venerdì 27 aprile 2012

Sviluppo razionale per l’agricoltura europea

ACCADEMIA DEI GEORGOFILI

Inaugurazione del 259° Anno Accademico

RELAZIONE DEL
PRESIDENTE

Franco Scaramuzzi

Sviluppo razionale per

l’agricoltura europea

Produttività agricola e tutela ambientale

Sviluppo agricolo e sviluppo rurale

Scelte strategiche nella realtà globale

Condizionalità quale pianificazione indiretta

P
ALAZZO VECCHIO, 24 APRILE 2012

1

Si sta celebrando
quest’anno il 50° anniversario della PAC (Politica Agraria

Comunitaria) che rimane ancora l
unica vera politica unitaria europea e per la quale è

in corso una revisione (la quinta negli ultimi 20 anni) che dovrebbe andare in vigore

dal 2014 al 2020.

All’argomento
, i Georgofili hanno già dedicato la Prolusione dello scorso anno,

svolta dal
l’Accademico Michele Pasca-Raymondo, Presidente della nostra Sezione

Internazionale di Bruxelles. Ne hanno poi approfondito la discussione attraverso otto

adunanze pubbliche
1. Con questa relazione sintetizzeremo e commenteremo alcune

delle principali considerazioni emerse.

Ai connessi problemi climatico-ambientali, inquadrati nelle più aggiornate

conoscenze e nelle attuali esigenze, sarà dedicata la Prolusione a questo 259° Anno

dei Georgofili, affidata al Vice Presidente Prof. Giampiero Maracchi.

Produttività agricola e tutela ambientale

Nata con il Trattato di Roma nel 1957 (solo un secolo circa dopo la nostra Unità

Nazionale), la Comunità Europea ebbe subito bisogno di superare le tante e peculiari

differenze esistenti fra le agricolture degli Stati membri, affrontando non facili

riconversioni. La PAC nacque nel 1962, con il dichiarato intento di assicurare alla

popolazione la necessaria disponibilità di cibo a prezzi accessibili ed agli agricoltori

un adeguato tenore di vita. Il suo successo portò a situazioni di complessiva

eccedenza per alcune produzioni alimentari. Si passò dal sostegno dei prezzi a quello

diretto agli agricoltori
2, e si introdussero particolari attenzioni alla tutela ambientale,

ricorrendo anche a strumenti estranei alla nostra cultura, quale il
“set-aside”. Nel

1
Nel corso del 2011: il 15 febbraio a Padova, il 19 aprile a Firenze, il 24 maggio a Pisa, il 4 novembre a Firenze, il 18

novembre a Torino ed il 24 novembre ancora a Firenze. Nel 2012: a Pisa il 13 gennaio ed a Firenze il 30 gennaio.

2
Dopo decenni di protezionismo, si passò dal MEC (Mercato Europeo Comune) al “libero” mercato globale, dinamico e

instabile, dominato da organizzazioni dotate di potenti mezzi finanziari e strutture di monitoraggio, di fronte alle quali

i nostri agricoltori, ancorché associati, risultano ancora piccoli e difficilmente competitivi.

2

2000, dette vita e sostegno anche ad uno sviluppo rurale, contestuale ma distinto da

quello agricolo, entrambi comunque a carico del bilancio europeo destinato

all’agricoltura.
Pochi anni dopo, con la “Revisione di Medio Termine”, i sostegni

all’agricoltore venne
ro commisurati con parametri “disaccopiati”, cioè indipendenti

dalla produttività, ma sempre più vincolati al rispetto di specifiche norme ambientali.

Anche dal 2009, dopo la revisione de
ll’“Health check, gli indirizzi rimasero

sostanzialmente analoghi ai precedenti.

Per la nuova riforma oggi in discussione, chiamata
“Europa 2020”, nell’ottobre

2010 era già stato presentato un documento contenente le sue linee guida.

Nel
l’ottobre scorso (2011), la Commissione Europea ha reso noto il testo ufficiale

che, per effetto della
“codecisione” introdotta con il Trattato di Lisbona, dovrà essere

ora, per la prima volta, discusso e approvato anche dal Parlamento europeo. Le ampie

premesse evidenziano intenti condivisibili tra i quali quelli
di favorire “lo sviluppo

de
lla competitività” delle produzioni agricole, di affrontare “le crescenti

preoccupazioni in materia di sicurezza dell’approvvigionamento sia nell
a UE che su

scala mondiale”
, di semplificare le procedure e di ridurre gli oneri amministrativi dei

beneficiari, di mirare ad una crescita definita
intelligente, sostenibile ed inclusiva3.

Ma, nelle successive parti, laddove si precisano le linee concrete di attuazione dei

principi enunciati, non viene dato coerente ed adeguato seguito alla dichiarata

consapevolezza del mutato scenario internazionale. Si propone invece una revisione

di alcuni criteri già in atto, mantenendo sostanzialmente le stesse logiche attuali,

manifestamente sensibili ad istanze ambientaliste e chiaramente mirate a scoraggiare

chi intendesse continuare a svolgere solo attività produttive.

Vorremmo apprezzarne gli obiettivi e gli strumenti proposti, ma ci sentiamo

invece spinti a riflettere se le funzioni prioritarie
dell’agricoltura siano quelle

produttive (tradizionalmente indicate come agro-silvo-pastorali) o quelle relative alla

tutela ambientale. Premesso che riteniamo entrambe irrinunciabili, in un equilibrio

3
Per far meglio comprendere i propri intenti, la Commissione Europea ha lanciato un programma di iniziative nei sei

Paesi fondatori della UE, denominato “
Partnership tra l’Europa e gli agricoltori”. Il tema viene divulgato anche con una

campagna di comunicazione in 22 lingue attraverso il sito pac@50 e con apposite mostre itineranti.

3

razionale
4, e che vadano considerate anche a livello planetario, nel quadro dei

processi di globalizzazione ormai difficilmente reversibili, né eludibili, cercheremo di

farci meglio intendere, usando i termini più elementari e facilmente accessibili a

chiunque.

Siamo tutti consapevoli che, per la nostra sopravvivenza fisica, è indispensabile

nutrirsi e respirare. Né possiamo permetterci di dimenticare che queste due vitali

esigenze vengono entrambe soddisfatte grazie alla presenza delle piante, unica fonte

di ogni nostro cibo (anche se di origine animale)
e preziosa sorgente dell’ossigeno

indispensabile per l’
equilibrio atmosferico. Il compito di gestire, tutelare e mantenere

razionalmente attive queste preziose risorse rinnovabili della biosfera è stato sempre

svolto in primo luogo dagli agricoltori che sono inconfutabilmente i più diretti

interessati a conservarne e perpetuarne la fruibilità. In questi testuali termini si

esprime infatti la moderna e sintetica definizione omnicomprensiva
di “agricoltura”

che i Georgofili hanno da qualche tempo aggiornato e proposto come:
razionale

gestione e tutela delle risorse rinnovabili della biosfera
.

Recentemente, anche il Georgofilo José Manuel Silva Rodriguez, Direttore

generale della Commissione Europea
per l’agricoltura, lo scorso febbraio a Verona ha

giustamente espresso
l’auspicio che venga realizzata “una nuova PAC forte, con

approcci diver
si da quelli del passato” ed ha anche opportunamente sottolineato che

“la competitività economica
e la sostenibilità ambientale non devono essere in

conflitto tra loro
”.

In realtà,
si sta troppo spesso usando il termine “ambiente” in modo confuso,

sovrapponendolo e mescolandolo a concetti ecologici, climatologici, paesaggistici,

territoriali, sociali, ecc..
L’ambiente è infatti costituito da tutto ciò che ci circonda e

che caratterizza uno specifico
habitat. Nulla è escluso, anche se immateriale.

4
Si è recentemente diffuso l’uso del termine “sostenibile”, nato probabilmente da una discutibile traduzione da un

linguaggio che non ci appartiene. Il suo significato intenderebbe essere quello che ci hanno insegnato ad esprimere

con la parola
razionale. Nella nostra lingua, tutto ciò che è sostenibile (idee, fatti, cose, ecc.) non è detto che sia

sempre razionale. Invece ciò che è del tutto
razionale è sempre sostenibile. Non sentiamo quindi il bisogno di adottare

nuovi termini che possono servire solo a generare ulteriori improvvidi equivoci. I francesi preferiscono, infatti, usare

termini diversi, quale
raisonable.

4

Gli stretti legami tra agricoltura e ambiente sono antichi e storicamente noti
5. La

tutela ambientale, nel suo ampio significato, è stata realizzata nei secoli non solo con

la già citata “gestione delle risorse biologiche rinnovabili”, ma anche attraverso le

molteplici attività
“polifunzionalidi pubblico interesse, gratuitamente espletate dagli

agricoltori
6, a cominciare dalle sistemazioni e lavorazioni del terreno, anche allo

scopo di regimare le acque piovane per evitare alluvioni,
contenere l’erosione del

suolo, prevenire frane e dissesti idrogeologici. Di storica e riconosciuta rilevanza

sono stati i contributi dei Georgofili per lo studio ed il progresso delle apposite

tecniche agronomiche
7. L’attuale crescente frequenza di questi disastri “naturali” è

stretta
mente correlata all’abbandono delle attività agricole ed alla progressiva

“cementificazione” delle campagne.

Nessuno, probabilmente neppure lo Stato, potrà sostenere
l’impegno e l’onere

per il ripristino e la perpetua manutenzione delle tante e diffuse opere indispensabili.

Nessuno potrà sostituirsi agli agricoltori, con pari diligenza, nel quotidiano

lavoro di tutela ambientale.

Avremo quindi tutto il tempo per riflettere sull’errore storico –
e purtroppo

ancora attuale
di aver sottovalutato e trascurato l’importanza dell’agricoltura,

lasciandola cadere in difficoltà ed in condizioni di non mantenersi competitiva e

neppure di produrre adeguati redditi per sopravvivere.

Purtroppo, l
attuale elaborazione della nuova PAC si sta svolgendo in un

periodo di grave crisi economica, finanziaria, politica e morale che ha già provocato

effetti destabilizzanti ed un diffuso scoraggiamento ne
l mondo dell’agricoltura8. Ma

5
Si rimanda al recentissimo Quaderno della Rivista di Storia dell’Agricoltura (n. 8, 2012) su “Agricoltura e ambiente”.

6
Ancora una volta si è generata confusione nell’uso della terminologia. Le aziende definite “polifunzionali” hanno da

sempre svolto una serie di interventi (funzioni) di pubblica utilità. Neppure il termine “multisettoriale” è nuovo,

perché da sempre definisce le aziende nel cui ambito si realizzano anche attività non agricole, ma afferenti a settori

produttivi diversi (industria, turismo, ecc.), o le stesse trasformazioni manifatturiere dei prodotti primari (cantine,

caseifici, oleifici, ecc.) e non solo alimentari.

7
Si è sempre sollecitato un progresso e sviluppo razionale. Ciò non significa solo ottenere produzioni maggiori e

migliori, riducendo i costi per accrescere i redditi, ma anche salvaguardando tutt
o ciò che può danneggiare l’uomo ed

il suo
habitat.

8
D. Casati, F. Albisinni, L. Russo, F. Vecchioni, L. Costato: “La riforma della PAC”. I Georgofili, Quaderni, 2012-1.

5

ciò dovrebbe anzi essere motivo per adottare coraggiose strategie innovative,

adeguate ad un prossimo futuro nel quale la carenza alimentare rappresenterà un

fattore determinante e le attività agricole assumeranno un ulteriore valore strategico.

Il Presidente del Consiglio Mario Monti, intervenendo il 22 febbraio scorso al

35° Consiglio Generale dei
Governatori dell’IFAD (Fondo Internazionale per lo

Sviluppo Agricolo), ha affermato che “non dobbiamo perdere di vista una crisi molto

più vasta e profonda: quella energetica e alimentare”
... “La sicurezza alimentare deve

essere una priorità per la comuni
tà internazionale e per l’Italia” ... “Un mondo

affamato è un mondo ingiusto ed è anche un mondo instabile”.

La necessità di rimettere la produttività al centro dell’attenzione è stata

ripetutamente evidenziata dal
l’Accademico prof. Paolo De Castro, Presidente della

Commissione Agricoltura del Parlamento Europeo.

Anche il nostro Ministro
dell’Agricoltura Mario Catania ha ricordato che “la

PAC deve dettare i principali indirizzi guida per gli agricoltori europei, senza

dimenticare che le attività imprenditoriali agricole sono rivolte allo sviluppo

quantitativo e qualitativo della produzione”.

Sviluppo agricolo e sviluppo rurale

Come si è già accennato, dagli anni 2000 l
Unione Europea ha ritenuto

opportuno realizzare
anche uno sviluppo “rurale”, accanto a quello “agricolo”,

nell’intento di
incentivare un maggiore equilibrio tra campagna e città, nei redditi, nel

tenore di vita e nella distribuzione della popolazione.

L
’ambiguità derivante dall’uso di questi due termini, ormai da tempo

diffusamente considerati sinonimi
9, per indicare cose che si vorrebbero invece

distinguere fra loro, fu presto rilevata dalla stessa Commissione Europea, che già nel

2000 riconobbe
l’impossibilità di trovare una inequivocabile definizione di “ruralità”.

Anche vari Paesi membri hanno infatti dato interpretazioni diverse allo sviluppo

9
I termini “agricolo” e “rurale”, entrambi di origine latina (“ager” e “rus”), per millenni sono stati usati ad indicare il

mondo delle campagne, in un contesto distinto da
quello “cittadino” o “urbano”, termini anche questi di origine latina

(“
civitas” e “urbs”). Due mondi che erano sempre rimasti socialmente diversi, divisi e talvolta contrapposti fra loro.

6

rurale.

Nonostante tutto, il termine
“rurale” continua comunque ad essere usato, forse

perché offre una immagine facilmente utilizzabile per attuare uno sviluppo non

agricolo” delle campagne.

In realtà, lo
“sviluppo rurale” ha potuto essere utile all’agricoltura facendo

nascere nuove attività nelle aziende agricole, per stimolarne la plurisettorialità
7 e

integrarne i redditi, quindi migliorando
l’economia generale delle campagne

(significativo è l
esempio offerto dallo sviluppo agrituristico). Ma, laddove ha

finanziato anche iniziative autonome al di fuori delle aziende agricole, ha contribuito

ad incrementare il già spontaneo trasferimento di
addetti all’agricoltura verso attività

in altri settori. Questo abbandono delle attività agricole non ha però determinato una

emigrazione, ma spesso soltanto un trasloco di domicilio nella stessa area
10.

I due sviluppi (rurale e agricolo) si attuano generalmente nel contesto di uno

stesso territorio, che era agricolo. Ciò contribuisce a confondere, coprire,

mimetizzare
11 o comunque motivare linarrestata urbanizzazione delle campagne, che

non ha certo bisogno di incentivi pubblici per dilagare ulteriormente. Tutto ciò non va

solo a danno
dell’agricoltura, ma anche dell’ambiente e di quanto ha sempre

costituito i pregi unici delle campagne, che si vorrebbero e si dovrebbero invece

tutelare.

Scelte strategiche nella realtà globale

Sembra essersi diffusa l’
infondata idea che la globalizzazione possa portare ad

un mercato globale, dotato di una inesauribile disponibilità di
commodities agricole,

dal quale attingere indefinitamente e spesso a condizioni convenienti, nonostante le

speculazioni finanziarie e l’instabilità o volatilità dei prezzi
. Le nostre agroindustrie

10
Alla crescente carenza di manodopera agricola stanno sopperendo le prestazioni stagionali di poveri immigrati. E’

stato calcolato che 30 mila profughi passati nel 2011 da Lampedusa hanno salvato la vendemmia in molte zone della

nostra penisola. Ma è facilmente prevedibile che anche gli attuali immigrati, non appena ottenuta una stabilizzazione

e residenza, con relativi diritti, seguano l’esempio di chi li precedeva.

11
La mimetizzazione è certo un atto consapevole da parte di chi oggi preferisce parlare di “paesaggio rurale”, anziché

usare il più
abituale termine di “paesaggio agrario”, proprio perché caratterizzato dalla presenza di campi coltivati.

7

alimentari sono state giustamente libere di importare queste
commodities a condizioni

vantaggiose
. Ma, contestualmente, i nostri agricoltori hanno dovuto invece sostenere

costi di produzione sempre più alti e sempre meno competitivi rispetto a quei prezzi.

In questa situazione, la nostra agricoltura ha finito per essere ingiustamente

considerata trascurabile e destinata ad un triste futuro.

Si sta già registrando nella Unione Europea, la progressiva - e per lo più

irreversibile - perdita annuale della SAU. Sarebbe stata di 14 milioni di ettari negli

ultimi venti anni. Inoltre, da qualche tempo, anche ampie superfici, tuttora agrarie e

di buon terreno, rimangono incolte perché non in grado di fornire un reddito.

Sembra incredibile che non ci si accorga come anche la nostra agroindustria

potrebbe andare incontro agli stessi rischi, qualora continuassero a venir meno i suoi

originali motivi di successo, basati sull
’impiego di prodotti agricoli di qualità e di

grande reputazione, legati ai territori di origine. Se non si desse più valore al prestigio

di questi legami, sarebbe più facile per gli attuali Paesi esportatori di
commodities

sviluppare anche un
altrettanto competitiva trasformazione ed esportazione in Europa

di prodotti alimentari elaborati, magari etichettati con i nostri storici marchi, acquisiti

e usati da multinazionali o da singole imprese delocalizzate.

Per evitare o almeno frenare
l’attuale progressiva consunzione dellagricoltura

produttiva europea, bisognerebbe cominciare a realizzare più stretti ed equilibrati

rapporti fra tutte le imprese che partecipano ad una intera filiera
“dal campo al

consumatore”,
con una più equa ripartizione del valore aggiunto finale che attenui

ogni eccessiva e pericolosa sperequazione fra i redditi degli addetti, a cominciare

dagli agricoltori.

Nessun Continente e nessun singolo Paese può ignorare
l’allarme

autorevolmente lanciato dalla FAO
(Organismo Mondiale dell’ONU, specificamente

dedicato ai problemi dell’agricoltura e degli alimenti)
per l’immanente pericolo di

non poter più soddisfare il fabbisogno alimentare mondiale. Tutti sappiamo che entro

la metà di questo secolo bisognerebbe raddoppiarne
l’attuale complessiva

produzione, tenendo conto che non si può più fare assegnamento sulla possibilità di

8

estendere le superfici coltivabili del nostro pianeta. Non si tratta solo di far fronte

all’incremento numerico della popolazione
mondiale (che passerà dai 7 miliardi

attuali a circa 9 miliardi nel 2050); si tratta anche di soddisfare le maggiori esigenze

alimentari ed il conseguente aumento medio dei consumi nelle grandi aree mondiali

in sviluppo
12.

Chi non condividesse i motivi di questo allarme, avrebbe il dovere di

dichiararlo. Altrimenti, dovrebbe impegnarsi a collaborare. Ciò significa innanzitutto

che ogni Paese dovrebbe conservare almeno la destinazione agricola delle proprie

superfici attualmente coltivate, incrementare le proprie produzioni unitarie e gli

stoccaggi di adeguate riserve alimentari, nonché ridurre i crescenti sprechi di

alimenti.

Desterebbe meraviglia e solleverebbe qualche perplessità se la FAO non

rilevasse la mancanza di nostri concreti interventi in favore della sicurezza

alimentare.

L’Unione Europea non può astrarsi da quest
a primaria esigenza globale e deve

fare scelte strategiche concrete, rinunciando al vano tentativo di non scontentare

qualche Stato membro, o
lobbies e corporazioni. Anche per evitare che in qualcuno

nasca la presunzione di essere determinante per il bene od il male del nostro

continente.

Condizionalità quale pianificazione indiretta

Quando le scelte politiche indicano linee programmatiche per lo sviluppo e

decidono di incentivarle concedendo sostegni finanziari, comunque configurati, le

libere prerogative imprenditoriali vanno sempre rispettate e coinvolte. Concedendo,

invece, finanziamenti solo a chi accetti condizioni vincolanti, si va oltre i limiti di una

programmazione e in realtà si attua una forma concreta di pianificazione, sia pure

indiretta. Questo è appunto il carattere che assume
la “condizionalità”, già applicata

12
La disponibilità di prodotti alimentari ha storicamente avuto sempre un grande valore strategico. Non

dimentichiamo che fu l’arma vincente della guerra fredda. Essa rappresenterà anche in futuro un efficace strumento

politico per conseguire sicurezza.

9

con la PAC e confermata per il prossimo futuro. Nelle loro attuali condizioni

economiche, molti agricoltori sono costretti ad accettare qualsiasi direttiva

vincolante, assumendo in proprio i rischi di ogni possibile danno, anche nel tempo.

Pensiamo, ad esempio, al nuovo provvedimento denominato
greening, che

prevede di sottrarre alle aziende agricole un preciso 7% della loro superficie coltivata,

non per lasciarla incolta temporaneamente (come nel
set-aside), bensì con il

presumibile intento di mantenerla come area verde permanente. Ciò potrà forse

favorire la fauna selvatica ed i cacciatori, ma è difficile pensare che un tale

provvedimento possa essere
adottato per ridurre l’“effetto serra”, in base alle

differenze, nella variabile capacità di assorbimento della CO
2, tra il verde di una flora

locale spontanea e quello delle piante coltivate.
L’eventuale, presunto vantaggio

sarebbe comunque pagato a caro prezzo, soltanto dagli agricoltori, decurtando l
intera

produzione agricola europea. Inoltre, la riduzione della superficie coltivata causerà,

sia pure in misure diverse, un ulteriore trasferimento di addetti all’agricoltura verso

attività più inquinanti.

Analoghe perplessità suscita l’imposizione
ad ogni azienda di coltivare

contemporaneamente almeno tre seminativi diversi. Difficili da comprendere le

possibili motivazioni. Una medesima pluralità di colture, anche se ugualmente

ripetuta in tante aziende, non porta certo all
’arricchimento della biodiversità genetica,

ma potrebbe solo offrire un presunto e soggettivo apprezzamento del paesaggio

agricolo da parte di chi lo preferisce più tradizionalmente frastagliato. Non sembra

comunque preoccupare la certezza che questi criteri comporteranno un aumento dei

costi di produzione.

Continuano così ad emergere velleitarie suggestioni pianificatrici, che la storia

ha già più volte sperimentato e giudicato. Questo dirigismo vincolante della

condizionalità potrebbe,
fra l’altro, moltiplicare anche le tentazioni di raggirare

l
’eccessivo numero di norme e di controlli, aumentando ulteriormente la burocrazia

ed i suoi costi.

Può già capitare che
l’onere burocratico complessivo risulti maggiore

10

dell’ammontare
del finanziamento concesso. Sarebbe comunque opportuno calcolare

il rapporto costi/benefici, soprattutto per la somme ripartite a pioggia. Sommando

anche il valore di tutti gli oneri che le Amministrazioni di Bruxelles, di Roma, degli

Enti locali e delle Aziende beneficiarie devono assumere per la gestione della PAC,

sorge il dubbio che il castello costruito sia troppo grande e costoso. Anche la Corte

dei Conti dell’Unione Europea la settimana scorsa ha espresso il proprio parere sul

testo della nuova PAC formulando importanti rilievi critici, tra i quali la eccessiva

complessità del quadro normativo proposto e la necessità di rimanere più aderenti

agli obiettivi riguardanti l’aumento della produttività agricola, nonché l’incremento

del reddito di coloro che lavorano nell’agricoltura.

Soprattutto per stimolare e incentivare
l’innovazione, potrebbero essere investite

somme maggiori se si risparmiasse nella gestione burocratica e si adottassero metodi

più semplici. Attraverso libere iniziative, responsabilmente proposte dagli stessi

imprenditori agricoli, si potrebbero realizzare più facilmente quegli scopi ai quali

mirano gli indirizzi enunciati della UE. Si moltiplicherebbero le idee da

implementare e quindi la possibilità di incentivare una vasta pluralità di esperienze,

evitando di far cadere disastrosamente su tutta la collettività i danni di un eventuale

insuccesso delle scelte uniche e vincolanti. Importante sarebbe comunque discutere e

vagliare proposte metodologiche alternative.

Con
l’appello ad una più approfondita riflessione generale sulla PAC, vorremmo

stimolare anche un nostro atteggiamento meno passivo. Le direttive di Bruxelles sono

state finora accettate dopo aver discusso guardando prevalentemente ai particolari dei

singoli provvedimenti, alle ricadute dei contributi finanziari sui vari settori di attività,

sulle varie Regioni e sul proprio Paese rispetto agli altri. Sono tutti aspetti certamente

importanti. Bisogna però avere il coraggio di alzare la testa e lo sguardo per verificare

dove porti la rotta e riconsiderare anche
l’efficienza della PAC, come forte politica

agraria europea, dinamica e attenta al cangiante contesto globale.

Vorremmo richiamare l’attenzione di coloro che sono oggi alla ribalta della

politica europea sulle responsabilità che si assumerebbero di fronte alla storia se non

11

dimostrassero di essere
all’altezza di chi li ha preceduti e ha fin qui realizzato una

tanto difficile, quanto sacrosanta Unione del nostro vecchio continente, che ha già

tanto pagato per i disastri delle sue improvvide discordie fratricide.

Le idee e le azioni dei Georgofili sono sempre state improntate ad un coerente

spirito unitario. Siamo passati attraverso quello risorgimentale e stiamo vivendo

quello della unificazione europea. Con lo stesso spirito costruttivo, abbiamo però

ritenuto giusto e doveroso mettere oggi realisticamente in evidenza la necessità di

riconsiderare alcune scelte di fondo della PAC, anche perché dalle esperienze finora

acquisite possano trarsi elementi utili per realizzare
l’attesa e indispensabile politica

unitaria negli altri settori vitali della nostra Unione Europea, nel cui ideale

continuiamo fermamente a credere, così come in un futuro sempre più solidale

dell’umanità
.

Con questo forte spirito e intento dichiariamo aperto il 259° Anno Accademico

dei Georgofili.

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