martedì 26 agosto 2025

Siccità, desertificazione e leggerezze pericolose: quando le parole pesano più della crisi

 


Siccità, desertificazione e leggerezze pericolose: quando le parole pesano più della crisi

Autore: Antonio Bruno

Istituzione: Associazione dei Laureati in Scienze Agrarie e Forestali della Provincia di Lecce

Negli ultimi giorni, in merito al crollo del 30% della raccolta del pomodoro in Capitanata, sono circolate dichiarazioni che rischiano di banalizzare uno dei problemi più complessi e drammatici per l’umanità: la perdita di acqua dolce.

Il presidente di Coldiretti Foggia, Marzio De Matteo, ha denunciato giustamente la mancata campagna irrigua e l’aumento dei costi di produzione. Tuttavia, quando le soluzioni si fermano alla logica di un mercato che non remunera adeguatamente gli agricoltori, si rischia di restringere un tema epocale a una questione di prezzi, mancando completamente la portata planetaria del problema.

Ancora più insidiose sono le parole dell’europarlamentare M5S Valentina Palmisano, che attribuisce la desertificazione pugliese a “decenni di scelte agricole errate” e propone come soluzione un “cambio di modello produttivo” fondato su qualità e tradizione, citando olio e vino come esempi. Dichiarazioni di questo tipo, pur animate da buone intenzioni, risultano scientificamente fragili e politicamente fuorvianti: riducono la desertificazione a una conseguenza di cattive pratiche locali, ignorando del tutto i dati globali sulla perdita irreversibile di riserve idriche.

Un recente studio internazionale guidato da Jay Famiglietti (Arizona State University), basato su 22 anni di osservazioni satellitari (2002–2024), ha dimostrato che:

  • Il 68% della perdita di acqua dolce nel mondo è dovuto all’esaurimento delle falde acquifere per l’agricoltura intensiva.

  • Dal 2015, il contributo di queste falde allo innalzamento dei mari ha superato quello delle calotte glaciali di Groenlandia e Antartide, con quasi 1 mm/anno di aumento.

  • Le aree colpite comprendono l’Europa occidentale e il Mediterraneo, quindi anche l’Italia, inserite in una fascia continua di “mega-essiccazione” che si estende fino alla Cina settentrionale.

In questo contesto, parlare di “qualità” o di “ritorno a produzioni tipiche” come risposta alla desertificazione è pericoloso, perché offre ai cittadini l’illusione che bastino ricette locali per affrontare una catastrofe globale.

Gli scienziati sono chiari:

  • “Stiamo spostando l’acqua nella direzione sbagliata” (M. Shirzaei, Virginia Tech).

  • “È fondamentale distinguere fra effetti climatici ed effetti antropici” (B. Cook, Columbia University).

  • Per Famiglietti, si tratta del “messaggio più drammatico sull’impatto del cambiamento climatico fino ad oggi”.

Le dichiarazioni di chi ricopre ruoli istituzionali – come Palmisano a Bruxelles o De Matteo nel mondo agricolo – hanno un peso enorme. Proprio per questo devono poggiare su basi scientifiche solide, non su semplificazioni che possono deviare l’attenzione dell’opinione pubblica e delle istituzioni da ciò che davvero sta accadendo: la Terra sta perdendo acqua dolce a ritmi che minacciano la sopravvivenza di interi ecosistemi e della stessa agricoltura.

Quando si affrontano temi così delicati senza preparazione adeguata, non si commette solo un errore di comunicazione: si contribuisce a costruire una percezione distorta del problema, rallentando l’adozione di politiche serie e coordinate a livello globale. E in una crisi idrica mondiale, ogni ritardo equivale a peggiorare le condizioni di vita delle generazioni future.





Di seguito l'articolo apparso sulla stampa locale:



Si aggrava il bilancio della raccolta del pomodoro che sconta

pesanti tagli a causa della siccità che si aggirano al momento

su oltre il 30% in meno della

produzione, con il conseguente auspicato rialzo dei prezzi

che comunque non vanno a remunerare gli sforzi degli agricoltori in questa campagna critica per la mancanza di acqua.

La stima arriva da Coldiretti

Puglia, che stila un bilancio di

metà percorso della raccolta di

pomodoro a Foggia dove si coltiva quasi 1/5 (19) dell’intero

raccolto nazionale.

Alle difficoltà in campagna

nelle fasi di trapianto e di gestione delle colture a causa della mancanza d’acqua, per cui

alcune aziende agricole sono

state costrette ad abbandonare

interi ettari, per concentrare le

scarsissime risorse idriche solo su parte della produzione ed

evitare così di perdere tutto il

raccolto - insiste Coldiretti Puglia - si aggiunge l’aumento dei

prodotti energetici e delle materie prime che si riflette sui costi di produzione del pomodoro superiori del 30% rispetto alle medie storiche, anche per il

caro carburanti e il gap delle infrastrutture logistiche di trasporto.

La Puglia che è il principale

polo della salsa Made in Italy

nel Mezzogiorno con quasi

18mila ettari concentrati per

l’84% proprio a Foggia, che è

leader nel comparto – dice Coldiretti Puglia - con 3.500 produttori di pomodoro che coltivano mediamente una superficie di 32 mila ettari, per una

produzione di 20 milioni di

quintali ed una P.L.V. di quasi

180.000.000 euro. Dati ragguardevoli se confrontati al resto d'Italia con i suoi 55 milioni

di quintali di produzione e i

95mila ettari di superficie investita

«Alle difficoltà oggettive di

portare avanti la produzione

con la siccità - dice il presidente di Coldiretti Foggia, Marzio

De Matteo – si aggiunge la criticità di una campagna irrigua

mai realmente partita. Il drastico calo della produzione comporta un rialzo dei prezzi riconosciuti al pomodoro, che comunque coprono a malapena i

costi di produzione e non vanno certamente a compensare

gli investimenti fatti dagli agricoltori che non sono andati a

buon fine».

In tutto ciò si inserisce il fenomeno dell’import di derivati

del pomodoro dalla Cina che

interessa ormai tutta l’Europa.

Per tutelare le imprese agricole italiane già colpite dagli effetti dei cambiamenti climatici occorre garantire una piena valorizzazione del prodotto nazionale attraverso le leve della distintività, del legame con il territorio, della qualità. Ciò sarà

possibile solo attraverso un sistema di etichettatura di origine obbligatorio a livello Ue e la

garanzia del principio di reciprocità delle regole sanitarie e

sociali, a tutela di imprese e

consumatori. Una battaglia

che Coldiretti sta portando

avanti attraverso una proposta

di legge di iniziativa popolare

lanciata lo scorso anno al Brennero.

«Il crollo del 30% nella raccolta del pomodoro in Capitanata è solo la manifestazione

più visibile di un problema

strutturale che da troppo tempo viene ignorato: la desertificazione», ha commentato l’europarlamentare M5s Valentina Palmisano. «Nel mio intervento in plenaria al Parlamento Europeo nei mesi scorsi, ho

ricordato come quasi il 40%

del territorio pugliese sia già a

rischio, secondo studi consolidati. Non siamo di fronte solo

ad un'emergenza climatica, anche a decenni di scelte agricole

errate, che hanno progressivamente impoverito i suoli e messo a dura prova gli equilibri

ambientali della nostra regione».

La europarlamentare sottolinea come «la risposta non può

che essere quella indicata dalla

scienza: un cambio di modello,

che riporti al centro la qualità

delle produzioni, come l'olio e

il vino pugliese, e la capacità di

rigenerare il suolo, invece di

consumarlo. L'Europa deve farsi carico di questa trasformazione, sostenendo i territori

più fragili con politiche agricole lungimiranti».


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