mercoledì 29 giugno 2016

Produrre il cibo per i nostri figli


Il dibattito innescato da Expo 2015 ha portato all’attenzione di tutti che nei prossimi 25 anni la produzione agricola mondiale dovrà aumentare del 60% circa per poter garantire adeguate risorse alimentari alla popolazione che si stima raggiungerà i 9  miliardi di individui. 
Negli ultimi due secoli c’è stato un aumento della popolazione mondiale che, unitamente a uno sviluppo tecnologico senza precedenti nella storia dell’umanità, ha provocato l’alterazione degli equilibri ambientali del nostro pianeta.
Ne consegue che le due emergenze che l’umanità è chiamata ad affrontare e risolvere sono quelle di nutrire il Pianeta e allo stesso tempo salvaguardare l’ambiente.
In una recente intervista Sanjaya Rajaram, agronomo indiano vincitore del World Food Prize 2014, ha affermato che la popolazione umana è aumentata al punto che non potrebbe essere nutrita facendo ricorso alle capacità naturali che ha il pianeta di produrre cibo. Solo il massiccio ricorso all’energia ha consentito cospicui aumenti delle rese unitarie di materie prime agricole tali da ottenere cibo per tutti.
Ma avremo cibo a sufficienza nei prossimi anni?
In questi anni si è consolidata la richiesta, da parte di alcuni cittadini, di cibo ottenuto con tecniche agricole che si basano sulle capacità naturali del terreno e che sono note come “Agricoltura biologica” e “Agricoltura biodinamica”. Queste tecniche erano quelle utilizzate dai nostri antenati sino ai primi anni del secolo scorso che, se messe in  atto oggi, avrebbero la conseguenza di ottenere una fortissima riduzione della produzione agricola per unità di superficie rispetto a quella che oggi otteniamo con l’apporto esterno di energia.
Se trasformassimo tutta l’agricoltura mondiale mettendo in atto le tecniche dell’agricoltura “Biologica e Biodinamica”, basate sulle capacità naturali del terreno, avremmo la conseguenza che, per ottenere la stessa produzione di oggi, dovremmo decuplicare la superficie di terreno agricolo, il che si tradurrebbe nella sottrazione di moltissima superficie al paesaggio naturale oggi occupato da foreste, boschi, macchie, garighe, steppe. Ciò darebbe luogo a un aumento degli squilibri già in atto mettendo in pericolo la vita delle persone umane del pianeta.
La domanda è: cosa dobbiamo fare per garantire la sopravvivenza di 7 miliardi di persone oggi e dei 9 miliardi delle persone che si stima saremo tra 25 anni?
Solo un intenso impiego di energia può produrre la provvista necessaria alla sopravvivenza dell’umanità. Ecco perché è necessario ottimizzare le modalità di produzione e fare si che l’utilizzazione non dia luogo agli sprechi di oggi per eliminare progressivamente l’impatto ambientale.
Ricerca e innovazione ad opera degli scienziati agronomi sono la risposta che porta alla soluzione di questo problema.
Mi riferisco soprattutto alle ricerche degli scienziati agronomi nel campo della genetica e della biologia molecolare che stanno studiando la possibilità di ottimizzare l’uso degli apporti energetici per ottenere incrementi delle rese unitarie. E’ possibile prevedere che tra 20 anni si potranno coltivare varietà di frumento in grado di produrre 20 tonnellate per ettaro.
C’è anche la necessità di continuare le ricerche  per un più razionale impiego dell’energia e per lo sviluppo delle fonti rinnovabili proprio per ottenere l’equilibrio oggi messo in discussione riducendo ancora di più i consumi di carburanti e le emissioni degli scarichi. Le nuove tecnologie introdotte dall’agricoltura di precisione danno la possibilità di utilizzare macchine altamente automatizzate e guidate da un sistema satellitare che con operazioni sito-specifiche permettono la distribuzione di acqua per l’irrigazione, dei concimi solo dove richiesto e nella quantità necessaria, evitando inutili dispersioni di prodotti nell’ambiente.
C’è da fare, c’è molto da fare per nutrire le persone umane del pianeta. Questo è il compito che abbiamo da cui non possiamo sottrarci.
L’altra domanda è: il cibo ottenuto con le capacità naturali del terreno non va bene?
Io posso senz’altro affermare che tutto va bene e allo stesso tempo ricordare che, in presenza di più opzioni, bisogna stabilire delle priorità.
Io sono certo che tutta l’umanità sia d’accordo che la priorità è senz’altro la vita di tutte le persone che stanno sulla faccia della terra. Di questo gli scienziati agronomi devono e possono occuparsi avendo consapevolezza di poter riuscire nell’impresa di sfamare tutti.
Non possiamo sottrarci a questo compito né possiamo nascondere che il cibo è un diritto dell’umanità.
Quando osserviamo la terra coltivata dobbiamo essere consapevoli che si tratta di terreno sottratto , a partire da 12mila anni fa, dai nostri antenati, alle foreste, boschi, macchie, garighe, steppe. Non l’hanno fatto a cuor leggero, non l’hanno fatto per distruggere la natura, l’hanno fatto per sfamarsi e sfamare i loro figli, e i loro figli hanno continuato a farlo per sfamarsi e sfamare i loro figli per giungere sino a noi, a me e a te che leggi, che siamo qui grazie a quello che hanno fatto loro.
E noi? Che stiamo facendo per i figli e per i figli dei nostri figli?

Antonio Bruno

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