Il dibattito innescato da Expo 2015 ha portato
all’attenzione di tutti che nei prossimi 25 anni la produzione agricola mondiale
dovrà aumentare del 60% circa per poter garantire adeguate risorse alimentari alla
popolazione che si stima raggiungerà i 9
miliardi di individui.
Negli ultimi due secoli c’è stato un aumento della
popolazione mondiale che, unitamente a uno sviluppo tecnologico senza
precedenti nella storia dell’umanità, ha provocato l’alterazione degli
equilibri ambientali del nostro pianeta.
Ne consegue che le due emergenze che l’umanità è chiamata ad
affrontare e risolvere sono quelle di nutrire il Pianeta e allo stesso tempo
salvaguardare l’ambiente.
In una recente intervista Sanjaya Rajaram, agronomo indiano
vincitore del World Food Prize 2014, ha affermato che la popolazione umana è
aumentata al punto che non potrebbe essere nutrita facendo ricorso alle
capacità naturali che ha il pianeta di produrre cibo. Solo il massiccio ricorso
all’energia ha consentito cospicui aumenti delle rese unitarie di materie prime
agricole tali da ottenere cibo per tutti.
Ma avremo cibo a sufficienza nei prossimi anni?
In questi anni si è consolidata la richiesta, da parte di
alcuni cittadini, di cibo ottenuto con tecniche agricole che si basano sulle
capacità naturali del terreno e che sono note come “Agricoltura biologica” e “Agricoltura
biodinamica”. Queste tecniche erano quelle utilizzate dai nostri antenati sino
ai primi anni del secolo scorso che, se messe in atto oggi, avrebbero la conseguenza di
ottenere una fortissima riduzione della produzione agricola per unità di
superficie rispetto a quella che oggi otteniamo con l’apporto esterno di
energia.
Se trasformassimo tutta l’agricoltura mondiale mettendo in
atto le tecniche dell’agricoltura “Biologica e Biodinamica”, basate sulle
capacità naturali del terreno, avremmo la conseguenza che, per ottenere la
stessa produzione di oggi, dovremmo decuplicare la superficie di terreno
agricolo, il che si tradurrebbe nella sottrazione di moltissima superficie al
paesaggio naturale oggi occupato da foreste, boschi, macchie, garighe, steppe. Ciò
darebbe luogo a un aumento degli squilibri già in atto mettendo in pericolo la
vita delle persone umane del pianeta.
La domanda è: cosa dobbiamo fare per garantire la
sopravvivenza di 7 miliardi di persone oggi e dei 9 miliardi delle persone che
si stima saremo tra 25 anni?
Solo un intenso impiego di energia può produrre la provvista
necessaria alla sopravvivenza dell’umanità. Ecco perché è necessario ottimizzare
le modalità di produzione e fare si che l’utilizzazione non dia luogo agli
sprechi di oggi per eliminare progressivamente l’impatto ambientale.
Ricerca e innovazione ad opera degli scienziati agronomi
sono la risposta che porta alla soluzione di questo problema.
Mi riferisco soprattutto alle ricerche degli scienziati
agronomi nel campo della genetica e della biologia molecolare che stanno
studiando la possibilità di ottimizzare l’uso degli apporti energetici per
ottenere incrementi delle rese unitarie. E’ possibile prevedere che tra 20 anni
si potranno coltivare varietà di frumento in grado di produrre 20 tonnellate
per ettaro.
C’è anche la necessità di continuare le ricerche per un più razionale impiego dell’energia e
per lo sviluppo delle fonti rinnovabili proprio per ottenere l’equilibrio oggi
messo in discussione riducendo ancora di più i consumi di carburanti e le
emissioni degli scarichi. Le nuove tecnologie introdotte dall’agricoltura di
precisione danno la possibilità di utilizzare macchine altamente automatizzate
e guidate da un sistema satellitare che con operazioni sito-specifiche permettono
la distribuzione di acqua per l’irrigazione, dei concimi solo dove richiesto e
nella quantità necessaria, evitando inutili dispersioni di prodotti
nell’ambiente.
C’è da fare, c’è molto da fare per nutrire le persone umane
del pianeta. Questo è il compito che abbiamo da cui non possiamo sottrarci.
L’altra domanda è: il cibo ottenuto con le capacità naturali
del terreno non va bene?
Io posso senz’altro affermare che tutto va bene e allo
stesso tempo ricordare che, in presenza di più opzioni, bisogna stabilire delle
priorità.
Io sono certo che tutta l’umanità sia d’accordo che la
priorità è senz’altro la vita di tutte le persone che stanno sulla faccia della
terra. Di questo gli scienziati agronomi devono e possono occuparsi avendo
consapevolezza di poter riuscire nell’impresa di sfamare tutti.
Non possiamo sottrarci a questo compito né possiamo
nascondere che il cibo è un diritto dell’umanità.
Quando osserviamo la terra coltivata dobbiamo essere
consapevoli che si tratta di terreno sottratto , a partire da 12mila anni fa, dai
nostri antenati, alle foreste, boschi, macchie, garighe, steppe. Non l’hanno
fatto a cuor leggero, non l’hanno fatto per distruggere la natura, l’hanno
fatto per sfamarsi e sfamare i loro figli, e i loro figli hanno continuato a
farlo per sfamarsi e sfamare i loro figli per giungere sino a noi, a me e a te
che leggi, che siamo qui grazie a quello che hanno fatto loro.
E noi? Che stiamo facendo per i figli e per i figli dei
nostri figli?
Antonio Bruno
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