A Melpignano l' 1 agosto 2015 si è parlato di agricoltura. Nella provincia di Lecce il settore agricolo appare
caratterizzato da un elevato grado di frammentazione aziendale, ossia dalla
presenza di numerose imprese di piccole
dimensioni. Le aziende della provincia sono, infatti, oltre 71.060 per una
superficie totale (SAT) di 173.783 ettari, il 93% dei quali utilizzati (161.131 ettari).
Tuttavia la dimensione media aziendale è piuttosto ridotta
sia in termini di superficie totale (2,4 ettari), sia in termini di superficie
utilizzata (2,3 ettari), risultando decisamente inferiore alla media pugliese e
a quella italiana.
Il settore agricolo concorre per il 3,0% alla formazione del
valore aggiunto provinciale, intendendo per valore aggiunto la differenza tra
il valore della produzione di beni e servizi conseguita dalle singole branche
produttive ed il valore dei beni e servizi intermedi dalle stesse consumati
(materie prime e ausiliarie impiegate e servizi forniti da altre unità
produttive).
Nel 2015 e 2016 non saranno erogati aiuti diretti per
importi inferiori ai 250 €, mentre attualmente la soglia è pari a 100 €. Dal 2017
tale importo salirà a 300 €. Questa norma avrà un impatto finanziario molto
ridotto (la somma complessiva dovuta a tutte le aziende italiane sotto la
soglia dei 250 €, nel 2012, è stata pari a 41 milioni di €, vale a dire circa l’1%
degli aiuti diretti complessivamente erogati), ma consistente dal punto di
vista numerico (sempre nel 2012 le aziende sotto la soglia dei 250 € erano più
di 240.000, pari al 20 % del numero complessivo di beneficiari!).
Ciò si tradurrà, evidentemente, in un consistente
alleggerimento del costo amministrativo connesso all’erogazione degli aiuti
diretti. In altri termini si è voluta cogliere la possibilità di eliminare decine
di migliaia di microerogazioni, la cui entità (e i benefici conseguenti) era
nettamente inferiore ai costi di gestione della domanda di aiuto.
L’innalzamento del pagamento minimo a 300 € solo nel 2017 ha
lo scopo di non escludere le aziende che, pur disponendo di una superficie
significativa, in un primo momento sarebbero destinate a non percepire gli
aiuti, ma che per effetto del processo di convergenza (che produrrà
l’innalzamento del valore dei titoli di basso valore), potranno raggiungere la
soglia in un secondo momento.
Il Psr esclude queste aziende ma c’è bisogno di integrare
queste risorse umane per favorire il rilancio dell’agricoltura. Da Melpignano
parte la richiesta si studiare una forma di aggregazione per queste aziende.
Un rilancio della Colonia potrebbe favorire l’insediamento
dei giovani in agricoltura.
Oggi il contratto di piccola colonia stagionale e di
compartecipazione familiare è regolato dalla legge 203/1982 per l’esecuzione
delle colture limitatamente al ciclo produttivo ed alle relative fasi di
lavorazione, non oltre il ciclo di produzione annuale.
Infatti, anche se il terreno viene condotto per diversi
anni, la domanda di prosecuzione di tale rapporto di colonia deve essere
presentata ogni anno. Al concedente spetta regolarizzare la posizione del
compartecipante o piccolo colono, presentando la relativa documentazione
all’INPS. A differenza dei, più conosciuti, contratti di affitto dove il
proprietario concedente il terreno riceve una certa somma dall’affittuario, nei
rapporti di piccola colonia stagionale il proprietario concede la conduzione
del terreno per l’intero anno, dividendo il prodotto e relative spese di
conduzione con il colono-conduttore.
Ai fini delle prestazioni (malattia, maternità,
disoccupazione) le giornate di piccolo colono sono equiparate, a tutti gli
effetti, alle giornate di lavoro agricolo dipendente. Si considerano piccoli
coloni quando il fabbisogno lavorativo risulti inferiore a 120 giornate l’anno.
Per il calcolo delle giornate da attribuire ai fini dell’iscrizione negli
elenchi anagrafici si applicano i valori medi di impiego di manodopera per
singole colture previste dal D.M. 04/06/1997.
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