mercoledì 2 giugno 2010

La birra tipica del Salento leccese con la varietà selezionata dall'uomo dell'orzo il Prof. Antonio Michele Stanca



La birra tipica del Salento leccese con la varietà selezionata dall'uomo dell'orzo il Prof. Antonio Michele Stanca
di Antonio Bruno
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Dalla mezza luna fertile e dalla Mesopotamia la birra prodotta dall'orzo arrivò nel Salento leccese. I padri venuti da lontano si spostarono nel nord Europa dove continuarono a fabbricare la birra mentre, nel Salento leccese, i nostri antenati si avvinazzavano con Alcolici vini da taglio. Oggi intraprendenti e giovani imprenditori della Penisola salentina producono la birra, solo che non hanno la lungimiranza e l'umiltà di affidarsi al Prof. Antonio Michele Stanca, l'uomo dell'orzo, che pur avendo proposto la costituzione di un Consorzio per la Birra Tipica del Salento leccese è rimasto “voce che grida nel deserto” per l'egocentrismo di ogni Mastro birraio di questo territorio.
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Vi sto raccontando da qualche giorno dell'uomo dell'orzo, del Prof. Antonio Michele Stanca, e devo dire che è stato bellissimo quando dopo la giornata di studio tutti insieme siamo andati nell'industria del mio amico Dottore Agronomo Francesco Tarantino che è a Maglie sulla strada per andare a Gallipoli http://www.molinodelsalento.it/ e qui c'era il giovane Raffaele Longo che produce birra e che la offriva in quella circostanza senza pretendere di essere pagato http://www.birrificiob94.it/ . Devo dire che ho assaggiato quella birra ed era davvero buona, oserei dire molto buona! Il nostro amico Prof. Stanca si è messo subito a parlare con lui ed io ascoltavo, quando ho sentito che aveva proposto ai Mastri birrai di questo territorio di fare il malto tipico del Salento leccese e che non c'era riuscito, io gli ho chiesto il perché, lui mi ha detto che quando ha tentato di mettere insieme tutti i produttori di Birra del Salento leccese per fare il malto, perché la quantità di birra prodotta da ogni MASTRO BIRRAIO DEL SALENTO LECCESE è troppo poca per giustificare una fabbrica di malto, questi baldi giovani si sono tutti tirati indietro. L'uomo dell'orzo, il Prof. Stanca, ha detto a chiare lettere ai mastri birrai salentini leccesi che se volevano un malto tipico fatto da un orzo coltivato nelle pianure della penisola salentina leccese dovevano mettersi insieme, ma il nostro amico non c'è ha visto nessuno che ha preso la palla in balzo seguendo il suo suggerimento perché ogni produttore di birra del nostro territorio è convinto che come fa la birra lui, non la fa nessuno, e soprattutto, che non vuole fare la birra uguale a quella del vicino, insomma a ognuno la sua birra!
Eppure se questi PADRONCINI DELLA BIRRA partissero dall'orzo della varietà selezionata dal Prof. Antonio Michele Stanca nella sua attività al CRA di Fiorenzuola seminata nelle fertili terre del Salento leccese e poi prendessero i chicchi e li mettessero nell'acqua pura della falda del Salento leccese a germogliare. E continuassero a stare insieme anche quando questi chicchi di orzo raggiungono l’umidità necessaria, e vengono fatti germinare per alcuni giorni otterrebbero questo orzo germinato che altro non è che il famoso malto.
Bisogna sapere che per la produzione della birra l'orzo deve subire dei trattamenti che lo rendano adatto alla fabbricazione. L'orzo deve essere fatto germogliare permettendo la scissione dell'amido, abbondantemente presente, in uno zucchero semplice (maltosio) facilmente aggredibile dai lieviti e di conseguenza fermentescibile. Per far si che si venga a creare questa situazione l'orzo viene immerso in acqua per un tempo che varia tra le 24 e le 60 ore cambiando l' acqua almeno due volte. L' immersione cessa quando prendendo in mano il chicco questo si spacca facilmente sotto la pressione esercitata dalle dita oppure quando si lascia trapassare facilmente da uno spillo.
La germinazione è un processo molto delicato va fatto in ambienti umidi ad una temperatura costante. E' necessario che l' umidità sia controllata per far procedere con sufficiente rapidità le trasformazioni chimiche. La temperatura determina l' intensità della germinazione: se il processo di germinazione dell'orzo viene fatto a temperatura al di sotto dei 3°C questo processo è quasi impercettibile mentre se lo si fa in ambienti con una temperatura al di sopra dei 30-40°C il processo è arrestato. La temperatura ottimale è di 15-18°C e la temperatura deve rimanere costante per tutto il processo di germinazione per non comprometterla.
Eseguita l'operazione di preparazione del malto l'orzo si lascia sgocciolare per una mezza giornata circa in un locale non troppo secco successivamente si stendono i chicchi su di una superficie piana in un ambiente arieggiato. Dopo alcuni giorni, il tempo varia dalla stagione, appariranno le prime radichette e successivamente anche i primi germogli ed è a questo punto che la germogliazione deve essere arrestata facendo essiccare l'orzo.
Ed ecco che in questa fase i vari MAESTRI BIRRAI del Salento leccese potrebbero distinguersi facendo ognuno la sua Birra, una Birra diversa dall'altra, utilizzando un malto con diverso grado di tostatura e questo perché, secondo il grado di tostatura più o meno spinto, il malto raggiungerà un diverso colore, che sarà biondo, dorato o biscottato e una diversa fragranza, che influenzeranno poi l’aspetto e il sapore della birra. Dopo la tostatura il malto d’orzo viene macinato e ridotto in farina e questa farina sarebbe poi consegnata ad ogni Mastro Birraio Salentino leccese.
Io davvero non capisco come mai questi amici Mastri Birrai non si riuniscono in consorzio per avere il malto tipico del Salento leccese che viene dall'orzo dell'unica varietà di orzo per fare la birra selezionata in 50 anni di studio dal Prof. Antonio Michele Stanca anche lui Tipico Salentino Leccese.
Il Prof. Stanca, l'uomo dell'orzo, ci fa una narrazione del mondo di 6.000 anni fa raccontandoci
com'è avvenuto che la donna e l'uomo del Neolitico sono arrivati alla scoperta della birra.
Ci ha fatto vedere come venivano conservati i semi di orzo, ci dice che erano in grossi recipienti di terracotta, in dei veri e propri silos, ma a volte i silos si incrinavano e da queste fenditure si avevano delle infiltrazioni d'acqua. Con l'acqua ecco che cominciava la fermentazione nei silos, una cosa che accadde 6.000 anni fa e il cui biochimismo è stato scoperto da Pasteur solo nel 1853. Insomma c'è un silos con dentro una sostanza che ha fermentato, come faceva l'uomo del neolitico di 6.000 anni fa a sapere se quella sostanza era buona o cattiva? L'uomo dell'orzo si fa cupo quando ci dice che allora, 6.000 anni fa, la differenza tra una cosa buona e una cosa cattiva era la differenza tra vivere e morire. Ed ecco che un uomo del neolitico viene utilizzato come cavia, ce lo fa vedere mentre gli altri della tribù lo prendono per i piedi e gli ficcano la testa in quella poltiglia che fermenta. Lo fanno bere con la forza e, dopo aver bevuto il liquidi del silos, aspettavano di vedere l'effetto che questi avrebbero avuto sul malcapitato che poteva vivere o morire. La cosa che accadde è che quell'uomo dopo aver ingerito quel liquido era allegro, direi quasi euforico, e fu la prima volta che gli uomini primitivi vedevano l'euforia e tale stato alterato di coscienza decretò il successo di quella bevanda che noi oggi chiamiamo birra.
La storia documenta la prima comparsa della birra in Mesopotamia, attorno al 4500 a. C. Fra i sumeri era talmente diffusa che la legge fissava le varie quantità cui avevano diritto le varie fasce sociali, avevano diritto a due litri di birra al giorno gli operai e cinque litri di birra al giorno per governatori e sacerdoti. Anche i babilonesi conoscevano bene la birra, nel codice di Hammurabi nel 1700 a. C. circa sono infatti previste pene severissime per chi produceva o vendeva birra annacquata. La birra passò poi in Egitto e da lì in Grecia. Viene anche citata nei libri sacri del popolo ebraico ed è la regina della festività del Purim. I celti la consumavano abitualmente e la portavano con sé per berla prima e dopo le battaglie. In Italia la birra venne utilizzata prima dagli etruschi, quindi dai romani. Giulio Cesare ebbe modo di apprezzarla nel corso delle sue campagne di conquista intraprese contro i galli; Augusto esentò dalle tasse la classe medica perché era guarito dal mal di fegato proprio bevendo cervisia; Agricola portò tre mastri birrai da Glacum (Gloucester) e avviò così un'attività di produzione e vendita al dettaglio presso la sua villa. In seguito la birra in Italia cadde in disuso a causa delle invasioni barbariche, ma all'inizio del sesto secolo veniva prodotta presso l'abbazia di Montecassino. Attorno all'anno Mille si assiste all'inizio della produzione industriale nell'Europa settentrionale; nel 1516 compare l'editto sulla purezza della birra, in cui si specifica che la bevanda può essere prodotta solo con malto d'orzo, luppolo e acqua. Tra il 1700 e la metà del 1800 vennero messe a punto diverse tecnologie e condotte ricerche scientifiche che influenzarono fortemente la produzione di birra, fino ad arrivare alla situazione odierna.
Dalla mezza luna fertile e dalla Mesopotamia la birra prodotta dall'orzo arrivò nel Salento leccese. I padri venuti da lontano si spostarono nel nord Europa dove continuarono a fabbricare la birra mentre, nel Salento leccese, i nostri antenati si avvinazzavano con Alcolici vini da taglio. Oggi intraprendenti e giovani imprenditori del Salento leccese producono la birra, solo che non hanno la lungimiranza e l'umiltà di affidarsi al Prof. Antonio Michele Stanca, l'uomo dell'orzo, che pur avendo proposto la costituzione di un Consorzio per la Birra Tipica del Salento leccese è rimasto “voce che grida nel deserto” per l'egocentrismo di ogni Mastro birraio di questo territorio.

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