Da uno dei vigneti più longevi di San Cassiano in provincia di Lecce, varietà e biotipi viticoli a rischio di scomparsa.
Asprinio
Il vitigno Asprinio
Il vitigno Asprinio, noto anche col nome di Ragusano, è diffuso inCampania, soprattutto nel Casertano e nel Napoletano. Le sue antichissime origini lo identificano come autoctono di questa zona: sembra infatti che derivi da antichi vitigni selvatici addomesticati dagli Etruschi, ed anche l'antico sistema di allevamento, ad alberata viva con viti maritate ad olmi o pioppi, sembra derivare da quei tempi antichi. La sua caratteristica di essere stato coltivato soprattutto in terreni sabbiosi lo ha protetto in parte dall'azione della fillossera e spesso ancor oggi si trovano coltivazioni di Aprinio allevate su piede franco. La sua spiccata acidità lo rende adatto alla spumantizzazione. Questo vitigno è alla base per la produzione del vino Asprinio di Aversa DOC.
Fonte: http://www.quattrocalici.it/vitigni/asprinio
Malvasia nera di Lecce
Il vitigno Malvasia nera di Lecce
Il vitigno Malvasia nera di Lecce Il vitigno come le altre Malvasie a bacca nera, appartiene a quella famiglia di vitigni Il cui nome "Malvasia" deriva da una variazione contratta di Monembasia, roccaforte bizantina abbarbicata sulle rocce di un promontorio posto a sud del Peloponneso, dove si producevano vini dolci che furono poi esportati in tutta Europa dai Veneziani con il nome di Monemvasia. Il vino fatto con questa varietà era divenuto estremamente popolare, tanto che Venezia pullulava di osterie, chiamate Malvase, consacrate al suo consumo.
Nonostante la Malvasia nera di Lecce e la Malvasia nera di Brindisi siano iscritte nel Registro Nazionale delle Varietà con due codici differenti, recenti studi sembrano dimostrare una perfetta identità tra i due vitigni. Tuttavia, a differenza della Malvasia nera di Brindisi che si contraddistingue per un tono leggermente aromatico, la Malvasia nera di Lecce non presenta mai note aromatiche.
Fonte: http://www.quattrocalici.it/vitigni/malvasia-nera-di-lecce
Negroamaro - Biotipo a grappolo spargolo
Con il Primitivo e il Nero di Troia completa il trittico degli autoctoni pugliesi più conosciuti ed esportati. La data certa della coltivazione di questo vitigno, concentrata prevalentemente nel Salento, non è nota. Si tratta di uno dei vitigni più antichi d'Italia poiché gli si attribuisce un'origine greca risalente alla colonizzazione ellenica avvenuta tra l'VIII e il VII secolo a.C.
Il suo attuale nome probabilmente deriva dalla combinazione del termine latino “niger” e greco “mavros” che significano entrambi nero, quindi Negroamaro come nero-nero per via del colore scuro delle uve. Caratterizzato da una forma tronco-conica, il grappolo, compatto, semplice e corto, presenta acini di media dimensione, con buccia pruinosa spessa e consistente di colore nero-violaceo.
Il suo attuale nome probabilmente deriva dalla combinazione del termine latino “niger” e greco “mavros” che significano entrambi nero, quindi Negroamaro come nero-nero per via del colore scuro delle uve. Caratterizzato da una forma tronco-conica, il grappolo, compatto, semplice e corto, presenta acini di media dimensione, con buccia pruinosa spessa e consistente di colore nero-violaceo.
Il Negroamaro ha una maturazione mediamente tardiva, a tal proposito è doveroso citare la scoperta, avvenuta nel 1994 da parte dei ricercatori dell'Istituto Sperimentale per la Viticoltura di Conegliano, di un ceppo che presentava un evidente anticipo dell'invaiatura e della maturazione rispetto agli altri. I risultati delle analisi confermarono che il biotipo individuato presentava caratteristiche tipiche del Negroamaro ma possedeva una precocità di maturazione talmente marcata (di circa 20 giorni) da influenzare in modo decisivo anche la componente chimica dell'uva.
Tale diversità di comportamento di questo ceppo ne consentì l'iscrizione al registro Nazionale delle Varietà come vitigno autonomo con il nome di Negroamaro Precoce o Cannellino. Al di là delle differenti tipologie, il Negroamaro ha una naturale resistenza alle principali malattie e bucce ricche di polifenoli come il resveratrolo e antociani peraltro molto stabili dal momento che la sola malvina rappresenta il 38% del totale.
Altra caratteristica molto importante è che il Negroamaro resiste molto bene al calore e non perde facilmente la propria acidità, motivo per il quale diversi produttori di regioni calde di tutto il mondo si interessano sempre di più a questa varietà. Previsto nei disciplinari di quasi la metà delle Dop pugliesi, è da sempre stato utilizzato, oltre che per la produzione di grandi rossi, giovani o da invecchiamento, anche per una peculiare versione di rosati dal carattere deciso e dagli abbinamenti intriganti. Da non dimenticare, poi, che il primo vino rosato imbottigliato in Italia (nel 1943) è stato ottenuto proprio dalle uve di Negroamaro.
Tale diversità di comportamento di questo ceppo ne consentì l'iscrizione al registro Nazionale delle Varietà come vitigno autonomo con il nome di Negroamaro Precoce o Cannellino. Al di là delle differenti tipologie, il Negroamaro ha una naturale resistenza alle principali malattie e bucce ricche di polifenoli come il resveratrolo e antociani peraltro molto stabili dal momento che la sola malvina rappresenta il 38% del totale.
Altra caratteristica molto importante è che il Negroamaro resiste molto bene al calore e non perde facilmente la propria acidità, motivo per il quale diversi produttori di regioni calde di tutto il mondo si interessano sempre di più a questa varietà. Previsto nei disciplinari di quasi la metà delle Dop pugliesi, è da sempre stato utilizzato, oltre che per la produzione di grandi rossi, giovani o da invecchiamento, anche per una peculiare versione di rosati dal carattere deciso e dagli abbinamenti intriganti. Da non dimenticare, poi, che il primo vino rosato imbottigliato in Italia (nel 1943) è stato ottenuto proprio dalle uve di Negroamaro.
Fonte: http://www.vinidipuglia.com/index.php/it/major-grapes
Foto del Dottore Agronomo Fabio Lazzari
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