martedì 8 dicembre 2015

Omeopatia e piante: lo stato dell’arte

Omeopatia e piante: lo stato dell’arte
Lucietta Betti1 , Grazia Trebbi1 , Daniele Nani2 , Vera Majewsky3, Claudia Scherr4 , Tim Jäger3,5, Stephan Baumgartner4,5
1 Dipartimento di Scienze e Tecnologie Agroambientali, Facoltà di Agraria, Università di Bologna, Italia
2 Società Italiana di Medicina Antroposofica, Milano, Italia
3 Research Institute of Organic Agriculture (FiBL), Frick, Svizzera
4 Institute Hiscia, Arlesheim, Svizzera
5 Institute of Complementary Medicine KIKOM, Università di Berna, Berna, Svizzera

Gran parte delle critiche verso l’omeopatia riguarda la mancanza di basi scientifiche e di modelli teorici. La ricerca di base potrebbe contribuire in modo sostanziale alla comprensione del meccanismo d’azione dei trattamenti omeopatici, soprattutto di quelli ad alte diluizioni. Gli esperimenti su piante e microrganismi sembrano particolarmente adatti a tale scopo, in quanto permettono di superare alcune delle difficoltà legate ai trials clinici: non presentano effetto placebo né problemi etici e si avvalgono di materiali biologici a basso costo e disponibilità pressoché illimitata (1); inoltre si possono adottare modelli relativamente semplici al fine di ottenere una relazione trattamento/effetto più diretta e disporre di campioni sufficientemente ampi per un’approfondita analisi statistica. Queste caratteristiche sono molto importanti perché permettono di effettuare numerose ripetizioni dell’esperimento e replicazioni esterne (2,3). La mancanza di riproducibilità rappresenta infatti una difficoltà cruciale nella valutazione dell’omeopatia e possibili spiegazioni sono state trovate facendo ricorso alla teoria della complessità (4). In base ai risultati ottenuti in prove di laboratorio e serra con piante di frumento e tabacco (5,6), è stato recentemente ipotizzato che le ultradiluizioni omeopatiche possano avere una peculiare azione di riduzione sistematica della variabilità (7). Infine, dato che le principali strutture e funzioni cellulari sono comuni alla maggior parte degli eucarioti, saggi con piante e microrganismi potrebbero risultare interessanti anche da un punto di vista medico, almeno come test complementari agli studi clinici.
Sono stati condotti numerosi studi sia con piante sane e microrganismi, sia con piante artificialmente stressate. In questo secondo caso, lo stress preliminare può essere sia abiotico (ad es. da metalli pesanti), sia biotico (patogeni fungini o virali o infezioni da nematodi). Sono state anche condotte ricerche sull’applicabilità dei principi omeopatici sulla crescita delle piante e il controllo delle malattie in condizioni di campo (agro-omeopatia): grazie all’impiego di estreme diluizioni, l’impatto ambientale sarebbe basso e quindi questi trattamenti risulterebbero perfettamente compatibili con l’approccio olistico dell’agricoltura sostenibile (9). Purtroppo, come evidenziato in un’ampia rassegna critica (10), l’affidabilità dei risultati riportati è scarsa, a causa di una non corretta metodologia sperimentale e di un’inadeguata analisi statistica dei risultati ottenuti. Solo recentemente sono stati applicati severi standard metodologici alla ricerca di base in omeopatia, relativi a differenti sistemi-modello con piante e microrganismi: sono stati presi in considerazione gli effetti esterni ed inoltre, per escludere possibili influenze inconsce da parte dei ricercatori coinvolti nella sperimentazione, tutte le misurazioni manuali e strumentali sono state effettuate in cieco; infine i protocolli sperimentali sono stati supportati da adeguati standard statistici.
La presente rassegna è divisa in 3 sezioni:
1. effetti su piante sane e microorganismi
2. effetti su piante stressate (stress abiotico)
3. effetti su piante infettate (stress biotico)

Effetti su piante sane e microorganismi
Come modello di base per la ricerca in omeopatia è stato ripetutamente usato il test di germinazione e crescita del frumento, ma sono stati adottati anche altri modelli. In particolare, test sulla germinazione in vitro del frumento (11,12) hanno confermato dati precedenti, mostrando che tre potenze consecutive di nitrato d’argento, sostanza che in alte concentrazioni inibisce la germinazione, inducevano un tipico effetto a V: le potenze 24 e 26 dH stimolavano la crescita del fusto, mentre quella 25 dH la indeboliva. La semplicità del modello ha reso possibile la replicazione dell’esperimento in un trial multicentrico, requisito molto importante per la validazione degli studi sulle alte potenze. Esperimenti su altre specie di piante hanno valutato  parametri di crescita e risposte biochimiche. Tra i lavori più recenti, tre studi hanno esaminato gli effetti di ormoni vegetali preparati omeopaticamente sulla germinazione e crescita di diverse piante (13-15): in tutti i casi sono stati osservati effetti significativi, che supportano l’ipotesi che potenze omeopatiche di fitormoni possano essere efficaci.
Anche alcuni microrganismi sono stati utilizzati come sistemi-modello e negli ultimi anni sono stati pubblicati parecchi studi. Tali modelli includono differenti specie di batteri, lieviti, funghi e una specie di dinoflagellati.
Sebbene da un punto di vista sperimentale sembri più facile usare microrganismi al posto delle piante, è comunque della massima importanza controllare e documentare con esattezza tutti i dettagli metodologici per permettere la replicazione degli esperimenti. Tra gli studi con microrganismi, il modello più frequentemente impiegato riguarda i lieviti (16-20) e i risultati positivi ottenuti evidenziano una loro sensibilità alle potenze omeopatiche. In generale tale modello può essere considerato stabile ed affidabile , anche se è stata rilevata una certa variabilità di sensibilità ai trattamenti omeopatici, in funzione del parametro considerato, della sostanza e della potenza testate (20-22). È stata inoltre valutata l’importanza della succussione nel procedimento di preparazione del rimedio omeopatico, misurando l’effetto di un mezzo succusso o non succusso sull’intensità della bioluminescenza in un dinoflagellato: le differenze trovate erano altamente significative e indipendenti dal numero di succussioni (23).
Effetti su piante stressate
Gli effetti dei trattamenti omeopatici su sistemi-modello precedentemente sottoposti a stress di tipo abiotico sono stati oggetto di numerose ricerche. Il lavoro del gruppo di ricerca dell’Università di Bologna (6, 24-26) si è focalizzato sull’ analisi statistica dei risultati ottenuti in una serie di esperimenti condotti su uno stesso modello di germinazione e crescita in vitro, in cui un grande numero di semi di frumento veniva prima stressato con dosi sub-letali di triossido di arsenico (As2O3) e poi trattato con potenze decimali della stessa sostanza. È stata evidenziata una notevole consistenza delle differenti analisi statistiche e una buona riproducibilità della maggior parte dei risultati: As2O3 45 dH induceva sempre un effetto stimolante altamente significativo rispetto al controllo stressato e non trattato, mentre As2O3 diluito (ma non dinamizzato) alla 10-45 non ha mai mostrato alcun effetto. Anche l’H2O dinamizzata alla stessa potenza ha indotto un significativo effetto stimolante rispetto al controllo, ma meno intenso rispetto a quello della potenza 45 dH dell’arsenico. I risultati riportati confermano che la differenza negli effetti biologici dei trattamenti rispetto al controllo è correlata al processo di dinamizzazione. Inoltre, la germinazione del frumento è il tema investigato congiuntamente dai gruppi di ricerca di Betti e Baumgartner: il risultato del trial replicato da Baumgartner (3) è il contrario dello studio originale (25), dato che Arsenicum album 45 dH ha inibito la crescita del germoglio invece di stimolarla , mentre la replicazione condotta da Betti (6) ha confermato i risultati del suo studio iniziale (25). Comunque, le alte potenze omeopatiche hanno indotto in entrambi gli esperimenti effetti statisticamente significativi, anche se l’entità e la direzione degli stessi effetti sembra dipendere da parametri ancora sconosciuti (3).
Tutti gli esperimenti con piante intossicate si sono avvalsi dell’approccio isopatico (stress e trattamento effettuati utilizzando la stessa sostanza in dosi sub-letali o omeopatiche, rispettivamente) e pertanto non si è posto il problema di trovare il rimedio corretto in funzione della legge dei simili. Questo approccio ha offerto un ulteriore vantaggio, cioè la possibilità di testare il vero effetto omeopatico anche per le basse potenze: tali potenze potrebbero influenzare le piante in base all’effetto (non omeopatico) della sostanza in sé, ma di fronte a un pre-esistente danno provocato da più alte concentrazioni della stessa sostanza, l’eventuale effetto di un trattamento a più bassa concentrazione non può essere spiegato dalla presenza materiale della sostanza stessa. Inoltre, può essere promettente per il futuro cercare altri approcci, oltre a quello isopatico, in sistemi-modello con organismi intossicati. Un modo per avvicinarsi all’omeopatia classica può essere basato sull’applicazione del principio di similitudine, mediante osservazione diretta dei sintomi fenomenologici e/o biochimici delle piante in prova, o per trasferimento o estrapolazione dalla Materia Medica, basata sui sintomi osservati nell’uomo.
Se una riduzione sistematica della variabilità è un effetto caratteristico e specifico delle potenze omeopatiche, l’entità dell’effetto del trattamento omeopatico su un organismo disequilibrato da uno stress dovrebbe essere superiore a quella osservata in un organismo sano alle stesse condizioni. In più, potrebbe essere possibile che gli effetti terapeutici dei rimedi omeopatici soverchino altri fattori sconosciuti responsabili della mancanza di riproducibilità spesso osservata nella ricerca di base in omeopatia: la riproducibilità potrebbe essere infatti aumentata se l’effetto del danno e la risposta specifica dell’organismo al trattamento omeopatico fossero più forti di questi fattori.
Effetti su piante infettate
La maggior parte dei lavori disponibili riguarda le infezioni fungine (27-32): a seguito del trattamento omeopatico, è stata messa in evidenza una diminuzione dei sintomi della malattia e delle perdite postraccolta, nonché un ridotto tasso respiratorio e potere germinativo delle spore fungine. Pochi studi hanno preso in considerazione le infezioni virali (5,33,34): anche in questo caso è stata osservata una sintomatologia più debole nelle piante trattate con preparati omeopatici. In particolare, in esperimenti randomizzati e condotti in cieco, piante di tabacco inoculate con il virus del mosaico del tabacco hanno evidenziato un aumento significativo di resistenza al virus a seguito di trattamenti con potenze 5 e 45 dH di As2O3 (5). Anche per quanto riguarda l’infezione da nematodi sono disponibili solo pochi studi (35-37): piante trattate con preparazioni omeopatiche hanno mostrato un miglioramento nella crescita e una riduzione dell’ infezione.
Conclusioni e prospettive
La letteratura su omeopatia e piante o microrganismi è ancora scarsa e non facilmente reperibile. Ciononostante negli ultimi anni l’interesse in questo settore sta crescendo: molti progetti sono in corso (soprattutto in Sud- e Centro-America) e, in linea generale, le prospettive sia nella ricerca di base che in
agricoltura sembrano essere promettenti. In particolare, l’uso di piante e microrganismi come sistemi modello nella ricerca di base in omeopatia ha un potenziale considerevole e può aiutare a far luce sulla natura e sui meccanismi d’azione delle preparazioni omeopatiche.
Infine, va sottolineato che i risultati di tutti gli studi condotti, sia ad esito significativo che nullo, devono essere resi disponibili per la consultazione, al fine di evitare inutili duplicazioni ed errori. Inoltre si devono programmare replicazioni e studi multicentrici, da pubblicare su riviste internazionali con impact factor o ampia diffusione: questo comporterebbe sia un incremento della credibilità che un più facile accesso ai fondi per la ricerca.
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