giovedì 3 giugno 2010

I salentini leccesi germineranno?


I salentini leccesi germineranno?
di Antonio Bruno
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Con questa puntata finisce il nostro viaggio guidati dall'uomo dell'orzo. Un viaggio che è iniziato con la diffusione della pianta grazie alla cosiddetta rivoluzione neolitica; 9.000 anni fa le piante ad uso alimentare come il grano e l’orzo erano presenti allo stato selvatico solo in determinate zone del Vicino Oriente e pertanto il loro ritrovamento nel territorio del Salento leccese è la chiara testimonianza della presenza in loco di comunità che avevano adottato strategie economiche di produzione di cibo attraverso le tecniche agrarie di coltivazione dei cereali, fino ad allora assenti sul territorio.
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Oggi quanto orzo si produce in Italia? La superficie investita ad orzo in Italia che è di 400.000 ettari con una produzione dai 1 milione e 500mila tonnellate a 2 milioni di tonnellate ne importiamo 1milione e 500mila tonnellate per il bestiame. Per quanto riguarda la produzione mondiale di orzo il 10 – 15 % è utilizzata per produrre la birra.
Siccome è l'anno della diversità il Prof. Antonio Michele Stanca ricorda che da quando l'uomo ha cominciato a mettere mano all'orzo da una varietà siamo passati dal solo Hordeum vulgare (L.) 1753 a 480.000 varietà e polemicamente sostiene che madre natura non sarebbe stata capace di fare altrettanto.
La biodiversità, secondo il Prof. Antonio Michele Stanca, è lo studio del posto in cui sono i geni utili che poi vengono convogliati in un genotipo superiore e se questo noi non continueremo a farlo ecco che molto presto torneremo dritti dritti al neolitico.
Eccolo appassionarsi ancora per il Salento leccese, per l'Hordeum murinum - 2 Km a W della strada per Monacizzo: esemplari rispondenti alla var. Zeporinum ( LK. ), Hordeum murinum L. -T scap- Circumbor. (Migliorato 1911 ) che è quello dei nostri giochi d'infanzia “Uèi pane ane alla mescia” (Ehi! Pane vai dalla maestra) e poi c'è anche l' Hordeum bulbosum L. -H caesp- Paleosubtrop. C, rche ha la particolare caratteristica che si riproduce sia per seme che per bulbilli.
Per distinguere l'orzo contenuto nelle banche del germoplasma c'è bisogno di un passaporto che può essere morfologico, biochimico o molecolare. Grazie al Prof. Antonio Michele Stanca facendo uso dei marcatori molecolari possiamo dare un passaporto a tutti i vegetali e non solo all'orzo.
L'orzo è presente dal polo nord al deserto e in Islanda arriva a maturazione in 75 giorni producendo 30 quintali per ettaro. Oggi si conoscono esattamente tutti gli stati fenologici dell'orzo e la fase riproduttiva parte già dall'inverno quando la pianta si predispone.
Oggi la potenzialità di produzione dell'orzo è di 100 quintali per ettaro, in futuro si arriverà a 200 quintali per ettaro. Per ottenere questo risultato ci sono 25.000 geni che devono funzionare alla perfezione, infatti in pianura padana se tutto funziona alla perfezione si realizzano 10 quintali al giorno per ettaro. Ma se ci sono degli stress ecco che il meccanismo di fotosintesi non avviene e l'orzo “striminzisce”.
Con il Prof. Antonio Michele Stanca abbiamo fatto un viaggio nel Neolitico, in compagnia della pianta dell'orzo, poi siamo passati al periodo Assiro Babilonese e quindi a quello egiziano. Nel periodo Minoico – Miceneo cominciano a sorgere i palazzi che servono a proteggere i semi di orzo e frumento dalla fame delle persone. Arriva poi il periodo Greco quando Eraclito dice al Re di Efeso che quando il nemico avrà assediato la città per evitare la sconfitta si deve mettere da parte l'orzo perché in tal modo Efeso era nelle condizioni di resistere all'assalto.
Ma anche il periodo romano è denso di avvenimenti con Palladio (quello della falce palladiana e della mietitrice gallica), Columella, Varrone, Plinio che scriveva degli Hordeari ovvero i gladiatori alimentati da farina di orzo.
Un apprezzamento particolare il Prof. Antonio Michele Stanca lo fa a Pier Fausto Palumbo che nel 1966 ha scritto “Per una storia del mondo agricolo nel mondo antico” in cui riferisce di Cicerone esiliato in Sicilia che scriveva che nell'isola si ottenevano 8 ettolitri di orzo ad ettaro di terra che corrispondono a 6 quintali per ettaro. Il Prof. Antonio Michele Stanca ricorda la sua infanzia e che a Soleto (LE) sua città natale si producevano 5 quintali di orzo per ettaro. Dopo 2.000 anni dai romani non vi era stato nessun progresso.
Ma i dati che il Prof. Antonio Michele Stanca ha esposto sono che nel 1950 in Europa si producevano 18 quintali di orzo per ettaro ed oggi se ne producono 40, negli USA da 15 si è passati a 30 quintali per ettaro. In Italia nel 1900 si producevano 9 q.li/Ha; nel 1915 si producevano 15 q.li/Ha; nel 1950 si producevano 20 q.li/Ha; nel 1970 si producevano 30 q.li/Ha e dal 1990 ai giorni nostri si producono 40 q.li/Ha.
Insomma in sintesi il Prof. Antonio Michele Stanca ha fatto prendere atto a tutti noi che con la genetica la pianta di orzo aumenta la produzione di granella perché la fotosintesi produce meno paglia e più granella. La produzione totale è identica nelle diverse varietà, ciò che cambia, è la produzione di paglia e quella di granella, quest'ultima viene fatta aumentare attraverso il miglioramento genetico.
La domanda che si è fatta il Prof. Antonio Michele Stanca è se l'orzo può essere la pianta strategica del futuro. Noi siamo in presenza di un pianeta in cui aumenta la siccità, c'è maggiore salinità e un aumento di Anidride Carbonica e in questi termini l'orzo si presenta come una pianta adatta a queste mutate condizioni.
Il prof. Antonio Michele Stanca poi precisa che il70% della potenzialità produttiva l'orzo lo perde per strada perché c'è l'oidio, la Rincosporiosi dell'orzo (Rhynchosporium secalis), la ruggine bruna e gialla, il carbone (la nostra tizzonara). Le soluzioni possibili sono due o trovare il gene di resistenza a queste avversità oppure proteggere le cariossidi con la chimica. Se l'orzo viene attaccato dal visus non cresce più. Ma non c'è solo questo ad abbassare la produzione dell'orzo, ci sono anche gli stress abiotici come caldo e freddo e la superficie del mondo investita nella coltivazione dell'orzo è per il 90% sottoposta a tutti gli stress di cui ho scritto.
Se la foglia dell'orzo ha l'85% di presenza d'acqua allora è in efficienza ma se l'acqua si abbassa al 75% il danno è ancora reversibile ma se si abbassa ulteriormente il danno diviene irreversibile. Ma come dicono i miei amici avvocati vi è di più. L'eccesso di luce provoca danni, così come gli allagamenti che fanno andare la pianta in anossia, l'eccesso di sale e i metalli pesanti.
Il Prof. Antonio Michele Stanca poi riferisce di un esperimento che ha fatto fare ai suoi giovani collaboratori. Ogni mattina ha dato un panino da 50 grammi dopo che l'hanno mangiato hanno fatto il prelievo del sangue e quindi si è fatta la curva del tasso glicemico, poi il glucosio. Poi nelle ultime due settimane ha dato un panino con il 50% di farina di orzo. A qual punto si è fatta la curva dopo 60 minuti e dopo 90 minuti si esaurisce. Quando vengono assunti molti carboidrati, l'organismo “tampona” l'eccesso di zucchero in circolo producendo molta insulina e trasformandolo rapidamente in tessuto grasso. È grazie a questo meccanismo che il tasso glicemico cala rapidamente, sollecitando di conseguenza un desiderio di alimenti dolci o di altri carboidrati (destinati a riequilibrare il tasso di zucchero nel sangue), instaurando un circolo vizioso che può continuare senza fine. Esistono alcuni trucchi per rallentare l'assorbimento degli zuccheri: il primo è aumentare la quota di fibra e quindi il pane con il 50% di farina di orzo viene assorbito molto più lentamente del pane di solo frumento, il secondo è associare l'uso dei carboidrati e delle proteine.
Il Prof. Antonio Michele Stanca ha poi riferito dell'orzo in Puglia, di quello polistico con semina autunnale, invernale e primaverile e poi del ferrane adatto per il bestiame, di quello da granella e di quello per il cacchiame che era quello adatto per i materassi. Il Prof. Antonio Michele Stanca ricorda le varietà Arda, Nure, Cometa, Panaka. Ma la produzione dell'orzo nel Salento leccese non può aumentare per il suo particolare ambiente.
La scoperta del DNA, la molecola universale, che forma i geni che sono 40.000 e devono funzionare alla perfezione e solo quando ci servono. Ma chi ha il gene deve prendere atto che ci sono delle differenze a livello molecolare. Ma con la G-REVOLUTION attraverso delle lastre noi sappiamo esattamente dov'è posizionato il gene.
Tutto questo grazie ai marcatori molecolari che mi dicono esattamente qual'è la strada per raggiungere il gene. Tutte le volte che trovo quel marcatore, troverò il gene. Si chiama DNA CHIP TECNOLOGIA. Prima ci volevano 3.000 euro per un genoma di 3942 geni oggi ne bastano 500. Se noi ci facciamo una domanda del tipo: perché l'orzo del Salento è il migliore del mondo? Per rispondere dobbiamo mettere il Salento e in più la scienza. Un genoma è un insieme di orchestre e chi le dirige sono i geni regolatori.
Il Prof. Antonio Michele Stanca dice che attraverso l'analisi del genoma dovremo scoprire la pianta del futuro quella che ci permetterà di alimentare 10 miliardi i persone.
Poi si commuove rivelando che i suoi collaboratori gli hanno dedicato la varietà Alimini di orzo polistico e PANAKA che è un orzo distico ma che è anche il soprannome della famiglia del Prof. Antonio Michele Stanca. A Soleto come in ogni Comune del Salento leccese c'è l'abitudine di dare un soprannome a ogni famiglia, e Panaka è il soprannome della famiglia del Prof. Antonio Michele Stanca.
Nel Salento leccese c'è l'orzo omerico, e poi c'è l'ARDA venuto fuori da un orzo tedesco incrociato con uno svedese che si adatta benissimo al nostro ambiente. Infine ci racconta del CRA di Fiorenzuola una realtà di 70 ricercatori di cui 20 di ruolo e 50 che lavorano come matti per 1.050 Euro al mese. Questi uomini e queste donne hanno pubblicato 750 lavori tutti disponibili.
E qui finisce l'avventura dell'uomo dell'orzo venuto a maggio nel Salento leccese. Spero che il Prof. Stanca trovi un modo per non lasciaci tornare al neolitico, c'è troppa pseudosteppa e troppa gariga nel Salento leccese. Una coltura semplice come l'orzo potrebbe essere un possibile ritorno alla terra, alla coltivazione dei cereali, la spiga dell'orzo e i suoi chicchi che con un po' d'acqua risveglia il germoglio che attiva gli enzimi. Il germoglio pare che produca ex novo le idrolasi attraverso le giberelline, ecco, l'acqua è arrivata dal nostro “Uomo dell'Orzo” le sue parole sono riuscite ad attivare le nostre giberelline? Amici miei salentini leccesi tipici, adesso spetta a noi scatenare la bomba che c'è nel nostro DNA. Lo faremo?

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