domenica 6 novembre 2011

La Comunità dei braccianti del Salento: schiavi di ieri e schiavi di oggi

La Comunità dei braccianti del Salento: schiavi di ieri e schiavi di oggi

"Ci sono patrimoni che non si possono quantificare, tesori che risplendono quanto più il tempo lascia addosso le sue tracce. La memoria, il ricordo, può diventare patrimonio collettivo, immateriale, che ha bisogno di essere fissato perché rifulga con il passare degli anni, perché si impedisca che la polvere dell'oblio ne offuschi le antiche passioni. Intorno al 1950 Nardò fu protagonista di uno dei più gloriosi episodi di riscatto sociale in Italia. La lotta per la conquista delle terre d'Arneo ad opera dei contadini rappresenta la più viva testimonianza dell'affrancamento del Sud dal giogo dei padroni, la rivendicazione della sua dignità e del diritto al lavoro, la definizione di un nuovo corso dove il Sud riparte da Sé." (Pinuccio Giuri).

Sono stato al convegno “Qualità e competitività del comparto agroalimentare pugliese: progetti e attività della Regine” organizzato dalla Presidenza Generale della Comunità dei Braccianti presso Casa Pastor Bonus in Via P. Stomeo, 9 a Lecce.

Il Convegno ha avuto il suo momento culturale nella Relazione dell’Assessore Dario Stefano di cui riferirò in un altro pezzo, invece l'occasione è tale che mi costringe a scrivere dei braccianti organizzati in Comunità.

A Nardò per dire territorio si dice l'Arneo e un tempo li c’erano soprattutto macchia mediterranea e pascoli. Dopo la seconda guerra mondiale, il latifondo dell'Arneo, una realtà ormai anacronistica, venne reclamato da una moltitudine di braccianti dei paesi vicini che chiedevano terra, pane e lavoro.

Ci furono molti scioperi che divennero intensissimi tra la fine del 1950 e l'inizio del 1951 e fu in quegli anni che furono arrestati alcuni rappresentanti dei contadini. Ci fu l'occupazione delle terre incolte dell'Arneo ad opera dei contadini di Nardò e comuni limitrofi. Sul Giornale "Il Paese" si possono leggere alcuni resoconti di quelle giornate che furono caratterizzate da bombe lacrimogene, manganelli, arresti ovvero la risposta dello Stato alle proteste. Tra gli altri arrestati ci furono M. Montinaro e C.De Vitis che si erano nascosti nell'abitazione di Cesare Reho, segretario della Camera di lavoro di Supersano, Nelle cronache si legge che furono scoperti la notte del 30 gennaio dai Carabinieri di Ruffano. E proprio per questo motivo finì in carcere, con l’accusa di favoreggiamento, anche Cesare Reho. Ma i contadini, sostenuti dalle solidarietà di tutti i comuni della provincia con l'invio di viveri e indumenti, non si tirarono in dietro. L'arresto di G. Leucci, segretario provinciale del partito comunista italiano, suscitò un' ondata di proteste; le sezioni socialiste comuniste, le leghe e le camere del lavoro di ogni comune inviarono telegrammi in prefettura chiedendo la liberazione degli arrestati. Il Giornale "L'Unità" contribuì a fare dell' Arneo un problema nazionale.

Nel febbraio 1951 la segreteria nazionale della Confederterra ripropose la questione della concessione delle grandi estensioni di terre incolte del Salento.

L'occupazione delle campagne, la dura repressione delle forze dell'ordine, i successivi processi fecero da preludio alla vittoria finale, con l'assegnazione delle campagne ai contadini.

In questo clima la Chiesa Cattolica aveva attivato nel 1949 ad opera di Michele Mincuzzi, che poi divenne arcivescovo di Lecce, la Comunità dei Braccianti. Lo fece per evitare che accadesse il peggio, per evitare che la violenza distruggesse vite umane e propagasse miseria e disperazione in questo territorio che si stende nel grande lago salato.

Questi erano i braccianti nel Salento. E adesso?

In Italia, secondo le rilevazioni dell' Istat, ci sono 393 mila lavoratori dipendenti nel settore agricolo. Ebbene, ogni anno l' Inps paga le indennità di disoccupazione agricola a circa 650 mila braccianti, almeno 500 mila dei quali nel Mezzogiorno (Calabria, Campania, Puglia e Sicilia in particolare). Com' è possibile? Accade perché mentre l' istituto di statistica considera come dipendente agricolo una persona che abbia lavorato per almeno 48 giorni nel settore, l' istituto di previdenza considera anche chi è stato contadino per un solo giorno. Risultato: per l' Inps i braccianti sono circa 816 mila. È solo uno dei tanti paradossi della previdenza agricola.

Questa è la dimostrazione del ruolo crescente che sono andate assumendo le politiche previdenziali nel determinare il reddito dei braccianti, talché si può dire che la collocazione di classe di questa categoria di lavoratori oscilla tra quella di classe operaia agricola e quella di welfare clients.

Enrico Pugliese nel suo saggio scrive “Le trasformazioni delle classi sociali in Italia negli ultimi decenni” afferma: “Quale che fosse la collocazione di classe dei contadini – se cioè un vasto ceto medio o una realtà complessa di strati piccolo borghesi semi-proletari o proletari nascosti (i contadini poveri) – ora restano pochi coltivatori diretti a pieno tempo, molti part-timers e alcune centinaia di migliaia di braccianti agricoli (in parte stranieri). Non a caso, se il sindacato bracciantile (in particolare la Federbraccianti Cgil) era ancora negli anni settanta una componente importante, per quanto in declino, del sindacato, ora ha una rilevanza numerica e politica modesta.”



Perché scriverne oggi? Se è vero quanto ha affermato l’Assessore Stefano ovvero che “…noi siamo ciò che ricordiamo e ciò che dimentichiamo…” allora il lavoro della terra, le memorie, la quotidianità dei braccianti sono una presenza costante, tracce e segni di un passato ansioso di futuro. Un passato che è presente, qui ed ora. Salvaguardare l’esperienza dell’uomo e della terra contro l’amnesia della globalizzazione, l’assenza, l’oblio: per restituire voce a tutti quegli uomini che, oggi come allora, voce non hanno ma che dal passato ci dicono: : “riconosceteci, voi venite da qui, non avete proprio niente da dire?”.

E se li abbiamo riconosciuti allora riconosciamoli in ciò che è accaduto sempre a Nardò ma nel 2011, sessant’anni dopo quel 1951, nella Masseria Brancuri e nelle campagne, quando tra luglio e agosto, è nata una straordinaria esperienza di lotta e di autorganizzazione, in una battaglia contro il lavoro nero.

A sessant’anni dalle ultime occupazioni delle terre del latifondo dell’Arno, è successo qualcosa di straordinario e sorprendente. Una quarantina di braccianti migranti che stavano raccogliendo pomodori per 3,5 euro a cassone (un’ora circa di lavoro), di fronte alle pretese del caporale di svolgere un’ulteriore mansione, chiedono un adeguato aumento della retribuzione. Il caporale dice di no.

Prende vita uno sciopero che ben presto si trasforma in rivolta contro il caporalato, contro un sistema indiscusso di illegalità e sfruttamento schiavile (non solo delle manovalanze straniere), contro la paura e l’omertà in cui prosperano le mafie e la loro sovranità su quei territori.

Questi sono i braccianti di oggi, sono le persone venute da lontano che fanno quello che fece esasperare i contadini di allora. E ora come allora tutti dobbiamo fare qualcosa. Tutti dobbiamo togliere la testa dalla sabbia affinché gli schiavi non siano sinonimo dell’agricoltura del Salento.





Bibliografia

Enrico Pugliese: Le trasformazioni delle classi sociali in Italia negli ultimi decenni
S. Coppola, Quegli uomini coperti di stracci, nota 33, p.40
Marro Enrico: Misteri d' Italia Contadini? 400 mila. Disoccupati? 650 mila - Il Corriere della Sera
Libera Radio Vici contro le mafie: Le voci della rivolta: Yvan, bracciante di Nardò
braccianti la memoria che resta di e con Enrico Messina, Micaela Sapienza liberamente ispirato a La memoria che resta. Vita quotidiana, mito e  storia dei braccianti nel Tavoliere di Puglia di Giovanni Rinaldi e Paola Sobrero. [I ed. 1981, n.e. Ed. Aramirè, Lecce 2004]

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