sabato 30 agosto 2025

Piove poco, piove male: la Puglia e il paradosso del clima “pazzo”

 

Piove poco, piove male: la Puglia e il paradosso del clima “pazzo”
di  Antonio Bruno

Nel video Santa Maria al Bagno di Nardò (Lecce) il 30 agosto 2025


Solo in agosto, ventidue. Ventidue tra trombe d’aria, grandinate, bombe d’acqua, piccoli tornado al largo delle coste, fulmini a grappoli. Dal Gargano al basso Salento, il tacco d’Italia sembra diventato un laboratorio di meteorologia estrema: settimane di cielo fermo e temperature da forno, poi mezz’ora di pioggia che inonda piazze, allaga scantinati, fa dirottare aerei a Brindisi e manda in tilt la viabilità.

I dati del database europeo ESWD sono lì, nudi e crudi: mai così tanti eventi estremi in un solo mese. E non è un capriccio del destino. Negli ultimi decenni piove meno, dicono le rilevazioni, ma quando piove lo fa in modo tropicale. Una volta erano i monsoni in Asia, oggi i monsoni ce li abbiamo a Monopoli.

E qui arriva il paradosso: la Puglia è una delle regioni più esposte al dissesto idrogeologico, con quasi nove comuni su dieci vulnerabili a frane o allagamenti. Come se non bastasse, negli ultimi cinquant’anni è sparito quasi un terzo dei terreni agricoli. Cemento, capannoni, strade, villette: superfici impermeabili che impediscono all’acqua di essere assorbita e la trasformano in fiumi improvvisi, in colate di fango, in disastri annunciati.

Il consumo di suolo, lo sappiamo, non è una questione estetica per nostalgici della campagna: è un tema di sicurezza. In Puglia risultano “sigillati” oltre 160 mila ettari. A Bari quasi 40 mila, a Lecce altrettanti, a Taranto più di ventimila. Ogni ettaro sottratto al terreno agricolo è un metro quadrato in meno che può assorbire l’acqua. Risultato: la pioggia, quando arriva, corre via veloce verso i centri abitati.

E mentre il territorio perde la sua capacità di respirare, anche la biodiversità scricchiola. Centinaia di specie vegetali e animali sono considerate a rischio, e le aree naturali protette – pur vastissime, dal Gargano all’Alta Murgia – non bastano a tamponare l’emorragia ecologica.

Che fare? La legge sul consumo di suolo è ferma da quasi dieci anni. Ogni estate un temporale ci ricorda che non possiamo più permetterci di rimandare. Servono bacini per raccogliere l’acqua piovana, serve manutenzione dei canali e delle opere idrauliche, servono piani seri per fermare l’avanzata del cemento.

Se non lo faremo, l’alternativa la conosciamo: il prossimo agosto conteremo non ventidue, ma trenta, quaranta eventi estremi. E continueremo a chiamarlo “clima pazzo”, come se fosse lui il matto.

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