mercoledì 2 dicembre 2015

L’alimentazione negli anziani


In Italia, così come negli altri Paesi occidentali, negli ultimi decenni si sta osservando l’invecchiamento della popolazione, di cui gli ultrasessantacinquenni rappresentano circa il 20%.
Tale fenomeno pone, alla comunità e al servizio sanitario, la necessità di garantire ai cittadini più anziani una condizione fisica e di qualità terapeutica sempre migliore, affinché “in vecchiaia” si possa ambire a vivere in buona salute, in modo attivo e in autosufficienza. Per raggiungere un obiettivo così ambizioso, benché gran parte della nostra longevità sia “scritta” all’interno dei nostri geni, è già dall’infanzia che bisognerebbe adottare semplici accorgimenti e dare assoluta priorità a stili di vita sani, intesi come sana alimentazione e pratica dell’attività fisica, al fine sia di prevenire, in parte, le numerose comorbilità che spesso si associano all’invecchiamento, quali le patologie respiratorie, cardiovascolari, metaboliche (obesità e diabete), neoplastiche, dementigene ecc., sia di “rallentare” i processi dell’invecchiamento stesso, quando esso è iniziato.
Come contrastare l’invecchiamento
Uno dei modi per combattere l’invecchiamento è ridurre o riequilibrare lo stress ossidativo, inteso come squilibrio tra stato ossidante (danno da radicali liberi) e stato antiossidante (difese antiossidanti). Dal momento che il cibo nasconde insidie gravi, in quanto è un “contenitore” di ossidanti (ma allo stesso tempo anche di antiossidanti), emerge l’importanza di una corretta alimentazione, riorganizzata in modo che da un lato vengano ridotti gli alimenti ricchi di ossidanti e dall’altro vengano preferiti quegli alimenti ricchi di antiossidanti. D’altronde, già negli scritti di Ippocrate, padre della medicina occidentale, si leggeva: “Fa che il Cibo sia la tua Medicina e che la Medicina sia il tuo Cibo”.
In particolare, per il soggetto anziano, è considerata sana e bilanciata un’alimentazione varia e contenente tutte le sostanze nutritive (proteine, carboidrati, grassi), sali minerali e vitamine necessarie all’organismo per mantenersi in buona salute. In realtà non esiste, né come prodotto naturale né come trasformato, l’alimento “completo” o “perfetto” che contenga tutte le sostanze sopraindicate nella giusta quantità e che sia quindi in grado di soddisfare da solo le necessità nutritive del soggetto anziano. Di conseguenza, il modo più semplice e sicuro per garantire l’apporto di tutte le sostanze nutrienti indispensabili è variare il più possibile le scelte e combinare opportunamente i diversi alimenti. Comportarsi in questo modo significa non solo evitare il pericolo di squilibri nutrizionali e metabolici, ma anche soddisfare maggiormente il gusto e combattere la monotonia dei sapori.
È in questo scenario che trova la massima collocazione la “dieta mediterranea”, che per le proprietà nutrizionali degli alimenti tipici della nostra terra e dei nostri mari consente di introdurre i principali nutrienti che garantiscono una composizione corporea ottimale, preservando una buona funzionalità dei vari organi e apparati.
Aderire al profilo alimentare mediterraneo permette di ridurre in maniera significativa e sostanziale il rischio di mortalità e di morbilità per le patologie del benessere come quelle cardiovascolari, metaboliche, neurodegenerative e neoplastiche. Inoltre, un recente studio, in vitro, ha mostrato che la dieta mediterranea protegge le cellule dallo stress ossidativo prevenendo la senescenza cellulare, l’apoptosi cellulare e il deterioramento dei telomeri, dato confermato da un nostro recente studio, in vivo, nel quale abbiamo dimostrato che la dieta mediterranea, probabilmente attraverso la “stabilizzazione” dei telomeri, è il maggiore determinante dello stato di salute degli anziani.
Raccomandazioni dietetiche per gli anziani
Fatte tali premesse, dunque, le raccomandazioni dietetiche per gli anziani sono sostanzialmente le stesse che regolano la dieta dell’adulto.
Fatte salve alcune patologie quali per esempio il diabete, l’obesità, altre malattie metaboliche ecc., l’alimentazione indicata nella terza età non differisce qualitativamente da quella dell’adulto, anche se il bisogno energetico si riduce.
Infatti, dopo i 40 anni, il fabbisogno energetico diminuisce gradualmente di circa il 5% ogni 10 anni, sino ai 60 anni d’età; dai 60 ai 70 anni il calo è del 10% e un’ulteriore riduzione del 10% avviene dopo i 70 anni. Pertanto, la dieta ideale deve coprire in modo armonico ed equilibrato i fabbisogni nutrizionali dell’anziano e, molto schematicamente, deve essere impostata assicurando l’apporto calorico totale intorno alle 2100 kcal con un’energia fornita dai carboidrati per il 50-60%, di cui l’80% complessi (pane integrale, pasta, riso, mais) e il 20% di zuccheri semplici, dai lipidi per il 25-30% (olio di oliva), dalle proteine per il 10-15% (per la perdita della massa muscolare che si osserva nella terza età è raccomandato un introito di proteine pari a 1-1,2 g/kg di peso corporeo); frutta e verdura occupano un posto di rilievo per le vitamine, i minerali, gli antiossidanti e le fibre che forniscono. È essenziale, inoltre, l’apporto di acqua: almeno 1,5 litri al giorno di liquidi per preservare la funzione renale e cardiaca, migliorare quella intestinale e idratare la pelle.
Spesso gli anziani avvertono meno il senso della sete e tendono a bere poco, anche a causa di ulteriori disturbi quali l’incontinenza urinaria o i disturbi cognitivi che limitano la capacità di esprimere i propri bisogni. A tal fine bisogna consigliare di bere almeno 8-10 bicchieri di acqua al giorno, consigliando alcuni accorgimenti: bere 1-2 bicchieri di acqua a temperatura ambiente o tiepida il mattino a digiuno; bere frequentemente e in piccole quantità, assecondando sempre il senso di sete e a volte tentare di anticiparlo; bere lentamente, soprattutto se la temperatura dell’acqua è fredda; consumare con moderazione le bevande come succhi di frutta, aranciate, cola, caffè, che, oltre a fornire acqua, apportano comunque zuccheri semplici o altre sostanze farmacologicamente attive (es. caffeina); aumentare l’introito di acqua durante e dopo l’attività fisica e in alcune condizioni patologiche (es. vomito, diarrea, stati febbrili) per reintegrare le perdite. In riferimento alla palatabilità dei cibi, in un’alimentazione sana e corretta è di fondamentale importanza ridurre l’uso del sale, già presente in molti cibi, quali salumi, formaggi, pesce sotto sale o marinato ecc,, preferendo al sale comune il sale iodato, senza superare comunque un quantitativo pari a 5 g/die. Infatti, se assunto in eccesso, il sale può favorire l’instaurarsi di ipertensione arteriosa, soprattutto nelle persone predisposte, e di altre malattie cardiovascolari, renali e/o neoplastiche.
Premesso che una delle peculiarità dell’invecchiamento è la modifica della composizione corporea, caratterizzata da diminuzione della massa magra, con rischio di sarcopenia, riduzione dell’acqua corporea e aumento della massa grassa con tendenza all’obesità, oltre all’aspetto qualitativo del cibo, altro aspetto da tenere in considerazione è l’aspetto quantitativo del regime dietetico. Più studi confermano che mangiare poco aiuta a invecchiare più lentamente, perché più calorie introduciamo, più vengono accelerati i processi di invecchiamento. Anche se i meccanismi non sono ancora del tutto spiegati, è infatti possibile affermare che la restrizione calorica, senza malnutrizione (intesa quale riduzione dell’introito calorico fino a un limite del 50%, ma con adeguata assunzione di vitamine e sali minerali) risulta essere uno dei più potenti interventi in grado di rallentare l’invecchiamento e di aumentare la durata della vita in molti modelli animali (es. vermi, moscerini della frutta, lieviti, topi, ratti, cani). L’estensione della durata della vita mediata dalla restrizione calorica è maggiore se la riduzione dell’introito calorico viene iniziata nei topolini subito dopo lo svezzamento, ma un aumento significativo della vita massima si può osservare anche quando la restrizione calorica viene iniziata in animali adulti (12 mesi di età, che equivale all’incirca a 50 anni di età in un uomo).
La restrizione calorica
I meccanismi alla base dell’effetto anti-aging della restrizione calorica sono complessi e non del tutto chiariti. Tuttavia, sembra che la riduzione dei fattori di crescita (es. IGF-1, insulina) e dell’attività delle vie di segnale dell’insulina/ IGF-1 (“nutrient sensing pathways”), la riduzione dell’infiammazione, la protezione contro lo stress ossidativo e altre modificazioni dell’assetto metabolico e neuroendocrino siano i fattori principali che promuovono salute e longevità negli animali in restrizione calorica. In termini generali, in presenza di una riduzione dell’apporto calorico (ma con un adeguato e corretto apporto di nutrienti) l’organismo rallenta i processi di invecchiamento e potenzia i sistemi deputati al riparo del danno.
In conclusione, auspicare un “invecchiamento con successo” non può essere disgiunto anche dal consigliare al paziente anziano di seguire una sana dieta e di praticare un’adeguata attività fisica.
Purtroppo, visti i dati epidemiologici sull’obesità, sulle malattie cardiovascolari e metaboliche, sul cancro, probabilmente ancora oggi non sono state abbastanza le campagne scientifiche e/o divulgative sul tema invecchiamento sano e sul tema dieta sana. Pertanto, ciò che occorre è un ulteriore sforzo di comunicazione ancora più intenso da parte della comunità scientifica, dei sistemi di governo e della classe medica, necessario e indispensabile per attuare una migliore sensibilizzazione di tutti verso tematiche evidentemente vitali per la salute del cittadino e del cittadino anziano, al fine di aumentare la consapevolezza dell’importanza degli stili di vita alimentari. Forse già iniziando con una mirata azione educativa nelle nuove generazioni possiamo ridefinire il valore del cibo e trasformarlo in una buona e sana abitudine per vivere meglio e più a lungo.
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