Omeopatia e piante: lo stato dell’arte
Lucietta Betti1 , Grazia Trebbi1 , Daniele Nani2 , Vera
Majewsky3, Claudia Scherr4 , Tim Jäger3,5, Stephan Baumgartner4,5
1 Dipartimento di Scienze e Tecnologie Agroambientali,
Facoltà di Agraria, Università di Bologna, Italia
2 Società Italiana di Medicina Antroposofica, Milano, Italia
3 Research
Institute of Organic Agriculture (FiBL), Frick, Svizzera
4 Institute Hiscia, Arlesheim, Svizzera
5 Institute of Complementary Medicine KIKOM, Università di
Berna, Berna, Svizzera
Gran parte delle critiche verso l’omeopatia riguarda la
mancanza di basi scientifiche e di modelli teorici. La ricerca di base potrebbe
contribuire in modo sostanziale alla comprensione del meccanismo d’azione dei trattamenti
omeopatici, soprattutto di quelli ad alte diluizioni. Gli esperimenti su piante
e microrganismi sembrano particolarmente adatti a tale scopo, in quanto
permettono di superare alcune delle difficoltà legate ai trials clinici: non
presentano effetto placebo né problemi etici e si avvalgono di materiali
biologici a basso costo e disponibilità pressoché illimitata (1); inoltre si
possono adottare modelli relativamente semplici al fine di ottenere una
relazione trattamento/effetto più diretta e disporre di campioni
sufficientemente ampi per un’approfondita analisi statistica. Queste
caratteristiche sono molto importanti perché permettono di effettuare numerose
ripetizioni dell’esperimento e replicazioni esterne (2,3). La mancanza di
riproducibilità rappresenta infatti una difficoltà cruciale nella valutazione
dell’omeopatia e possibili spiegazioni sono state trovate facendo ricorso alla
teoria della complessità (4). In base ai risultati ottenuti in prove di
laboratorio e serra con piante di frumento e tabacco (5,6), è stato
recentemente ipotizzato che le ultradiluizioni omeopatiche possano avere una
peculiare azione di riduzione sistematica della variabilità (7). Infine, dato che
le principali strutture e funzioni cellulari sono comuni alla maggior parte degli
eucarioti, saggi con piante e microrganismi potrebbero risultare interessanti
anche da un punto di vista medico, almeno come test complementari agli studi
clinici.
Sono stati condotti numerosi studi sia con piante sane e
microrganismi, sia con piante artificialmente stressate. In questo secondo
caso, lo stress preliminare può essere sia abiotico (ad es. da metalli
pesanti), sia biotico (patogeni fungini o virali o infezioni da nematodi). Sono
state anche condotte ricerche sull’applicabilità dei principi omeopatici sulla
crescita delle piante e il controllo delle malattie in condizioni di campo
(agro-omeopatia): grazie all’impiego di estreme diluizioni, l’impatto
ambientale sarebbe basso e quindi questi trattamenti risulterebbero
perfettamente compatibili con l’approccio olistico dell’agricoltura sostenibile
(9). Purtroppo, come evidenziato in un’ampia rassegna critica (10),
l’affidabilità dei risultati riportati è scarsa, a causa di una non corretta
metodologia sperimentale e di un’inadeguata analisi statistica dei risultati
ottenuti. Solo recentemente sono stati applicati severi standard metodologici
alla ricerca di base in omeopatia, relativi a differenti sistemi-modello con
piante e microrganismi: sono stati presi in considerazione gli effetti esterni
ed inoltre, per escludere possibili influenze inconsce da parte dei ricercatori
coinvolti nella sperimentazione, tutte le misurazioni manuali e strumentali sono
state effettuate in cieco; infine i protocolli sperimentali sono stati
supportati da adeguati standard statistici.
La presente rassegna è divisa in 3 sezioni:
1. effetti su piante sane e microorganismi
2. effetti su piante stressate (stress abiotico)
3. effetti su piante infettate (stress biotico)
Effetti su piante sane e microorganismi
Come modello di base per la ricerca in omeopatia è stato
ripetutamente usato il test di germinazione e crescita del frumento, ma sono
stati adottati anche altri modelli. In particolare, test sulla germinazione in
vitro del frumento (11,12) hanno confermato dati precedenti, mostrando che tre
potenze consecutive di nitrato d’argento, sostanza che in alte concentrazioni
inibisce la germinazione, inducevano un tipico effetto a V: le potenze 24 e 26
dH stimolavano la crescita del fusto, mentre quella 25 dH la indeboliva. La
semplicità del modello ha reso possibile la replicazione dell’esperimento in un
trial multicentrico, requisito molto importante per la validazione degli studi
sulle alte potenze. Esperimenti su altre specie di piante hanno valutato parametri di crescita e risposte biochimiche.
Tra i lavori più recenti, tre studi hanno esaminato gli effetti di ormoni
vegetali preparati omeopaticamente sulla germinazione e crescita di diverse
piante (13-15): in tutti i casi sono stati osservati effetti significativi, che
supportano l’ipotesi che potenze omeopatiche di fitormoni possano essere
efficaci.
Anche alcuni microrganismi sono stati utilizzati come
sistemi-modello e negli ultimi anni sono stati pubblicati parecchi studi. Tali
modelli includono differenti specie di batteri, lieviti, funghi e una specie di
dinoflagellati.
Sebbene da un punto di vista sperimentale sembri più facile
usare microrganismi al posto delle piante, è comunque della massima importanza
controllare e documentare con esattezza tutti i dettagli metodologici per
permettere la replicazione degli esperimenti. Tra gli studi con microrganismi,
il modello più frequentemente impiegato riguarda i lieviti (16-20) e i
risultati positivi ottenuti evidenziano una loro sensibilità alle potenze
omeopatiche. In generale tale modello può essere considerato stabile ed
affidabile , anche se è stata rilevata una certa variabilità di sensibilità ai
trattamenti omeopatici, in funzione del parametro considerato, della sostanza e
della potenza testate (20-22). È stata inoltre valutata l’importanza della succussione
nel procedimento di preparazione del rimedio omeopatico, misurando l’effetto di
un mezzo succusso o non succusso sull’intensità della bioluminescenza in un
dinoflagellato: le differenze trovate erano altamente significative e
indipendenti dal numero di succussioni (23).
Effetti su piante stressate
Gli effetti dei trattamenti omeopatici su sistemi-modello
precedentemente sottoposti a stress di tipo abiotico sono stati oggetto di
numerose ricerche. Il lavoro del gruppo di ricerca dell’Università di Bologna
(6, 24-26) si è focalizzato sull’ analisi statistica dei risultati ottenuti in
una serie di esperimenti condotti su uno stesso modello di germinazione e
crescita in vitro, in cui un grande numero di semi di frumento veniva prima stressato
con dosi sub-letali di triossido di arsenico (As2O3) e poi trattato con potenze
decimali della stessa sostanza. È stata evidenziata una notevole consistenza
delle differenti analisi statistiche e una buona riproducibilità della maggior
parte dei risultati: As2O3 45 dH induceva sempre un effetto stimolante
altamente significativo rispetto al controllo stressato e non trattato, mentre
As2O3 diluito (ma non dinamizzato) alla 10-45 non ha mai mostrato alcun
effetto. Anche l’H2O dinamizzata alla stessa potenza ha indotto un
significativo effetto stimolante rispetto al controllo, ma meno intenso
rispetto a quello della potenza 45 dH dell’arsenico. I risultati riportati
confermano che la differenza negli effetti biologici dei trattamenti rispetto
al controllo è correlata al processo di dinamizzazione. Inoltre, la
germinazione del frumento è il tema investigato congiuntamente dai gruppi di
ricerca di Betti e Baumgartner: il risultato del trial replicato da Baumgartner
(3) è il contrario dello studio originale (25), dato che Arsenicum album 45 dH
ha inibito la crescita del germoglio invece di stimolarla , mentre la
replicazione condotta da Betti (6) ha confermato i risultati del suo studio iniziale
(25). Comunque, le alte potenze omeopatiche hanno indotto in entrambi gli
esperimenti effetti statisticamente significativi, anche se l’entità e la
direzione degli stessi effetti sembra dipendere da parametri ancora sconosciuti
(3).
Tutti gli esperimenti con piante intossicate si sono avvalsi
dell’approccio isopatico (stress e trattamento effettuati utilizzando la stessa
sostanza in dosi sub-letali o omeopatiche, rispettivamente) e pertanto non si è
posto il problema di trovare il rimedio corretto in funzione della legge dei
simili. Questo approccio ha offerto un ulteriore vantaggio, cioè la possibilità
di testare il vero effetto omeopatico anche per le basse potenze: tali potenze
potrebbero influenzare le piante in base all’effetto (non omeopatico) della
sostanza in sé, ma di fronte a un pre-esistente danno provocato da più alte
concentrazioni della stessa sostanza, l’eventuale effetto di un trattamento a
più bassa concentrazione non può essere spiegato dalla presenza materiale della
sostanza stessa. Inoltre, può essere promettente per il futuro cercare altri
approcci, oltre a quello isopatico, in sistemi-modello con organismi
intossicati. Un modo per avvicinarsi all’omeopatia classica può essere basato
sull’applicazione del principio di similitudine, mediante osservazione diretta
dei sintomi fenomenologici e/o biochimici delle piante in prova, o per
trasferimento o estrapolazione dalla Materia Medica, basata sui sintomi
osservati nell’uomo.
Se una riduzione sistematica della variabilità è un effetto
caratteristico e specifico delle potenze omeopatiche, l’entità dell’effetto del
trattamento omeopatico su un organismo disequilibrato da uno stress dovrebbe
essere superiore a quella osservata in un organismo sano alle stesse
condizioni. In più, potrebbe essere possibile che gli effetti terapeutici dei
rimedi omeopatici soverchino altri fattori sconosciuti responsabili della
mancanza di riproducibilità spesso osservata nella ricerca di base in
omeopatia: la riproducibilità potrebbe essere infatti aumentata se l’effetto
del danno e la risposta specifica dell’organismo al trattamento omeopatico
fossero più forti di questi fattori.
Effetti su piante infettate
La maggior parte dei lavori disponibili riguarda le
infezioni fungine (27-32): a seguito del trattamento omeopatico, è stata messa
in evidenza una diminuzione dei sintomi della malattia e delle perdite
postraccolta, nonché un ridotto tasso respiratorio e potere germinativo delle spore
fungine. Pochi studi hanno preso in considerazione le infezioni virali
(5,33,34): anche in questo caso è stata osservata una sintomatologia più debole
nelle piante trattate con preparati omeopatici. In particolare, in esperimenti randomizzati
e condotti in cieco, piante di tabacco inoculate con il virus del mosaico del
tabacco hanno evidenziato un aumento significativo di resistenza al virus a
seguito di trattamenti con potenze 5 e 45 dH di As2O3 (5). Anche per quanto
riguarda l’infezione da nematodi sono disponibili solo pochi studi (35-37):
piante trattate con preparazioni omeopatiche hanno mostrato un miglioramento
nella crescita e una riduzione dell’ infezione.
Conclusioni e prospettive
La letteratura su omeopatia e piante o microrganismi è
ancora scarsa e non facilmente reperibile. Ciononostante negli ultimi anni
l’interesse in questo settore sta crescendo: molti progetti sono in corso (soprattutto
in Sud- e Centro-America) e, in linea generale, le prospettive sia nella
ricerca di base che in
agricoltura sembrano essere promettenti. In particolare,
l’uso di piante e microrganismi come sistemi modello nella ricerca di base in
omeopatia ha un potenziale considerevole e può aiutare a far luce sulla natura
e sui meccanismi d’azione delle preparazioni omeopatiche.
Infine, va sottolineato che i risultati di tutti gli studi
condotti, sia ad esito significativo che nullo, devono essere resi disponibili
per la consultazione, al fine di evitare inutili duplicazioni ed errori.
Inoltre si devono programmare replicazioni e studi multicentrici, da pubblicare
su riviste internazionali con impact factor o ampia diffusione: questo
comporterebbe sia un incremento della credibilità che un più facile accesso ai
fondi per la ricerca.
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