mercoledì 17 febbraio 2021

I MUGNULI ovvero i Cavoli del Salento leccese

I MUGNULI ovvero i Cavoli del Salento leccese

di ANTONIO BRUNO



Più dolci dei cavoli, più teneri dei broccoli. Sono i “mugnuli”, delicata verdura che è una esclusività dei salentini. Tanto da essere ingrediente principale di uno dei piatti più tradizionali del Salento, la “massa” di San Giuseppe.

I “mugnuli” in realtà sono cavoli broccoli, varietà di brassica come la B. oleracea L. var. botrytis L. (Cavolfiore) e var. italica Plenck (broccoli). Questo cavolo broccolo ha una maggiore capacità di resistere alle avversità tanto da essere definito più rustico rispetto alle altre varietà ed ha anche una certa diversità della morfologia rispetto agli altri cavoli broccolo, infatti l’infiorescenza è più piccola e meno compatta, i singoli fiori sono bianchi, più grandi e con brattee florali più ampie rispetto a quelle del broccolo.

Conosciuti con il nome di “spuntature leccesi” (ma anche di “spuriàtu”, “spuntature”, “càulu pòeru” e “caùli paesani”), i “mugnuli” hanno un sapore più dolce e aromatico rispetto a tutti gli altri cavoli ed è per questo che i salentini, e solo loro, continuano a consumarlo in gran quantità.

Ci vorrebbe uno studio genetico per stabilire se i “mugnuli” sono antenati dei cavoli Broccoli o se invece costituiscono uno sviluppo parallelo. I responsabili del Laboratorio di Botanica sistematica ed Ecologia vegetale del Dipartimento di Scienze e Tecnologie ambientali dell’Università del Salento hanno riscontrato nei “mugnuli” la presenza di indoli ed è per questo motivo che mangiando questo ortaggio si ottiene di prevenire certi tumori tipici dell’apparato digerente. Non solo, le donne che allattano il bambino, consumando “mugnuli”, producono più latte.

Ma cosa significa la parola “mugnuli”? Il professor Armando Polito ne spiega l’origine facendolo risalire ai “capricci”. Questo significato, infatti, si potrebbe ricollegare all’antica credenza secondo la quale chi aveva i capelli vistosamente arricciati era pervaso da misteriose voglie pungenti. Insomma, siccome la parola capriccio deriverebbe dalla parola capo e dalla parola riccio, e prendendo atto che la forma di questo ortaggio ricorda proprio un capo ricciuto, questo ha autorizzato la fantasia del professor Polito a supporre un uso metaforico del nome dell’ortaggio.

Dei “mugnuli” si possono distinguere nel Salento leccese almeno tre ecotipi: praecox, major e serotino. Il primo viene chiamato anche “mugnulettu”, ha uno sviluppo contenuto e viene coltivato in terreni leggeri, la sua produzione è precoce, limitata, ma organoletticamente gradevole, per questo motivo viene molto ricercato dagli appassionati di questa verdura. Gli ecotipi major e serotino, invece, hanno uno sviluppo maggiore; in particolare il serotino, che è anche più tardivo, viene coltivato in terreni pesanti, freschi e fertili. Le piante sono folte e di un verde intensissimo.

Dopo aver tagliato ai “mugnuli” la testa principale (a co-rimbo) crescono molti capi di piccole dimensioni che possono essere tagliati dalla stessa pianta per uno o due mesi, a secondo di quanta acqua ha a disposizione la pianta.

Se si vuole coltivarli in giardino o nell’orto, è bene trapiantarne una piantina allevata prima in semenzaio; la semina deve essere fatta 20-25 giorni prima del trapianto.

Quando alla metà di luglio o alla metà di ottobre le piantine giungono all’altezza di 10-20 centimetri, si trapianta; gli agricoltori utilizzano spesso semine scaglionate per ampliare il periodo di produzione.

Il trapianto viene effettuato in un terreno ben lavorato, concimato con 7-8 q/ha di concime ternario (ad esempio 11-22-16). Le piante devono essere poste a una distanza all’interno della riga di 40-50 centimetri e di 80-100 centimetri fra le righe. Si interviene con solfato di ammonio due volte: dopo il trapianto e durante la formazione della testa principale.

I “mugnuli” sono piante più resistenti a stress biotici rispetto agli altri cavoli e per coltivarli non servono erbicidi, poiché i campi non sono molto grandi, essendo coltivati per l’uso della famiglia e per i piccoli mercati locali. Alcuni agricoltori usano lasciare le piante di “mugnuli” per molti anni, anche se il raccolto peggiora qualitativamente con il tempo. Grazie alla dispersione dei semi a causa del vento, infine, i “mugnuli” possono essere considerati anche una pianta spontanea.

È il periodo giusto per consumare questa splendida verdura che è disponibile dalla metà di novembre fino a marzo-aprile. Le ultime “spuntature leccesi” arrivano giusto in tempo per la “massa” di San Giuseppe, un piatto tipico di diversi centri del Salento, che si prepara in onore del santo il 19 marzo.

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