lunedì 5 aprile 2010

Ricino: lassativo autoprescritto che può essere un’arma biologica


Ricino: lassativo autoprescritto che può essere un’arma biologica
di Antonio Bruno
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I miei genitori imitavano i miei nonni che a mio padre invece di un lassativo qualsiasi davano l’olio di ricino. Nel 1918 il Prof. Ferdinando Vallese in un articolo sulla rivista “L’Agricoltura Salentina” riferisce che il ricino era conosciuto come pianta ornamentale e sino ad allora non era mai stato coltivata nel Salento leccese come pianta per la produzione di olio. Nel 1918 il prezzo del ricino era aumentato sensibilmente perché l’olio era utilizzato come lubrificante dall’aviazione. Il Governo Italiano assicurava ai coltivatori l’acquisto dei semi prodotti al prezzo di 250 lire al quintale se sgusciati e di 140 lire se con il guscio. Nel 1918 si coltivava il Ricino nelle province di Mantova, Verona e nel Napoletano questo lasciava intravedere un buon adattamento della pianta nel Salento leccese. Il fattore limitante è costituito dal tipo di terreno adatto alla coltivazione del ricino che deve essere fresco e profondo. Ci vuole una buona concimazione e siccome il ricino è sensibile alla siccità l’intervento con l’irrigazione. La ricina deriva dai semi del ricino comune e questa sostanza è interessante come potenziale arma biologica. Si calcola che nel mondo ogni anno vengano lavorate circa un milione di tonnellate di semi di ricino per produrre olio. Come aveva notato il Prof. Vallese il ricino è presente nei nostri giardini, per avere un giardino a misura dei più piccoli, adatto alle loro esigenze e ai loro giochi, occorre porre la massima attenzione nell’uso del verde.
Il ricino è una pianta tossica, che può provocare dei danni ai nostri figli se questi, attirati dal colore dei fiori e dei frutti, se ne cibano; ovviamente occorre ingerire una discreta quantità di materiale perché si verifichino seri problemi.
In Brasile, nella regione del Nordest, è molto diffusa la coltivazione del ricino ma per far andare la macchina! Nel 2003 la produzione mondiale di olio di ricino è stata di 483.189 t, prodotto per il 51% in India, 35% in Cina e 7.14% in Brasile.
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Ogni tanto da bambino i miei genitori prendevano la decisione che dovevamo prendere la purga. I medici di famiglia la consigliavano ogni tanto. Io e le mie sorelle venivamo avvisati per tempo che l’effetto di questi confetti al sapore della prugna era quello di determinare una corsa verso i “vasini” che da piccoli sostituivano il Water ancora troppo alto per reggere la seduta in sicurezza di noi piccoli.
Quindi è del tutto evidente che ai miei tempi, diciamo 50 anni fa, i purganti erano largamente utilizzati, e c’era questa prescrizione dei genitori anche in assenza di una reale esigenza. Perché? Ma era diffusa la credenza che con questi veri e propri farmaci regolarizzassero le funzioni intestinali, quindi i miei genitori mi prescrivevano il lassativo convinti che ne avrei tratto benefico.
Imitavano i miei nonni solo che loro a mio padre, invece di un lassativo qualsiasi, davano l’olio di ricino. Non vi dico che faccia faceva mio padre quando pronunciava la parola “Olio di ricino”! Era disgustato, mi raccontava che per regolarizzare le funzioni intestinali della famiglia, mio nonno si recava in Farmacia dove un uomo imponente di nome Don Gennaro, forniva l’olio di ricino. L’intera famiglia veniva trattata alla stregua dei nemici del fascismo, che come tutti ricordano, venivano catturati e costretti a bere in quantità l’olio di ricino. Io, per fortuna, non ho mai assaggiato l’olio di ricino ma poi ne ho sentito parlare nel corso dei miei studi all’Istituto tecnico Agrario prima e alla facoltà di Agraria di Bari poi, e quando mi sono imbattuto nello scritto del Prof. Ferdinando Vallese ve ne ho voluto riferire con queste mie povere parole.
Il Ricino (Ricinus communis L.) è utilizzato dalle persone umane da 8.000 anni, sin dal Neolitico quando si passò da una vita nomade a una vita da passare in un posto stabile.
Nel 1918 il Prof. Ferdinando Vallese in un articolo sulla rivista “L’Agricoltura Salentina” riferisce che il ricino era conosciuto come pianta ornamentale e sino ad allora non era mai stato coltivata nel Salento leccese come pianta per la produzione di olio. Nel 1918 il prezzo del ricino era aumentato sensibilmente perché l’olio era utilizzato come lubrificante dall’aviazione. Il Governo Italiano assicurava ai coltivatori l’acquisto dei semi prodotti al prezzo di 250 lire al quintale se sgusciati e di 140 lire se con il guscio. Considerando che la resa in semi sgusciati oscilla intorno ai 15-16 quintali per ettaro si avrebbe avuto un reddito lordo di circa 3.800 lire per ettaro. E se consideriamo che il reddito annuo di una famiglia nel 1918 era di circa 2.000 lire annue possiamo considerare la convenienza a coltivare questa pianta.
Il Prof. Vallese comunque sconsiglia la coltivazione su vasta scala e suggerisce invece una prima fase sperimentale per verificare la produttività della pianta nel Salento leccese. Nel 1918 si coltivava il Ricino nelle province di Mantova, Verona e nel Napoletano e questo lasciava intravedere un buon adattamento della pianta nel Salento leccese. Ma la cosa è ancora più interessante perché, come sostiene il Prof. Ferdinando Vallese, nel 1918 se il Ricino è una coltivazione annuale nelle regioni settentrionali perché non tollera le basse temperature, diventa invece pianta perenne nel Salento leccese perché la nostra è una zona calda.
Nel 1918 era comunissimo incontrare le piante di ricino nella nostra Provincia coltivato in luoghi riparati come i cortili e tali piante duravano per molti anni e assumono la dimensione di veri e propri alberi.
Il Prof. Vallese suggerisce una sperimentazione in varie zone del Salento leccese in modo da verificare in quale delle nostre zone la coltivazione è più vigorosa e produttiva.
Il fattore limitante è costituito dal tipo di terreno adatto alla coltivazione del ricino che deve essere fresco e profondo. Comunque il Prof. Vallese non esclude l’utilizzo di altri terreni se lavorati con un’aratura profonda che garantisca la freschezza e il suggerimento è di effettuare due arature profonde e qualche erpicatura.
Ci vuole una buona concimazione per coltivare il ricino e siccome è sensibile alla siccità qualche intervento d’irrigazione. E’ utile la concimazione organica a base di letame e se non se ne dispone è opportuno impiantare il ricino su un sovescio di lupino ben concimato.
La semina del ricino si fa in questo periodo ovvero tra marzo e aprile ovvero quando è passato il periodo delle gelate primaverili.
I semi in numero di due o tre per ogni punto in cui si intende avere un pianta si mettono in solchetti non molto profondi tracciati alla distanza di 2 metri e mettendo i semi in maniera tale da ottenere la distanza di 2 metri una pianta dall’altra. Dopo che le pianticene saranno nate verranno diradate in maniera che ne resti solo una per ogni gruppetto.
La quantità di seme che occorre per la semina di un ettaro di ricino è da 8 a 10 chilogrammi.
Durante lo sviluppo delle piante si esegue qualche sarchiatura per mantenere fresco il terreno e qualche irrigazione. Sarà bene effettuare qualche rincalzatura per difendere le piante dai nostri forti venti.
Il ricino produce i suoi semi in capsule spinescenti che maturano gradualmente e ciò comporta di effettuare la raccolta gradualmente per impedire che il sempre venga disperso.
La produzione media è di 15 quintali per ettaro ma potrebbe arrivare anche a 20 quintali e dai semi si ottiene dal 50 al 60% di olio.
Oltre che i semi possono essere utilizzati i fusti del ricino che sono un ottimo combustibile.
C’è da aggiungere un annotazione sulla ricina che è uno dei veleni più pericolosi in circolazione. La ricina deriva dai semi del ricino comune e questa sostanza è interessante come potenziale arma biologica. Si calcola che nel mondo ogni anno vengano lavorate circa un milione di tonnellate di semi di ricino per produrre olio.
La tossina blocca irreversibilmente le sintesi proteiche; può agire per inalazione o per ingestione. Nel primo caso provoca seri danni ai polmoni nell'arco di otto ore e può uccidere in tre giorni. Ci sono prospettive per un vaccino, ma quest'ultimo non è ancora disponibile.
L'unica raccomandazione per difendersi dagli effetti della tossina in caso del suo uso come arma biologica è una maschera di protezione.
La Ricinotossina è stata usata per assassinare il dissidente bulgaro in esilio Georgi Markov, a Londra, nel 1978, un ombrello con un meccanismo a molla ha iniettato nel sottocute delle sferette metalliche caricate con la tossina
L’8 marzo 2010 si ha notizia di un arresto nel Regno Unito, di un sospetto terrorista [“a white supremacist”] che si preparava a compiere attentati con la ricina che aveva già approntato.
Come aveva notato il Prof. Vallese il ricino è presente nei nostri giardini, per avere un giardino a misura dei più piccoli, adatto alle loro esigenze e ai loro giochi, occorre porre la massima attenzione
nell’uso del verde.
Il ricino è una pianta tossica, che può provocare dei danni ai nostri figli se questi, attirati dal colore dei fiori e dei frutti, se ne cibano; ovviamente occorre ingerire una discreta quantità di materiale perché si verifichino seri problemi.
In Brasile, nella regione del Nordest, è molto diffusa la coltivazione del ricino ma per far andare la macchina! Nel 2003 la produzione mondiale di olio di ricino è stata di 483.189 tonnellate, prodotto per il 51% in India, 35% in Cina e 7.14% in Brasile. Utilizzata esclusivamente a livello industriale, può essere commercializzata in forma grezza, la cosiddetta “mamona em baga”, in forma intermedia come olio grezzo o raffinato e in forma di diversi derivati di alto valore aggiunto (olio idrogenato, acido ricinoleico, …)
Il periodo tra l’emergere della pianta e la prima fioritura è di 50 giorni; il peso medio di 100 semi è di 68 grammi e il tenore d’olio nei semi è di 48,9%. Il periodo di sviluppo completo (fino all’ultima raccolta) è di 250 giorni.
Le semine in Brasile vengono effettuate all’inizio di Maggio e la prima raccolta è prevista tra settembre ed ottobre.
Il primo passo per la produzione di biodiesel dal ricino è la fase di sgusciatura. I semi oleaginosi sono contenuti all’interno di una capsula lignea dalla quale devono essere estratti per permettere la successiva fase di spremitura.
La produttività media è di 1500 kg/ha nelle condizioni semiaride del Nordest, in anni in cui si verifica una piovosità normale.
In Brasile si esegue la raccolta manuale; e vi è un aumento di produttività fino al secondo anno, dopo tale periodo la produzione inizia a calare.
In condizioni favorevoli per le varietà altro produttive si possono eseguire 3 raccolte all’anno in quanto il ciclo produttivo è di 120-140 giorni. È studiata per poter favorire la meccanizzazione della raccolta, operazione che richiede una grossa forza lavoro se effettuata manualmente.
Che ne dite? Proviamo anche noi a coltivarlo?
*Dottore Agronomo

Bibliografia

“L’Agricoltura Salentina” Lecce Febbraio 1918
Anjani, K., Chakravarty, S. K. and Prasad, M. V. R., IBPGR Newslett. Asia, Pacific Oceania, 1994, 17, 13.
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Prasad, Y. G. and Anjani, K., Indian J. Agric. Sci., 2001, 71, 351–352.
Rao, C. R., Advanced Statistical Methods in Miometrical Research, John Wiley, New York, 1952.
Wilks, S. S., Biometrics, 1932, 24, 471.
Master in Medicina NBC - 2010 Tossine come armi
Anna Furlani Pedoja Il giardino sicuro per i bimbi: le piante da mettere a dimora e quelle da evitare Edizioni L’Informatore Agrario
Sara Rinaldi Le colture agroenergetiche per la produzione di biodiesel

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