticazione che in questi giorni ha visto spacciare per olio extravergine una miscela di olio di oliva mescolato con olio di semi di girasole e insaporito e colorato con beta carotene e clorofilla industriale. Ho già scritto che la piaga della sofisticazione è collegata alla autorizzazione delle miscele di olio d'oliva con olio di cotone che si faceva alla fine del 1800 e che fece venire meno l'unica arma che abbiamo contro la piaga della sofisticazione ovvero la capacità dei nostri sensi olfatto, gusto e vista di percepire quel “qualcosa che non va” che ci fa allontanare ad ciò che non è genuino. Anche questo è un territorio che ha necessità di essere esplorato al più presto.

*Dottore Agronomo


Bibliografia

Jan D. Van der Ploeg: Oltre la modernizzazione. Processi di sviluppo rurale in Europa
Dizionario Collins dell'ambiente
Ercole Giap Parini:I posti delle fragole: innovazioni e lavoro nella fragolicoltura della California e della Calabria
Antonella Fanizzi: I giovani tornano in Campagna La Gazzetta del Mezzoggiorno del 25/04/2010
l.nat. La truffa dell'olio “tinto” La Gazzetta del Mezzoggiorno del 26/04/2010

domenica 25 aprile 2010

La consulenza dei Dottori Agronomi e dei Dottori Forestali per acquistare Olio d'oliva genuino


La consulenza dei Dottori Agronomi e dei Dottori Forestali per acquistare Olio d'oliva genuino
di Antonio Bruno
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L'utilizzo dell'olio è legato alle sue applicazioni per la salute umana, infatti l'olio d'oliva difende la mucosa gastrica dalle ulcere e si presenta molto meno grasso rispetto ad altri oli vegetali, al punto che, anche se cotto, origina quantità minori di polimeri e di perossidi.
L'olio d'oliva non è solo questo per secoli è stato l'energia utilizzata per l'illuminazione, naturalmente la qualità dell'olio d'oliva “lampante” è scadente ma per bruciare non è necessario che sia saporito.
Prima di acquistare l'olio venite da noi Dottori Agronomi e Dottori Forestali, andiamo insieme presso l'azienda e vi faremo la consulenza che vi darà la garanzia che state acquistando un prodotto genuino.
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L'olio d'oliva accompagna la nostra esistenza, ce l'hanno messo in fronte il giorno della Cresima, lo abbiamo visto in un boccetta l'ultimo giorno di vita dei nostri cari. L'olio d'oliva accompagna la nostra vita nel Salento leccese.
Il Palmieri affermava che "il Salento aveva il vanto di trasformare in oro solido il suo oro liquido e brillante". Un "oro" che ha fatto la fortuna di molti e che ha inebriato, col suo aroma dolciastro e piacevole, coloro che hanno gustato il suo sapore genuino.
Ma è bene che sia chiaro che l'utilizzo dell'olio è legato alle sue applicazioni per la salute umana, infatti l'olio d'oliva difende la mucosa gastrica dalle ulcere e si presenta molto meno grasso rispetto ad altri oli vegetali, al punto che, anche se cotto, origina quantità minori di polimeri e di perossidi. Le statistiche hanno poi dimostrato come le popolazioni mediterranee siano meno soggette a malattie cardiovascolari, proprio grazie ad un’ alimentazione più sana e meno 'stressante' per l’organismo. L’olio d’oliva garantisce inoltre un miglior assorbimento delle vitamine, rallentando i processi di invecchiamento. Gli atleti dell’antichità lo spalmavano sul corpo per aumentare il flusso del sangue e garantire un più rapido riscaldamento del tono muscolare. Ancora oggi l’olio d’oliva è utilizzato come base per la creazione di prodotti cosmetici, segno che le sue applicazioni sono molteplici e i suoi benefici molto apprezzati.
«Tra i prodotti nostrani – ha spiegato Giovanni Alemanno, Sindaco di Roma quando era Ministro delle Politiche Agricole e Forestali nel 2003 , – l’olio extra vergine d’oliva rappresenta un vero e proprio pilastro di una sana dieta alimentare, grazie anche alle sue proprietà benefiche e terapeutiche riconosciute come tali dalla letteratura scientifica internazionali. Buona parte delle morti per cancro – ha continuato – sono attribuibili a fattori alimentari. Una corretta alimentazione e l’uso quotidiano dell’olio extra vergine d’oliva, al contrario, aiuterebbe a prevenire certe malattie».
E’ stato rilevato che alcuni alimenti tipici della cosiddetta dieta mediterranea come l’olio extra vergine d’oliva, broccoli, arance, aglio e cipolle, consentirebbero di prevenire il 35% di tutti i tumori e solo il 4% degli italiani sa che per ridurre il rischio di cancro bisognerebbe assumere quotidianamente 5 porzioni di frutta e verdura.
Ma l'olio d'oliva non è solo questo per secoli è stato l'energia utilizzata per l'illuminazione, naturalmente la qualità dell'olio d'oliva “lampante” è scadente ma per bruciare non è necessario che sia saporito e la testimonianza proviene da un bel lavoro di una tesi di laurea da cui possiamo sapere che sino al 1860 tutta la vittà di Lecce era illuminata da lampioni alimentati da olio d'oliva.
La scarsa documentazione sull'illuminazione urbana leccese all'inizio dell'Ottocento, ci informa che nel 1818, c'erano 79 "riverberi" (lampioni), e che la spesa relativa a 54 giorni (nel periodo compreso fra agosto e i primi dieci d'ottobre di quell'anno) era pari a 458,59 ducati e mezzo.
Leggendo il De Giorgi, "... sino al 1860 tutte le vie della nostra città (la città di Lecce) furono illuminate con lampade ad olio di uliva. ... Le vie di Lecce erano tutte all'oscuro; pochi fanalisti le percorrevano a passo di tartaruga, muniti di una lanterna e di una lunga scala di quelle che si adoperano dai contadini per abbacchiare le ulive. I pubblici lampioni erano degli arnesi madornali sospesi in cima a lunghe pertiche di ferro. Giunti ad uno di questi i fanalisti distaccavano dal muro una catena che era attaccata con l'altro capo alla pertica, facevano girare quest'ultima su grossi arpioni, in modo da condurla nel mezzo della via, e poi la fissavano con due barbacani di ferro. Quindi montavano sulla scala e accendevano la lampada. Era l'affare di un buon quarto d'ora per ogni fanale, e di un paio di ore per tutti. Tuttociò avveniva nei soli giorni nei quali la luna non splendeva sull'orizzonte; ed i fanalisti dovevano tener sempre l'occhio al calendario. Dal primo giorno del novilunio sino al terzo dopo il plenilunio i lampioni restavano inesorabilmente spenti".
Le migliori occasioni per avere un pò di luce nella città di Lecce, prosegue il professore De Giorgi, s'avevano nel periodo estivo, in occasione delle feste patronali in onore del santo patrono della città (dal 15 al 26 agosto) o di altri santi, allorquando "le poetiche lucerneddre de Santu Ronzu ... ornavano i davanzali delle finestre e gli architravi delle porte nelle case meno agiate. L'illuminazione ad olio nelle vie e nelle piazze (la così detta villa e la macchina, tuttora in uso) e sulle facciate delle chiese era di rito in queste occasioni; ma orribile era il puzzo della moccolaja (moccolo = residuo di candela) che restava fino a tarda ora di notte. Questo sistema patriarcale era adottato anche dai privati; e se riusciva dannoso ai polmoni era molto igienico per la vista".
Non è solo un alimento, ecco perché l'olio d'oliva continua ad essere oggetto di attenzione. Spetta a noi Dottori Agronomi e Dottori Forestali comunicare l'olio d'oliva, per farlo conoscere, per rispondere alle domande, divulgarne i modo corretti d'uso e per affiancare nella scelta attraverso
i sistemi di analisi che consentono di effettuare rapidamente controlli di qualità in tutte le fasi della filiera di produzione dell'olio di oliva, permettendo di valutare i parametri sui frutti e sulla pasta previa estrazione dell'olio o direttamente sull'olio di oliva tal quale. Prima di acquistare l'olio venite da noi Dottori Agronomi e Dottori Forestali, andiamo insieme presso l'azienda e vi faremo la consulenza che vi darà la garanzia che state acquistando un prodotto genuino.



Bibliografia

Valentina Vantaggiato Antico commercio del vino e dell'olio nel Salento
Intendenza di Terra d'Otranto, Affari Generali, b.39, fasc. 764; 16 ottobre 1818.
Cosimo De Giorgi, Numero Unico per le Feste Inaugurali del giugno 1898; Tipografia Editrice Salentina, fratelli Spacciante, 1898.
Estratto da una tesi di laurea in Archeologia Industriale, conseguita presso la facoltà di Conservazione dei Beni Culturali, Università degli Studi di Lecce, dal titolo: "L'illuminazione cittadina a Lecce dal 1800 al 1900" Relatore: Chiar.mo Prof. Gino PAPULI Laureando: Giovanni GRECO. Lecce, 15 dicembre 1999
V. Mancarella Olio d'oliva di Puglia anti cancro.

La "Crociera Bio" invece del "Premio Bio"?


La Crociera Bio invece del Premio Bio?
di Antonio Bruno
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Da domani lunedì 26 aprile 2010, Bari sarà capitale mondiale dell’olio biologico. Apre infatti i battenti il XV Premio Biol.
l 9 febbraio 1923 Angelo Titi Presidente della Camera di Commercio e Industria della Provincia di Lecce pubblica con i tipi della N. Tipografia ed. Salentina di Lecce un opuscolo intitolato “Sulla decadenza della Olivicoltura Nazionale.
Dopo 15 anni di tentativi fatti in casa, a Bari, in Puglia forse non è il caso di prendere una nave e fare per l'anno prossimo invece del Premio Bio“La Crociera BIO”?
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Da domani lunedì 26 aprile 2010, Bari sarà capitale mondiale dell’olio biologico. Apre infatti i battenti il XV Premio Biol, la più grande kermesse internazionale dedicata all’olivicoltura biologica che pone, come ormai da tradizione, l’Italia e la Puglia al centro dello scenario mondiale del settore. La nuova edizione è in programma dal 26 al 30 aprile nel centro storico e in periferia, con corsi e convegni nonché un “Festival dell’Olivicoltura Etica e dell’Agricivismo” a base di incontri, laboratori, mostre, degustazioni e appuntamenti culturali.
Il 9 febbraio 1923 Angelo Titi Presidente della Camera di Commercio e Industria della Provincia di Lecce pubblica con i tipi della N. Tipografia ed. Salentina di Lecce un opuscolo intitolato “Sulla decadenza della Olivicoltura Nazionale. In questo opuscolo dopo l'elencazione dei dati nazionali si afferma che la Terra d'Otranto può dirsi un immenso oliveto e, da sola, vale per produzione quanto Campania, gli Abruzzi, il Molise e l'Umbria prese insieme, quanto la Sicilia e più della Calabria.
Sempre nell'opuscolo sono resi noti i dati relativi all'olivicoltura nazionale confrontati con quelle della Spagna, Portogallo, Grecia, Tunisia e dell'Albania che rendono evidente la decadenza, che viene definita impressionante, dell'olivicoltura nazionale.
Una domanda che viene posta e cioè: “Quali sono le cause dell'impressionante decadenza della produzione, dell'esportazione, del consumo interno e del commercio interno dell'Olio d'Oliva? Quali i rimedi?”
E' interessante rilevare che le cause erano state rilevate ampiamente dalla Società Nazionale degli Olivicoltori che aveva stigmatizzato l'attenzione rilevando che si era verificato l'abbattimento di oliveti il cui mantenimento si era dimostrato economicamente non conveniente, l'invecchiamento degli oliveti, la mancanza di cure colturali razionali, l'irrazionalità dei nuovi impianti, l'improduttività degli olivi, i danni delle avversità e delle malattie specialmente della mosca delle olive ed infine la madre di tutte le cause erano le delusioni e i danni incontrati specie in quegli anni nell'esito del prodotto tali da rendere niente affatto convenienti le spese e le cure per i miglioramenti della cultura e della produzione.
Inoltre nella nota veniva rilevato che mancava in Italia un Istituto scientifico di studi e di realizzazioni pratiche nel campo della difesa dell'olivicoltura nazionale. Nel 1923 ne aveva quattro la Spagna con fitte diramazioni di stazioni secondarie in tutto il territorio e ne avevano anche la Francia e la Grecia.
Detto ciò si suggeriva l'istituzione di una realtà di questo tipo anche in Italia affidandogli la direzione dello svolgimento di un programma tecnico di difesa della olivicoltura che qui accennerò in grandi linee. In primo luogo il programma dovrebbe affrontare la conoscenza scientifica della genetica, della biologia e della fecondità dell'olivo, dovrebbe istituire dei vivai e diffondere dei semi selezionati, istituire stazioni sperimentali di olivicoltura, corsi temporanei di olivicoltura e di oleificio per contadini e proprietari; provvedere a diffondere direttive semplici e pratiche per la cura degli oliveti deperiti, per il rimpiazzo dei vecchi oliveti o per l'impianto di quelli nuovi, inoltre dovrebbe fare in modo di ottenere delle facilitazioni per l'acquisto di fertilizzanti artificiali specie nelle zone ubicate meno agevolmente.
In quella nota del Presidente Angelo Titi si specificava che l'applicazione di questo programma dovrebbe essere integrata da opportune provvidenze statali quali la concessione del credito agrario per l'impianto di nuovi oliveti e il ringiovanimento dei vecchi, l'esenzione dell'imposta per gli oliveti di nuovo impianto e la costituzione dei consorzi obbligatori di difesa dalle avversità, dalle malattie crittogamiche e dai parassiti animali.
Nei mercati esteri la situazione era difficilissima poiché erano stati abbandonati dal prodotto italiano per un divieto di esportazione in seguito alla guerra del 1915 – 18. Chi li aveva conquistati era la Spagna e la Tunisia. In quella pubblicazione del Presidente Angelo Titi si suggerisce un percorso per riguadagnare il mercato estero lavorando nei mercati esteri, studiandone i gusti, le preferenze ed adattare ad essi i processi di manipolazione del prodotto e organizzare una efficace pubblicità e dei fattivi uffici di vendita. Questo compito già allora si prendeva atto non potesse essere assolto dai produttori singoli e quindi si suggeriva che fosse affrontato da un organismo che si occupi di questo a cui dovrebbero essere messi a disposizione i mezzi necessari.
Nella nota del Presidente Angelo Titi del 1923 si legge che se alla diminuita esportazione avesse corrisposto un maggior assorbimento di prodotto da parte del mercato interno anche se la bilancia commerciale ne avrebbe sofferto avremmo avuto una diminuzione di importazioni di surrogati dell'olio d'oliva come il succo di semi oleosi e i grassi animali.
Invece nel 1923 si consumava una grande quantità di olio vegetale derivato da semi e inoltre il Presidente Angelo Titi riferisce di una “deviazione del gusto” dei consumatori per effetto di una frode consumata attraverso al quale si spaccia per olio d'oliva una miscela che ne contiene in quantità insignificante. Si era calcolato che ogni anno veniva venduto per olio d'oliva un milione di quintali di olio miscelato in proporzioni che nella pubblicazione del Presidente Angelo Titi vengono definite “rivoltanti” e solo qualche centinaio di migliaio di quintali di olio di cotone viene offerto “come tale” sul mercato. Nel 1881 l'unico concorrente per l'olio d'oliva era quello di cotone e la legge permetteva di miscelare l'olio di cotone a quello di oliva, ma nel 1923 le cose erano cambiate per gli altri semi oleosi che invadevano il mercato.
La proposta che arriva per rilanciare il Commercio Estero dell'olio d'oliva è davvero interessante e, sotto gli auspici del Presidente del Consiglio dei Ministri, autorevoli esponenti dei ceti industriali, commerciali ed agricoli organizzarono nel 1923 una “Crociera Navigante” per la propaganda della espansione economica dell'Italia negli Stati dell'America latina centrale e meridionale. Lo stato aveva concesso una grande nave da guerra che nello spazio di 16 mesi ha toccato i porti dell'America latina dove già affluivano in quegli anni le correnti dei lavoratori italiani e dove allora si riteneva auspicabile che trovasse sbocco la produzione agraria dell'Italia. Il 30 gennaio 1923 presso il Ministero dell'Industria e del Commercio si tenne una riunione presieduta dal conte Teofilo Rossi nella quale l'On. Grassi, Presidente della Società Nazionale degli Olivicoltori, anche in rappresentanza della Camera di Commercio di Lecce, sottoscrisse una caratura di 25.000 Lire per la costituzione del capitale d'impianto dell'Ente organizzatore della mostra.
In questo modo la Società aveva il diritto di tutelare direttamente all'interno del Consiglio di amministrazione della, Crociera gli interessi dei produttori e dei commercianti di olio d'oliva che partecipano alla mostra.
La Camera di Commercio di Lecce assunse l'impegno di sottoscrivere il 25% della caratura e Associazioni Agrarie e commerciali del Salento avevano già fatto pervenire alla Società offerte per la copertura della caratura. Tutti gli olivicoltori del Salento contribuirono alcuni anche in misura modesta. Tutto questo lavorio aveva alla base la consapevolezza che i migliori alleati della espansione agricola e commerciale dell'Italia erano gli emigranti.
Mi rivolgo agli organizzatori del XV Premio Biol, che presuppone l'incontro a Bari di produttori dal lontano 1995. Mi rivolgo a te che sei proprietario di parte dei 114mila ettari dedicati alla produzione di olio biologico di qualità pari al 26% della superficie mondiale (segue la Spagna col 23%). Mi rivolgo soprattutto a te che hai parte della superficie bio della Puglia (dati dicembre 2008) che ha superato i 118mila ettari, mi rivolgo a te che sei uno dei 5.371 imprenditori biologici. Dopo 15 anni di tentativi fatti in casa, a Bari, in Puglia forse non è il caso di prendere una nave e fare per l'anno prossimo invece del Premio Bio“La Crociera BIO”?

sabato 24 aprile 2010

Cacciatore di Piante del Salento leccese


Cacciatore di Piante del Salento leccese
di Antonio Bruno*

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A Leverano (Lecce) "Note Fiorite", la manifestazione che si svolge oggi e domani 25 aprile 2010. Si suggerisce di effettuare prove di germinazione su piante spontanee della Flora del Salento leccese per verificare la loro attitudine ad essere propagate e studi sulla fisiologia e sulla conservazione dei fiori recisi dopo che sono stati raccolti.
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Ci sono gli ambienti naturali ed esistono i tentativi di riprodurre la loro bellezza sui balconi delle nostre case o, per i più fortunati, nei giardini che precedono o succedono le nostre case oppure negli spazi verdi che occupano le nostre città rendendole più simile a una condizione di vita naturale.
Il paesaggio antico è stato decantato dai poeti e studiato e dipinto dagli artisti e noi non facciamo che tentare di averlo nelle nostre case. Gli inglesi sono stati i primi a copiare l'arte dell'uomo e, dai tratti che ricavavano dai paesaggi dipinti, tentavano di adattarli ai loro giardini. Insomma gli inglesi hanno il merito di aver tentato di adattare il Paesaggio dei dipinti ai loro giardini. Questa influenza è giunta anche nel Salento leccese dove la produzione vivaistica ed il commercio delle specie ornamentali sono orientati prevalentemente su specie esotiche che spesso hanno difficoltà ad adattarsi completamente alle nostre condizioni ambientali.
E' interessante quanto realizzato dal Dipartimento di Agronomia, Selvicoltura e Gestione del Territorio - Università degli Studi di Torino, Facoltà di Agraria, dove si è tentato di individuare specie autoctone di Campanula per poterle poi utilizzare come pianta da vaso fiorito, pianta da giardino o come fiore reciso.
Sono state effettuate prove di germinazione per verificare la loro attitudine ad essere propagate e studi sulla fisiologia e sulla conservazione dei fiori recisi dopo che sono stati raccolti. In questo caso la ricerca ha dimostrato che possono essere utilizzate le Campanule perchè la varietà detta Spicata e quella Rapunculoides hanno una percentuale di germinazione del 70% alla temperatura media di 14°C e sempre la Campanula Rapunculoides sottoposta a prova di conservazione del fiore reciso ha ottenuto una buona conservazione di 4 – 6 giorni dimostrandosi adatta alla vendita dei fiorai.
L'esperienza torinese può divenire l'esperienza di Leverano? Insomma "Note Fiorite", la manifestazione che si svolge oggi e domani 25 aprile 2010 nata per far apprezzare e esaltare i siti di maggior richiamo, che si è dimostrata in questi sei anni in grado di creare interesse per la natura e il territorio, sarà in grado di raccogliere la sfida per l'arricchimento culturale e l'innovazione individuando specie tipiche del Salento leccese e di Leverano in particolare, per poterle poi utilizzare come pianta da vaso fiorito, pianta da giardino o come fiore reciso?
Mi verrebbe da fare una domanda ai floricoltori di Leverano. Me lo immagino il mio amico Mimino di Leverano che ha fatto la sua azienda in cui produce fiori e piante per i giardini e quindi è anche un vivaio in cui vive e svolge il suo lavoro di ogni giorno. Io ti chiedo Mimino: “Tu sai perchè hai fatto la tua azienda in cui produci piante e fiori che assomiglia a un giardino?” E' come se ti vedessi, non sai cosa rispondermi vero? Sei sorpreso? Non lo sai? E allora te lo dico io, era scritto nel tuo patrimonio genetico, nel tuo DNA, era scritto che tu dovevi fare quel giardino.
Io sono convinto che tu aspettavi la primavera, dopo il freddo dell'inverno per vedere i fiori che sbocciano, come adesso, e che sei stato sempre trascinato in immagini delicate che sorgevano nella tua anima quando rimanevi immerso nei profumi delle foglie e travolto da tutti gli odori del mondo vegetale che ti circonda. Quando sei cresciuto caro Mimino allora hai voluto fare di questa tua passione per la natura il tuo lavoro. Questo sei! E questo sono i nostri florovivaisti, donne e uomini del Salento leccese che da sempre sono rimasti incantati a guardare la corolla di una margherita, o paralizzati e pieni di meraviglia davanti all'esplosione di un prato pieno di fiori di campo, spontanei, così com'è spontaneo sentire il cuore pieno di felicità in una bella giornata d'aprile con l'aria tiepida che ti accarezza il viso e i profumi delicati che inondando i tuoi sensi.
Se sei qui, in questo territorio, per produrre fiori e piante perchè non cerchi di individuare anche tu specie autoctone per poterle poi utilizzare come pianta da vaso fiorito, pianta da giardino o come fiore reciso? I fiori spontanei in cui anneghiamo i nostro occhi per qualche giorno ogni primavera, grazie a te amico Mimino, invece di scolorirsi ed appassire, attraverso la tua passione con l'andar del tempo acquisteranno nitidezza e flagranza e poi diverranno fioriti in eterno donandoci quei colori e quegli odori della stupenda Primavera della campagna salentina per tutto l'anno.
Foreste tropicali, barriere coralline, boschi, zone umide, pascoli alpini, dune costiere: sono alcuni degli ecosistemi dove milioni di organismi vivono in equilibrio interagendo tra di loro. Alcuni di questi ambienti ricchi di biodiversità ci sono anche nel Salento leccese ed io spero che accada a qualcuno quello che accadde a Mimino Albano negli anni 60 il primo salentino di Leverano a tentare la via della floricoltura. Mimino si trasferì a Viareggio che tra le altre cose è un centro specializzato nella coltivazione dei fiori e dopo alcuni anni, rientrò al Sud, nel Salento Leccese e iniziò la pratica floricola, dando il via a ciò che ha fatto di Leverano un paese ricco di benessere, che ha portato alla creazione nel territorio del “Mercato dei Fiori”.
Adesso caro Mimino si tratta di guardare a Leverano, alla sua pseudosteppa e alla sua gariga, si tratta di osservare le zone umide dell'Arneo, percorrere le Serre Salentine, insomma caro Mimino devi diventare “Cacciatore di Piante del Salento leccese”........ per non morire!

*Dottore Agronomo

Bibliografia

Ercole Silva: Dell'arte dei giardini inglesi
Accati E., Devecchi M.*, Scariot V., Seglie L. : Valorizzazione delle potenzialità ornamentali di ecotipi locali di Campanula spp. mediante prove di propagazione e conservazione in post-raccolta
Maria Chiara Pozzana: I giardini di Firenze e della Toscana: guida completa
Maria Gabriella Buccioli: I giardini venuti dal vento: come ho costruito il mio giardino "secondo natura"
Touring club italiano: L'Italia dei giardini

giovedì 22 aprile 2010

A Zollino (Lecce) l' Earth Day 2010 del Salento Leccese


A Zollino (Lecce) l' Earth Day 2010 del Salento Leccese
di Antonio Bruno

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A 40 anni dal primo Earth Day, il giorno dedicato alla Terra, a Zollino per volontà del Sindaco Dott. Francesco Pellegrino sono state messe le basi per creare una opportunità per costruire nel Salento leccese ora e nel futuro un'economia sana, prospera e pulita.
Si è discusso della necessità delle riduzioni in agricoltura dell'uso dell'acqua, dell'impiego di fitofarmaci, delle lavorazioni superficiali dei terreni e, contemporaneamente, l'aumento delle produzioni di biomasse, del biologico e dei rimboschimenti. Ma la questione centrale che ha caratterizzato l'incontro di ieri è il recupero di antiche varietà che erano adatte per l'aridocoltura.
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A Zollino (Lecce) ieri sera alle 16 e 30 c'è stato l' Earth Day del Salento Leccese. Si sono dati appuntamento uomini e donne che hanno a cuore i destini del pianeta e che si rimboccano le maniche per salvaguardarla attraverso la tutela della biodiversità.
A 40 anni dal primo Earth Day, il giorno dedicato alla Terra, a Zollino per volontà del Sindaco Dott. Francesco Pellegrino sono state messe le basi per creare una opportunità per costruire nel Salento leccese ora e nel futuro un'economia sana, prospera e pulita.
Un 22 aprile passato nella sede Municipale sorta sulle fondamenta dell'antico palazzo baronale di Zollino discutendo animatamente del Paesaggio del Salento leccese e delle sue produzioni agricole che stanno scomparendo, una riunione in sintonia con la giornata di mobilitazione mondiale per sensibilizzare l'opinione pubblica sui temi ambientali dove gli intervenuti hanno manifestato la disponibilità ad adoperarsi per la tutela del pianeta attraverso la tutela del territorio del Salento leccese. Gli interventi sono stati tutti incentrati sulla salvaguardia delle biodiversità del Salento Leccese. Si è discusso della necessità delle riduzioni in agricoltura dell'uso dell'acqua, dell'impiego di fitofarmaci, delle lavorazioni superficiali dei terreni e, contemporaneamente, l'aumento delle produzioni di biomasse, del biologico e dei rimboschimenti. Ma la questione centrale che ha caratterizzato l'incontro di ieri è il recupero di antiche varietà che erano adatte per l'aridocoltura. Insomma tutto quanto si è discusso ieri è lo svolgimento del tema ''Buone pratiche personali per la riduzione della nostra impronta ecologica'' della Giornata mondiale della Terra che contemporaneamente a Zollino si celebrava in 175 paesi.
Le parole sono importanti, la parola biodiversità che è stata utilizzata per la prima volta nel 1986 e deriva dall'inglese biodiversity che è a sua volta l'abbreviazione di biological diversity significa diversità biologica.
La biodiversità è la diversità della vita analizzata in tutti i suoi diversi aspetti. Il tema della biodiversità è stato centrale nella discussione di ieri sera perché ha coinvolto cultori di diverse discipline come la genetica, la botanica sistematica che si occupa della rapporti di parentela fra le specie, lo studio dell'evoluzione e dell'ecologia. Ieri sera c'erano anche cultori di antropologia culturale, esponenti del mondo sindacale, rappresentati delle categorie del mondo agricolo, Chef di prestigio, insigni scienziati, operatori commerciali, esponenti del mondo degli ambientalisti, professionisti e uomini di levatura internazionale che insieme hanno discusso, progettato e concordato uno dei modi possibili per salvaguardare il territorio del Salento leccese, promuoverlo attraverso i suoi prodotti tipici salvaguardando la biodiversità e proteggendo l'ambiente.
Gli chef presenti hanno sottolineato l'importanza di ottenere la collaborazione dei Maître d’Hotel che sono i principi dell’ospitalità, i veri registi della sala, in quanto hanno la predisposizione a saper accogliere l’ospite, metterlo a suo agio, ed a farlo sentire come a casa propria.
È la stretta collaborazione tra il Maître d’Hotel e lo Chef de cuisine che permette un connubio unico, forte, vincente per il settore della ristorazione. È ormai risaputo che per quanto ottimo e ben presentato possa essere un piatto, se non è ben “venduto” dal Maître, non avrà lo stesso tipo di riscontro nella clientela.
Si! Il cibo, il piatto con dentro il cibo che è derivato dall'arte creativa paziente di questi attori dell'alimentazione. Ma per preparare un alimento c'è la necessità di avere il prodotto e gli chef presenti hanno detto che sempre hanno utilizzato i prodotti del nostro territorio, i prodotti del Salento leccese con cui hanno “costruito” piatti che hanno ottenuto riconoscimenti prestigiosi a livello internazionale.
Ma c'è sempre più difficoltà a trovare questi prodotti, non ci sono più i giovani che possono continuare la tradizione degli anziani, molti dei presenti hanno fatto presente che la tecnica agricola ha bisogno di essere tramandata da padre in figlio così come da padre in figlio si tramandano i semi e i cloni degli alberi. La perdita di queste varietà significa perdita della biodiversità del Salento leccese che è legata al deterioramento dell'ambiente fisico provocato dalla nostra trascuratezza, dal nostro affidarci a prodotti che acquistiamo dalla Grande Distribuzione Organizzata, dai super colossi dove arriviamo con la nostra auto, la parcheggiamo, prendiamo il carrello in cui mettiamo alla rinfusa prodotti che dovranno servire per la preparazione degli alimenti che poi diverranno la nostra pelle, i nostri muscoli e naturalmente anche la pelle e i muscoli dei nostri figli e che non sappiamo da dove vengono, da chi sono stati coltivati, e soprattutto che sapore ci faranno gustare. Perché? Ma scusa rifletti, quando prendi una bottiglia con su scritto Olio e la scegli senza sapere chi l'ha imbottigliata ti poni il problema se poi ti farà bene aiutandoti a difenderti dall'invecchiamento e dalle malattie? Una mela, si la vedi? Bene, quando la gusti non è vero che sai già che avrà il sapore standard di “mela”? E non è così per le arance o le pesche, non è vero che sai già che sapore avranno. Ti hanno rubato anche la tensione legata alla prova “Anguria”. Come non lo sai? Ma si che lo sai! Quando avresti saputo se si trattava di anguria rossa o no? Si! Solo dopo averla aperta e che meraviglia quand'è rossa sfavillante e quale amara delusione se intravediamo quel rosa che non lascia presagire nulla di buono. Invece adesso te l'aspetti, non vivi la meraviglia di quando eri piccolo, di quando hai assaggiato la prima volta quel frutto buono che non dimentichi nemmeno ora e che, lo so, notalo anche tu, ti è venuta l'acquolina in bocca solo ricordandolo attraverso la lettura delle mie parole.
L'etica della biodiversità e l'etica ambientale sono strettamente interconnesse, l'abbiamo detto tutti a Zollino.
Perché abbiamo passato una serata a parlare di tutto questo? Guardate che nello sviluppo delle moderne teorie dell'economia, tutte le specie sono annoverate sotto il termine “risorse” con l'assunzione che le risorse siano infinite. “Animali”, “piante” ed “ecosistemi” non sono categorie nelle moderne economie.
Dalla discussione di ieri, da tutti gli interventi, trasudava il concetto della biodiversità come portatrice di un valore economico diretto e indiretto per la diversità dell'utilizzazione delle risorse. Ieri sera sono venuti fuori i punti di vista mentali di tutti i presenti che hanno sottolineato le ricadute estetiche, emozionali e addirittura spirituali che si ottengono attraverso l'azione di tutela delle antiche varietà coltivate nel Salento leccese..
Ieri a Zollino, a chiare lettere, si è definito il valore economico ed ecologico della BIODIVERSITA'.
Costanza nel 1997 ha validamente quantitativizzato in termini ecologico – economici il servizio ecologico prodotto dalla biodiversità nel controllo delle alluvioni, nella protezione del suolo dalle erosioni, nella produttività del suolo, nel filtraggio delle acque, nella purificazione dell'aria, nella regolazione del clima, nella riutilizzazione dei rifiuti urbani, nella produttività in generale.
La riunione ha avuto come epilogo la decisione di realizzare un iniziativa internazionale su questo tema e, per questo motivo, tutti si sono dichiarati disponibili a costituirsi in una Fabbrica della Biodiversità da cui fare uscire idee, iniziative, suggestioni, visioni di un Salento sempre più accogliente soprattutto per le specie animali e vegetali che in esso abitano e che rappresentano la possibilità di convivere tra specie dell'oriente dell'occidente. Il Salento leccese BIOCERNIERA tra Nord e Sud, tra Est e Ovest e luogo ideale in cui tutti i gli esseri viventi trovano il modo di stare insieme in armonia. Il Salento leccese paradigma della convivenza tra tutti i popoli del grande lago salato, la vita pacifica e serena che desiderano tutti i popoli del libero scambio che si affacciano alle rive del bacino del Mediterraneo.

*Dottore Agronomo


Bibliografia
Valeria Balboni La biodiversità
Renato Massa Il secolo della biodiversità
Brunetto Chiarelli Dalla natura alla cultura. Principi di antropologia biologica
Robert Costanza et altri The value of the world's ecosystem services and natural capital. Nature 387:253-260;

mercoledì 21 aprile 2010

Ricostruire il Paesaggio Agrario


Ricostruire il Paesaggio Agrario
di Antonio Bruno*

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Nel Salento leccese si potrebbe attuare un progetto culturale ed educativo, esteso anche alle scuole, con l'obiettivo del recupero dei sapori delle innumerevoli varietà di frutti abbandonati nel territorio con particolare riferimento alle aree demaniali dove il paesaggio ha subito una minore pressione antropica e ai tanti Giardini abbandonati.
A Roma si terrà un festival dal 20 al 23 maggio per celebrare la biodiversità con musica, scienza, video, rappresentazioni, arte.
Il progetto potrebbe partire da una ricerca pubblicata da Russo che ricostruisce attraverso il catasto Murattiano e poi con quello dello stato italiano, mutamenti del paesaggio agrario e degli assetti colturali della Puglia tra Ottocento e Novecento.
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Le notizie servono, fanno accendere la curiosità. La curiosità di donne e uomini di una terra che, come un virus, contagia quelli con cui viene a contatto e determina azioni motivate dalla sete di sapere, di capire, per ottenere ciò che è più vicino possibile alla nostra natura.
Perché quella donna che andava in giro a raccogliere il cibo è presente e viva dentro di me e dentro di te che leggi. Il suo anelito alla ricerca di nuovi frutti, alla scoperta di nuovi sapori ed odori, è il mio stesso anelito, è il tuo stesso anelito. Ecco perché scoprire che intorno a Savona la coltura del chinotto si concentra da tre secoli è per me motivo di meraviglia. E' stato interessante riscoprire questo antico agrume di origine orientale da cui si ricavano bevande, canditi, marmellate e mostarde, e venire a sapere che c'è chi lo propone assieme a una sessantina tra ortaggi e frutti da non dimenticare in negozietti dove la donna che cerca il cibo, quella che è presente nell'anima di ognuno di noi, può annusare nuovi odori, guardare i nuovi colori di varietà antiche che qualcuno ha conservato affinché lei, l'anima, potesse venire di nuovo in contatto con loro e poi potesse esultare, a casa, quando la famiglia si ritrova nella tavola. Quella donna mostrerà la sua scoperta, e tu, la vedi la tua donna? E tu che sei la donna che ha cercato e raccolto quel frutto, io lo so che inciterai a guardarne il colore, ad annusarne il profumo per poi resterai li, compiaciuta di osservare il tuo uomo e i tuoi figli abbandonarsi al sapore unico, intenso, diverso che da quel frutto o da quella varietà antica verrà sprigionato nel gusto di tuo marito e dei tuoi figli che si nutrono, il gusto di quel cibo che tu hai raccolto per loro e che diverrà la carne e il sangue del corpo di tutti i componenti della tua famiglia.
Nomi insoliti si mescolano a profumi e forme curiose come quelle di alcune varietà di fico del Salento leccese “Dell’Abate”, “Fracazzano”, “Della Signura”, “Paradiso” certo che sarebbe bello che la donna che cerca, la donna raccoglitrice sapesse che c'è il negozio degli ortaggi e della frutta di un tempo, il negozio dove quella donna che alberga in ognuno di noi possa trovare piante da orto antiche e rare o magari possa avere la possibilità di accedere in una Fiera degli orti in cui poter esercitare la vista, l'olfatto e il gusto in avventure fatte di colori, sapori ed odori che inebriano, che sollecitano fantasie esotiche piene di riferimenti al paradiso terrestre.
Sarebbe davvero interessante che si unissero le forze per realizzare tutto questo individuando e mappando nel territorio del Salento leccese le "Antiche varietà”, realizzando un catalogo, ottenendo la promozione in rete attraverso le Masserie didattiche e gli Agriturismo esistenti nel Salento leccese anche in collegamento con i Centri di Educazione Ambientale.
Insomma un progetto culturale ed educativo, esteso anche alle scuole con l'obiettivo del recupero dei sapori delle innumerevoli varietà di frutti abbandonati nel territorio del Salento leccese con particolare riferimento alle aree demaniali dove il paesaggio ha subito una minore pressione antropica e ai tanti Giardini abbandonati.
Alcune specie non sono mai state numerose, soprattutto quelle che si sono adattate a vivere in habitat molto particolari. Queste specie sono definite “naturalmente rare”. Poi ci sono le specie divenute “rare di recente” il numero delle quali è in declino per la pressione esercitata da eventi come quelli che si stanno concretizzando attraverso l'introduzione di opere dell'uomo che sottraggono superficie agraria e che rappresentano una perdita dell'habitat o gli stessi cambiamenti climatici che rappresentano mutamenti delle caratteristiche dell'habitat. Sia la riduzione della dimensione della popolazione sia l'aumento dell'isolamento hanno rilevanti conseguenze perché determinano l'aumento del rischio di perdita della biodiversità.
La prima fase dovrebbe partire da una approfondita analisi del territorio per mettere in luce, anche attraverso testimonianze storiche, la straordinaria ricchezza di varietà locali di piante erbacee e di alberi da frutto diffuse nel Salento leccese, nonché la pregevole qualità del patrimonio naturalistico, storico-culturale, artistico, gastronomico ecc., che caratterizza ed individua il nostro Paesaggio rurale.
Voglio ricordare che le attività di conservazione delle risorse genetiche agrarie sono state condotte inizialmente da istituzioni di ricerca internazionale in particolare l'International Plant Genetic Resources Institute con sede in Roma. E in occasione di quest'anno che è l’Anno Internazionale della Diversità Biologica , la campagna Diversity for Life, diretta da Bioversity International, sponsorizzerà un festival per celebrare la biodiversità con musica, scienza, video, rappresentazioni, arte.
Il festival include lectio magistralis, dibattiti, concerti, mostre e laboratori per bambini. Tutto questo si terrà a Roma all’Auditorium Parco della Musica dal 20 al 23 maggio che costituirà un fondamentale momento di riconoscimento dell’importante ruolo che l’Italia ha avuto e tuttora ha nella conservazione e uso della biodiversità agraria nel mondo. Questa occasione unica ci deve sensibilizzare sul valore della biodiversità agraria nella vita dell’uomo, e il progetto culturale ed educativo che propongo potrebbe essere un possibile contributo del Salento leccese. Nel nostro territorio i partecipanti al progetto avrebbero il ruolo primario di custodi delle risorse genetiche. Un ruolo che per 10.000 anni è stato svolto dall'agricoltura che collegherebbe anche la possibilità di accedere ai dati degli etnoantropologi per comprendere gli stretti legami tra gli agricoltori e la cultura, o meglio, le culture del Salento leccese. Come tutti noi sappiamo la cultura dei paesi che sono nella cinta di Lecce è diversa dai paesi che sono a Nord di Lecce, da quelli della Grecia Salentina e da quelli del capo di Leuca, si tratta insomma di mettere in luce il rapporto tra le diverse culture presenti nei 100 Comuni del Salento leccese.
La domanda che sono certo vi state facendo è relativa all'erosione genetica che dovrebbe essere fermata dal cercatore e conservatore informale di vecchie varietà locali o di agrobiodiversità non autoctone soggette a fenomeni di erosione genetica, affinché non si estinguano. Insomma mi state chiedendo quanta erosione genetica c'è già stata nell'ambiente del Salento leccese (varietà ormai perdute definitivamente) e nello stesso tempo quante varietà sarà possibile recuperare.
Purtroppo per specie di grande interesse agrario come le piante da orto è ormai difficile trovare qualcosa che non siano le moderne varietà o prodotti ottenuti dalle industrie sementiere, e poi c'è un altro dato legato al fatto che i nostri agricoltori sono 10 volte su 11 ultra 65enni e quindi c'è il fondato rischio i materiali da loro tanto accuratamente conservati vadano perduti.
Ma quali sono queste fonti che rischiano di essere perdute? Sono le varietà locali (landreces) antiche popolazioni costituitesi e affermatesi nel Salento leccese per le disponibilità del nostro ambiente naturale e per le tecniche colturali imposte dai nostri antenati. Queste varietà sono interessantissime perché hanno un notevole adattamento al nostro ambiente dando prodotti con caratteristiche di qualità e di produttività anche in quelli meno fertili e che non potrebbero essere coltivati in altro modo. Poi ci sono gli ecotipi (local races) del Salento leccese ovvero quelle popolazioni che sono sopravvissute alla selezione operata esclusivamente dall'ambiente, cioè dai fattori relativi al tipo dei terreni e del clima. Tale selezione è avvenuta nel corso di un lungo periodo di tempo. Ma non dobbiamo assolutamente dimenticare i progenitori selvatici e le specie spontanee affini a quelle coltivate (wild relatives) perché sono molto resistenti ad altissimi livelli di stress derivati sia dal terreno che dal clima oltre che dalle malattie.
Il progetto potrebbe partire da una ricerca pubblicata da Russo che ricostruisce attraverso il catasto Murattiano e poi con quello dello stato italiano, mutamenti del paesaggio agrario e degli assetti colturali della Puglia tra Ottocento e Novecento.
Sul piano della ricerca agronomica, ed in particolare di quella rivolta agli studi sui sistemi colturali sia su scala aziendale che a livello territoriale è indispensabile individuare le zone del territorio del Salento leccese in base a criteri oggettivi di potenzialità produttive e di sensibilità ambientale. Inoltre è essenziale affrontare la problematica dei rischi di impatto, individuando delle possibili misure tecniche ci contenimento per salvaguardare il nostro Paesaggio rurale dal pericolo sempre incombente di fare riferimento a modelli precostituiti. Tale pericolo si deve evitare attraverso le valutazioni oggettive degli impatti riferiti a quel determinato territorio.
Le valutazioni si devono fare strada affrontando i problemi connessi alla gestione degli agroecosistemi delle aree protette, quelli delle superfici a particolare vocazione faunistico venatoria, i problemi relativi all'agricoltura biologica nelle sue diverse accezioni, con riferimento alla biodiversità e alla ricerca. Attraverso questo progetto di conservazione di varietà che sono magari meno produttive ma qualitativamente più ricercate e più resistenti alle malattie si può arrivare a prendere in considerazione la rinaturalizzazione delle aree in cui non vi è più interesse economico per la produzione agraria convenzionale.
Sempre relativamente al progetto in questione la valorizzazione di varietà del passato dimenticate potrebbe essere legata ai temi della conservazione o per meglio dire ricostruzione dei caratteristici paesaggi agrari del Salento leccese che possono integrarsi con quegli operatori che stanno proponendo la valorizzazione economica della nostra cucina tipica.
Se sei arrivato sino a qui significa che l'argomento ti interessa, ese sei davvero interessato perché non progettare insieme? Non essere timida o timido ti aspetto per fare insieme questa bellissima avventura!

*Dottore Agronomo

Bibliografia
Nicoletta Pennati Alla ricerca dell'orto perduto
Francesco Minonne Custodire la Biodiversità agraria: vecchie varietà e nuovi custodi
COMUNITA’ MONTANA ALTO E MEDIO METAURO “Antiche varietà” Progetto di recupero e valorizzazione di varietà locali di piante di interesse agrario
Andrea Arzeni,Roberto Esposti,Franco Sotte Agricoltura e natura
International Plant Genetic Resources Institute http://www.bioversityinternational.org/
Gianni Barcaccia,Mario Falcinelli Genetica e genomica
Guido Ferrara,Giulio G. Rizzo,Mariella Zoppi Paesaggio: didattica, ricerche e progetti : 1997-2007
Imperio, Vendittelli Complessità del territorio e progetti ambientali
G. L. Rota,G. Rusconi Ambiente. Con CD-ROM
William S. Klug,Charlotte A. Spencer Concetti di genetica
Renata De Lorenzo Storia e misura: indicatori sociali ed economici nel Mezzogiorno d'Italia
S. Russo Paesaggio Agrario ed assetti colturali in Puglia tra Otto e Nocecento
Enrico Bonari,Paolo Ceccon Verso un approccio integrato allo studio dei sistemi colturali

martedì 20 aprile 2010

Con la farina di lupino nel 1926 aumenta la produzione di olio d'oliva


Con la farina di lupino nel 1926 aumenta la produzione di olio d'oliva
di Antonio Bruno*

Nella campagna olearia 1925 – 26 la Cattedra di Agricoltura di Lecce diretta dal Dottore Agronomo Attilio Biasco presso l'oliveto denominato “Usciglio” in agro di Calimera (Lecce) che in quegli anni era di proprietà del signor Luigi Lefons si istituì una prova di concimazione che dal collega Attilio Biasco fu definita “vasta” che aveva lo scopo di determinare la convenienza alla somministrazione di dosi più elevate di fertilizzanti rispetto a quelle che allora venivano consigliate. Sempre in quelle prove si voleva stabilire l'efficacia dell'utilizzo come concime della farina ottenuta dal seme di lupino che in quegli anni veniva usata dagli agricoltori del Salento leccese per concimare il frumento che, a detta del collega Attilio Biasco, aveva dato ottimi risultati.
Il terreno del fondo era di medio impasto e poggiava su un sottosuolo costituito da roccia tufacea crepacciata per effettuare le prove di concimazione l'intera superficie venne divisa in cinque parcelle ognuna con 96 alberi della varietà “Cellina” le parcelle furono concimate nelle quantità per albero di olivo che seguono:
1° controllo – senza concimazione
2° perfosfato Kg 10
3° perfosfato Kg 10; solfato potassico Kg 3
4° perfosfato Kg 10; solfato potassico Kg 3; solfato amminico Kg 3
5° perfosfato Kg 10; farina di lupini Kg 5
I concimi sono stati sparsi nella prima decade di novembre e la prima di dicembre in corrispondenza della proiezione della chioma degli alberi. Dopo la concimazione per coprire i concimi venne praticata un'aratura e una seconda aratura fu praticata nel febbraio inoltrato seguita da due sarchiature energiche effettuate durante la primavera. Tutti questi lavori furono fatti sia alle quattro particelle concimate che alla particella di controllo.
La stagione primaverile e quella estiva del 1926 ebbero un andamento particolarmente siccitoso e durante il periodo della fioritura si verificarono solo alcuni giorni di nebbia.
Il collega Dottore Agronomo Attilio Biasco osservò che la ripresa primaverile dell'attività vegetativa ebbe un leggero anticipo nella parcella 5°; la fioritura fu contemporanea ed uniformemente abbondante su tutti gli alberi. Nelle parcelle 1° e 2° i nuovi rametti erano meno vigorosi rispetto a quelli delle altre tre parcelle e con l'inoltrarsi della stagione calda subirono un arresto anticipato di sviluppo. Nelle parcelle 4° e 5° la ripresa autunnale della vegetazione fu più pronta e molto più vigorosa soprattutto se confrontata con quella degli alberi della parcella 1°.
La quantità di olive prodotte per albero fu stimata con il metodo locale di allora della stima ad “ad occhio” da un perito pratico ed è la seguente:
1° tomoli 80 di olive (i tomoli sono di 56 litri) (Controllo)
2° tomoli 92
3° tomoli 104
4° tomoli 108
5° tomoli 124
Le olive raccolte e molite separatamente dettero le seguenti rese in olio per tomolo di frutto dedotte dalla media di tre prove di molitura eseguite in due diversi frantoi:
1° Kg 6,5
2° Kg 7
3° Kg 8
4° Kg 8
5° Kg 8
In definitiva il prodotto di olio in ettaro fu il seguente:
1° Kg 520
2° Kg 644
3° Kg 728
4° Kg 864
5° Kg 992
Il collega Dottore Agronomo Attilio Biasco tenne conto che l'olio nel 1926 veniva venduto a 850 lire per quintale, il perfosfato costava 40 lire per quintale, il solfato potassico costava 150 lire per quintale,il solfato ammonico costava 170 lire per quintale, i lupini sfarinati costavano 85 lire per quintale e considerando inoltre la spesa dello spargimento dei concimi e per la raccolta della maggiore quantità di olive calcolò l'utile della concimazione come è possibile vedere nella tabella che segue:
Parcelle
Valore olio Lire/ha
Spese di concimazione e maggiore raccolta
Valore del prodotto al netto delle spese precedenti
Utile della concimazione
1° controllo
4420
-
4420

5474
280
5194
774

6188
580
5608
1188

7344
896
6448
2028

8432
615
7817
3397
Si deduce che per l'oliveto le laute concimazioni danno un maggior utile economico anche in annate siccitose come quella del 1925 – 26, che con le concimazioni non solo aumenta la quantità di olive ma le stesse contribuiscono ad aumentare la resa unitaria di olio e che la farina di lupini costituisce un ottimo fertilizzante la cui azione secondo il Dottore Agronomo Attilio Biasco è da attribuirsi al principio attivo di cui è ricca.
Nel 1926 la coltivazione dell'olivo occupava circa un terzo della superficie agraria della Provincia di Lecce e rappresentava una delle più importanti fonti di ricchezza e lamentava una conduzione degli oliveti che non poteva considerarsi razionale forse per il convincimento che “annus fructificat non tellus” È l'anno che produce, non la terra. Nel corso degli anni la produzione diviene favorevole se rispetto bene il campo.
De lupino si dice che divengono dolci “tenuti a rinvenire nell'acqua e tolto loro l'amaro” . Si usava dire in maniera offensiva agli altri di “non valere un lupino” che voleva dire che non si valeva nulla o pochissimo, ancora sul lupino si diceva “Non stimare un lupino” che significa che non si ha alcuna stima. Ma il lupino è anche il nome di una malattia degli occhi che quando si infiammano prendono l'apetto di un lupino ed è anche il nome che si da ai calli.
Hp cercato le quatazioni alla borsa merci della farina di lupino ma ho solo appreso la vendita in sacchetti da 10 chili a circa 2,9 euro al chilo. Nel mondo si coltivano un milione di ettari di lupino, la classificazione botanica Lupino (Lupinus spp.): Lupinus albus L.Lupino bianco, Lupinus luteus L.Lupino giallo, L. angustifolius L.Lupino azzurro.. Il lupino bianco (Lupinus albus): il più diffuso in Italia: tollera il gelo e terreni moderatamente acidi anche limosi, il giallo (Lupinus luteus): sensibile al freddo (ciclo primaverile in Europa centronord) vuole terreni acidi e sabbiosi, l'azzurro (Lupinus angustifolius): sensibile al freddo, vuole terreni acidi
Da granella, da foraggio o da sovescio. Semina (l.bianco): ottobre-novembre. Raccolta: giugno-luglio
*Dottore Agronomo
Bibliografia
L'Agricoltura salentina gennaio 1928
Pietro Fanfani Vocabolario dell'uso toscano
Dott. Raffaele Casa, Dipartimento di Produzione Vegetale, Università della Tuscia, Viterbo Colture erbacee:leguminose da granella
Prof. Guido Baldoni Generalità sulle Leguminose da granella

lunedì 19 aprile 2010

L'Agricoltura sostenibile soluzione per una vita sana e piacevole


L'Agricoltura sostenibile soluzione per una vita sana e piacevole
di Antonio Bruno

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L'agricoltura utilizza oggi circa un terzo della superficie terrestre emettendo nel contempo quantità enormi di gas serra in atmosfera. Per questo l'agricoltura stessa è considerata a maggior rischio di impatto sui cambiamenti climatici.
Negli ultimi 150 anni le attività agricole hanno emesso circa 200 miliardi di tonnellate di carbonio (Gton C) ecco perché a partire dai primi centri di produzione in Mesopotania 10.000 anni fa ad oggi l'agricoltura è diventata un agente di impatto ambientale.
Si auspica che il governo vari al più presto una regolamentazione, con relativi registri, sui crediti di carbonio anche in agricoltura.
Coltivare in modo sostenibile conviene e infatti se andiamo a vedere i conti economici effettuati sulla base della ricerca del Prof. Xiloyannis un’azienda condotta secondo il metodo sostenibile sarà in attivo per circa 4800 euro/ettaro/anno mentre col metodo convenzionale ci si dovrebbe accontentare di soli 21 euro/ettaro/anno.
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L'agricoltura è definita come l'insieme delle attività pratiche che riguardano la coltivazioni delle piante utili all'uomo e ai principali animali domestici. Quindi è evidente che essendo una attività pratica rappresenta un'azione diretta dell'uomo nei confronti dell'ambiente che si rivolge a quanto c'è di utile nel complesso sistema naturale. L'attività dell'agricoltura è antica al punto che è difficile immaginare oggi l'aspetto delle zone prima che l'agricoltura, con la sua azione, ne trasformasse l'aspetto.
Ecco perché sostengo che l'agricoltura interessa il territorio e l'ambiente. L'agricoltura utilizza oggi circa un terzo della superficie terrestre emettendo nel contempo quantità enormi di gas serra in atmosfera. Per questo l'agricoltura stessa è considerata a maggior rischio di impatto sui cambiamenti climatici. E' evidente che la sua introduzione sfrutta le potenzialità del territorio convivendo con tutto il sistema naturale, senza dimenticare che lo scopo dell'imprenditore agricolo è quello di cercare soluzioni tecniche che lo facciano guadagnare migliorando la produzione.
L'agricoltura è in relazione con l'ambiente circostante da cui subisce l'influenza e a cui fa subire delle influenze.
Negli ultimi 150 anni le attività agricole hanno emesso circa 200 miliardi di tonnellate di carbonio (Gton C) ecco perché a partire dai primi centri di produzione in Mesopotania 10.000 anni fa ad oggi l'agricoltura è diventata un agente di impatto ambientale.
Si parte dal presupposto che noi scegliamo di coltivare una pianta in un determinato territorio perché il clima è adatto alla coltivazione di quella pianta e per questo le terre coltivate occupano 1,5 miliardi di ettari e rappresentano il 10% della terra emersa libera dai ghiacciai, 3,5 miliardi di ettari sono utilizzati per il pascolo degli animali e infine 200 milioni di ettari circa sono destinati alla produzione forestale.
L'agricoltura però si sta integrando nel sistema ambientale verso la tutela del territorio e del paesaggio.
Il 2009 è stato l'anno al quinto posto tra gli anni più caldi degli ultimi due secoli in Italia Il consumo di energia elettrica, che ha fatto segnare il calo peggiore dal 1945, anche per effetto della crisi economica. I dati dell'Istituto di Scienze dell'atmosfera e del clima del Consiglio nazionale delle ricerche di Bologna (Isac-Cnr), non lasciano spazio a dubbi, le temperature medie del 2009 sono state superiori di 1,15 gradi rispetto alla media di confronto del periodo 1961-1990. Dopo che il 2008 si era già classificato al settimo posto tra gli anni più caldi dal 1800, mentre il record assoluto degli ultimi due secoli resta assegnato al 2003.
I cambiamenti climatici in corso si manifestano anche con una più elevata frequenza di eventi estremi, con sfasamenti stagionali, precipitazioni brevi e intense, un maggior rischio di gelate tardive, l'aumento dell'incidenza di infezioni fungine e dello sviluppo di insetti come le cavallette, la riduzione della riserve idriche.
Ma ci sono altri effetti di questi cambiamenti? Sulle piante l'aumento della Anidride carbonica provoca l'accumulo della sostanza secca e un maggior uso dell'acqua, l'aumento delle temperature influiscono sulla durata del ciclo vegetativo e fanno cambiare le zone di coltivazione, la pioggia e il vento agiscono sull'accumulo della sostanza secca.
I mutamenti climatici impongono di adottare delle strategie sia agronomiche che economiche e politiche al fine di sfruttare al massimo le potenzialità che i mutamenti offrono e di non subirne i danni.
E' da considerare il fatto che l'effetto dell'aumento dell'Anidride carbonica ha avuto come conseguenza in un esperimento in Arizona che la resa del cotone è cresciuta del 60% e quella del grano più del 10% rispetto alla resa di piante coltivate in ambienti con concentrazioni di Anidride Carbonica nella norma. L'aumento di 1 grado di temperatura giornaliera media nella stagione di crescita avrebbe come conseguenza quella di spostare verso nord le zone di coltivazione e nel caso specifico negli USA si sposterebbe verso nord il “corn belt” che è la fascia di maggior produzione del Mais.
Il Centro di ricerca sui cambiamenti ambientali dell'Università di Oxford ha condotto in collaborazione con colleghi Dottori Agronomi di 18 Paesi del mondo uno studio che aveva l'obiettivo di esaminare gli impatti regionali e globali dei mutamenti climatici sulla produzione agricola mondiale.
Uno dei risultati principali di tale studio è che gli effetti negativi delle variazioni climatiche verranno parzialmente compensati dall'aumento della produttività che è la conseguenza dei maggiori livelli di Anidride Carbonica. Comunque lo stesso studio prevede che vi sarà un aumento della produttività nei paesi sviluppati e una diminuzione in quelli in via di sviluppo. La diminuzione è soprattutto quella della produzione mondiale dei cereali e le conseguenze negative saranno soprattutto per i paesi poveri. E poi, proprio per non farci mancare nulla, in molte di queste regioni povere con condizioni estremamente limitanti per l'agricoltura i modelli prevedono un ulteriore peggioramento del clima.
Concludo questa breve esposizione sperando che il governo vari al più presto una regolamentazione, con relativi registri, sui crediti di carbonio anche in agricoltura. Il Prof. Cristos Xiloyannis dell’Università della Basilicata è arrivato alla conclusione dopo una ricerca che un oliveto sostenibile produce di più e con qualità comparabile a quella di uno tradizionale. Gli studi del professore hanno avuto la durata di 8 anni e si è potuto rilevare che la media produttiva dell’oliveto condotto secondo il metodo sostenibile è stata di 9,7 tonnellate per ettaro d’olive contro le 4,2 dell’oliveto condotto secondo il modello tradizionale. Adottare un sistema sostenibile dunque conviene, anche sotto il profilo economico ma è anche una scelta che preserva la fertilità del terreno a beneficio delle generazioni future. Infatti con l'utilizzo della sostanza organica si ottiene l'effetto del ripristino della fertilità e di scongiurare il rischi della desertificazione.
Infine coltivare in modo sostenibile conviene e infatti se andiamo a vedere i conti economici effettuati sulla base della ricerca del Prof. Xiloyannis un’azienda condotta secondo il metodo sostenibile sarà in attivo per circa 4800 euro/ettaro/anno mentre col metodo convenzionale ci si dovrebbe accontentare di soli 21 euro/ettaro/anno.
Il concetto di sostenibilità è vincente e se applicato all'agricoltura che è l'ambiente dell'Italia il cui territorio quasi per l' intera superficie è Paesaggio rurale. L'agricoltura sostenibile ha la conseguenza di farci vivere in maniera sana e piacevole.

*Dottore Agronomo

Bibliografia

Le colture del Mezzogiorno emigrano al Nord Finanza e Mercati 13 gennaio 2010 pag 9
Flora Pagetti Il riscaldamento del pianeta
bindi Effetto dei cambiamenti climatici sui componenti del sistema agricolo 2003
Intergovernmental Panel on Climate Change, 2001 a
Thomas M. Smith,Robert L. Smith Elementi di ecologia
Antonello Pasini Kyoto e dintorni. I cambiamenti climatici come problema globale
Francesca Giusti La nascita dell'agricoltura: aree, tipologie e modelli
Luca Colombo,Antonio Onorati Diritti al cibo! Agricoltura sapiens e governance alimentare
Alberto Grimelli Un'olivicoltura con un occhio all’ambiente. Una sfida prima di tutto economica