Il Carrubo, un tesoro nascosto del Salento
di Antonio Bruno dottore agronomo
Quando penso al Salento, penso a quella terra
calda, a volte arida, dove il sole sembra un amico fedele e il vento racconta
storie antiche. In questo angolo di Puglia, tra ulivi centenari e masserie
dimenticate, cresce silenzioso un albero che ha molto da dire: il carrubo.
Forse non lo conoscete bene, o forse lo avete
visto distrattamente, qui e là, nelle campagne di Lecce, arrampicato sui
terreni più poveri o lungo le scarpate. È un gigante discreto, una pianta che
non chiede molto: un po’ di sole, un terreno calcareo, e la pazienza di
aspettare. Perché il carrubo non è come le colture di moda, quelle veloci e
frenetiche; il carrubo ha tempi lunghi, quelli della natura vera.
Eppure, in un mondo che corre verso la
sostenibilità, verso un ritorno a modelli più semplici e rispettosi, il carrubo
ha tutto ciò che serve per diventare un protagonista. È resistente alla
siccità, non ha bisogno di chimica, si adatta ai suoli più difficili. E poi c’è
la sua storia, fatta di antichi semi — i “carati” — trasformati in farina, di
baccelli dolci usati in cucina, nella zootecnia, nella cosmetica, nella
bioeconomia.
Vi sorprenderà sapere che, con un investimento
contenuto, coltivare il carrubo può diventare non solo una scelta ecologica ma
anche economica. Dopo qualche anno di attesa, questa pianta comincia a dare i
suoi frutti, producendo un raccolto che può durare decenni, anzi, quasi un
secolo. Non è certo la ricchezza sfrenata di un colpo di fortuna, ma è quella
solidità che fa bene al territorio, alle persone, e alla terra.
In un momento in cui il Salento ha bisogno di
riscoprire sé stesso, di guardare alle sue radici per trovare nuova linfa, il
carrubo può essere una risposta concreta. Una risposta che parla di pazienza,
di rispetto per la natura, di economia sostenibile.
Non lasciamo che questa pianta rimanga un
comparsa ai margini della nostra storia agricola. Diamo al carrubo lo spazio
che merita, perché in lui c’è un futuro che profuma di terra, di sole, e di
speranza.
Il Carrubo,
una risorsa che profuma di futuro
di Antonio Bruno, dottore agronomo
In tempi in
cui si parla tanto di sostenibilità, di ritorno alla terra e di economia
circolare, permettetemi di parlarvi di una pianta che per molti può sembrare
una comparsa, ma che in realtà ha tutte le carte in regola per essere
protagonista: il carrubo.
In provincia
di Lecce, terra che conosco e amo, il carrubo c'è sempre stato. Lo si vede nei
campi abbandonati, sulle scarpate, vicino alle vecchie masserie. Eppure, questo
gigante silenzioso della macchia mediterranea non è mai stato valorizzato
abbastanza. Ed è un peccato, perché oggi più che mai potrebbe rappresentare un
volano di rilancio per l'agricoltura salentina.
Un amico del clima
Il carrubo
ama il caldo, la siccità, il sole a picco che solo il Salento sa regalare.
Cresce su suoli poveri, dove altre colture fanno fatica. Non ha bisogno di cure
intensive, di acqua continua, di trattamenti chimici. In un'epoca segnata dalla
Xylella e dalla crisi dell'olivicoltura, è un'alternativa concreta, rustica e
intelligente.
Una filiera tutta da scoprire
Sapete che
dal carrubo si ricava una farina pregiata, utilizzata nell'industria alimentare
come addensante naturale? E che la sua polpa dolce può essere trasformata in
bevande, dolci, integratori? Senza dimenticare l'uso nella zootecnia e in
settori innovativi come la cosmetica e la bioeconomia.
Il Carrubo (Ceratonia siliqua) in Provincia di Lecce:
Coltivazione, Mercato e Prospettive Economiche
- Introduzione
Il carrubo (Ceratonia siliqua) è una pianta arborea sempreverde appartenente alla famiglia delle Fabaceae, tipica dell'area mediterranea. In provincia di Lecce, grazie al clima caldo-arido, alla buona insolazione e ai terreni calcarei ben drenati, il carrubo trova un habitat ideale, sebbene la sua coltivazione sia storicamente sottoutilizzata rispetto ad altre colture arboree come l'olivo o il fico. - Diffusione in provincia di
Lecce
Nel Salento, e in particolare nella provincia di Lecce, la presenza del carrubo è documentata in forma spontanea o semispontanea, spesso in aree marginali o incolte. Tuttavia, negli ultimi anni si è assistito a un rinnovato interesse per questa specie, sia per motivi ambientali (recupero del paesaggio, contrasto alla desertificazione) sia per ragioni economiche (nuove opportunità di mercato legate ai prodotti derivati). - Sbocchi di mercato
Il carrubo offre molteplici sbocchi commerciali:
- Alimentare: i semi (detti
"carati") vengono trasformati in farina di semi di carrubo
(E410), usata come addensante. La polpa del baccello, ricca di zuccheri
naturali, viene impiegata in dolci, bevande e integratori naturali.
- Zootecnico: la polpa dei baccelli essiccati
viene utilizzata come mangime per ruminanti.
- Industriale: utilizzo in cosmetica e
farmaceutica grazie alle proprietà antiossidanti.
- Bioeconomia: rientra in filiere
sostenibili per la produzione di alimenti funzionali e packaging
biodegradabili.
- Tecnica colturale
- Clima e suolo: predilige zone aride, calde,
con suoli calcarei, ben drenati e poco profondi.
- Impianto: sesto consigliato 6x6 m o 7x7
m. Il carrubo è pianta dioica, quindi è necessario impiantare piante
maschili (impollinatori) in rapporto di circa 1 ogni 8-10 femminili.
- Potatura: formazione nei primi anni e
successivamente potature di mantenimento e sfoltimento.
- Irrigazione: non strettamente necessaria,
ma utile nei primi anni e in annate particolarmente siccitose.
- Concimazione: organica o minerale,
limitata; importante il controllo del pH e della materia organica nel
suolo.
- Scelta varietale
Le varietà più coltivate nel Sud Italia includono:
- Racemosa: molto produttiva,
baccelli grossi e ricchi di polpa.
- Saccarata: ottima per la
produzione alimentare grazie all'alto contenuto zuccherino.
- Aquilina: varietà selvatica
spesso usata come portainnesto.
- Business Plan (esempio per 1
ettaro)
- Investimenti iniziali:
- Preparazione terreno: €500
- Acquisto piante (100
piante/ha): €1.000
- Impianto e manodopera: €1.000
- Irrigazione di supporto
(minima): €700
- Totale iniziale: €3.200
- Costi annuali di gestione:
- Potatura: €300
- Concimazione: €150
- Controlli fitosanitari
(minimi): €100
- Totale gestione annua: €550
- Ricavi (dal 6° anno):
- Produzione media: 4.000 kg/ha
- Prezzo medio carrube secche:
€0,40/kg
- Ricavo annuo medio: €1.600
- Analisi economica:
- Break-even: circa all'8° anno
- Margine positivo da 10° anno
in poi
- Durata impianto: 50-100 anni
Un investimento per il futuro
Dal sesto
anno si comincia a raccogliere: fino a 4.000 kg di carrube secche all'anno per
ettaro. A 0,40 euro al chilo, non ci si diventa ricchi, ma si costruisce
qualcosa di solido, duraturo, sostenibile. Il break-even arriva attorno all'ottavo
anno. Poi, è tutta crescita.
Un consiglio dal cuore
Il Salento
ha bisogno di rinascere anche attraverso il recupero di colture storiche. Il
carrubo può essere una risposta. Io credo nel valore delle radici, nella
lentezza della crescita naturale, nella dignità della terra. E il carrubo
incarna tutto questo.
Non
lasciamolo più ai margini.
Bibliografia
- FAO, "Ceratonia siliqua:
The Carob Tree", 2014
- Università del Salento,
Dipartimento di Scienze e Tecnologie Biologiche e Ambientali
- CREA - Consiglio per la Ricerca
in Agricoltura, Schede varietali
- Associazione Nazionale Carrubo,
Bollettini tecnici 2018-2023
- Regione Puglia - PSR e linee
guida per la coltivazione del carrubo

Nessun commento:
Posta un commento