venerdì 17 febbraio 2012

Tanti coloro che tagliano, pochi quelli che potano.

Tanti coloro che tagliano, pochi quelli che potano.


Una conversazione con Carlo Pisanello, insolito “parrucchiere” per ulivi salentini

di Marcello Gaballo
Recentemente abbiamo dedicato molta attenzione al patrimonio arboreo salentino, e all’ulivo in particolare, essendo la pianta più rappresentativa della Puglia. Abbiamo scoperto, anche grazie al web, che sono tantissimi ad amare particolarmente questo albero. Migliaia di firme su una improvvisata petizione online hanno amplificato l’allarme su una possibile facilitazione nell’espianto, come proponeva la sciagurata proposta di un consigliere regionale, per fortuna accantonata dopo tanto rumore mediatico sollevato da quanti hanno a cuore il paesaggio salentino.
Centinaia di foto scambiate tra gli internauti, migliaia di commenti e di apprezzamenti, numerosi articoli e bellissime poesie sull’ulivo di Puglia, hanno riunito tantissimi italiani, facilitando la conoscenza tra i tanti che hanno a cuore ed amano i patriarchi verdi, seriamente minacciati dal fotovoltaico e da insensate proposte che li farebbero soccombere al progresso a tutti i costi e alla cementificazione selvaggia che, purtroppo, sta invogliando molti a snaturare il Salento.
Tra i tanti “olivofili” anche Carlo Pisanello, che spessissimo è intervenuto nel tam-tam pro-ulivo, con dichiarazioni e prese di posizione quanto mai pertinenti e competenti.
Lo abbiamo cercato, dopo tanti apprezzamenti che ha ricevuto, e abbiamo scoperto che è un giovane nato a Sannicola ma residente a Tuglie (Lecce), di professione, ma guarda un po’, potatore di ulivi. Chi allora meglio di lui può svelarci alcuni aspetti che certamente aiutano d amare e rispettare ancora di più questa meravigliosa creatura?
Anche perché non è facile trovare in giro di questi tempi sacerdoti di un’arte e una tecnica assai definita come la sua.
Alcune domande per scoprire l’insolito “parrucchiere” e per far conoscere Carlo, che ci aiuterà ad amare ancora di più l’ulivo.
Ti vuoi presentare?

Sono Carlo ho 31 anni, vivo a Tuglie e ho un diploma magistrale. Ho cominciato praticare questo mestiere nel 2005, avviato da un maestro potatore di Sannicola (Lecce) che mi ha insegnato il metodo di potatura dei nostri nonni, il loro modo di affrontare la coltura di queste grandi piante, le malattie e la logica strutturale che, ci tengo a precisare, varia molto da provincia a provincia. La pianta si adatta ai vari metodi di raccolta e quindi non esistono regole generali, ma dei principi biologici che se ben applicati aiutano questi giganti a svilupparsi e produrre frutti con generosità. Sono cosi rimasto affascinato dalla storia di questa che considero un’arte, che già mio nonno praticava, ma che non ha fatto in tempo a trasmettermi. Indissolubilmente legata alla cultura contadina, rispetta in pieno il principio che tutto doveva essere riutilizzato e gli addetti dovevano produrre anche gli attrezzi del mestiere. “Mmundatori”, questo era ed è il loro nome, ed oggi come allora, per 3-4 mesi all’ anno, si inerpicano tra le cime degli ulivi con le inconfondibili lunghe scale e “lu serracchiu”, con il manico d’ulivo legato ai calzoni, intenti ad operare sotto lo sguardo vigile del “lu mesciu te mmunda “, che da terra dirige le operazioni di taglio di tutta la sua “ squadra te mmunda”.

Come sei considerato, visto il lavoro che fai, dai tuoi coetanei? E’ un lavoro che consiglieresti anche a loro? Avresti suggerimenti da dare ad un giovane che ha in mente di diventare olivicultore?

Penso che molti miei coetanei non sappiano purtroppo neanche dell’ esistenza di questo mestiere. è anche un lavoro che non tutti possono fare, richiedendo un grande sforzo fisico e notevole senso d’equilibrio. Appare ovvio che essendo praticato pochi mesi l’anno non è possibile svolgere solo questa attività, che comunque consiglio vivamente di valutare come possibilità di integrazione per quanti amano il contatto con la natura, per quelli che già sono agricoltori e comunque a tutti coloro che hanno a cuore il patrimonio ambientale e paesaggistico della nostra terra. Sono comunque consapevole delle difficoltà e della grave crisi in cui versa l’intera agricoltura italiana, che mi pare non favorisce la nascita di nuove attività agricole da parte delle nuove generazioni.

In quale periodo dell’anno va fatta la potatura e da dove cominci a potare?



Come ho gia accennato la potatura dell’Ulivo va praticata nei mesi invernali. Comincia a dicembre, dopo la raccolta, quando l’ulivo smette di vegetare per rinvigorirsi con l’inizio della primavera.
Si comincia sempre a tagliare dall’alto, procedendo verso il tronco dell’albero, così che le lunghe cime superiori cadendo non danneggino quelle basse, che vengono lavorate per ultime.
Si deve diradare in modo omogeneo la chioma della pianta, eliminando ciò che è secco o infetto da parassiti o che fuoriesce dal baricentro dell’albero e che potrebbe provocare la rottura di qualche braccio principale. La pianta nel suo interno deve essere svuotata dai germogli stagionali che sono improduttivi e impedirebbero lo sviluppo della vegetazione esterna, che poi è quella produttiva in quanto sviluppatasi dai rami e non direttamente dal tronco principale. A lavoro terminato l’ ulivo dovrà assumere una struttura circolare, quasi vuota all’interno, mentre esternamente le chiome saranno impostate su tre livelli in senso circolare, per far sì che l’irradiazione sia il più possibile omogenea. è importantissimo rispettare le proporzioni di ogni pianta, che sono date dall’altezza del tronco e dal suo baricentro. Occorre inoltre controllare che l’acqua piovana non trovi punti di stagnazione che fanno marcire il legno. Ricordo che anche l’ulivo ha il suo sistema linfatico sulla corteccia esterna, che è quindi il cuore di ogni pianta. Con il passare degli anni il tronco tende a svuotarsi al suo interno, a causa delle infiltrazioni piovane o per l’azione degli insetti che lo abitano.

Importante dunque trovare le cavità interne all’albero e forarle per far defluire l’ acqua: ciò viene fatto con una serie di scalpelli da legno. Una pratica antichissima, che favorisce nelle piante secolari la separazione del tronco in due o più parti, con combinazioni che le fanno apparire spesso ai nostri occhi come fantastiche opere d’arte e che nella pratica sono frutto dell’interazione secolare tra pianta, uomo e agenti atmosferici.

Potare un olivo, dunque, non è un’operazione banale, perché richiede esperienza e competenza, oltre la conoscenza sulla biologia della pianta. Una accurata potatura incide sulla produzione di un buon olio?

Dire che può incidere sulla produzione, perché la qualità dipende da più fattori che spaziano dalla cura del terreno, all’ uso di prodotti chimici antiparassitari/diserbanti, al metodo di spremitura delle olive.



Da tre a cinque parole per definire l’ulivo.

Padre, Generoso, Vitale…

Riesci a discernere un albero da un altro e riservi trattamenti particolari per qualcuno di essi?

Si, è importante saper distinguere le varietà di ulivo. Ognuno ha delle particolarità che caratterizzano la crescita e la buona produzione. Ogni pianta è un essere a sé stante e risente molto dell’affetto e cura che il proprietario riserva al proprio Uliveto.


Ti capita di ritornare sul posto a riguardare gli esiti del tuo intervento?
Certo, bisogna comunque tornarci, perchè la cura di un buon uliveto deve essere costante. Soprattutto dopo una potatura si interviene semestralmente effettuando la spollonatura dei germogli che ricopriranno l’albero nel periodo estivo. In quel caso si ha modo di rivedere il lavoro fatto su ogni pianta, stabilendosi con esse un rapporto empatico, tanto da riuscire a comprendere lo stato di salute che inciderà sulla fruttificazione.

Riesci a dare l’età ad un albero di olivo?

Non essendo un biologo non saprei dare un’età con certezza, specie se si tratta di un albero secolare, ma basandomi sulla morfologia della pianta e la storia del luogo in cui cresce, spesso ci riesco. Più semplice è per le piante relativamente giovani, di 20/40 anni, che si riconoscono dalla corteccia chiara e dal tronco ancora ben circolare.

Di fronte ad un albero millenario, che certamente incontrerai nel tuo lavoro, quali sensazioni provi? Credi che un albero di tal genere abbia la sua storia da raccontare?

Tutto dipende dall’amore con cui si pratica questo lavoro. Personalmente sono consapevole di trovarmi davanti ad un essere che esiste da molti secoli prima di me, che ha visto generazioni di uomini affaticarsi per lui e nutrirsi del suo frutto. Ogni estensione di ulivi incarna la nostra identità e le poderose radici delle sue piante ci spronano a legarci anche noi con questa terra. Gli ulivi sono un simbolo che ci accomuna tutti e attorno ad essi dovremmo unirci per ideali che vanno ben oltre l’arricchimento personale. La loro difesa e la lotta di tutti per conservare integro il nostro territorio mai come adesso dovrà essere strenua, per proteggere entrambi da gente avida, disposta a venderci per denaro.

Qual è il distretto della nostra provincia adibito a tale coltura che più ti affascina?

E’ difficile esprimere una preferenza. Tutte le località del Salento hanno una propria storia da raccontare. Per ovvi motivi mi sento particolarmente legato all’agro di Gallipoli, ma mi affascinano molto, per la storia e le particolarità paesaggistiche, anche l’area Idruntina ela Grecìa Salentina.

Un albero di olivo, secondo te, rispecchia il suo padrone?
Assolutamente si. Ogni uliveto rispecchia il suo proprietario, ed è facile notarlo guardando la cura con cui lo mantiene. Certo nell’attuale società in cui predomina la regola del profitto a tutti i costi notiamo tanti terreni in totale stato di abbandono, forse per volontà politiche occulte che perseguono un deliberato disinteresse per le politiche agricole, a favore di un mercato privo di regole, a danno dei nostri agricoltori. Il voluto abbandono sta facendo nascere un sempre maggiore interesse speculativo sul territorio da parte di imprese senza scrupoli, totalmente estranee e dissociate dalla realtà e dalla cultura del Salento.
Vista la tua sensibilità, trovi idonei i moderni criteri per la raccolta delle olive nel Salento?
Una domanda del genere richiederebbe un amplio dibattito sui metodi di coltura moderni e sull’inevitabile meccanizzazione delle agricolture. Certamente trovo ingiusto snaturare i nostri patriarchi, veri e propri giganti, per una questione di logistica della raccolta, che ormai va verso una ottimizzazione dei tempi, favorendo una diminuzione dei costi di produzione. A mio parere queste nuove tecniche si applicano meglio ai nuovi uliveti, mentre per i nostri patriarchi verdi avremmo bisogno di nuove regole, poche e chiare, per poterli tutelare.


Ed ora ti chiediamo di risponderci con gran sincerità. Di fronte a tanta passione, dietro lauto compenso capitozzeresti un albero di ulivo che dovrà essere espiantato?
NO! Anche se devo dire la verità mi capita sempre più spesso di essere chiamato a farlo. Certo bisogna capire se l’ espianto è causa di un ripristino del terreno, quindi di uno spostamento al suo interno. Ma sta accadendo molto spesso che l’espianto obbedisce a speculazione edilizia.

Immagina di avere in questo momento come tuo interlocutore un influente personaggio politico che potrebbe incidere molto sulla tutela degli ulivi di Puglia. Cosa gli chiederesti, a nome di tutti quelli che amano i verdi patriarchi e che sono fermamente convinti che l’ulivo debba continuare ad essere il simbolo della nostra regione.

Di rivedere le politiche agricole a favore dei nostri agricoltori salentini.
Di agricoltura si può vivere dignitosamente, a patto che non si abbandoni il territorio alla barbarie speculativa. Non servono leggi repressive sui proprietari di questi magnifici esseri, ma occorrono incentivi allo sviluppo e alla loro protezione.

Lo sviluppo economico non deve passare necessariamente per le vie più facili. Un altro sviluppo più sostenibile è possibile; non sarà la via più semplice, ma sicuramente è quella più giusta e democratica .

Fonte http://spigolaturesalentine.wordpress.com/2012/02/17/tanti-coloro-che-tagliano-pochi-quelli-che-potano/

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