lunedì 31 maggio 2010

L'uomo dell'orzo


L'uomo dell'orzo
di Antonio Bruno*
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L'orzo è una pianta diploide che tradotto significa: se tu fai una domanda all'orzo, lui ti risponde subito! Una donna, forse bellissima, secondo il Prof. Antonio Michele Stanca trovò un rachide di orzo che non era fragile come tutti gli altri. Quella donna fece nel villaggio molte riunioni per decidere se dovessero continuare a coltivare le varietà a rachide fragile oppure incominciare a seminare quest'orzo a rachide non fragile. Vinse il nuovo!
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Antonio Michele Stanca quando parla dell'orzo si illumina: “è la pianta a cui ho dedicato 50 anni dei miei Studi” riferisce queste parole ad una platea formata soprattutto da giovanissimi adolescenti nella Giornata di studio che si è tenuta a Maglie. Lui mentre parla non fa come la maggior parte degli “illustri” oratori, il professore Stanca non si concentra sulle slide della presentazione. Lui, quest'uomo buono della Città del Sole del Salento leccese, osserva le persone che ha davanti, percepisce le reazioni alle sue parole, è in un atteggiamento dialogante, con gli occhi, con il corpo e con l'anima. Dove si inserisce l'orzo? Cita un uomo, Johan Gregor Mendel che spiegò in forma matematica la ricombinazione genetica. Tu hai una pianta di orzo alta con la spiga grande e la fai incrociare con una pianta bassa che ha spiga piccola, erano linee pure, e queste ci sono solo nel mondo vegetale noi umani non siamo mai e mai saremo (grazie a Dio) linee pure http://159.149.74.38/webpage/Mendel%202.pdf . Bene Johan Gregor Mendel vide che c'erano tra i semi nati alcuni che davano piante basse con spiga grande. Johan Gregor Mendel si diede una spiegazione affermando che evidentemente c'erano dei corpuscoli che passavano da un organismo all'altro.
Non la fa lunga il Professore Antonio Michele Stanca e ci narra subito del codice genetico dell'uomo, ci ricorda che i geni sono stati tutti mappati, c'è ora, qui, una mappa che rappresenta la disposizione di tutti i geni dell'uomo. Ci dice della scoperta del microorganismo artificiale, del cromosoma fatto in laboratorio, ma poi, come una farfalla, vola via da quell'argomento insidioso e plana su una radura in cui si nutrono e si moltiplicano 220.000 specie vegetali: è il nostro pianeta, la terra madre. Di tutto questo ben di Dio, ci racconta il Prof. Antonio Michele Stanca, solo 5.000 piante sono usate dall'uomo e di queste soltanto 1.500 sono state addomesticate, ma non basta! Di queste ultime solo 150 si coltivano. Ma il Professore Stanca senza stancarsi e andando ancora più a fondo con il bisturi dell'osservazione e con l'ausilio dei dati, ci dice che delle 150 piante coltivate 5 di queste e specificamente il riso, il grano, il mais, l'orzo e la patata rappresentano le piante che nutrono le donne e gli uomini di questo pianeta. Il grano! Il professore Stanca ci rivela che del frumento prodotto in Italia solo il 10% è frumento duro, il resto è frumento tenero e, siccome la pasta di grano duro si mangia solo in Italia, anche in Spagna si produce in maggioranza grano tenero perché gli spagnoli, la pasta, la fanno con il grano tenero!
Poi arrivò il Dottore Agronomo Nazareno Strampelli http://www.ecologiapolitica.it/liberazione/200205/articoli/memoria.pdf che incrociò la varietà Olandese Wilhelminaper con la varietà Giapponese Akagomughi per ottenere il Prodotto Tipico Italiano! Capite? il Dottore Agronomo Nazareno Strampelli ha fatto un prodotto tipico italiano con varietà estranee all'Italia ecco perché il Prof. Antonio Michele Stanca afferma che prima vanno fatti i prodotti tipici e poi noi Dottori Agronomi dobbiamo dimostrare e spiegare il perché quel tal prodotto è tipico!
Come dici? Che se è un prodotto del Comune di San Cesario di Lecce ecco che allora è tipico? Il Prof. Antonio Michele Stanca non è d'accordo con te! E lo sai perché? Perché se quel prodotto che noi definiamo tipico non ha certe caratteristiche ecco che allora tipico non è!
Poi ci racconta degli anni 70 quando dal Messico arrivarono i frumenti nani e della circostanza che prima di Strampelli in Italia mediamente una donna o un uomo ingeriva 1.050 calorie al giorno e che dopo Strampelli le calorie che assume un Italiano in un giorno sono diventate 3.000.
E l'orzo? E' una pianta diploide che significa che se tu, si dico a te che stai leggendo, fai una domanda all'orzo lui (l'orzo) ti risponde subito! E questa prontezza nel rispondere ha fatto dell'orzo una pianta modello. Ma come sanno bene le donne di spettacolo, il successo non è eterno, e così è stato anche per l'orzo, che ha dovuto cedere il passo alla Arabidopsis thaliana della famiglia delle rape che ha un genoma sequenziato.
La Arabidopsis thaliana è la scienza del settore vegetale perché in 60 giorni ti dice che cosa sta facendo un gene nella pianta. La scelta di Arabidopsis come organismo modello per la genetica e la biologia molecolare e cellulare delle piante ha diverse ragioni. Le dimensioni relativamente contenute del suo genoma (circa 125 milioni di paia di nucleotidi, in soli cinque cromosomi) l'hanno resa una pianta ideale per la creazione di mappe genetiche e per il sequenziamento del genoma, il primo ad essere stato completato, nel 2000, nel regno vegetale. Da allora il punto focale della ricerca è diventato scoprire qual è la funzione di ognuno dei circa 29 mila geni contenuti.
Poi il Prof. Antonio Michele Stanca passa al racconto del Neolitico, ci mette in una macchina del tempo e ci catapulta a 9.000 anni fa, quando cominciò l'importazione e quando tutto, era di importazione. Nella Mezzaluna fertile c'erano le donne e gli uomini che avevano avuto prima di andare va vivere in quel territorio la necessità di 16 chilometri quadrati, perché tanto era il territorio che serviva alla donne per raccogliere e agli uomini per cacciare. Poi, invece, nella mezzaluna fertile cominciano ad avere una prima possibilità, quella dell'orzo. Si ferma un attimo il Prof. Antonio Michele Stanca e ci racconta della ricerca di Luigi Luca Cavalli-Sforza che aveva visto i nuraghi in Sardegna e i furnieddhi nel Salento e ha provato a dimostrare che tutte e due le popolazioni fossero di origine fenicia. Invece no! Il Salento leccese è terra di passaggio e nel Neolitico questo passaggio aveva anche una velocità! La cultura orale viaggiava alla velocità di 500 metri all'anno ma la pratica vera invece, era più lenta, e viaggiava a un chilometro l'anno! A quelle velocità, 7.000 anni prima di Cristo, arrivò nel Salento leccese l'orzo (Hordeum Vulgare) e sempre a quelle velocità l'orzo viaggiò attraversando tutta la penisola italiana e si diffuse nell'intera Europa.
Una donna, forse bellissima, secondo il Prof. Antonio Michele Stanca, trovò un rachide di orzo che non era come tutti gli altri. Lei sapeva che se il giorno dopo ci fosse stato un vento forte, non avrebbe più trovato l'orzo perché il rachide è fragile e i semi si disperdono per terra. Invece quel giorno, quella donna bellissima trovo un rachide che era robusto, non faceva disarticolare il seme. Il Prof. Antonio Michele Stanca ci narra delle riunioni che quella donna fece nel villaggio, ci fa vivere le discussioni, tutte incentrate sul dilemma se dovessero continuare a coltivare le varietà a rachide fragile oppure se fosse il caso di incominciare a seminare quest'orzo a rachide non fragile. E poi dopo la suspence ecco la rivelazione liberatoria e il Professore ci dice che vinse il nuovo!
E il progresso continuò a fare altri passi come quello della raccolta con il falcetto di selce. Sapete cosa significa l'introduzione di questo “potente” mezzo? Riuscire a raccogliere 20 piante ogni volta. Il falcetto di selce è stato un grandissimo progresso tecnologico.
Non so se il mio report è riuscito a trasmettervi le informazioni che mio sono giunte attraverso la capacità narrativa di questo Magister, di quest'uomo partito dalla penisola salentina immersa nel grande lago salato con destinazione il Globo. Il Prof. Antonio Michele Stanca a Maglie il 29 maggio, mi ha emozionato e se io sono riuscito a trasmettere, anche solo un piccolo frammento di questo suo amore per la vita, per la terra e per le persone, allora domani tornate qui, perché la storia dell'orzo che non STANCA non è ancora finita.

*Dottore Agronomo

domenica 30 maggio 2010

A Maglie se fosse scoppiata una bomba sarebbe andata perduta per sempre la biodiversità


A Maglie se fosse scoppiata una bomba sarebbe andata perduta per sempre la biodiversità
di Antonio Bruno
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Sabato 29 maggio ho preso parte ai lavori della Giornata di Studio presso il Museo Biblioteca “L'Alca” di Maglie che ha trattato in maniera approfondita dell'Orzo nell'economia agricola pugliese nei suoi aspetti storici, agronomici ed alimentari.
A Maglie c'è anche il Mercatino del Gusto che si terrà dal 1 al 5 agosto 2010 per l'undicesimo anno. L'iniziativa pur essendo nel territorio del Salento leccese e vedendo una fortissima partecipazione di turisti purtroppo non ha mai coinvolto i Dottori Agronomi e i Dottori Forestali di questo territorio.
il Salento leccese che è meta di un turismo interessato ha necessità di un'operazione di VERITA' perché soggetto a un FURTO DI IDENTITA' PERMANENTE che può essere fermato con la scelta forte di una filiera TUTTA SALENTINA.
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Maglie (LE) nel Salento leccese è una cittadina che si distingue da sempre per la vivacità delle sue iniziative e in quei territori è da tempo che si è determinata l'eccellenza per la produzione della pasta. Fare la pasta dalla farina che viene ottenuta dal grano duro del Salento leccese è fare ricerca per tutto ciò che realizza il prodotto finale denominato“pasta”.
Io ho preso parte ai lavori della Giornata di Studio presso il Museo Biblioteca “L'Alca” di Maglie che ha trattato in maniera approfondita dell'Orzo nell'economia agricola pugliese nei suoi aspetti storici, agronomici ed alimentari.
L’orzo (Hordeum vulgare L.) è il secondo, per importanza tra i cereali autunnali. Gli usi dell’orzo sono quello di componente di alimenti zootecnici, per la fabbricazione della pasta e dei prodotti da forno, quello di materia prima per la fabbricazione della birra, o surrogato del caffè o per perlatura (con la perlatura nell’orzo vengono eliminati i primi tre strati della corteccia: i tempi di cottura diminuiscono, ma nessun principio nutritivo fondamentale viene eliminato).
Il turista o il viaggiatore venendo a Maglie nel Salento leccese può scoprire e, nello stesso tempo, fare ricerca sulla tipicità ed è per questo motivo che scrivo dell'Industria della pasta a Maglie, perché secondo la mia opinione le iniziative che questa industria intraprende spingono nella direzione della qualità. Ma a Maglie c'è anche il Mercatino del Gusto http://www.mercatinodelgusto.it/ che si terrà dal 1 al 5 agosto 2010 per l'undicesimo anno. L'iniziativa pur essendo nel territorio del Salento leccese e vedendo una fortissima partecipazione di turisti purtroppo non ha mai coinvolto i Dottori Agronomi e i Dottori Forestali di questo territorio. E' davvero singolare che proprio noi che siamo i “garanti” della buona pratica agronomica non veniamo “utilizzati” in una così importante iniziativa che è un progetto di Slow Food Puglia, condiviso e sostenuto dalle istituzioni locali e regionali (Regione Puglia, Provincia di Lecce, Città di Maglie, CCIAA di Lecce) e da Aziende Private. Mi rivolgo soprattutto ai “finanziatori”, a quelli che mettono i soldi, per ricordare loro che il territorio è costituito soprattutto dalla professionalità dei Dottori Agronomi e dei Dottori Forestali del Salento leccese che andrebbero coinvolti attivamente in ogni giornata del “Mercatino del Gusto 2010” che come ogni anno prevede iniziative culturali: presentazione di libri, mostre, dibattiti, proiezione di pellicole 'a tema'. l'Assessore al Marketing Territoriale della Provincia di Lecce e quello della Regione Puglia dovrebbero dire a chiare lettere agli organizzatori che se non ci sono i garanti professionisti del territorio, se non sono coinvolti i Dottori Agronomi e dei Dottori Forestali del Salento leccese, non avendo le garanzie necessarie i “fondi” non possono essere erogati. Noi abbiamo la sovranità alimentare, sono le nostre etnie del Salento leccese che la devono esercitare e noi Dottori Agronomi e Dottori Forestali del Salento leccese siamo i garanti che tutto questo venga soddisfatto.
Ma torniamo al territorio e alle scoperte che ce lo fanno conoscere come quella di falcetti in selce ritrovati a Supersano (Le) dalla Prof.ssa Elettra Ingravallo che si occupa degli aspetti della preistoria e protostoria del Salento in rapporto alle questioni generali della preistoria occidentale. A partire da 10.500 anni da oggi (Neolitico Preceramico A) in differenti regioni del Vicino Oriente le donne cominciarono a controllare e a fare una selezione su cereali e legumi che erano presenti allo stato spontaneo, quest'opera delle donne indusse dei cambiamenti significativi in alcuni dei caratteri morfologici. E dal Vicino oriente nel 7.000 avanti cristo arrivano nel Salento leccese le donne e gli uomini della mezza luna fertile e proprio dal Salento leccese loro primo insediamento partiranno poi alla volta dell'Europa! Dal Salento leccese sono passati i progenitori di tutti i popoli d'Europa! Nel museo “L'Alca” di Maglie http://www.comune.maglie.le.it/citta_territorio/museo.php si possono osservare i temi ricostruttivi del territorio dalle prime testimonianze di vita nel Salento di epoca cretacica fino alle soglie dell'età del Ferro, percorrendo uno spazio espositivo lungo quasi "65 milioni di anni", in cui si avvicendano ambienti faunistici e ambienti umani diversissimi.
Concludo questa mia prima nota (ne seguiranno delle altre) sulla Giornata di Studio con le parole di una persona che stimo, un grande agricoltore del Salento leccese ma anche un grande amico, mi riferisco all'Ingegnere Pantaleo Piccinno che ricopre l'incarico di Presidente Provinciale della Coldiretti. Ha esordito affermando che in questi ultimi giorni di maggio nel Salento leccese maturano le messi ma chi ha percorso le strade che da ogni parte del Salento si snodano per giungere sino alla baricentrica Maglie si è potuto rendere conto della tristezza della pseudosteppa che domina nei tantissimi campi lasciati incolti. Troppi campi sono incolti e questo non è l'epilogo che merita l'agricoltura fondata nel neolitico 10.500 anni fa! L'orzo è una coltura semplice, che possono realizzare tutti, ma l'orzo non si coltiva più nel Salento leccese. Il Presidente Piccinno ha proseguito affermando che il Salento leccese, che è meta di un turismo interessato, ha necessità di un'operazione di VERITA' perché soggetto a un FURTO DI IDENTITA' PERMANENTE. E' noto a tutti che si ingannano i consumatori. Infatti l'industria di trasformazione che parte dal grano per ottenere la farina che sarà trasformata in pasta utilizza non è un grano che viene coltivato nel Salento leccese, ma sono chicchi di grano che provengono addirittura da oltre Oceano. Il Presidente Piccinno ha proseguito il suo intervento affermando che l'agricoltura del Salento leccese ha bisogno dei saperi, gli alimenti sono collegati alle tecniche di coltivazione e queste alla qualità della vita. E' da Maglie, la Città della Pasta, che deve partire una scelta forte di una filiera TUTTA SALENTINA. Da questo punto di vista la certificazione dei “RIS” Dottori Agronomi e Dottori Forestali del Salento leccese sarebbe la garanzia della tipicità del prodotto.
Quando trattiamo di questi argomenti, intorno al tavolo, siamo sempre i soliti, persone ben precise che si conoscono tra loro e che in maniera straordinaria sembrano darsi appuntamento ogni volta che ci sono occasioni come quella di Maglie. Queste donne uomini del Salento leccese, che sono innamorate del territorio, che si spendono per il suo sviluppo, che non credono nella crescita senza limiti, rappresentano, secondo il Presidente Piccinno, “la biodiversità dei Salentini leccesi” . Il Presidente Provinciale della Coldiretti ha concluso il suo intervento in modo davvero lusinghiero affermando che, se malauguratamente in quell'istante fosse scoppiata una bomba al Museo “L'Alca” di Maglie, ecco che la biodiversità dei Salentini leccesi sarebbe andata perduta per sempre.

sabato 29 maggio 2010

Investigatore Dottore Agronomo: ti smaschero la frode alimentare.


Investigatore Dottore Agronomo: ti smaschero la frode alimentare.
di Antonio Bruno
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C'è la necessità di dare una carta d'identità alla tipicità che altrimenti rischia di poter essere contraffatta. Grazie al Prof. Antonio Michele Stanca i Dottori Agronomi e i Dottori Forestali del Salento leccese danno il passaporto al vostro prodotto tipico per verificare in qualsiasi momento se ciò che viene pubblicizzato è effettivamente quello che è descritto in etichetta.
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C'è tutto il calore del Salento leccese in quest'uomo che tanto tempo fa è partito dalla città del sole Soleto (LE) per divenire protagonista del mondo: è' Antonio Michele Stanca http://www.stanca.it/wp/?page_id=2 un uomo che è la dimostrazione vivente dell'era del fortemente locale che si proietta a pieno titolo nell'Universo globale. Lo vedo nel Bar di forte al Museo Biblioteca L’Alca di Maglie dove ieri è venuto per prendere parte ai lavori della giornata di studio sull’orzo. Mi sono avvicinato e lui stava parlando del gruppo di ricerca, guidato da Craig Venter del J. Craig Venter Institute http://www.jcvi.org/ , era davanti a un capannello di persone che in a bocca aperta ascoltavano la Sua narrazione della prima specie auto-replicante esistente sul pianeta Terra il cui padre e' un computer. E tutto concentrato quando ci descrive la generosità di questo scienziato che ha donato la sua ricerca all'umanità, pur essendo stata realizzata da un laboratorio privato, pubblicandola e in questo modo permettendo a chiunque di fare ciò che lui stesso ha fatto. Il Prof. Michele Stanca poi ci parla di ciò che sarà a suo avviso il punto di arrivo, molto probabilmente una forma vivente interamente costruita in laboratorio e programmata per una funzione precisa. Antonio Michele Stanca ci regala ancora tante emozioni in una relazione bellissima si cui però riferirò nei prossimi giorni. Una giornata piena di sole, caldo asfissiante, ma ci muoviamo tutti alla volta della Masseria La Torre, la casa del Dottore Agronomo Francesco Dionigi Tarantino mio amico dai tempi dell'Istituto Tecnico Agrario “Giovanni Presta” . In questo Paradiso rubato alla Gariga c'è sempre il nostro Scienziato, circondato dalle persone in religioso silenzio che assistono, partecipano, palpitano assistendo alla disputa del Professore con Giovanni Pellegrino da Zollino sulla tipicità dei prodotti, sulla necessità di dare una carta d'identità alla tipicità che altrimenti rischia di poter essere contraffatta dal primo “cinese” di passaggio. Ed è qui che il Prof. Antonio Michele Stanca ci ha parlato dei RIS, del Reparto Carabinieri Investigazioni Scientifiche. Che c'è? Perché fai quella faccia? Come dici? Si, sto parlando di quei carabinieri che hanno una tuta completamente bianca e che vanno a caccia di capelli sulle donne che sono state violentate perché grazie a quel capello chi è colpevole paghi per il delitto commesso. Infatti sono stati identificati tanti malfattori e scagionati tanti innocenti grazie al DNA contenuto in un capello. E adesso mi chiederai cosa c'entrano i RIS con i prodotti tipici. Me l'ha spiegato il Prof. Antonio Michele Stanca che tra gli incarichi che ricopre fa anche il Dottore Agronomo, regalandomi la opportunità per tutti i colleghi della Provincia di Lecce di entrare in possesso della capacità di “fare la carta d'identità” ai prodotti tipici e della conseguente possibilità di verificare immediatamente se un prodotto corrisponde alle caratteristiche e al nome che il venditore utilizza. Insomma quest'uomo ci ha regalato la “tracciabilità vera” e noi Dottori Agronomi e Dottori Forestali della Provincia di Lecce presto inizieremo questo percorso guidato da un Magister che pur essendo presente in tutto il Mondo ai massimi livelli non dimentica la Sua terra e i Suoi conterranei, i Suoi Salentini leccesi, i Suoi colleghi Dottori Agronomi e Dottori Forestali.
Insomma voi che mi leggete avete la possibilità di avere a disposizione i Dottori Agronomi e i Dottori Forestali del Salento leccese per dare il passaporto al vostro prodotto tipico e per verificare in qualsiasi momento se il prodotto che viene pubblicizzato sia effettivamente quello che è descritto in etichetta.
Tu caro produttore sei in possesso di un seme di un prodotto tipico? Hai una produzione tipica? Noi siamo in grado di dare un passaporto a questo tuo prodotto dopo averne definito scientificamente le caratteristiche di eccellenza.
La tecnica che utilizzeremo è quella del finger printing genetico (caratterizzazione genetica di un singolo individuo). Si ottengono delle bande che saranno diverse per ciascun individuo, si usano queste tecniche anche nelle indagini forensi (tipo per scoprire l'assassino), confrontando diversi alleli microsatelliti di un individuo, con gli stessi microsatelliti però di un altro individuo. Se gli alleli coincidono per tutti i microsatelliti analizzati allora l'indagato è il colpevole, se sono diversi allora non è stato lui: è innocente.
E' questo che facciamo noi Dottori Agronomi e Dottori Forestali del Salento leccese, facciamo delle indagini e poi ti diciamo se quel prodotto è la Pastinaca di Sant'Ippazio coltivata a Tiggiano oppure no, e lo possiamo certificare in maniera scientifica senza paura di smentita. I Dottori Agronomi e i Dottori Forestali del Salento leccese sono in grado di utilizzare efficientemente e in sicurezza le tecniche molecolari per effettuare con metodi analitici di indagine la caratterizzazione di organismi e prodotti agricoli ed il controllo della loro qualità e salubrità, nonché di partecipare alla ricerca e allo sviluppo delle potenzialità adattative e produttive delle piante coltivate e di ottimizzare i processi di trasformazione dei prodotti agricoli.
Una giornata di sole, il caldo degli ultimi giorni di maggio nella bellezza della campagna del Salento leccese, un uomo, discendente dei progenitori che vennero da Oriente, partito con Destinazione il Mondo, è tornato in questa penisola che si immerge nel Grande Lago Salato: Antonio Michele Stanca è stato in mezzo a noi con l'atteggiamento di chi non è mai partito, lo stesso che gli ha permesso di portare in Inghilterra o negli Usa, in Africa o in Oceania, la peculiarità della terra di passaggio, del territorio dell'accoglienza, della culla dell'armonia delle diversità, la competenza, l'intuito, la curiosità, la cordialità e la generosità del popolo del Salento leccese.


Bibliografia
Una cellula batterica controllata da un genoma sintetico http://lescienze.espresso.repubblica.it/articolo/Una_cellula_batterica_controllata_da_un_genoma_sintetico/1343372
Ecco la vita artificiale: costruita la prima cellula "comandata" da un genoma sintetico http://www.focus.it/Scienza/news/costruita-la-prima-cellula-comandata-da-un-genoma-artificiale-e-sintetico-6565-4546562-86496542-545454.aspx
Luciano Garofano (Maggiore Dr. Comandante del Reparto Carabinieri Investigazioni Scientifiche): L’uso del DNA a scopi investigativi
Giovanna Ruffin:IL DNA METTERA’ IL CAPPIO AI CRIMINALI
Caratterizzazione, attraverso marcatori molecolari, di varietà di particolare pregio con l'ottenimento di un "passaporto molecolare" a supporto della certificazione di autenticità
Caramante, Martina (2009) Marcatori molecolari del DNA per la tracciabilita' nella filiera agroalimentare del pomodoro. Universita' degli Studi di Napoli "Federico II".
DONATO MATASSINO:LA RINTRACCIABILITÀ DI UN PRODOTTO DI ORIGINE ANIMALE E/O VEGETALE A GARANZIA DI QUALITÀ

venerdì 28 maggio 2010

Acapulco: “la perla” dell’olio del Salento leccese


Acapulco: “la perla” dell’olio del Salento leccese
di Antonio Bruno

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Acapulco é conosciuta anche come la Perla del Pacifico ed é una cittá messicana che vive prevalentemente del turismo, ma in questo mio scritto si descrive il “Metodo Acapulco”per l'estrazione di olio extravergine di oliva attraverso le sperimentazioni del Dottore Agronomo Enrico Pantanelli del 1934. Ancora oggi viene utilizzato il principio alla base di tale metodo nel sistema di estrazione dell’olio denominato SINOLEA.
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Nel 1934 Enrico PANTANELLI Dottore Agronomo Direttore della Stazione Agraria Sperimentale di Bari insieme allo Sperimentatore Dott. Vito Brandonisio pubblica “Esperienze di lavorazione delle olive con il metodo Acapulco.
Questo sistema ovvero il “Metodo Acapulco”per l'estrazione di olio extravergine di oliva sfrutta la differenza di tensione superficiale fra olio e acqua e, quindi, la possibilità di estrazione selettiva di uno dei due quando i due liquidi si trovano intimamente mescolati. L'olio, infatti, presenta una tensione superficiale minore di quella dell'acqua di vegetazione, per cui avrà una più elevata forza di adesione verso le superfici metalliche.
Spetta al marchese Del Prado De Acapulco il merito di aver ideato e costruito, all'inizio del secolo scorso, un estrattore di olio dalle olive basato sul principio fisico sopra citato. Il procedimento, detto appunto Acapulco, consisteva nel mettere in contatto la pasta snocciolata e opportunamente gramolata con una parete filtrante ‘passiva’, costituita da una reticella in nichel; in pratica l'elemento innovativo del sistema Acapulco era rappresentato da una vasca di metallo semicilindrica aperta nella parte superiore e provvista nel fondo di una reticella in nichel a maglie fitte, tali da permettere la fuoriuscita dei liquidi, ma non delle particelle solide.
Lungo l'asse di questa vasca ruotava lentamente un albero metallico sul quale erano fissate a varia distanza alcune bacchette in ferro guarnite di gomma, parallele all'asse, che avevano il compito di rimescolare dolcemente la pasta e di rinnovare continuamente la pasta che si trovava a contatto con la reticella. Dopo l'immissione in questo apparecchio, la pasta a contatto con la reticella cominciava a stillare l'olio al di sotto di questa; l'olio veniva raccolto in un cassone sottostante la reticella stessa.
Ora il metodo Acapulco si chiama metodo Siolea http://www.ilbongustaio.com/sinolea.htm . Ma torniamo agli esperimenti del Dottore Agronomo Enrico Pantanelli.
Intanto lo snocciolatore nelle esperienze fatte separava bene i noccioli dalle olive lavorando circa 8 quintali di olive all’ora. Il grasso che rimaneva aderente ai noccioli non superva il mezzo per mille ovvero lo 0,05%. L’olio della mandorla restava nei noccioli e rappresentava l’1% del peso delle olive. L’estrattore lasciava una pasta corrispondente al 31% del peso delle olive che conteneva il 65% di acqua e il 7% di grasso. Da 10 quintali di olive si ottenevano 8 quintali di polpa che era la portata massima.
All’epoca per l’estrazione erano necessarie 5 ore alla temperatura di 18°C.
Il Dottore Agronomo Enrico Pantanelli effettuò dei tentativi per abbreviare l’estrazione. Tentò dapprima di accelerare l’agitatore ma in questo caso dovette arrendersi perché usciva troppa feccia, poi tentò di diminuire la portata ma anche questo tentativo non diede buoni risultati perché si abbassò la resa. Poi osservò che l’aggiunta di acqua fredda o calda prima o durante l’estrazione la rendeva più difficile e incompleta.
L’altra osservazione del Dottore Agronomo Enrico Pantanelli riguardò l’estrattore dal quale all’inizio cadeva più olio che acqua, poi l’acqua aumenta e viene fuori sempre più feccia sino al punto in cui la filtrazione si arresta completamente.
Negli esperimenti si evidenziò che quanto più le olive erano sporche di terra o mature, tanto più presto cominciava a filtrare la feccia. Questa feccia era molto fina e rappresentava un inconveniente in quanto era difficilmente separata dalla centrifugazione continua.
Il problema era rappresentato dalla circostanza che la feccia acquosa che filtrava dall’estrattore si emulsionava con l’olio. Quindi dopo la centrifugazione l’olio rimaneva nella fase acquosa e quindi si doveva ricentrifugare per limitare la perdita di olio, anche se una parte di olio andava perduta attraverso questa via.
Se si utilizzava la separazione per affioramento spontaneo nei chiaritoi il problema era mitigato ma l’olio risultava peggiorato.
Il Dottore Agronomo Enrico Pantanelli poi osservò che l’olio ottenuto con il metodo Acapulco era meno acido, meno colorato e meno aspro rispetto all’olio ottenuto con l’utilizzo delle presse a fiscoli, l’olio aveva un gusto delicato e dolce e secondo il Dottore Agronomo Enrico Pantanelli adatto al pronto consumo.
L’altra osservazione riguardava la conservazione poiché all’epoca tale olio tendeva a scolorire e a irrancidire dopo un anno in maniera molto più accentuata rispetto all’olio estratto con le presse.
La pasta che residuava veniva utilizzata come alimentazione del bestiame con un valore nutritivo tra l’erba fresca e il fieno di prato stabile dai quali si differenzia per la forte presenza di grasso.
Il Dottore Agronomo Enrico Pantanelli sperimentò che poteva utilizzarsi come alimento fresco ma poteva anche conservarsi in silo e in questo ultimo caso la pasta risultava più digeribile ed appetita dagli animali. Sempre dalle esperienze del Dottore Agronomo Enrico Pantanelli non conveniva estrarre l’olio dalla pasta residuale, né essiccarla né formarla a panelli mediante la miscela con materiali asciutti.
Sempre nello scritto del Dottore Agronomo Enrico Pantanelli si riferisce di tre tentativi falliti. Fallì il tentativo di combinare la sgocciolatura dello snocciolatore con la spremitura mediante le presse. Fallì il tentativo di evitare la snocciolatura molendo le olive al frantoio e poi estraendo la pasta con l’estrattore Acapulco. Infine è fallito il tentativo di estrarre l’olio dalla polpa mediante la centrifugazione della polpa.
I risultati migliori il Dottore Agronomo Enrico Pantanelli li ottenne arricchendo il sistema con una lavatrice delle olive e con una scrematrice per la separazione immediata dell’olio dal mosto.
Rispetto al sistema che era in uso all’epoca ovvero la molitura e le presse il Dottore Agronomo Enrico Pantanelli consigliava di utilizzare l’alternativa del Sistema Acapulco – Quintanilla solo per piccoli impianti o nei luoghi dove la sansa non aveva valore economico e comunque in presenza di bestiame che potesse utilizzare la pasta che residuava.
Come ho già scritto oggi con la scoperta del marchese Del Prado De Acapulco si è realizzato il metodo Sinolea . Il principale svantaggio del metodo Sinolea è il basso rendimento in olio della pasta, poiché con questo metodo non si riesce ad estrarre tutto l'olio. Quindi la sansa che ne deriva ha ancora un buon quantitativo d'olio, che può essere estratto tramite decanter e centrifughe come nei metodi tradizionali che producono un olio di qualità inferiore. Quindi con il metodo Sinolea si possono ottenere dalla stessa pasta due oli con caratteristiche qualitative diverse il primo di alta qualità e quello che deriva dalla centrifugazione di qualità inferiore.


Bibliografia

Nuove Macchine per l’Oleificio. Monografie Agrarie e Zootecniche N. 126
G. Quintanilla Fabregas: Optencion del Aceite poeel sistema Acapulco – Quintanilla. Atti del Congresso internazionale di Olivicoltura di Siviglia 1924 p.507 – 514
Relazione al Ministero di Agricoltura su esperimenti con apparecchio Acapulco eseguiti presso la scuola superiore di Portici nel 1910
Nuovo Sistema di estrazione dell’olio Acapulco – Genova 1912
Francesco Vallardi: Trattato di olivicoltura e di oleificio – 1923

giovedì 27 maggio 2010

Coltiva la salute


Coltiva la salute
di Antonio Bruno
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Lunedì 31 maggio 2010 alle ore 16,00 nella Sala Conferenze della Camera di Commercio di Lecce Viale Gallipoli, 39 si terrà la Giornata conclusiva Coltiva la salute: COLDIRETTI UN IMPEGNO PER LA SICUREZZA NELLE IMPRESE AGRICOLE. Bisogna riflettere perchè forse, dietro a un prezzo ridotto di prodotti agroalimentari che provengono dalla Cina o dall'India, ci sono bambini che lavorano nei campi o lavoratori agricoli che mettono a rischio la propria vita.
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Lunedì 31 maggio 2010 alle ore 16,00 nella Sala Conferenze della Camera di Commercio di Lecce Viale Gallipoli, 39 si terrà la Giornata conclusiva Coltiva la salute: COLDIRETTI UN IMPEGNO PER LA SICUREZZA NELLE IMPRESE AGRICOLE.
Il DECRETO LEGISLATIVO 9 aprile 2008 , n. 81 - Attuazione dell'articolo 1 della legge 3 agosto 2007, n. 123, in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro sancisce che la tutela della salute e la sicurezza dei lavoratori è una specifica competenza del Servizio Sanitario Nazionale. Ognuno di noi percorrendo le strade del nostro Salento può osservare lavoratori agricoli che sono intenti a potare i nostri secolari e altissimi alberi d’olivo e, da come si può osservare, non c’è molta sicurezza in quella modalità operativa. Ciò che la legge prevede non si trasforma in iniziative concrete volte ad attuarla. Noto invece che si continua nell’atteggiamento di disimpegno e di abdicazione al ruolo importante e centrale di coordinamento e di promozione delle attività a tutela della salute e sicurezza nei luoghi di lavoro che la Regione dovrebbe svolgere attraverso l’azione dei suoi organismi centrali e periferici (AUSL), rinunciando così, ancora una volta, a svolgere quella importante e centrale funzione che il DPCM 17.12.07 assegna alle Regioni.
C’è quindi necessità del presidio, e questo non può che richiamarci alla responsabilità. Noi Dottori Agronomi e Dottori Forestali per primi dovremmo sentirci chiamati in causa. E’ un po’ come la notizia di Anni Ye, così piccola e così innocente, una bambina di 11 anni che è morta per «esalazione da solvente», in un laboratorio diroccato a Macerata dove tre cinesi lavoravano forse assieme a lei le tomaie per l’industria delle scarpe, fra le macchine da cucire arrugginite e dei materassi accatastati vicino a una pressa appena rischiarata da una luce misera e stenta che pende ancora adesso dal soffitto. Noi Dottori Agronomi e Dottori Forestali ce lo chiediamo sempre quando paghiamo con pochi Euro adesso 2,50 PER UN LITRO D’OLIO oppure quando paghiamo poco la pasta se questo prezzo così basso riesce a ripagare i costi di produzione. Possibile che nessuno rifletta che forse, dietro a quel prezzo così ridotto, di prodotti agroalimentari che provengono dalla Cina o dall'India, ci sono bambini che lavorano nei campi? E possibile che nessuno rifletta che se compriamo un prodotto agroalimentare provenienti dalla Cina o dall'Italia che costano troppo poco siamo complici di lavoro di minori o di lavoro in condizioni di alto rischio senza il rispetto delle norme della sicurezza? Osservo da parte di tutti noi un atteggiamento bifronte, da una parte chiediamo sicurezza per noi, nel nostro luogo di lavoro e dall’altra compriamo prodotti che costano troppo poco per non aver il sospetto che, stiamo finanziando chi, per produrre gli alimenti, usa bambini o mette a rischio della vita dei lavoratori.
Il Decreto 81 ha sdoganato Salute e Sicurezza nelle campagne dal tecnicismo e ha sancito che bisogna fermare l’attenzione sull’organizzazione del lavoro in agricoltura a cui portare assistenza. Con questa mia nota intendo dimostrare che noi Dottori Agronomi e Dottori Forestali, siamo chiamati a fare questo, poiché siamo gli unici in possesso delle competenze necessarie.
C’è necessità da parte nostra di presidiare tutti i contesti di lavoro agricolo in maniera da affermare il concetto di tutela. La circostanza di cui la collettività deve prendere coscienza è che solo noi Dottori Agronomi e Dottori Forestali siamo in possesso del bagaglio culturale in grado di correggere certe abitudini del lavoratore agricolo che, pur essendo efficienti, non sempre sono sinonimo di procedure in sicurezza.
C’è bisogno del collegamento con i lavoratori delle campagne e si dovrebbe trasformare la frase che nel decreto recita “di norma l’organo di controllo sente i rappresentanti dei lavoratori delle campagne” con un “l’organo di controllo DEVE sentire i rappresentanti dei lavoratori delle campagne”.
Nelle nostre realtà del Salento leccese, frammentate con 78.000 aziende agricole di superficie inferiore ai 2 Ettari e con il 48 % delle stesse con superficie inferiore ad 1 Ettaro più che la proprietà che pure c'è nel caso dei datori di lavoro dei braccianti agricoli la maggior parte ha un lavoro autonomo nelle forme della conduzione in comodato o di coltivatore diretto, tali forme devono essere oggetto di tutela del lavoratore in termini di sicurezza. E come?
Bisogna mettere in atto un modello partecipato che diventa salute e sicurezza per questi lavoratori dell'agricoltura del Salento leccese. Noi Dottori Agronomi e Dottori Forestali sappiamo bene che in agricoltura c’è il problema delle procedure del lavoratore in sicurezza. Per far lavorare in sicurezza c’è bisogno di FORMARE tutti! Bisogna formare il datore di lavoro e bisogna formare i lavoratori! Tutto questo può essere fatto solo da chi conosce le procedure produttive ovvero da noi Dottori Agronomi e Dottori Forestali.
Nessun azienda agricola e nessun agricoltore può dire che non si occupa di sicurezza. Per quanto riguarda gli infortuni in agricoltura è evidente che la cultura della sicurezza non è ancora entrata, basta guardare i dati per prendere coscienza che gli infortuni riguardano o i molto anziani, o i molto giovani. Per gli anziani a volte è un vanto che il nipote a 11 anni già guida il trattore, ma ciò è un atto che può diventare drammatico in caso di infortunio.
E che dire delle sostanze chimiche contenute nei prodotti che usano i nostri agricoltori? I dati INPS ci dicono che ogni anno in Italia muoiono 170.000 persone per Tumore e anche a voler ammettere che il 5% all’anno di queste persone, muoiono per sostanze chimiche assunte nel loro lavoro, significherebbe ammetter che OGNI ANNO MUOIONO 8.000 PERSONE DI TUMORE CHE E’ STATO CAUSATO DALLA MANCANZA DI SICUREZZA NEL LAVORO. Solo che questo come sappiamo, non fa fare i titoli ai giornali.
Per quanto riguarda la formazione dei lavoratori agricoli bisognerebbe prevedere almeno un corso di 18 ore di formazione prima dell’inizio del lavoro tenuto da Dottori Agronomi o Dottori Forestali. La presenza del professionista Dottore Agronomo o Dottore Forestale consente di far smettere, una volta per tutte, di interpretare la formazione come l’assolvimento di un obbligo. Dopo il corso di 18 ore ci dovrebbe essere un esame che ha lo scopo di verificare se c’è stato un cambiamento di comportamento da parte del lavoratore. Soprattutto bisogna dire basta all’organizzazione di corsi fatti da persone che vanno in un aula per parlare della SICUREZZA IN GENERALE.
Il Decreto 81 prevede che nel programma di formazione siano presenti le PROCEDURE AZIENDALI. Siccome queste cambiano in continuazione, solo i Dottori Agronomi e Dottori Forestali, essendo a conoscenza di tutte le novità, sono abilitati a esercitare la formazione in Agricoltura.
Nel nostro territorio ci sono i lavoratori extracomunitari e, quando si fa sicurezza per loro, non si può solo tradurre qualche manuale generico o la cartellonistica ove sia presente. Bisogna capire che c’è una differente percezione del rischio tra noi Italiani e gli Africani o gli Asiatici. Noi Dottori Agronomi e Dottori Forestali in questo caso nell'effettuare il corso siamo chiamati a cogliere la percezione del rischio degli extra comunitari e a verificare la comprensione della lingua.
Il Decreto 81 prevede la bilateralità tra lavoratori e parte datoriali e obbliga alla pariteticità. L’INAIL dovrebbe riscoprire la prevenzione e spero che questa mia nota motivi sia la Categoria della Coldiretti che ha organizzato il Seminario del 31 maggio che gli Organi del Conaf e la Federazione Regionale dei Dottori Agronomi e dei Dottori Forestali ad un incontro per stabilire una azione congiunta anche con le Regioni, che veda i Dottori Agronomi e Dottori Forestali, formatori per la sicurezza nel mondo agricolo.
La presenza dei Dottori Agronomi e Dottori Forestali porterebbe a una diversa visione dell’ergonomia tradizionale uomo – macchina – ambiente di lavoro, darebbe impulso a prendere in esame la tipicità del lavoro nelle diverse fasce d’età, ad esempio chi cade dagli alberi è quasi sempre un anziano meno frequente è che cadano i giovani.
I Dottori Agronomi e Dottori Forestali sono gli unici ad avere titolo per la loro professionalità ad effettuare la valutazione dei rischi del lavoro agricolo e che inoltre, tengono conto della differenza di genere per i lavori agricoli.
In conclusione propongo l’avvio urgente di piani mirati nel comparto agricolo già indicato a maggior rischio: “agricoltura-selvicoltura, cancerogeni” e il potenziamento delle attività di prevenzione e promozione della salute dei lavoratori agricoli attraverso un accordo delle Categorie e tra queste la Coldiretti con la Regione, l’INAIL e l’INPS che veda nella veste di formatori i Dottori Agronomi e Dottori Forestali.

mercoledì 26 maggio 2010

L'Oleificio Sociale di Matino nel 1906 il primo dell'Italia Meridionale


L'Oleificio Sociale di Matino nel 1906 il primo dell'Italia Meridionale
di Antonio Bruno*
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Il 18 febbraio 1906, sotto forma di società anonima cooperativa a capitale illimitato, fu costituto a Matino, nel Salento leccese, il primo Oleificio sociale dell'Italia Meridionale. Gli oli dell'Oleificio Sociale di Matino nei primi del 900 riportavano grandi onorificenze nelle mostre e nelle esposizioni dell'epoca.
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Tanto per rimanere in tema di territorio, di tutela, di tradizione. L'olio che si si estrae dalle olive del Salento leccese non ha bisogno di parole e il suo profumo è noto a chi mette ogni giorno a tavola la sua boccetta. Si perché l'olio si riconosce per il suo profumo, e tu devi cominciare a pensare così, come quando vai in profumeria e acquisti il tuo profumo non tenendo in alcuna considerazione di che colore sia. Così l'olio, ha importanza solo il profumo e il gusto, il colore non ha nessun valore. Nel Salento leccese questo profumo si produce e si produceva alla grande infatti erano attivi 159 oleifici sociali e 210 stabilimenti di molitura privati. Gli acquirenti maggiori dell'Olio del Salento leccese sono rappresentati dai grossisti (56%), industria (20%) e mercato nazionale.
Ma c'è sempre una prima volta. E allora chi è che per la prima volta nel Salento leccese ha costituito un Oleificio cooperativo? Sono notizie che dovremmo sapere perché riguardano donne e uomini del Salento leccese che hanno fatto la storia. Nei primi anni del secolo scorso a Matino, nel Salento leccese, un gruppo di uomini intelligenti e coraggiosi dopo aver costituito un Consorzio Agrario per gli acquisti collettivi fecero sorgere il 18 febbraio 1906, sotto forma di società anonima cooperativa a capitale illimitato, il primo Oleificio sociale dell'Italia Meridionale con un patrimonio sottoscritto di Lire 27.500 e con 13 soci che già nel 1910 erano diventati 24 costituendo un capitale sociale di di Lire 50.200 quasi interamente versato e una riserva di Lire 2.628.
Lo stabilimento sociale utilizzava una superficie di 700 metri quadrati che si sviluppava su tre piani. Al piano più alto, spazioso ed arieggiato c'era l'olivaio per il deposito e la conservazione delle olive su graticci della capacità di poco meno di un quintale ciascuno. Dall'olivaio le olive, dopo essere state lavate, passavano attraverso una tramoggia, nel piano immediatamente inferiore, che era destinato a frantoio. Il frantoio era composto da una vasca a tre macelli per la prima molitura delle olive, poi da una serie di torchietti a mano, attraverso i quali veniva estratto l'olio di prima qualità; a seguire una serie di presse idrauliche da otto pollici. C'era una seconda vasca a due macelli per la rimolitura e due grandi forate, anch'esse a pressione idraulica. L'energia era data da una locomotiva mobile a vapore collocata in un apposita stanza, le presse e le forate erano alimentate da una pompa a sei corpi e regolate da due accumulatori.
Dal frantoio si passava al piano terra destinato a chiaritoio e raffineria dove si lavorava l'olio liberandolo dalle acque di vegetazione coi separatori brevettati Bracci, lavandolo, decantandolo ripetutamente e filtrandolo. Quindi l'olio passava nell'oliario costituito da tanti pozzetti sotterranei rivestiti da mattonelle di vetro e in recipienti provvisori di latta.
Vi erano poi gli uffici e un dormitorio per gli operai. Sotto all'olivaio c'era una scantinato spazioso per deposito di sansa, attrezzi ed altro.
In un corpo di fabbrica isolato e lontano dall'edificio principale era messo “l'inferno” che mediante un canale sotterraneo riceveva le acque madri che dal chiaritoio si scaricavano in una grande vasca e successivamente, per mezzo di sifoni, passavano in altre quattro vasche per disperdersi poi in una vora dopo aver subito una fermentazione di 20 giorni.
Lo stabilimento era in grado di lavorare da 120 a 150 ettolitri di olive al giorno con il solo lavoro diurno.
Gli oli dell'Oleificio Sociale di Matino nei primi del 900 riportavano grandi onorificenze nelle mostre e nelle esposizioni dell'epoca.
L'Oleificio Sociale di Matino pur essendo entrato in funzione in ritardo e con una produzione di olive di annata di scarica nel primo anno lavorò una media di 60 ettolitri di olive al giorno, trasformando 3.177 ettolitri di olive in 408 quintali di olio di tre tipi diversi. Si erano ottenuti inoltre 26,25 quintali di olio d'inferno, un olio molto scadente che si ottiene raccogliendo quello che affiora dalle acque di lavorazione e di lavaggio (in realtà molto poco), dopo averle convogliate tutte insieme in un locale di solito sotterraneo all'oleificio, chiamato, non a caso, "Inferno" e lasciate riposare per alcune settimane. E, come è facile intuire, quest'olio si chiama appunto olio d'inferno che nessuno degli oleifici dell'epoca realizzava perché le acque grasse venivano abbandonate prima ancora di essere totalmente sfruttate. Si sono ottenuti poi 722 quintali di sansa che il Prof. Bracci di Spoleto trovò interamente esaurita con i mezzi meccanici e dopo aver effettuato le analisi chimiche riscontrò la presenza del 9% di grasso.
Nel primo anno di lavorazione l'esercizio finanziario si chiuse con Lire 2.005,50 di utile netto. Nel secondo anno si trasformarono 2.039 ettolitri di olive in 268 quintali di olio, 1.622 quintali di sansa con un utile netto di Lire 5.603,00 e tale utile sussisteva nonostante si fossero messe tra le spese Lire 2.000 per l'ammortamento del locale.
Nella terza annata agraria si lavorarono 2.808 ettolitri di olive ricavando 384 quintali di olio e 658 quintali di sansa.
A Matino gli uomini si mettevano insieme per fare l'olio e realizzavano insieme quell’attimo eterno di storia in cui l’oliva sacrifica se stessa per cedere all’uomo il suo fluido dorato, quel pregiato nutrimento che impreziosisce le tavole fin dalle età più remote: l'olio del profumo e del sapore, l'olio della saggezza e del calore, l'olio della tranquillità e del tepore, l'olio delle morbide chiome, l'olio del Salento leccese, l'olio che ti vuole.

*Dottore Agronomo

Bibliografia

Cosimo Casilli:Lo Sviluppo economico locale: politiche di programmazione e strumenti di incentivazione - Manni Editore.
E. Viola: Cooperazione Rurale. L'oleificio cooperativo di Matino
Aliberti Giovanni:Strutture sociali e classe dirigente nel Mezzogiorno liberale

martedì 25 maggio 2010

Nelle Spiagge del Salento leccese uomini e donne di spettacolo Russe, Cinesi e Indiane: una opportunità di nuovi mercati per l’agroalimentare del Sale


Nelle Spiagge del Salento leccese uomini e donne di spettacolo Russe, Cinesi e Indiane: una opportunità di nuovi mercati per l’agroalimentare del Salento leccese.
di Antonio Bruno*
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La macchina organizzativa di Confcommercio Puglia, ha progettato una serie di iniziative che vanno sotto il nome di “Spiagge d’autore”. Ci sono perplessità, da parte di alcuni imprenditori dell’agroalimentare del Salento leccese, per questa bella iniziativa che ha avuto l’adesione di testimonial di assoluta qualità ma tutti italiani che verrebbero superate dalla piacevole “monotonia” di iniziative anche uguali a se stesse ma in grado di portare nel Salento leccese scrittori, attori, donne e uomini di spettacolo di popolazioni Russe, Cinesi e Indiane che sono in forte crescita e quindi rappresentano una opportunità di nuovi mercati per l’agroalimentare di questi territori.
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Una domenica assolata e la 600 di papà verdina che si dirige verso Porto Cesareo, in provincia di Lecce. Attraversiamo la Terra d’Arneo, le cicale con il loro rumore assordante, la luce accecante, e quel secco dappertutto, quel giallo delle graminacee che abbagliava me e le mie sorelle. Prima da Fanuli per il vino e poi da Caputo per il formaggio, trovavi anche i peperoni e le melanzane insieme ai pomodori, ai meloni e alle angurie. La 600 non aveva portabagagli, gli acquisti dei prodotti della terra erano confusi con la borsa del mare e gli asciugamano e il pomodoro spesso si accompagnava alla maschera da sub. L’arrivo nei pressi del cordone dunale da valicare, io con un costume da bagno di mio cugino Giuseppe a righe rosse e blu. L’immancabile ombrellone e la spiaggia completamente deserta. Era il 1967 e la località era quella di Torre Lapillo sul tratto che costeggia lo Ionio e che porta sino ad Avetrana. Mio padre non sopportava la folla, ci portava al di la del cordone dunale, in un posto da favola, sotto un sole che, se non ti proteggevi, potevi lasciarci la pelle e che, comunque, le prime volte ci costringeva a notti insonni con il corpo infuocato. E poi c’era quell’acqua cristallina che, come diceva papà, se ti cadeva una moneta di 10 lire tu la ritrovavi in un batter d’occhio. Che nostalgia di quegli anni!
Oggi queste coste che nei miei ricordi dell’adolescenza erano luoghi incontaminati e deserti dopo un paesaggio rurale ricco di prodotti della terra, sono la piattaforma logistica per l’estate 2010 del Salento leccese perché sono state progettate, dalla macchina organizzativa di Confcommercio Puglia, una serie di iniziative che vanno sotto il nome di “Spiagge d’autore” http://www.spiaggedautore.it/ . Come dici? Vuoi sapere chi sono questi autori? Chi verrà a strare sulle spiagge del Salento leccese e della Puglia? Aspè, che te lo scrivo, è un elenco lunghissimo ma voglio riportare tutti i nomi e cognomi di queste donne e uomini che verranno in Puglia quest’Estate. I nomi sono quelli che seguono: Arnoldo Foà, Tonino Guerra (sceneggiatore dei film di Federico Fellini), Edoardo Sanguineti, il grande poeta genovese, Franco Loi, Piergiorgio Odifreddi, Vincenzo Cerami, ancora il saggista Corrado Augias ed il visionario Stefano Benni, il romanziere Premio Campiello Raffaele Nigro ed il saggista Marcello Veneziani, Erri de Luca che presenterà Il peso della farfalla, altri nomi come il regista e scrittore Silvano Agosti e Federico Moccia, vera icona dei giovani, Moni Ovadia, David Riondino e Shel Shapiro, Fatima Mernissi e Jack Hirschman, ancora poesia con Abdulah Sidran, lo svedese Bjorn Larson, membro della giuria del Premio Nobel, il fotografo Giuliano Grittini, amico della poetessa Alda Merini, Isabella Santacroce, l’icona della scrittura cannibale, Anna Pavignano, sceneggiatrice di tutti i film di Massimo Troisi; Elvira Seminara, Fofana Aminata, l’artista africana, Tonino Accolla, mitica voce di Omar Simpson, Cecilia Randall e Roberto Genovesi, Luis Sepulveda, l’autore cileno, sarà accompagnato da sua moglie, la poetessa Carmen Yanez, Pierluigi Battista, Alessandro Cecchi Paone; e ancora le attrici Xena Zupanic, e Anna Kanasis.
La questione è che pare che il nostro turismo sia fatto soprattutto da Pugliesi di Bari che vengono nel Salento Leccese oppure da Pugliesi del Salento leccese che vanno sul Gargano della Provincia di Foggia. Si! Una migrazione quasi tutta interna alla Puglia o, al più, interna all’Italia e lo dicono i dati presentati ieri 25 maggio 2010 a Bari a Villa Romanazzi da Valerio De Molli del gruppo ambrosetti. Infatti il turismo internazionale in Puglia può essere rinforzato perché nella nostra Regione su 100 arrivi italiani ci sono solo 18 arrivi internazionali e a questo fatto c’è da affiancare l’altro fattore di debolezza del turismo pugliese che è quasi solo balneare e quindi con l’attività turistica e l’indotto che si sviluppa solo nel periodo estivo.
Anche se “I posteri non hanno fatto nulla per noi” io mi chiedo e vi chiedo: queste presenza di insigni uomini e donne di spettacolo e della cultura nelle spiagge che una volta vedevano la mia famiglia con la 600 verdina e i costumi da bagno passati dai più grandi ai più piccoli saranno una ricchezza per le nuove generazioni? “Ai posteri l’ardua sentenza!”.
Una narrazione del Salento leccese diversa da quella che fanno di noi gli inglesi. In questi giorni sta facendo clamore l’affermazione che descrive i vicini un po' come i parenti, che non te li scegli, capitano. The Economist scrive: se le persone trovano i loro vicini noiosi, per loro è possibile trasferirsi in un altro quartiere, mentre i Paesi non possono. Ecco noi del Salento leccese siamo chiamati dagli inglesi a formare un nuovo Paese, chiamato ufficialmente il Regno delle Due Sicilie (ma soprannominato Bordello) noi del Salento leccese che abbiamo comunque la virtù di ospitare nelle spiagge del Regno autori che narrano della UNITA’ di questo pianeta, che non può essere più diviso, anche volendolo fare, perché ormai unito dall’informazione che viaggia in un mondo in cui tutti parlano con tutti e che relega l’isolamento all’ascetico eremitaggio del volontario.
Per la rinascita del sistema turistico magari sarebbe opportuno chiedere di venire in Puglia, sulle spiagge e nei luoghi della cultura e dei Sapori di Puglia, a personalità della cultura e dello spettacolo provenienti dall’estero, meglio se dei Paesi emergenti. Mi sarebbe piaciuto che a venire sulle spiagge fossero Indiani, Cinesi, Russi che, come tutti sappiamo, sono i cittadini di Paesi le cui economie presentano una fortissima espansione per fare in modo che da 18 presenze straniere su 100 si arrivi alla media Italiana di 80 presenze straniere su 100. Faccio questa proposta alla macchina organizzativa di Confcommercio Puglia perché incrementare la spesa turistica proveniente dall’estero e da altre regioni italiane significa sviluppare oltre al settore turistico anche quello agroalimentare. In questo modo le perplessità degli imprenditori del settore agroalimentare per questa bella iniziativa che ha avuto l’adesione di testimonial di assoluta qualità ma tutti italiani, verrebbero superate dalla piacevole “monotonia” di iniziative anche uguali a se stesse ma che portano nel Salento leccese scrittori, attori, donne e uomini di spettacolo di popolazioni Russe, Cinesi e Indiane che sono in forte crescita e quindi rappresentano una opportunità di nuovi mercati per l’agroalimentare di questo territorio.

*Dottore Agronomo

Bibliografia

Natascia Festa: Nella fanta-Europa di «The Economist» il Sud è un «Bordello» e sta con la Grecia – Corriere del Mezzogiorno del 5 maggio 2010
Barisera 13 maggio
Repubblica 15 Maggio
Corriere del Mezzogiorno 15 maggio
Barisera 15 maggio
Artventuno Maggio
Valerio Molli: Quali interventi per la rinascita del sistema economico
Josep Ejarque: La destinazione turistica di successo. Marketing e management
Daniele Callini: Una rotonda sul mare. Innovare il turismo
Paula Hardy,Abigail Hole,Olivia Pozzan: Puglia e Basilicata

lunedì 24 maggio 2010

Insieme per tessere meraviglie per il Salento leccese


Insieme per tessere meraviglie per il Salento leccese
di Antonio Bruno*
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Ieri a Bari presso l'Aula Magna della Facoltà di Agraria il Seminario del progetto T'ESSERE per la valorizzazione e alla salvaguardia del patrimonio naturale e culturale della Regione Puglia, attraverso attività di studio, di sperimentazione e di promozione di sistemi agro-ambientali sostenibili.
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A Bari ieri 24 maggio 2010 ho preso parte ai lavori del Seminario “T’ESSERE sistemi agro -ambientali sostenibili” avviato nel 2008 e finalizzato alla valorizzazione del territorio pugliese nella sua interezza attraverso lo studio, l’applicazione e la promozione di “sistemi agro-ambientali sostenibili”.
La professoressa Maurizia Catalano http://www.uniba.it/ateneo/facolta/agraria/lepersone/docenti/curricula-docenti/curr_mauriziacatalano.pdf ha illustrato il progetto “T’ESSERE” affermando che ha lo scopo della riqualificazione dell’ambiente rurale specie nelle zone ad agricoltura povera, ma ricche di risorse alternative. Con questo progetto, ha sottolineato la docente della facoltà di Agraria di Bari, viene portata all'attenzione l’importanza di considerare il patrimonio naturale e antropico della Puglia nel suo complesso in una visione unica e non a compartimenti stagni.
Lo studio dei “sistemi agro-ambientali sostenibili”, ha aggiunto la Prof.ssa Catalano, fornisce conoscenze sulle risorse naturali e antropiche, sulle attività produttive sostenibili, sulla loro utilizzazione integrata in “sistema”, ha una ricaduta positiva sull’ambiente poiché permette di gestire il territorio su basi scientifiche e non casuali, al fine di sviluppare nuove “eco-nomie” compatibili con l’ambiente e in grado nel contempo di produrre reddito e occupazione.
Il progetto partendo dall'analisi della valorizzazione paesaggistica passa a una fase di sperimentazione e infine si trasforma in promozione per dare visibilità al territorio attraverso “siti palcoscenico”.
Moderava i lavori del seminario il prof. Pasquale Montemurro http://www.uniba.it/ateneo/facolta/agraria/lepersone/docenti/curricula-docenti/curr_montemurro.pdf
che ha ribadito la centralità del Dottore Agronomo per un ambiente visto come tessuto di professionisti in cui si evidenzi una sinergia di professionalità.
E intervenuta poi la Professoressa Silvia Godelli Assessore della Regione Puglia con la delega al Turismo insieme a quella per la Cultura ed il Mediterraneo. La Prof.ssa Godelli ha ribadito l'attualità di considerare il contesto globale in cui è immersa la realtà della Regione Puglia fatto di clima, acqua e terra che se abbandonato a se stesso corre il rischio incombente della desertificazione. Il governo della Regione Puglia ha informato la sua azione attraverso il profilo culturale, la storia, il territorio tutti frutto dell'azione della componente umana. Tutto questo è fondamentale per evitare la “perdita di senso” e restituire una visione organica del nostro territorio, una visione culturale intendendo per cultura l'apporto del soggetto.
La Professoressa Silvia Godelli ha affermato che la Regione Puglia o l'Università sono realtà microscopiche rispetto a questi temi che vengono affrontati dalle grandi conferenze dell'ONU. Proprio nella consapevolezza che le decisioni in ambito globale vengono prese in sedi lontane dal nostro territorio, la Regione Puglia ha deciso di “vendere” la fruibilità del territorio che deve essere scevra dall'uso intensivo. L'Assessore Godelli ha sottolineato che la visione di “uso non intensivo” si svolge sia nei luoghi che nei tempi attraverso la visione della destagionalizzazione e della fruizione di tutto il territorio e non solo delle coste. Tutto questo restituisce senso alle realizzazioni nel nostro territorio attraverso una “matrice dialogante”. La Professoressa Silvia Godelli ha affermato che questa visione è un po' UTOPICA e un po' POLITICA e tale affermazione un po' utopica è l'unico argine che impedisce alla nostra Regione di divenire “oscura e marginale periferia di un mondo crudele” mentre è un po' politica la rete delle convergenze fatte in una politica di “lavori in corso” Work in progress” ! Quindi progetti cantierabili. Insomma la Professoressa Silvia Godelli è proiettata in una azione in ciò che ha una praticabilità in maniera da “trasferire e trasformare un idea bella” che con il finanziamento dei fondi FAS e FESR arrivino a vedere realizzata una proposta progettuale.
Si tratta di passare “dalle idee alla pratica” e il progetto T'ESSERE ha, secondo l'Assessore al Mediterraneo e al Turismo Prof.ssa Silvia Godelli, tutte le carte in regola per divenire pratica della nostra Regione.
Sono seguiti gli interventi del Dottore Agronomo Oronzo Milillo che ha fissato l'attenzione sulla funzione dei Dottori Agronomi e dei Dottori Forestali di Puglia nella salvaguardia del territorio e proponendo l'istituzione, così com'è avvenuto per altre regioni, dello sportello territoriale integrato coofinanziato dal Ministero per l’Innovazione Tecnologica nel quadro di sviluppo dell’e-government e coordinato con gli interventi della misura FESR 2.8.1 che ha l’obiettivo di mettere a disposizione dei cittadini, dei professionisti e loro associazioni, delle imprese e dei tecnici degli Enti locali che operano sul territorio, strumenti conoscitivi di alto livello redatti con logica unica per l’intero territorio regionale. C'è stato poi l'intervento del Dottore Agronomo Ludovico Maglie che ha sottolineato la necessità di praticare una terza via rispetto alla logica dell'agricoltura industriale e quello dei modelli dell'agricoltura multifunzionale attraverso l'innovazione rappresentata dal progetto T'ESSERE che è il territorio più le persone che sviluppano il “territorio della qualità”.
E' poi la volta dell'intervento del Dottore Agronomo Cosimo Lacirignola Presidente della Fiera del Levante e Director of Istituto. Agronomico del Mediterraneo di Bari – I.A.M.B. Che ha parlato del territorio riferendosi alla dieta mediterranea che è un vero e proprio “stile di vita” e sempre riferendosi al territorio che sviluppa eccellenze ha fatto riferimento al dilemma di fare coesione tra queste varie eccellenze. In Puglia ci sono 60 milioni di ulivi secolari che con le persone di questo territorio possono divenire “protagonisti” e sempre secondo il Dottore Agronomo Cosimo Lacirignola è bene che si sviluppino i protagonisti del territorio.
Poi ci invita a pensare al nostro mondo tra 10 anni, il nostro mondo nel 2020! E' uno sconosciuto per noi ed è per questo che è necessaria una visione strategica che pensi il nostro mondo tra 10 anni. Mentre noi ci stiamo parlando gli altri si stanno muovendo e questo movimento si concretizza attraverso il 30% del Commercio Globale concentrato all'interno del Mediterraneo, all'interno di questo grande Lago Salato. Questo pone la Puglia “al centro” e siccome abbiamo predecessori illustri come gli antichi romani che, capito questo, realizzarono 80.000 chilometri di strade che fecero l'impero noi dobbiamo sviluppare un paradigma simile alla “dieta mediterranea” che è frugalità dei prodotti tipici, convivialità del ritrovarsi lontana dalla visione violenta del “mordi e fuggi” e realtà culturale dell'incontro tra le culture greca, romana e germanica! Un modello per i prossimi 10 anni! Gli vengono in mente gli insegnamenti dei nostri Magister della Facoltà di Agraria di Bari che ci dicevano “impara tutto quello che c'è da imparare” perché una volta laureato non sai che lavoro farai! Il Dottore Agronomo è questo! Un professionista pronto a tutto, ad affrontare tutto, attento al mondo che si muove, che cambia e che si realizza sotto ai tuoi occhi per poi continuare in percorsi e traiettorie sempre nuove, inaspettate e sorprendenti.
E' poi intervenuto il Prof. Vittorio Marzi Presidente dell'Accademia Pugliese delle Scienze per narrare questo ritorno al “RURBANO” che non è solo il trasferimento estivo verso le residenze di campagna ma un vero e proprio esodo verso il territorio rurale. E' seguito l'intervento del Prof. Girolamo Russo che ci ha raccontato della prima esperienza del 1995 sulla Biodiversità della varietà della vita sul pianeta, dell'intuizione che ebbe allora di preservare le condizioni che favoriscono i processi evolutivi nata dalla consapevolezza che è una questione di responsabilità, di conoscenza e di partecipazione. C'è stato l'intervento della Professoressa Tommasi Franca della II Facoltà di Taranto per narrare dell'integrarsi con il territorio della sezione pugliese della Società Botanica Italiana che realizza l'escursione botanica integrandosi con la realtà del territorio.
E poi l'ardore a l'amore per la sua “Masseria Montelauro” della Dott.ssa Elisabetta Massaro, dello sforzo per raccogliere 98 varietà di fico, dell'anelito di vedere crescere nel suo giardino le nostre varietà, quelle del Salento leccese perché è ad Otranto che è incastonata questa perla di bellezza.
E stata poi la volta del Dott. Paolo Belloni presidente di POMONA che a Cisternino in 10 ettari ha raccolto 700 varietà tutte antecedenti al 1950 e che vede persone provenienti da tutto il mondo che visitano la sua azienda a novembre quando gli alberi sono spogli e che comunque tornano a casa felici. Ha detto del frutteto del suo essere banca del cibo nel tempo rassicurazione dell'immaginario collettivo.
Infine sono intervenuto io per narrare dell'esperienza del Salento leccese, della convergenza tra Saperi, Attori Sociali e Istituzioni per festeggiare PER LA PRIMA VOLTA una giornata dedicata alla salvaguardia della Biodiversità. Il 26 giugno a Zollino un evento che racconta molto per tenere alta l'attenzione che politici, amministratori e cittadini per la tutela del territorio, e su come oggi, si cerchi di recuperare le distrazioni del passato. Ora è necessario che alle manifestazioni facciano seguito i fatti attraverso una collaborazione di T'ESSERE della Prof.ssa Maurizia Catalano con il CICC Centro Internazionale di Cooperazione Culturale http://web-cicc.org/ che organizza la manifestazione insieme all'Università del Salento e al Comune di Zollino.
*Dottore Agronomo

domenica 23 maggio 2010

La frode sui concimi


La frode sui concimi
di Antonio Bruno*


C'era una credenza molto diffusa tra gli agricoltori del passato circa la neve ovvero che una buona nevicata avesse un'azione concimante molto efficace sui terreni che ricopriva. Addirittura un vecchio adagio recitava” Sotto la neve pane, sotto l'acqua fame”. Naturalmente se le campagne del Salento leccese dovessero essere concimate dalla neve, dato che è un evento meteorico molto raro, noi avremmo tutte le campagne sterili.
Si racconta una storiella in cui un leccese, avendo letto su un libro che la neve è concime, siccome aveva fatto una bella nevicata affittò dei carri e trasportò ed accumulò in uno dei suoi terreni parecchi metri cubi di neve. La sua intenzione era che quel campo, con tutta quella neve, si sarebbe trasformato nel paradiso terrestre.
Il risultato che il nostro amico ottenne fu che alcune delle piante seccarono in parte per le gelate che seguirono alla nevicata e quelle che sopravvissero non ebbero alcun beneficio dalla neve.
Ma che non ci potessero essere benefici doveva essere chiaro poiché nella neve ci sono sostanze nutritive in dosi davvero bassissime.
Da alcune analisi la quantità di azoto che si trova in forme differenti nella neve è in media di 0,471 parti per milione (ppm) e che con una nevicata di due metri di altezza si somministrerebbe un chilo di azoto ad un ettaro di terreno.
Ma nei primi anni del 900 non c'era solo le credenze ma anche delle vere e proprie frodi come quelle descritte nel libro del grande Dottore Agronomo, Italo Giglioli. Pubblicato nel 1905, Concimi, mangimi, sementi e sostanze antiparassitarie. Commercio, frodi e repressione delle frodi, che è il rapporto predisposto per il Ministero dell’agricoltura per aggiornare la legislazione nazionale sul commercio dei fertilizzanti e dei mangimi, in tutti i paesi civili disciplinato da norme rigorose, in Italia ancora abbandonato all’arbitrio di venditori e acquirenti.
Le frodi che erano più usate riguardavano il peso sia per confezioni o pesate che contenevano minore quantità di prodotto rispetto a ciò che era dichiarato sia per contenuto in umidità. Ancora vi erano frodi sulla qualità attraverso l'introduzione nella merce buona di sostanze inerti o di poco valore oppure vendendo a prezzi esagerato sostanze che si pubblicizzavano a composizione segreta.
Altra frode riguardava le mescolanze di concimi che venivano vendute a prezzi molto più alti rispetto al prezzo dei concimi semplici, la frode riguardava anche l'ambiguità della denominazione del Concime come ad esempio denominando un concime come l'anidride fosforica con acido fosforico frodando l'acquirente con merce meno ricca.
Per questi inconvenienti gli agricoltori del Salento leccese dei primi anni del 900 si consorziarono in un Sindacato agricolo, che garantiva prodotti attraverso analisi chimiche. Nel 1910 per diventare socio del Sindacato agricolo salentino bastava acquistare un azione del costo di 10 Lire e pagare Lire 0,50 di tassa di ammissione. Ma il problema delle frodi non si è mai spento come testimonia lo strumento di controllo sulla qualita' dei concimi messo a punto nel 1994 dall'allora Ministro delle Politiche Agricole Adriana Poli Bortone. E' basato su un metodo che, tramite un' elaborazione matematico statistica dei dati sulla composizione chimica, permette di evidenziare meglio le frodi relative alla qualità'. La normativa che c'era prima del 1994 sul settore dei fertilizzanti prevedeva controlli sulla composizione dei concimi e analisi sugli elementi nutritivi delle piante, ma le stime qualitative risultavano complesse.
Il problema essite anche adesso perchè sul mercato esistono operatori che sistematicamente vendono concimi:
– con peso delle confezioni inferiori a quanto dichiarato
– con titoli degli elementi nutritivi inferiore a quanto dichiarato
– contenenti sostanze indesiderate (es. metalli pesanti) in quantità superiore ai limiti ammessi
– sfruttando le tolleranze in modo sistematico.
Oggi abbiamo degli strumenti con cui misurare la frode sul peso per mezzo di una semplice bilancia, sui titoli: attraverso l’analisi chimica ed il calcolo dell’"epsilon" e con l'analisi chimica per gli inquinanti:
L'Entità della frode è misurata dall' "epsilon" che viene spiegato nell' Allegato 12 del D.Lgs. 217/2006 è l'indice di qualità (percentuale di valorizzazione equivalente).
Oggi i controlli vengono effettuati dall'Istituto di Controllo qualità fertilizzanti. L’attività dell’Istituto ha avuto un effetto di moralizzazione sul mercato sicuramente per gli aderenti; in qualche misura anche per i non aderenti perchè mantenere il marchio è forse più importante che ottenerlo; perderlo comporterebbe un certo imbarazzo e necessità di spiegazioni nei confronti dei propri clienti.

*Dottore Agronomo

Bibliografia

L'Agricoltura Salentina 1910
Italo Giglioli: Concimi, mangimi, sementi e sostanze antiparassitarie. Commercio, frodi e repressione delle frodi,1905
Terra e vita n° 3 1993
Controlli piu' severi sui concimi afferma il ministro per le risorse agricole alimentari e forestali Adriana Poli Bortone - Corriere della Sera 10 luglio 1994
Enrico Lorenzini: LE PROBLEMATICHE DI QUALITA’ NEI FERTILIZZANTI
Decreto Legislativo 29 aprile 2006, n. 217  "Revisione della disciplina in materia di fertilizzanti" pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 141 del 20 giugno 2006 - Supplemento Ordinario n. 152

sabato 22 maggio 2010

Salvare il pianeta dall'uomo


Salvare il pianeta dall'uomo
di Antonio Bruno*
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Nel 1884 fu messo a punto dalla Stazione Agraria Sperimentale di Berkeley un metodo per la propagazione degli olivi che pare abbia dato ottimi risultati. In California nel solo anno 1895 furono piantati 600.000 alberi di olivo e nel 1897 si raggiunsero un milione e 400.000 piante con circa 14.000 Ettari.
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I primi alberi d'olivo negli USA furono piantati nel 1769 dai missionari a San Diego in California. Solo nel 1872 l'olivicoltura e la coltivazione degli alberi da frutto si estese in aree sempre più vaste.
In quegli anni furono introdotte delle varietà di olivo italiane tra le quali la Taggiasca che si adattò molto bene e che, dalle cronache del tempo, pare che oltre a prosperare si sia registrata una precocità che consentì di anticipare di ben 5 anni l'epoca di fruttificazione rispetto agli stessi olivi messi a dimora nella Liguria.
Ma la notizia che mi ha molto incuriosito è quella di un metodo per la propagazione degli olivi che fu messo a punto nel 1884 dalla Stazione Agraria Sperimentale di Berkeley che pare abbia dato ottimi risultati.
Ma seguitemi in queste poche righe e insieme scopriremo in cosa consiste questo metodo di moltiplicazione. In autunno si piantano nella sabbia dei ramoscelli di olivo e poi tutto l'inverno si lasciano nella stufa a una temperatura ottimale. Appena avviene l'emissione delle radici, ovvero nella primavera successiva o nell'estate, le piantine vengono messe a dimora nel vivaio. Questo metodo di moltiplicazione messo a punto dal Pierce realizzava alberelli che erano nelle condizioni di fruttificare dopo quattro anni da quando i ramoscelli d'olivo furono piantati nella sabbia.
Nel novembre del 1888 l'Associazione degli orticoltori della California iniziò un dibattito sulla coltura dell'olivo e delle azioni che avrebbero potuto essere intraprese per soddisfare le richieste di olio negli USA senza far ricorso all'importazione.
La Commissione iniziò i suoi lavori per corrispondere all'incarico che le era stato affidato di fare una analisi comparativa puntuale sulle condizioni topografiche, di clima e di produzione fra la California e l'Italia. L'incarico fu eseguito e la Commissione addivenne alla conclusione che le condizioni ambientali della California confrontate con le esigenze pedologiche e climatiche dell'olivo erano superiori di molto rispetto a quelle dell'Italia.
Acquisite tali conclusioni scientifiche gli americani impiantarono ed estesero, in maniera sistematica, la coltivazione dell'Olivo. Nel solo anno 1895 furono piantati 600.000 alberi di olivo e nel 1897 si raggiunsero un milione e 400.000 piante con circa 14.000 Ettari. Dieci anni dopo ovvero nel 1910 in California c'erano 1 milione e mezzo di olivi che, calcolando la produzione come biennale e detraendo il 20% per cali di produzione ed avversità, davano complessivamente un raccolto annuale di 250 milioni di libbre (libbra = grammi 453) di olive ovvero 1 milione 132.500 quintali. Il 50% di queste olive di California vennero conservate in salamoia e dall'altra metà venne estratto l'olio che complessivamente allora raggiungeva appena i 100.000 ettolitri.
La Commissione che era stata incaricata di studiare la estensione della coltivazione dell'olivo nella California era giunta alla conclusione che tale territorio era particolarmente adatto alla coltivazione dell'olivo sia per i terreni che per il clima e nei primi anni del 900 si stimava che 2 milioni e mezzo di ettari potevano essere destinati alla coltivazione dell'olivo. Se si considera che in Italia, ai primi del 900, erano investiti ad oliveto 1 milione di ettari circa si può avere un idea della potenzialità che si pensava dovesse svilupparsi in California.
Attualmente dopo 100 anni da allora ci sono quasi 500 produttori in California che nel 2007/2008 hanno ottenuto in una cinquantina di frantoi intorno a 500.000 (Gallone = 3,78 litri) galloni di olio di oliva ovvero circa 19.000 ettolitri di olio nulla in confronto ai 100.000 ettolitri dei primi anni del 900.
In California vi sono solo 3 grandi produttori con grandi impianti super intensivi mentre poco meno del 10% dei produttori rientrano nella fascia media con circa 5.000/10.000 alberi di olivo.
Infine, troviamo un numero molto alto, che si aggira circa intorno al 90%, di piccoli olivicoltori che producono intorno al 15% del totale dell’olio destinato quasi interamente all’autoconsumo. La cosa più interessante è che la produzione americana di oggi soddisfa solo l'1% delle richieste di mercato nonostante le stime fatte nel 1888 l'Associazione degli orticoltori della California che prevedevano una forte espansione dell'olivicoltura
Ma c'è un ulteriore dato che arriva dalla California laddove all'industria dell'oliva e dell'olio degli Usa, come è già successo in Australia e in Cile, non importa tanto la varietà che si pianta o l’eccellenza che si vuole ottenere, ma tutto viene invece ricondotto esclusivamente al reddito che può dare una coltura: fare un prodotto commerciabile, il più standard possibile, di gusto “facile” per il consumatore medio americano. Il tutto in poco tempo e fino a che rende.
E' l'agricoltura che dura per gli anni in cui il prodotto vende e se poi, non si vende più, ecco che si passa alle vie di fatto e con gli aratri e le asce si “fanno fuori” gli oliveti non più produttivi.
Le piante seguono l'uomo sin da 10.000 anni fa, come accadde ai missionari che portarono l'olivo nel 1769 a San Diego in California, il Paesaggio viene modellato dalle donne e dagli uomini che si spostano dall'inizio dei tempi, nei secoli si è realizzata un'armonia tra persone umane e territorio che ha tempi e luoghi diversi dai tempi e luoghi del “mordi e fuggi” del consumismo.
Si tratta di utilizzare la caratteristica che ha reso l'uomo il vero conquistatore del pianeta per salvare il pianeta dall'uomo. Si tratta di utilizzare la “mimesi” la grande capacità delle donne e degli uomini di imitare ciò che funziona per continuare a gustare lo splendore delle meraviglie dei Paesaggi. C'è un modo mediterraneo che è fatto di lentezza, di armonia e di equilibrio da far conoscere al Mondo intero perché attraverso la capacità di imitare ciò che funziona si salvi il nostro pianeta.

*Dottore Agronomo

Bibliografia

Attilio Biasco: Come progredisce l'agricoltura nelle Americhe - L'Agricoltura Salentina 1910
Duccio Morozzo della Rocca: Stati Uniti, nuova frontiera dell’olivicoltura mondiale
A. Fabbri T. Ganino: La coltivazione dell'olivo secondo i canoni dell'agricoltura biologica
Gennaro Giametta:“Olivicoltura e prospettive per una moderna meccanizzazione nel quadro della linea tematica "innovazione tecnologica in olivicoltura tra esigenze di qualità e di tutela ambientale"

venerdì 21 maggio 2010

Prodotti tipici del Salento leccese: spostare l'attenzione dal prezzo al valore dei prodotti


Prodotti tipici del Salento leccese: spostare l'attenzione dal prezzo al valore dei prodotti
di Antonio Bruno*
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In Italia la capacità produttiva è superiore a quella del consumo. La qualità dei prodotti agricoli invece è molto apprezzata!Ieri sera a Zollino (Lecce) presso il Municipio, in una riunione in cui si sono affrontati i temi della biodiversità nel Salento leccese, si è parlato della difficoltà di avere i semi del “Pisello nano di Zollino” e di altri prodotti tipici del territorio.
Donne e uomini del Salento leccese, a Zollino, hanno costruito una piazza per mettere in comune i prodotti della terra, un luogo fisico in cui incontrarsi per confrontare esperienze, carpire segreti, dare suggerimenti.
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La capacità produttiva è superiore a quella del consumo. Tutto questo deriva dalla legge! Infatti i semi in Europa, per legge, devono essere iscritti in cataloghi che li certificano affinché possano essere venduti e ciò può avvenire solo se il seme che viene venduto è corrispondente alle caratteristiche di Distinzione, Uniformità e Stabilità (D.U.S.). Poi siccome sono specie agrarie devono avere un adeguato Valore Agricolo e Tecnologico (V.A.T.) superiore alle varietà già presenti nel catalogo.
E' questo il nemico: il fatto che ci debba essere una superiorità ha distrutto la diversità agraria, la biodiversità.
Ma chi ha i semi? Non ce li hanno gli agricoltori che si limitano ad acquistarli. Se il seme viene tutto o dalle industrie sementiere o dalla ricerca universitaria, tutti i campi saranno pieni delle stesse identiche piante, con le stesse identiche varietà, togliendo al custode della terra la possibilità di selezionare lui, di scoprire un sapore nuovo, una forma nuova, una pianta che viene fuori da quelle che coltiva e che si distingue dalle altre. Diverso non significa superiore all'altro, ma nemmeno inferiore all'altro! Diverso significa che ha una sua identità, una sua espressione.
Ieri sera a Zollino (Lecce) presso il Municipio, in una riunione in cui si sono affrontati i temi della biodiversità nel Salento leccese, si è parlato della difficoltà di avere i semi del “Pisello nano di Zollino” e di altri prodotti tipici del territorio. I semi di pisello nano sono pochi e di conseguenza ci sono pochi campi, poche persone che li coltivano e poco prodotto, seppure c'è una forte richiesta che non riesce ad essere soddisfatta. Insomma non c'è abbastanza seme. Abbiamo discusso con il Prof. Luigi De Bellis, Direttore scientifico del Convegno “Biodiversità, valore aggiunto per i prodotti tipici” che si terrà Sabato 26 giugno 2010 a Zollino (Lecce) di come fare ad avere il seme del Pisello nano da dare agli agricoltori che lo chiedono e sono venute fuori un po' di idee, come quella del Dott. Gianfranco Materazzi del Istituto Tecnico Agrario “Giovanni Presta” di Lecce di moltiplicare i semi presso l'Azienda “Panareo” della Scuola con il contributo degli studenti, oppure quella del Dottore Agronomo Sergio Falconieri che propone una collaborazione con la Cooperativa Nuova Generazione di Martano per organizzare la raccolta e la conservazione del prodotto, o ancora quella del Dott. Antonio Venneri che mette a disposizione alcuni terreni della sua azienda. Non vogliamo che a Zollino accada ciò che accade in tutte le iniziative che vedono protagonisti i prodotti tipici. Cosa dici? Cosa accade in queste iniziative? Che “alla fine della fiera” quando uno ha sentito parlare del pisello nano di Zollino e lo chiede per portarselo a casa gli viene risposto che non ce n'è! Ma la cosa ancora più grave è quella che, quando l'incuriosito signore chiede dove può andare ad acquistarlo, la risposta si risolve in un “nu ssacciu” ovvero “non so” con annessa alzata di spalle. A Zollino si è creato il punto di riferimento del Salento leccese per lanciare la tipicità la conferma che abbiamo intrapreso la strada giusta e che stiamo andando nella giusta direzione non ce lo dicono solo le presenze dei Saperi e delle parti sociali e degli attori economici e culturali del territorio o gli apprezzamenti con pacca sulla spalla di chi viene a sapere dell'iniziativa, ma i numeri della Biodiversità che vanno tutti a favore del valore aggiunto della Tipicità. E quali sono questi numeri? Sono quelli che gridano nelle piazze e nelle strade che l'agroalimentare Made in ltaly ha conquistato nel 2009 la leadership nei prodotti tipici in Europa con 202 riconoscimenti! In Italia c'è il maggior numero di imprese biologiche d'Europa e i prodotti tipici italiani sono al primo posto nella sanità e nella sicurezza alimentare (il 99% di campioni con residui chimici al di sotto dei limiti di legge). Guardate che qui non si sta scrivendo del futuro! Oggi, qui, ora, la metà (il 48,5% ) della produzione agricola nazionale fa parte del cosiddetto Prodotto Interno di Qualità (PIQ).
Ma come dicono i miei amici Avvocati: vi è di più! Il valore aggiunto per ettaro di terreno coltivato in Italia, ovvero la ricchezza netta prodotta per unità di superficie, è oltre il triplo di quella Usa, doppia di quella inglese, e superiore del 70% di quelle di Francia e Spagna. E se la Biodiversità continuerà a imporsi ecco che il valore aggiunto potrà salire ulteriormente. Lo sapevi? Lo so, non lo sapevi, ecco perché lo scrivo, per fartelo sapere!
Anche quello che accade nei mercati internazionali è nella direzione dei prodotti tipici e con ogni probabilità la stessa cosa accadrà nei negoziati sugli scambi fra Ue (Unione Europea) e Mercosur (il mercato comune del Sud cioè dell'America meridionale) che i sono aperti da pochi giorni e nel mercato del libero scambio nel Bacino del Mediterraneo che dal 2010 è stato decretato dal Trattato di Lisbona.
Donne e uomini del Salento leccese, a Zollino, hanno costruito una piazza per mettere in comune i prodotti della terra, un luogo fisico in cui incontrarsi per confrontare esperienze, carpire segreti, dare suggerimenti. Un posto in cui c'è il libero scambio delle opinioni tra il Professore universitario, il cuoco, il politico, il curioso e il polemico, l'innovativo e il tradizionale. A Zollino abbiamo costruito un Università della Biodiversità per regalare al Salento leccese il valore aggiunto della tipicità.




*Dottore Agronomo


Bibliografia

Andrea Zaghi: La ripresa matura lentamente – L'Avvenire del 22 maggio 2010
Riccardo Bocci: I semi della discordia – Terra del 22 maggio 2010
Claudio Plazzotta: Viva il Made in Italy ma senza miti – Italia oggi del 22 maggio 2010

giovedì 20 maggio 2010

Godere della terra lasciandola in eredità ai nostri figli


Godere della terra lasciandola in eredità ai nostri figli
di Antonio Bruno*
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In Italia più di un milione di persone vanno in campagna per divertimento. E' stata una ricerca Nomisma, condotta in collaborazione con il mensile "Vita in Campagna", che ha fornito una prima valutazione di un fenomeno che sfugge alle statistiche nazionali, ma che risulta estremamente diffuso nelle campagne. Si parte dalla terra ma poi c'è questa voglia di costruirci una casa, e tale estesa ed intensa antropizzazione del paesaggio rurale del Salento leccese ha complicato ed amplificato il problema delle alluvioni.
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Il lavoro nei campi? Nulla di più interessante per più di un milione di persone che vanno nel loro orticello, per lo più piccolo, da 5.000 a 10.000 metri quadrati per ritrovare il contatto con la realtà. Che ci fanno in mezzo alla terra? Seminano e si prendono cura delle piantine sino a che non daranno frutto. Piantano degli alberi dai quali avranno bellissimi fiori che richiameranno le api e che, inevitabilmente, diverranno frutta gustosa e colorata.
Quest'anno c'è stata una ricerca Nomisma, condotta in collaborazione con il mensile "Vita in Campagna" che ha fornito una prima valutazione di un fenomeno che sfugge alle statistiche nazionali, ma che risulta estremamente diffuso nelle campagne.
Ma che, nel Salento leccese, il fenomeno fosse diffuso, lo sanno tutti. Lo sanno le pubbliche amministrazioni che sempre più spesso organizzano corsi di agricoltura che vedono la frequenza di centinaia di persone che si contendono il posto per poter partecipare.
Il primo corso a cui ho preso parte è stato ad Alliste (Le) dove il collega Dottore Agronomo Sergio Falconieri in una sala gremitissima, ha dovuto faticare no poco per dare risposte a più di cento persone che partecipavano attivamente alle lezioni.
Poi la stessa esperienza l'ho vissuta a San Cesario di Lecce che, l'anno scorso, ha visto protagonista il Dottore Agronomo Vincenzo Mello. Il collega ha letteralmente ipnotizzato le centinaia di persone che hanno preso parte al corso di agricoltura. Ho ripreso con la mia digitale tutte le lezioni e devo assicurare che la partecipazione dei presenti era interessata e attiva.
Chi sono i partecipanti?
Ci sono ufficiali e sotto ufficiali di esercito, marina, finanza, carabinieri, polizia, poi bancari, impiegati, commercianti, artigiani tutti accomunati dall'avere un pezzetto di terra in cui passano i loro pomeriggi. E se non ci vanno la pensano. Pensano il loro pezzetto di terra, i lavori che sono rimasti in sospeso, la pietra che vogliono mettere sul muretto che delimita quella tanto preziosa e amata terra.
Il pensiero unisce queste persone al territorio, legate da un cordone che non le lascia mai, da un progetto che vogliono vedere realizzato, quella pianta, quell'albero, quel lavoro che resta da fare.
Ma c'è anche la frutta che portano a casa, gli ortaggi, l'olio per chi ha gli alberi d'olivo. C'è una vita che si svolge nelle campagne del Salento leccese, una vita che vede le persone a contatto con la terra, chinati sulle piante.
Si parte dalla terra ma poi c'è questa voglia di costruirci una casa, ed ecco che dopo poco inizia una costruzione e la casa spunta e con essa il muro di cinta e con questo procedimento tutto sta divenendo una grande e unica città.
La casa in campagna è destinata a rimanere disabitata per gran parte del tempo e, di solito, passata l'euforia dei primi anni dopo la costruzione, nessuno ci mette più piede. Magari qualche San Martino in compagnia degli amici a festeggiare il vino nuovo del Salento leccese, qualche domenica da passare insieme ai parenti. Ma per tutto il tempo che rimane, la casa è li vuota, a fare bella mostra di se.
Esistono essenzialmente due tipi di paesaggio, il paesaggio naturale modellato dagli agenti fisici e il paesaggio antropizzato. Il paesaggio antropizzato, quello in cui la natura è stata trasformata dalla presenza dell’uomo, dalle opere e dai manufatti da lui costruiti per esigenze diverse, si può caratterizzare come paesaggio agrario, paesaggio periurbano e paesaggio urbano.
Le piantagioni, le strade rurali, le case costruite in campagna costituiscono nell’insieme la forma visibile del territorio che noi percepiamo come paesaggio agrario.
Nell'estrema varietà e complessità delle casistiche che si presentano, possono essere riconosciuti caratteri, principi formativi e forme di evoluzione comuni.
È importante riconoscere e descrivere i processi di formazione e di trasformazione della campagna, ma anche comprendere la dialettica degli estesi scambi e delle infinite interrelazioni.
Leggere e decodificare i fenomeni rurali, non può consistere in una semplice neutrale osservazione degli stessi, ma presuppone un contributo attivo, di chi analizza e ricerca le motivazioni di tali fenomeni. Ad esempio l’estesa ed intensa antropizzazione del paesaggio rurale del Salento leccese ha in complicato ed amplificato il problema delle alluvioni. L’estesa impermeabilizzazione di zone sempre più ampie di territorio ha determinato un aumento del volume delle acque di ruscellamento, mentre la realizzazione di numerosi sbarramenti al libero deflusso delle acque verso gli originari punti preferenziali di assorbimento ha frammentato il territorio in minuscoli bacini idrografici ed aumentato la superficie delle aree soggette ad alluvionamento.
Ecco che allora i tanti che possiedono un pezzetto di terra bisogna che la amino anche senza costruirci una casa a tutti i costi, che la amino per quella che è, un pezzetto di pianeta in cui andare a prendere contatto con la realtà, raccogliendo i frutti che lei ti regala, cercando di lasciarla quanto più tranquilla possibile, senza costruirci niente sopra.
Godere della terra lasciandola in eredità ai nostri figli, assaporare i suoi frutti, essere con lei un tutt'uno, una sola cosa, come quando torneremo a lei trovandola accogliente per riposare in lei dopo che ci ha dato di che vivere.

*Dottore Agronomo

Bibliografia

Marco Tarquinio: Ritorno ai campi -Avvenire del 21 maggio 2010
Intervista a Riccardo Barberis - Avvenire del 21 maggio 2010
1° RAPPORTO SULL’HOBBY FARMING IN ITALIA: http://www.eltamiso.it/newsletters/ITALIA%20PAESE%20DI%20HOBBY%20FARMERS.pdf
SALVATORE PORTALURI1, PAOLO SANSO' MORFOLOGIA CARSICA E FENOMENI DI ALLUVIONAMENTO NEL SALENTO LECCESE SUD-ORIENTALE