giovedì 14 agosto 2014

Brevettata terapia fagica per il colpo di fuoco batterico del pero e del melo




I batteriofagi sono virus in grado di uccidere specifici batteri e sono innocui per piante, animali e persone
Le conoscenze acquisite durante gli studi del 2012 hanno fatto sì che l’Università di Bologna abbia potuto mettere a punto di un metodo di terapia fagica applicabile al pero e al melo e alle numerose piante ospiti di E. amylovora, agente del colpo di fuoco batterico.
I batteriofagi o fagi sono virus patogeni per i batteri. Praticamente il fago si attacca alla superficie della cellula batterica e le inietta internamente il proprio acido nucleico.
L’infezione fa riprodurre il fago entro la cellula batterica, che va soggetta a lisi e muore.
Un fago in grado di uccidere l’E. amylovora, è stato selezionato per la sua alta capacità litica – che produce lisi, dissolvimento – tra 29 fagi isolati in numerose località padane e friulane ed è stato in grado di causare lisi di 22 ceppi virulenti di E. amylovora isolati da piante ospiti differenti in diverse località dell’Italia Settentrionale.
Per propagare il fago in laboratorio è stato usato un ceppo di Pantoea vagans, un enterobatterio affine a E. amylovora, saprofita – organismo che utilizza come nutrimento le sostanze organiche in decomposizione –, vivente nella fillosfera di molte piante – col termine di fillosfera si intende: la zona dell’atmosfera nella quale le piante interagiscono con gli altri fattori ambientali –, isolato da un pero morto per colpo di fuoco.
Questo metodo di controllo del colpo di fuoco prevede di applicare il preparato fagico sia in presenza che in assenza di infezioni di E. amylovora sulle piante ospiti di interesse; nel primo caso l’attività del fago consisterà nel prevenire o limitare infezioni; nel secondo caso di infettare altri enterobatteri comunemente presenti nella fillosfera delle piante, in particolare ceppi P. vagans – bersagli secondari –.
Di fatto, un fago riesce a infettare individui di specie batteriche tassonomicamente affini – vicini nella classificazione – a quella usata per l’isolamento primario. Propagandosi su altri enterobatteri, il fago proposto per la terapia può moltiplicarsi nella fillosfera nelle stesse nicchie di E. amylovora ed essere pertanto disponibile a infetlimitati a pochi soggetti. Successivamente non essendo stati riscontrati ulteriori casi, sono state abolite le zone di sicurezza per la movimentazione delle specie sensibili e degli alveari, istituite al momento dell’individuazione dei focolai e la malattia può attualmente considerarsi eradicata in provincia di Biella.
Dal 2004 al 2007 le solite attività di monitoraggio sui punti della rete, sui giovani impianti di pomacee e nel vivai frutticoli non hanno portato ad alcuna in - tercettazione. Una nuova se gnalazione è invece arrivata al Settore Fitosanitario nell’estate del 2008, sempre grazie all’attenzione di chi è costantemente presente e attivo sul territorio.
Si è trattato di due pereti contigui ma disetanei siti nel Comune di Centallo, in provincia di Cuneo. Le piante sintomatiche e quelle contigue sono state distrutte immediatamente al momento della loro individuazione, prima dell’accertamento ufficiale, come intervento cautelativo.
Anche se il 2011 è stato un anno di recrudescenza della malattia nei pereti del nord est d’Italia, in questo focolaio i sintomi del batterio si sono ripresentati solo a partire da metà luglio 2011 e si sono ridotti del 90 per cento rispetto al 2009.
Nell’autunno 2009 è stato rinvenuto il terzo caso di colpo di fuoco in Piemonte, a Verbania su Cotoneaster; questo caso non desta particolari preoccupazioni perché costituito da due piante contigue, immediatamente distrutte, in una zona dove sono molto scarse le potenziali piante ospiti e quindi è ipotizzabile una completa e definitiva eradicazione del focolaio. Nel 2010 infatti non sono più stati rinvenuti sintomi in questo focolaio e nella circostante zona di sicurezza, così è stato anche nel 2011 per cui il focolaio può essere ufficialmente dichiarato eradicato.
Il quarto caso piemontese di colpo di fuoco batterico è stato rinvenuto nell’estate 2010 a Montemarzino (AL), nel Tortonese, in un pereto di notevole estensione ma la malattia era circoscritta a pochi germogli e con un decorso molto confinato causa la scarsa vigoria delle piante coltivate su terreno collinare acclive.
Si tratta di una zona frutticola di secondaria rilevanza dal punto di vista quantitativo, ma comunque importante perché caratterizzata da produzioni di elevata qualità.
Nel 2011 la malattia non si è espansa ma è stata necessaria l’analisi di laboratorio per distinguere i sintomi dei pochi germogli attaccati dal batterio.
Nel preparato conservato in un comune frigorifero a 4C °, il fago può sopravvivere almeno un anno.
Questi batteriofagi essendo specifici non sono nocivi per l’uomo e per gli animali.
La proprietà del fago selezionato è quella di infettare bersagli secondari e perpetuarsi in tal modo naturalmente nell’ambiente evitando o riducendo trattamenti ripetuti.
Il fago diviene fattore duraturo di lotta integrata per contenere le popolazioni di E. amylovora e ridurre la pressione di malattia. Si risolve così il problema della bassa sopravvivenza dei fagi esposti agli stress abiotici ambientali, principale ostacolo all’uso di questi virus nella lotta alle batteriosi delle piante in pieno campo; per quest’ultimo motivo si consiglia di effettuare i trattamenti con i preparati poco prima del tramonto. Durante la stagione vegetativa la bagnatura di rugiada notturna favorisce l’incontro delle particelle fagiche con le cellule batteriche.
Questi virus associati ai batteri potranno penetrare passivamente all’interno dei tessuti vegetali all’alba, al momento di apertura degli stomi. Protetti dalle radiazioni solari i fagi sopravvivono bene nel terreno.
Gli autori della ricerca spiegano: «Il nostro fago selezionato può essere usato nei parchi e nei giardini, sulle siepi, sulle bordure, in frutteto o in vivaio su tutte le piante ospiti di E. amylovora, in pieno campo o in ambiente protetto. Il fago associato al terreno del pane di terra o aderente al colletto o alle radici degli astoni da trapiantare può essere così trasferito passivamente nel nuovo impianto come potenziale, futuro antagonista di E. amylovora».
Il preparato fagico è oggetto della domanda di brevetto MO2013A000117 depositata da Alma Mater Studiorum-Università di Bologna all’Ufficio Italiano Brevetti e Marchi-UIBM,
di Antonio Mazzucchi, Carla Lucchese e Umberto Mazzucchi
Info Ufficio Trasferimento Tecnologico Università di Bologna Email: business.team@unibo.it

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