martedì 13 dicembre 2016

Enorme variabilità genetica da esplorare: gli esemplari selvatici del Salento leccese

comunicato stampa
ARRIVA DAL TERRITORIO SALENTINO UNA POSSIBILE RISPOSTA A XYLELLA: INTERCETTATE, IN ZONE DISTRUTTE, DIECI PIANTE SELVATICHE DI ULIVO ASINTOMATICHE E PRIVE DEL BATTERIO.
Arriva dal Salento una ulteriore speranza e linea di ricerca per la convivenza con Xylella grazie al germoplasma di olivo rappresentato dagli olivastri o meglio le tantissime nuove potenziali varietà originate da semenzali spontanei sul territorio. Destano grande interesse dieci esemplari unici di olivastri, che pur essendo cresciuti ed in alcuni casi anche entrati in produzione in zone fortemente attaccate dal batterio, al momento, non presentano sintomi di disseccamento e sono risultati negativi alle analisi per Xylella (ripetute tre volte in un arco temporale di sei mesi). I primi territori interessati dalla malattia, ove tutte le piante sono state esposte, per almeno quattro anni, ad una fortissima pressione di inoculo in presenza di abbondanti popolazioni di vettori, si confermano un laboratorio a cielo aperto ove poter condurre osservazioni e studi su ampia scala in pieno campo. Le aspettative su questi esemplari unici sono cresciute in modo considerevole osservando gli olivi coltivati delle principali varietà locali circostanti con forti disseccamenti e, una volta analizzati, risultati contenere enormi quantità di batterio. Oltre quindi all’individuazione nella varietà Leccino dei primi meccanismi di resistenza al batterio ed all’avvio delle sperimentazioni in zona infetta (sia con giovani piante inoculate o esposte ad infezioni naturali che attraverso sovrainnesti su piante secolari sintomatiche) per testare moltissime varietà italiane e mediterranee, lo studio dei semenzali locali, andando ad esplorare una biodiversità ed una variabilità genetica ancor più ampia, incrementa notevolmente la possibilità di individuare fattori/caratteri di resistenza, tolleranza o addirittura immunità. In attesa delle verifiche ed i necessari approfondimenti già avviati da parte della comunità scientifica si continua a mantenere accesa la speranza di trovare nello stesso olivo una soluzione “genetica” definitiva e non temporanea alla malattia, considerata ormai non più eradicabile in gran parte del Salento.
Ma non basta, da una prima analisi dei profili genetici dei semenzali è emerso, oltre ad una eccezionale variabilità genetica, che alcuni dei semenzali, come atteso, sono "figli" delle cultivar locali Cellina di Nardò e Ogliarola Salentina. È questa la seconda interessante importante novità che consentirebbe di preservare, in possibili nuove ed uniche varietà locali, alcune delle caratteristiche delle varietà autoctone dominanti, oggi nelle aree infette a rischio di estinzione proprio per colpa del batterio. Ci si augura quindi che alcuni "figli" delle nostre cultivar possano servire, attraverso gli innesti, a salvare il patrimonio olivicolo monumentale mantenendo in questo modo una similitudine di tipo genetico/varietale con l’attuale olivicoltura tradizionale salentina.
Questa linea di ricerca è partita da un'idea di Giovanni Melcarne, Agronomo e presidente del Consorzio Dop Terra d'Otranto, il quale perlustrando per circa sei mesi diverse zone focolaio in Provincia di Lecce ha selezionato, dopo numerose verifiche in campo e in laboratorio, i dieci olivi selvatici asintomatici e privi del batterio su un totale di circa 10.000 piante osservate, nate anch'esse da seme. Tutto questo è stato reso possibile dal costante supporto scientifico da parte del CNR (IPSP di Bari e IBBR di Perugia), UNIBA e CRSFA “BASILE CARAMIA”, che fin dall'inizio, pur mantenendo sospeso ogni giudizio definitivo in attesa delle verifiche scientifiche, hanno condiviso e sostenuto con entusiasmo l’idea. E proprio per quest'ultime che si è già provveduto a innestare le marze di questi dieci olivastri su piante infette di Ogliarola in campo, come lo è stato per le 250 cultivar nel progetto "Xylella quick tollerance test ", nonché su semenzali infetti in ambiente controllato, al fine di accelerare i tempi per la verifica e arrivare nel più breve tempo possibile a decretarne l’elevata resistenza o, si spera, l'immunità al batterio. I ricercatori affermano che, se fosse raggiunto l’obiettivo dell’elevata resistenza/immunità di questi o altri semenzali, seppur la successiva valutazione produttiva/tecnologica/qualitativa di questo germoplasma autoctono richiederà tempo, si disporrebbe comunque di caratteri preziosi per il miglioramento genetico.

Per i ricercatori, quella dei “selvatici”, rimane comunque una strada importante da percorrere e proseguire per almeno due ordini di motivi; la quasi totalità delle attuali varietà mondiali di olivo deriva proprio dalla selezione, operata dagli agricoltori per caratteri interessanti produttivi e qualitativi, di semenzali spontanei e non da incroci controllati solo recentemente avviati su olivo; numerosissimi, e quindi enorme la variabilità genetica da esplorare, sono gli esemplari selvatici in Salento, tutti geneticamente diversi e rappresentanti una importante banca di geni e caratteri locali che potrà rappresentare una chiave di volta alla drammatica fitopatia che affligge il nostro territorio.

lunedì 12 dicembre 2016

Presentata a Presicce una nuova linea di ricerca Xylella, dal dna degli ulivi selvatici una ” ricetta ” anti-batterio




Intercettati, nelle zone infette, 10 olivastri asintomatici e privi del patogeno
Coldiretti Lecce: dai semenzali locali una speranza per l’olivicoltura
Ulivi selvatici in grado di resistere a Xylella. Arriva dal Salento una speranza per la convivenza con la “fastidiosa”, grazie al Dna (germoplasma) di alcuni olivastri e alle tante nuove potenziali varietà originate da semenzali spontanei sul territorio.
Coldiretti Lecce ha illustrato questa mattina (12/12) nella Masseria del Feudo, in agro di Presicce una nuova linea di ricerca, nata da un’intuizione dell’imprenditore agricolo Giovanni Melcarne e realizzata con  Cnr (Ipsp di Bari e Ibbr di Perugia), Università di Bari e centro “Basile Caramia”. Ad accendere l’interesse dei ricercatori, il ritrovamento in zone fortemente contaminate dal batterio, di 10 esemplari unici di olivastri asintomatici negli agri di Presicce, Ugento e Castrignano del Capo, risultati tutti negativi alle analisi per Xylella (ripetute tre volte in un arco temporale di sei mesi). I dieci olivastri (o semenzali) sono stati intercettati dopo una perlustrazione capillare di “selvatici” e si trovano tutti vicini a ulivi risultati dalle analisi in laboratorio carichi di batterio.

La ricerca sui semenzali locali, dunque, proverà ad individuare fattori di resistenza, tolleranza o addirittura immunità a Xylella fastidiosa. Dopo la buona notizia dei meccanismi di resistenza del Leccino e l’avvio delle sperimentazioni in zona infetta (sia con giovani piante inoculate o esposte ad infezioni naturali che attraverso innesti su piante secolari malate)  si andrà così ora ad esplorare una biodiversità ed una variabilità genetica ancor più ampie. La speranza è quella di trovare proprio nel “bosco” di ulivi salentini la soluzione “genetica” definitiva alla malattia, considerata ormai non più eradicabile in gran parte del Tacco d’Italia. Ma non solo. Da una prima analisi dei profili genetici dei 10 semenzali è emerso, oltre ad una eccezionale variabilità genetica, il fatto che alcuni di essi sono “figli” delle cultivar locali Cellina di Nardò e Ogliarola Salentina. E da questa “progenie” si potrebbero preservare, tramite eventuali nuove varietà locali, alcune delle caratteristiche delle cultivar autoctone dominanti, oggi a rischio di estinzione nel Salento proprio per colpa del batterio.

 “Si è già provveduto a innestare le marze di questi dieci olivastri su piante infette di Ogliarola in campo, come lo è stato per le 250 cultivar nel progetto “Xylella quick tollerance test “, nonché su semenzali infetti in ambiente controllato, al fine di accelerare i tempi per la verifica e arrivare nel minor tempo possibile a decretarne l’elevata resistenza o, si spera,  l’immunità al batterio”, spiega il ricercatore del Cnr Perfederico La Notte, che aggiunge: “Se fosse confermata l’elevata resistenza/immunità di questi o altri semenzali, avremmo a disposizione caratteri preziosi per il miglioramento genetico, anche se la valutazione produttiva/tecnologica/qualitativa di questo germoplasma autoctono richiederà del tempo”.

Per i ricercatori, quella dei “selvatici”, rimane comunque una strada importante da percorrere per almeno due motivi: 1) la quasi totalità delle attuali varietà mondiali di olivo deriva proprio dalla selezione, operata dagli agricoltori per scopi produttivi e qualitativi, di semenzali spontanei e non da incroci controllati (questi ultimi solo recentemente avviati su olivo); 2) nel Salento vi sono numerosi esemplari selvatici, tutti geneticamente diversi e rappresentanti una importante banca di geni e caratteri locali che potrà rappresentare una chiave di volta alla drammatica fitopatia.
“Il Salento leccese, in cui tutte le piante sono state esposte, per almeno quattro anni, ad una fortissima pressione di inoculo di Xylella – osserva il presidente di Coldiretti Lecce, Pantaleo Piccinno – si conferma, come più volte ribadito da Coldiretti un immenso laboratorio a cielo aperto ove poter condurre osservazioni e studi su ampia scala, in pieno campo”.
“A questo punto – aggiunge il direttore di Coldiretti Lecce, Giuseppe Brillante – ci auguriamo che alcuni “figli” delle nostre cultivar, Ogliarola e Cellina, possano servire, attraverso gli innesti, a salvare il patrimonio olivicolo monumentale mantenendo in questo modo una similitudine di tipo genetico/varietale con l’attuale


sabato 10 dicembre 2016

La mia proposta per lo sviluppo dell’Agricoltura


La mia proposta per lo sviluppo dell’Agricoltura

Lo scorso 3 dicembre 2016  l’Ordine dei dottori agronomi e dei dottori forestali della provincia di Lecce e il Prof. Antonio Costa ordinario di Economia Aziendale dell’Università del Salento hanno presentato il lavoro di ricerca ed elaborazione dati a cura di Davide Stasi sullo stato e le prospettive dell’agricoltura pugliese.
I dati registrano un incremento delle aziende e degli addetti nel settore primario e si può certamente affermare che tale sviluppo negli anni prossimi potrebbe essere favorito dall’introduzione di pratiche innovative nel settore primario attraverso una presenza capillare di consulenti professionisti con Laurea Magistrale.
I pagamenti diretti
Dopo aver letto i dati ho formulato un ipotesi di lavoro per l’ottenimento della presenza dei professionisti nelle aziende per favorirne l’innovazione partendo dalla constatazione che la Pac stabilisce che i pagamenti diretti agli agricoltori sono subordinati al rispetto delle norme in materia di sicurezza degli alimenti, protezione dell'ambiente e salute e benessere degli animali. Inoltre è noto che questi pagamenti interamente finanziati dall'UE e corrispondono al 70% del bilancio della PAC.
E’ noto che il 30% dei pagamenti diretti sono legati al rispetto, da parte degli agricoltori, di pratiche agricole sostenibili, benefiche per la qualità dei suoli, la biodiversità e, in generale, per l'ambiente
I pagamenti diretti in Puglia
Dai dati a mia disposizione ho accertato che, da quando a marzo 2015 si è aperta la possibilità di presentare domanda, le aziende richiedenti aiuto diretto in Puglia sono state 191.758: circa 50mila in provincia di Lecce, 42mila nella Terra di Bari, 35mila in provincia di Foggia e poi 29mila a Brindisi, 21mila a Taranto per finire con le 15mila della BAT. Di queste, 18.643 non hanno avuto diritto all’erogazione (4.600 a Lecce, circa 4.000 nel tarantino e barese) perché sotto la soglia limite dei 250 euro fissati dai nuovi criteri della Politica Agricola Comune. Complessivamente, dunque, da ottobre scorso ad oggi sono state pagate 151.501 aziende pugliesi (pari all’87,5% delle ammesse al pagamento dell’aiuto diretto) per un valore totale di oltre 350 milioni di euro a fronte di 496 milioni richiesti. Ad incassare la cifra più consistente è la Capitanata con oltre 131 milioni di euro, seguita dalla Terra di Bari con 72 mln circa e dalla provincia di Lecce con 56 milioni.
In Provincia di Lecce 50mila aziende per 300 dottori agronomi e forestali
Innovazione è una parola chiave legata al cambiamento che significa progresso, miglioramento della situazione esistente, avanzamento, sviluppo. Anche in campo agricolo l’innovazione si lega fortemente non solo allo sviluppo del settore primario ma diviene fattore determinante per lo sviluppo delle aree rurali.
Allo stato possono accedere alle risorse finanziarie destinate dal Piano di Sviluppo Rurale Psr all’innovazione solo gli Imprenditori Agricoli Professionali (IAP) che dall’indagine risultano poco più di 5mila ovvero appena il 10% di tutti gli aventi diritto all’aiuto diretto.
L’innovazione, all’interno della proposta che faccio, potrà essere a disposizione di tutti e 50mila i beneficiari dell’aiuto diretto e dovrà essere declinata come innovazione di prodotto e di processo, con particolare attenzione alla dimensione di trasferimento (metodo).
Il professionista in possesso di Laurea Magistrale in Agraria provvederà al trasferimento dell’innovazione. La domanda è se vi siano le risorse finanziarie per raggiungere questo obiettivo. Per dimostrare che le risorse ci sono faccio l’esempio delle risorse necessarie  al trasferimento dell’innovazione nella provincia di Lecce.
La dotazione finanziaria riveniente dall’aiuto diretto per le 50mila aziende della Provincia di Lecce ammonta a circa 129 milioni di Euro.
Nella provincia ci sono 300 professionisti provvisti di Laurea Magistrale in Agraria iscritti all’Ordine ognuno dei quali potrebbe  fare accedere all’innovazione 166 Aziende Agricole a lui affidate sino a raggiungere così tutte le 50mila aziende che in questa provincia beneficiano dell’aiuto diretto.
Il costo dei 300 professionisti si aggira a circa 10milioni di Euro annui che rappresenterebbe una riduzione dell’aiuto alle Aziende di circa l’8%.
Secondo la mia opinione questa è la strada da seguire per il futuro e ti chiedo cose ne pensi poiché nel caso tu sia d’accordo mi metto sin d’ora  a disposizione per un’iniziativa per sensibilizzare dei decisori politici affinché tale proposta sia messa in atto.



Antonio Bruno

Alfonso Pascale ha scritto:
Alla vigilia del consiglio agricolo europeo di lunedì, gli eurodeputati Patrizia Toia e Paolo De Castro espongono sull’Unità le proposte del PD per la revisione di medio termine della PAC e per il rilancio della politica agricola nazionale. De Castro sintetizza in quattro parole chiave le proposte per la nuova PAC: rinnovo generazionale, modernità, sostenibilità e semplicità. In realtà, tutto è ricondotto ad una maggiore flessibilità nell’erogazione dei premi per il primo insediamento giovani, ad una semplificazione delle norme per l’accesso ai prestiti e l’introduzione di uno strumento di stabilizzazione del reddito specifico per ogni settore. Troppo poco per rilanciare l’agricoltura. Bisognerebbe avviare una seria riflessione sull’efficacia degli aiuti diretti e sullo spostamento di una quota rilevante di risorse da questa voce di spesa allo sviluppo rurale. L’agricoltura ha un forte bisogno di innovazione. Andrebbero concentrate molte più risorse in ricerca e formazione e in animazione territoriale per dar vita a reti locali innovative. Senza una scelta strategica europea per l’innovazione, non ci potrà essere nemmeno una politica agricola nazionale. È sicuramente importante la scelta del governo di cancellare una serie di tasse che hanno gravato finora sugli agricoltori e di prevedere per i prossimi tre anni la totale decontribuzione a vantaggio dei nuovi imprenditori under 40. Ma se gli agricoltori non saranno accompagnati nel diversificare le attività e nell’individuare nuovi prodotti e nuovi mercati guardando al mondo, non ci sarà futuro per l’agricoltura. Patrizia Toia auspica giustamente che anche con il futuro governo possa proseguire il coordinamento con il “sistema Paese” a Bruxelles. Ma tale lavoro avrà senso se sarà individuata una chiara strategia che tutti possano vedere: uscire dal pantano assistenzialistico che foraggia burocrazie inutili e costose e puntare con convinzione e determinazione su risorse umane, sistema della conoscenza e innovazione sociale. Sull'agricoltura aleggia il vento della rassegnazione e del declino. Ci vuole davvero uno scossone per produrre cambiamento, abbandonando i miti e le menzogne dispensate quotidianamente dai media e passando alla concretezza progettuale nelle comunità-territori con mezzi adeguati e modalità più semplici.



XYLELLA / ANNUNCIATA UNA CONFERENZA STAMPA DELLA COLDIRETTI: LA SOLUZIONE E’ L’OLIVASTRO?

XYLELLA / ANNUNCIATA UNA CONFERENZA STAMPA DELLA COLDIRETTI: LA SOLUZIONE E’ L’OLIVASTRO?

 | 10 dicembre 2016 0 Comments
di Eleonora Ciminiello______Si svolgerà  lunedì 12 dicembre 2016 a partire dalle ore 10:30 in agro di Presicce, presso la Masseria del Feudo, sulla provinciale Presicce – Lido Marini, la conferenza stampa in campo indetta da Coldiretti Lecce che ha lo scopo di illustrare l’intuizione dell’imprenditore agricolo Giovanni Melcarne, il quale ha “intercettato” in alcune aree del Capo di Leuca, in piena “zona infetta”, alcuni olivi selvatici che potrebbero essere immuni dal batterio.
Sembra che l’intuizione di Giovanni Melcarne abbia dato vita ad una nuova linea di ricerca realizzata con il Centro Nazione delle Ricerche Istituto per la Protezione Sostenibile delle Piante (CNR IPSP) di Bari, l’Istituto di Bioscienze e Biorisorse (IBBR CNR) di Perugia, ai quali si aggiungono l’Università di Bari e il Centro “Basile Caramia”.
Tutti i dettagli dell’intuizione e della ricerca saranno illustrati, nel corso della conferenza stampa, dal presidente di Coldiretti Lecce, Giuseppe Brillante, dal presidente di Coldiretti Lecce, Pantaleo Piccinno, dal presidente del Consorzio Dop Terra d’Otranto Giovanni Melcarne e da Pierfederico La Notte del Cnr Ipsp di Bari.
Il titolo scelto “Xylella: dagli olivastri anti-batterio una speranza per l’olivicoltura del Salento” lascia intendere che l’intuizione ha puntato gli occhi sugli arbusti selvatici dell’olivo, molto diffusi peraltro in Salento, da utilizzare come “anti-batterio” naturali. L’olivastro è l’olivo non addomesticato dall’uomo, quindi, se fosse in grado di non accogliere nei suoi vasi xylematici il batterio xylella, sarebbe una, seppur piccola, buona notizia.
La vera buona notizia l’avremmo solo quando oltre al batterio si comincerà a descrivere con analisi e dati alla mano la situazione dei terreni e quella delle falde.
Il Salento avrà la sua buona notizia quando oltre a cercare di scovare il batterio si cominceranno a fare analisi chimiche alle piante per comprendere nello specifico cosa va’ e cosa non va’, quando si comincerà a valutare l’agrosistema e l’ecosistema Salento nel suo complesso, e non ci si limiterà a testare la presenza o meno di un batterio o far salti mortali per sconfiggerlo: solo allora sapremo che qualcuno ha cominciato a fare sul serio, muovendosi per scovare la Verità sul Disseccamento Rapido dell’Olivo.
Per il momento ci limitiamo a fare una riflessone ad alta voce: non possiamo non pensare che di questi tempi, quando qualcuno ha un’intuizione o “un’illuminazione” bisogna incrociare le dita, e pregare molto intensamente, Xylella Docet.
Fonte: http://www.leccecronaca.it/index.php/2016/12/10/conferenza-stampa-coldiretti-la-soluzione-e-lolivastro/

CIA - APOL ED ITALIA NOSTRA


Oleastro e Olivastro sono due piante completamente diverse

Michele Trotti Erano innesti alti... Su oleastri, tuttavia, non olivastri.
Antonio Bruno Caro Michele Trotti, non riesco a trovare al distinzione tra OLIVASTRO e OLEASTRO. Potresti chiarirmela? Ti riporto cosa afferma Treccani.it
Michele Trotti Caro Antonio, il tuo dubbio è più che legittimo atteso che in letteratura divulgativa, e non solo, spesso si usano i due termini scambievolmente. La classificazione botanica dell’olivo resta comunque abbastanza problematica. L’olivo (Olea europaea L.) appartiene alla famiglia Oleaceae. La famiglia comprende più di 30 generi di cui 8 (Fraxinus, Jasminum, Ligustrum, Olea, Phyllirea, Fontanesia, Syringa e Forsythia) sono presenti nella flora italiana (Pignatti, 1982). Tra questi la Phillyrea latifolia è comunemente individuata come olivastro (genere diverso dall’Olea).
Il genere Olea include 30-35 taxa, considerati specie, subspecie o varietà, di alberi e arbusti sempreverdi, nativi delle zone temperate calde e/o delle regioni tropicali (Taylor, 1945; Green, 2002). Nel genere si annoverano tre sottogeneri: Tetrlpilus, Paniculatae e Olea. Quest’ultimo è suddiviso in due sezioni:
- Ligustroides, con taxa che hanno infiorescenze terminali;
- Olea, con taxa con infiorescenze ascellari o subterminali; a questa sezione appartiene la specie Olea europaea L. che raggruppa forme coltivate e selvatiche dell’olivo (Green, 2002).
La specie può essere considerata un complesso di 6 sottospecie che si differenziano per determinati caratteri morfologici e per una specifica distribuzione geografica (Mazzolani e Altamurara, 1976-77; Besrnard et al., 2002):
- Olea europaea subsp. europaea corrispondente all’olivo del Mediterraneo;
- Olea europaea subsp. cuspidata con taxa del sud-est dell’Africa e Asia;
- Olea europaea subsp. maroccana endemica del sud del Marocco;
- Olea europaea subsp. cerasiformis corrispondente alle forme selvatiche della Macronesia;
- Olea europaea subsp. lapperinei presente nel Sahara e Nord Africa;
- Olea europaea subsp. guanchiaca.
E’ opinione comune a molti, tuttavia, che gli scambi genetici avvenuti tra la forma mediterranea e i rimanenti taxa hanno concorso, molto probabilmente, all’evoluzione dell’olivo attualmente coltivato (Besnard et al., 2001)
Nella subspecie europaea si distinguono due varietà botaniche:
O. e. subsp. europaea var. sylvestris (Mill.) Lehr., l’olivo selvatico o oleaster (comunemente indicato oleastro);
O. e. subspecie europaea var. europaea (communis o sativa), l’olivo coltivato.
La classificazione riportata ha subito nel tempo alcune rivisitazioni. Per eventuali approfondimenti, invito la consultazione del testo “Biologia e fisiologia dell’olivo” di Shimon Lavee in Enciclopledia Mondiale dell’Olivo (C.O.I.) 1996. Un caro saluto.
Antonio Bruno Fermo restando l'oleastro: TU SCRIVI [O. e. subsp. europaea var. sylvestris (Mill.) Lehr., l’olivo selvatico o oleaster (comunemente indicato oleastro);] quel'è invece L'OLIVASTRO?
Michele Trotti La Phillyrea angustifolia, non appartenente al genere Olea.
Antonio Bruno
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Michele Trotti La stessa Treccani si contraddice... http://www.treccani.it/.../olivastro_(Enciclopedia.../
. - Nome di un arbusto sempreverde, la Phillyrea angustifolia L. della famiglia Oleacee, che è uno dei componenti più…
treccani.it
Antonio Bruno ecco perchè la dizione olivastro nel caso specifico di ciò che avvenne in Sardegna è errata
Antonio Bruno
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Michele Trotti Ritengo di sì, ma, come dicevo, spesso i due termini sono utilizzati scambievolmente. Altro interessante particolare da notare è che un tempo gli innesti erano alti, in Sardegna come in Puglia. Poi in Puglia si è iniziato a far innesti bassi, come in Toscana, con nesti che sovente radicano soppiantando il soggetto e rendendo di fatto inutile l'innesto. Grazie a te.
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Antonio Bruno
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mercoledì 7 dicembre 2016

ORTO RACCOLTO GIARDINO COLTO

ORTO RACCOLTO GIARDINO COLTO
Giovedì 8 Dicembre - Piazza San Giorgio
MELPIGNANO - ore 10,00
ROSSO DI SERA - MERCATINO DEL GIUSTO
ORTO RACCOLTO / GIARDINO COLTO
'Orti e Paesaggi Rurali del Salento'
SEMI, CIBO, ALIMENTAZIONE, FIORI, ORTAGGI, TEATRO, MUSICA, DANZA E POESIA
La nostra iniziativa intende proporre una serie di pratiche ecosostenibili per la valorizzazione dei saperi antichi legati al rapporto con la Natura e la Terra che ci dona il cibo per vivere bene.
...
Sarà interessante far scoprire ai giovanissimi il ciclo naturale del cibo, quel cibo naturale di cui ci si è preso cura, nella fase della coltivazione, in quella della preparazione. Parliamo di quel cibo presente ancora nella nostra comunità e nella ‘dieta mediterranea’ patrimonio dell’Umanità. (Salvatore Gervasi )



Una anteprima... Con Sveva Sagramola 😉 e i prodotti della masseria stali



Una Nuova Olivicoltura nel Salento al Presta Columella