domenica 12 settembre 2010

La Caduta dell'Impero del riciclo: San Cesario del Salento leccese


La Caduta dell'Impero del riciclo: San Cesario del Salento leccese
di Antonio Bruno*

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I primi anni del XIX secolo a San Cesario del Salento leccese un manipolo di uomini decisi ha realizzato il sogno di un ciclo continuo per il riciclo di alcuni prodotti e sottoprodotti agricoli. Tutto ciò che veniva dalla terra dava frutto e da qui frutti è venuta la ricchezza di un territorio. Oggi nulla rimane di questo stile di vita, oggi i rifiuti fanno l'Impero della sporcizia e dell'inquinamento. In questa nota il modello San Cesario del Salento leccese proposto nuovamente per rispetttare sino in fondo l'ambiente in cui viviamo.
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Un sogno diventa realtà, un uomo sogna il suo destino e coinvolge in questa “allucinazione” altri uomini che insieme fanno l'impresa.
A San Cesario del Salento leccese, in Via Umberto I che per gli indigeni si chiama “la spallata”, il mugnaio Carmine De Bonis aveva un mulino a vapore. Aveva l'energia e capiva che oltre a fare girare la macina per produrre la farina dal grano poteva affiancare altre attività. Un genio! Coinvolge le figlie femmine Addolorata e Marianna!
Addolorata era sposata con Vito De Giorgi e Marianna con Pietro Pistilli.
Addolorata da alla luce il figlio Nicola. Già! Nicola De Giorgi, figlio di Vito, che aveva sposato la figlia di Carmine De Bonis, il mugnaio di San Cesario del Salento leccese.
Sia Vito De Giorgi che Pietro Pistilli lavoravano con il suocero.
Poi a lavorare con il Mugnaio restò solo Pietro Pistilli. Vito con il Figlio Nicola nel 1905 - 06, iniziò la sua attività in un piccolo locale della piazza di San Cesario ma presto arrivò l’edificio nella Via in cui abito io adesso, Vittorio Emanuele III, era stato costruito nella seconda meta dell’Ottocento. Gli affari andavano bene e nel 1915, Nicola De Giorgi acquistò un altro edificio che confinava con il primo nucleo e tutto il terreno che era nelle vicinanze. Come sempre un attività che decolla ha necessità di infrastrutture e di personale per poter soddisfare le richieste del mercato.
E che ne è stato di Marianna, l'altra figlia del mugnaio, e di suo marito Pietro Pistilli? Intanto è bene recarsi a San Cesario del Salento leccese in Via Ferrovia e ammirare una costruzione che costeggiando la linea ferroviaria verso Sud, si estende di fronte al Piazzale della Stazione ferroviaria delle Ferrovie Sud Est. E' la distilleria Pistilli! Non si può entrare dentro ma io ho ancora negli occhi quello che facevo da ragazzino, è come se vedessi il mio arrivo, in due sulla Bianchi nera di papà, io e il mio inseparabile amico Sandro, di fronte alla stazione, vicino al cancello della distilleria Pistilli, le montagne di vinacce esauste su cui ci improvvisavamo scalatori, sciatori e alpini! E non c'eravamo solo noi ma tutti i ragazzi di San Cesario, tutti con le biciclette e tutti a giocare alla Stazione! Quanti ricordi!
Quanti operai un tempo lavorano in quell'industria, e come dimenticare il continuo via vai di mezzi carichi di vinacce, sansa e altre materie necessarie all’ottenimento dell’alcool.
Cercate di capire, in questo paesino a un tiro di schioppo dal capoluogo, c'erano enormi macchinari montati in altissime torri, cantine piene fino sino a traboccare, capannoni con macchinari e caldaie che garantivano il processo di distillazione.
E poi la stazione vicina garantiva che il prodotto di ottima qualità fosse spedito in tutta Europa creando ricchezza sia per gli imprenditori e gli operai.
Rifare l'impresa? Manco a pensarci! Oggi ogni sforzo di recuperare l’operatività della distilleria sarebbe inutile di fronte alla tecnologia, agli attuali costi di produzione, alle normative che prevede il settore.
Eppure il sogno di Carmine De Bonis aveva creato l'Impero di San Cesario del Salento leccese con le due regine Marianna e Addolorata sposate ai Regnanti delle distillerie! San Cesario del Salento leccese era il Regno del riciclaggio, il paese della cuccagna dove l’ottenimento di sottoprodotti di ottima qualità da materiali che hanno già subito vari processi di trasformazione era la norma!
Riccardo Pistilli era figlio di Vito, e anche lui come il nonno Carmine aveva un sogno: voleva costruire un complesso industriale costituito dalla distilleria, dallo stabilimento vinicolo e da un oleificio quest'utimo mai realizzato per conquistare l'Impero del riciclaggio, per creare un circuito perfetto che rendesse la distilleria autonoma da forniture di materie prime provenienti dall’esterno, sfruttando scarti e prodotti degli altri due processi produttivi! Riccardo Pistilli fallì probabilmente, per i mancati pagamenti di commesse.
Pietro Pistilli e il figlio Riccardo nel 1921 realizzano un piccolo stabilimento e l’abitazione in cui abitavano. Fra il 1930 ed il 1935 Riccardo cominciò a realizzare il suo impero: fece ampliare l’opificio, trasformandolo in una grande “fabbrica di alcol ed opificio di imbottigliamento” costruendo altri ambienti con una nuova torre di distillazione e la ciminiera. La sua impresa continua fra il 1948 e il 1949 perchè realizzò, ai confini alla distilleria, uno stabilimento vinicolo d’avanguardia utilizzando macchinari che all'epoca erano altamente innovativi.
Aveva un progetto fare il vino e l'olio e la costruzione era stata pensata a staffa di cavallo con una parte della staffa destinata alla produzione del vino e l'altra all'olio! Come ho già scritto Riccardo Pistilli realizzò la parte dell'industria destinata al vino ma non riuscì a realizzare quella che doveva produrre l'olio.
L'Impero Pistilli negli anni 40-60 produsse enormi quantità di alcol, il prodotto andava a ruba in tutto il paese e per questo motivo Riccardo aprì un ufficio vendite nel profondo Nord, a Milano!
che veniva venduto un diverse parti d’Italia, tanto che fu necessario aprire un ufficio vendite a Milano. Il Boom degli anni '60 portò l'Impero Pistilli al suo massimo splendore tanto che tra il 1960 ed il ’61 l’impianto fu potenziato ulteriormente con il risultato di far diventare la distilleria una delle più grandi della Puglia.
Poi la fine immediata, l'Impero Pistilli essò l’attività nel 1978! Ci fu chi acquistò il castello! Qell'immenso maniero davanti alla stazione, la mezza staffa di cavallo andò nel 1984 all'anonima ditta Eural Sud che tentò, con scarso successo, di produrre alcol sino al 1989. Nel 1993 l’impianto di distillazione fu in parte smontato.
Abbiamo di nuovo perso tutti perchè è importante che tutti siamo consapevoli di cosa si facesse nelle distillerie.
Intanto sapete quali sono le materie prime che utilizzavano le distillerie di San Cesario del Salento leccese? No? E allora ve lo scrivo: carrube, fichi, datteri, vinacce, vino.
Le carrube potevano essere conferite tal quale e in tal caso si provvedeva a tritarle oppure già tritate. Una volta ridotte in triturato venivano immesse in grandi serbatoi per il lavaggio e la bollitura. La bollitura trasformava il triturato in un liquido zuccherino che veniva fatto fermentare per ricavarne il sidro.
Il sidro veniva distillato ottenendo l’alcol. Ma nulla andava perduto, infatti gli scarti della lavorazione venivano utilizzati come combustibile per la caldaia o venduti come mangime per gli animali.
E le vinacce? Come? Non sai cosa soni le vinacce? La vinaccia è la buccia dell'uva, solitamente senza raspo. Come non sai nemmeno cos'è il raspo? Non preoccuparti te lo scrivo subito: è la struttura legnosa che funge da scheletro ad un grappolo d'uva (picca d'uva).
Adesso che sai cosa sono ti dico che ne facevano gli Imperatori del riciclo di San Cesario del Salento leccese: le scaricavano in grandi vasche e qui con delle pompe veniva immessa acqua. In questo modo si otteneva un vinello che faceva la stessa fine del trinciato di carrube ovvero veniva introdotto nel distillatore per ottenere l’alcol puro.
Ma non finisce qui! Dopo il lavaggio le vinacce esauste venivano pressate. Con una lavorazione successiva si separava la buccia dai semi. Dai semi si ricavava l’olio di semi di vinaccia. Le bucce venivano usate come combustibile. Le ceneri della combustione delle bucce venivano utilizzate come concime.
L'impero del riciclo, un paradigma distrutto da un mercato vorace che produce tonnellate di rifiuti che nessuno vuole. Forse sarebbe il caso di riprendere a ragionare sul riciclo prendendo ad esempio l'industria di San Cesario del Salento leccese.

*Dottore Agronomo

Bibliografia
Scuola Media "A. Manzoni": Relazione progetto "Helianthus" San Cesario modulo 10
Stagira, Anna Maria (2003) Impianti di distillazione in San Cesario di Lecce: lo stabilimento Nicola De Giorgi.
Antonio Monte: Storte ed alambicchi. L'industria della distillazione a San Cesario di Lecce
Antonio Monte, Andrea Romano, Lorena Sambati: L’INDUSTRIA DELLA DISTILLAZIONE A SAN CESARIO DI LECCE E IL COSTITUENDO MUSEO DELL’ALCOL
Antonio Monte e Anna Maria Stagira con un contributo di Lorena Sambati: La Distilleria De Giorgi a San Cesario di Lecce da opificio a monumento. Conservazione, recupero e valorizzazione
Antonio Bruno: A San Cesario del Salento leccese si distillava l'alcool http://www.viniesapori.net/articolo/a-san-cesario-del-salento-leccese-si-distillava-l-alcool-0609.html
UN BRINDISI PER I 100 ANNI DELL’ANISETTA DE GIORGI http://www.lecceprima.it/articolo.asp?articolo=666

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