giovedì 5 dicembre 2013

LINEAMENTI DELLA VEGETAZIONE DEL SALENTO (PUGLIA MERIDIONALE - ITALIA)




G.G. LORENZONI  L. GHIRELLI
Dipartimento di Biologia - Sezione di Geobotanica
Università di Padova

LINEAMENTI DELLA VEGETAZIONE DEL SALENTO (PUGLIA MERIDIONALE - ITALIA)

RIASSUNTO

Viene sinteticamente esaminata la situazione vegetazionale del Salento ed il suo dinamismo in rapporto al passato ed al presente.
E’ evidente che gli aspetti attuali, in buona parte relitti, sono frutto di un continuo rimaneggiamento avvenuto attraverso millenni.
Cosi è ben difficile, sulla base della vegetazione attuale, ricostruire quella potenziale. Tuttavia si può riconoscere, a parte le situazioni endemiche legate alla flora, una fondamentale omogeneita mediterranea per la vegetazione gravitante nell’ambito della classe Quercetea ilicis.
ABSTRACT
OUTLINE OF VEGETATION OF SALENTO
(SOUTH APULIA - ITALY)
The vegetational situation of the Salento region is breafly examined, together with his dinamism, related to the past and present. It is evident that the present vegetational environment, for the most part rectual, is the effect of a continuous modifications obtained through some millennia. So, it is very difficult to discover the past vegetation (potential vegetation) to recognize a fundamental mediterranean homogenity for the vegetation (Quercetea ilicis class) together with the endemic situations related to the flora.

Parole chiave: Salento, mediterraneith, vegetazione, climax, serie.
Key words: Salento, mediterranean situation,, vegetation, climax, series.

INTRODUZIONE
Quando un viaggiatore si spinge nell’estremo sud orientale della penisola italiana viene colpito dalle forme e dai colori della vegetazione: macchia, bosco, vegetazione delle rocce, dei campi, dei bordi delle strade, delle spiagge, delle paludi salmastre, ecc.
Colori, determinati da specie in fioritura o in semplice fase vegetativa, che si mescolano, si alternano ciclicamente soprattutto nella primavera, ma non mancano nelle altre stagioni, nemmeno negli aridi mesi estivi quando il paesaggio bruciato dal sole odora di elicriso.
Vedendo questo paesaggio il viaggiatore sprovveduto, colpito da queste visioni, immagina di trovarsi di fronte a situazioni naturali originarie, forse, se ha un po’ di cultura naturalistica, di fronte a stadi climacici.
Questa varieta di situazioni, di forme, di organismi, deve essere stata alla base dell’interesse, quasi morboso, dimostrato nel secolo scorso da studiosi come Porta e Rigo (Rigo, 1887) per la Puglia ed il meridione in genere, e Growes (1885, 1887) per il Salento.
Quanto, però, corrisponde a verita? Probabilmente non riusciremo a saperlo.
Comunque vediamo di fare un quadro della situazione vegetazionale del Salento, sintetizzando quanto risultato da vari studi e, soprattutto, da una sintesi pubblicata qualche anno fa (CANIGLIeAt al. 1984). Anche se si faranno accenni a situazioni floristiche e vegetazionali di vari ambienti, si puntera fondamentalmente sulle serie dinamiche della macchia mediterranea, progenie del climax o dei climax esistenti nella notte dei tempi, quando l’azione dell’uomo non si faceva ancora sentire come agente modificatore dell’ambiente.
LINEAMENT1 DELLA VEGETAZIONE
L’interpretazione della vegetazione naturale del Salento è in relazione ad un insieme di fattori che hanno agito e agiscono su quest’area di particolare interesse naturalistico.
Se da una parte fenomeni paleogeografici hanno influenzato la vegetazione soprattutto dal punto di vista compositivo, dall’altra fenomeni legati alla antropizzazione hanno agito in particolare sulla sua fisionomia.
Dal punto di vista fitogeografico gli aspetti piu significativi trovano la loro maggior corrispondenza nella penisola balcanica e nelle isole dell’Egeo. La migrazione di determinate forme vegetali tipicamente orientali e il loro conseguente insediamento nella penisola italiana, sono quasi sicuramente riportabili al collegamento
pontico delle masse pugliesi con il continente egeico meridionale verificatosi alla fine del Miocene.
La congiunzione con il continente egeico e la successiva disgiunzione hanno permesso il permanere ne1 Salento di aspetti vegetazionali abbastanza simili a quelli d’oltremare e la formazione di stazioni relitte di specie che, in seguito ad isolamento millenario, si sono trasformate modificandosi, rispetto ai taxa originari, in endemiti salentini o pugliesi (LORENZON19I,7 8).
Le specie piu significative per il legame con 1’Illiria e la Balcania sono Quercus trojana Webb, Quercus coccifera s.1. (in Salento Quercus calliprinos Webb o Quercus coccifera L. ssp calliprinos (Webb) (Corti), Periploca graeca L., e per il loro carattere diendemiti, Alyssum le ucad eum Guss. , Centaurea Leucadea Lacaita, Campanula versicolor Sibt. et Sm.
In altro modo hanno influito quei fattori tipici nell’area mediterranea legati alla presenza dell’uomo quali il pascolamento, l’agricoltura e gli incendi, che hanno creato situazioni estremamente degradate. A questi vanno aggiunti fenomeni tipici della nostra epoca e ben piu pericolosi per l’ambiente come le lottizzazioni, gli impianti industriali e turistici.
L’azione antropica, che perdura da ben oltre tre millenni, ha portato ad una modificazione del paesaggio vegetale, tanto che oggi non esistono piu o quasi le tracce della vegetazione naturale originaria e costituisce una delle principali cause della mancata e mancante evoluzione della vegetazione verso le formazioni forestali.
La vegetazione potenziale intesa come vegetazione esistita nel passato e quindi potenzialmente presente anche oggi, se non fossero intervenute influenze e modificazioni antropiche, pub essere oggi testimoniata dai resti di vegetazione spontanea, ritenuti prossimi allo stato climacico. Spesso, però, sono solo delle pallide immagini della vegetazione del passato, accantonate negli ambienti marginali, quelli che I’UOMO ha meno ricercato per lo sfruttamento e l’utilizzazione o rappresentano la ricostituzione piu o meno indisturbata di situazioni precedentemente distrutte.
La vegetazione potenziale, intesa come possibile vegetazione che potrebbe formarsi o riformarsi in seguito all’abbandono dell’ambiente, non è di facile interpretazione in quanto ci si trova di fronte, per la maggior parte, a situazioni di estremo degrado che possono essere una chiave di lettura e di previsione, fermo restando la difficoltà di ipotizzare con certezza verso quale equilibrio si possa spostare l’attuale vegetazione.
Dall’analisi dei resti vegetazionali si può pensare a1 Salento come ad una regione di boschi costituiti da una rigogliosa macchiaforesta mediterranea attribuibile fondamentalmente alla classe Quercetea ilicis. Nella parte settentrionale si spingevano verso Sud, dalle pendici delle murge tarantine e baresi, boschi di fragno, (Quercus trojana Webb), quercia il cui areale gravita sulla penisola balcanica dove preferenzialmente occupa una fascia compresa tra il limite superiore della lecceta (Quercion ilicis) e l’inizio del Quercion
pubescent-petreae. Nella parte meridionale si estendevano boschi e foreste di leccio (Quercus ilex L.) e di quercia spinosa (Quercus calliprinos Webb) e macchie miste delle due specie.
Per quanto riguarda la vegetazione climacica si può pensare ad un Oleo-Ceratonion nelle zone prossime a1 mare e piu termoxerofile, e all’interno un Quercion ilicis s.l., ricco nelle radure di elementi dell’oleo- Ceratonion.
Molto piu estese dovevano essere le foreste a Pinus halepensis Miller (pino d’Aleppo) che occupavano zone comprese tra la fascia a ginepri da una parte e la lecceta dall’altra.
Non è quindi facile, oggi, immaginare un Salento coperto da foreste di querce e pini e da una macchia termofila nelle zone piii aride. Le cenosi litoranee (psammofile e alofile rupestri) e quelle lungo i corsi d’acqua sono state le piu indisturbate e testimoniano meglio la vegetazione potenziale di questi ambienti.
L’opera antropica ha influito sulla attuale distribuzione della vegetazione naturale, creando una situazione estremamente polimorfa.
L’aspetto vegetazionale risulta essere caratterizzato da situazioni degradate, e, delle foreste climaciche non restano che degli esigui esempi negli ambienti rimasti indisturbati.
La forma di vegetazione predominante ne1 Salento sono i coltivi, che occupano i terreni migliori (olivo, vite, frutteti, cereali, tabacco e ortaggi), e, in secondo piano, le forme spontanee caratterizzate soprattutto da formazioni tipo macchia e gariga che rappresentano aspetti degradati di quelle cenosi forestali presenti ne1
passato.
La situazione vegetazionale attuale si pub suddividere nelle seguenti serie fondamentali: serie litorali (psammofile e rupestri alofile) e serie di macchia e gariga.
La serie psammofila non presenta mai una seriazione completa e complessa come quella descritta da PIGNATT(I1 959) per le spiagge venete.
I1 primo tipo di vegetazione che si insedia sulla spiaggia è quella ad Agropyron, seguito da Ammophyla Zittoralis (Beauv.) Rothm., mentre, in posizione piu arretrata, le creste delle dune piu alte ospitano una vegetazione a ginepri.
Le creste rocciose presentano una vegetazione costituita da specie alofile come Crithmum maritimum L., Salicornia fruticosa L., e varie specie di Limonium. I1 genere Limonium Miller presenta un elevato grado di differenziamento in tipi locali differenti, verificatosi in conseguenza alla morfologia delle coste e alla loro anfrattuosita che hanno creato degli ecotipi che, se stabilizzati e ben differenziati, possono assurgere a1 rango di specie come Limonium japigicum (Groves) Pignatti, endemita del litorale salentino e specie
esclusiva dell’associazione endemica Limonietum japigici Curti e Lorenzoni 1968.
La serie di macchia e gariga rappresenta la maggior parte della vegetazione spontanea che non si manifesta mai come vera e propria boscaglia o formazione boschiva evoluta.
Dal punto di vista fitosociologico, tutte queste formazioni fanno parte della classe Quercetea ilicis e precisamente le situazioni piu mesofile rientrano nell’alleanza Quercion ilicis e le situazioni termoxerofile nell’alleanza Oleo-Ceratonion. I1 Salento è un ambiente di transizione e di tensione tra il climax delle due alleanze che spesso si compenetrano formando cenosi miste.
La lecceta (Quercetum ilicis galloprovinciale Br. - B1. (1915) 1936), che in passato doveva rappresentare lo stadio climacico della zona, è presente con formazioni di macchia alta con predominanza di leccio, ma mai come una vera e propria lecceta. Le specie caratteristiche dell’associazione presenti sono: Ruscus aculeatus L., Phillyrea latifolia L., Carex distachya Desf., Cyclamen repandum Sibth. et Sm., Rosa sempervirens L., Lonicera implexa Ait.
Più diffuse sono le formazioni vegetali legate alla degradazione della lecceta o rappresentanti stadi di riformazione della stessa.
Infatti potrebbe iniziare un processo ricostitutivo capace di riformare la lecceta se l’ambiente fosse lasciato indisturbato. Tali condizioni ideali, purtroppo, non si verificano sia per il disturbo antropico (agricoltura, pascolamento, incendi, ecc.), che per azione degli agenti ambientali e dinamici in genere, soprattutto nelle serie costiere (CURTI et al., 1976).
La macchia a Calicotome e Myrtus (Calicotomo-Myrtetum 1944) è la formazione più rappresentata e fisionomicamente somigliante alla lecceta precedentemente citata, ma con minore presenza di leccio, che si accompagna a Myrtus communis L., Calicotome villosa (Poiret) Link, Pistacia lentiscus L., Daphne gnidium L.
L’aggruppamento a quercia spinosa (Quercus calliprinos Webb), altro aspetto della degradazione della lecceta legato ad ambienti piu aridi e caratterizzati da abbondanti affioramenti rocciosi, rappresenta una cenosi importante per l’affinità e somiglianza con quelle analoghe della Balcania e dell’arcipelago Egeo.
Sia il Calicotomo-Myrtetum che l’aggruppamento a quercia spinosa si manifestano sostanzialmente in una forma “tipica”, inquadrabile nell’alleanza Quercion ilicis, e in una forma tendente all’Oleo-Ceratonion qualora si abbia una forte diminuzione della specie del Quercion ed un’elevata frequenza di quelle dell’Oleo- Ceratonion.
Quest’ultimo è presente come forma climacica,insistendo ciò sull’area che gli compete, e rappresenta una situazione relitta di una vegetazione un tempo più estesa ed in questo caso è definito primario; oppure viene definito secondario o di sostituzione qualora si manifesti come forma degradativa del Quercion ilicis, cioè occupi spazi propri del Quercion.
L’Oleo-Ceratonion primario è rappresentato dai tratti di duna litoranea su sabbia a ginepri e dalle cenosi autoctone di pino d’Aleppo (Pinus halepensis Miller). La fascia a ginepri che si trova lunghe le dune eostiere è caratterizzata dalla presenza di Juniperus oxycedrus L. ssp. macrocarpa (Sibth. et Sm.) Dale e Juniperus phoenicea L., a cui si associano specie caratteristiche dell’alleanza, dell’ordine e della classe e specie della vegetazione psammofila per un fenomeno di vicinanza e di compressione delle fasce vegetazionali dovute all’erosione della spiaggia.
Pinus halepensis Miller, specie circummediterranea, forma cenosi sia spontanee che favorite o introdotte dall’uomo. Opinioni contrastanti si sono avute sull’indigenato di questa specie e attualmente ne viene riconosciuta la spontaneità in molte localith del suo areale. Ne1 Salento le formazioni boschive a pino d’Aleppo sono localizzate in limitate aree costiere e fondamentalmente di origine artificiale (rimboschimenti).
Piu rappresentato è l’Oleo-Ceratonion secondario o di sostituzione, cioè derivante da degradazione del Quercion ilicis. Gli aspetti principali di questa serie degradata sono la gariga a Thymus capitatus (L.) Hoffmgg. et Link, l’OZeo-Lentiscetum Mol., 1951 e l’associazione a Poterium spinosum e Corydothymus capitatus.
La gariga a Thymus capitatus (L.) Hoffmgg. et Link rappresenta il massimo di degradazione della lecceta. I1 timo ne1 Salento è una costante floristica, in quanto entra a far parte di molte cenosi, da quelle pioniere a quella di macchia già ricostituita. Nelle cenosi pioniere, in situazioni estremamente degradate, il timo si trova in associazione con Cistus monspeliensis L. e specie dei Thero-Brachiypodietea (classe che riunisce formazioni di gariga arida, ricca di camefite e terofite), o in associazione con Euphorbia spinosa L.
qualora alla degradazione sia tale che il substrato è ridotto a litosuolo.
Thymus capitatus (L.) Hoffmgg. et Link ha un’areale che gravita sul bacino mediterraneo orientale, e 1’Italia rappresenta l’estremo occidentale della sua distribuzione, dove caratterizza tipi di cenosi molto simili a quelle del vicino oriente: Israele, Siria, Libano, inquadrabili, in Italia, nella classe Quercetea ilicis, e ne1 Mediterraneo orientale nella classe Quercetea calliprini.
L‘Oleo-Lentiscetum s.1. ne1 Salento è poco diffuso e normalmente rappresenta la vegetazione più evoluta qualora le cenosi a timo capitato siano riuscite ad instaurarsi stabilmente e a far evolvere il substrato.
L’associazione a Poterium spinosum e Corydothymus capitatus Lavrantiades 1959 normalmente si rinviene in fase ricostitutiva della macchia. Assieme a Thymus capitatus (L.) Hoffmgg. et Link e Sarcopoterium spinosum (L.) Spach, l’associazione comprende Urginea maritima (L.) Baker, Carlina corymbosa L. ssp. corymbosa, Asphodelus microcarpus Viv. e Cistus salvifolius L. Associazione molto interessante dal punto di vista fitogeografico, in quanto molto diffusa nella parte orientale del bacino mediterraneo, trova riscontro nella parte occidentale solo in una piccola stazione in Sardegna e ne1 Salento in localita “Palude del Capitano” fra Porto Cesareo e Gallipoli (CANIGLIeAt al., 1974-75).
Si potrebbe continuare con l’esame delle cenosi igrofile, con quelle ruderali e soprattutto con quelle infestanti le colture annuali e perennanti nonchè con quelle erbacee legate alle varie serie di degradazione o all’abbandono delle pratiche agrarie. Riteniamo, tuttavia, di avere già dato i principali lineamenti della vegetazione fondamentale, rinviando per un completamento, a1 gia citato lavoro (CANIGLIAe t al., 1984) sulla fitosociologia del Salento.
CONCLUSION1
Da quanto detto pensiamo risulti chiara la complessita della vegetazione salentina, della sua origine e del suo destino.
Nuovamente, cosa è l’aspetto originario? In vecchi libri si parla di boschi di fragno sulle Serre, dove oggi non c’è traccia di questa specie; in prossimita di S. Donato di Lecce, sull’angolo di un podere, c’è una ceppaia di fragno, a Porto Selvaggio, sulla strada, ora entro una lottizzazione, numerosi fragni piantati ne1 19° secolo si rinnovano ottimamente; presso Maritima (Lecce), un proprietario ha voluto “potenziare” un suo terreno introducendo piante non strettamente locali: accanto alla quercia spinosa ci sono dei lecci, delle roverelle, dei fragni, delle vallonee e perfino sughere, nonché vari ibridi.
Quale Sara l’assetto tra qualche secolo, e quindi quale è l’origine di situazioni paranaturali, derivate probabilmente da analoghe operazioni del passato, centenario e forse millenario?
Con questa vegetazione reale abbiamo ora a che fare.

BIBLIOGRAFIA
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