sabato 28 giugno 2025

"Xylella, il nemico invisibile e l’illusione dell’incolto"


 "Xylella, il nemico invisibile e l’illusione dell’incolto"

di Antonio Bruno

C’è sempre, nella narrazione di una crisi, un capro espiatorio. È il destino di ogni tragedia: serve un colpevole. E così, anche questa volta, mentre la Xylella torna a far parlare di sé nel nord barese, riemerge un vecchio cliché: la malattia degli ulivi sarebbe colpa degli alberi abbandonati, delle terre incolte, della negligenza altrui. Insomma, se curi il tuo ulivo, lui ti protegge. Se lo lasci solo, ti punisce.

Mi si perdoni, ma la realtà è più complicata. Più spietata. E più urgente.

Nel 2013, quando il batterio iniziò la sua corsa inarrestabile nel Salento, molti dissero: “Non succederà da noi. Noi gli ulivi li curiamo.” Ma la Xylella non conosce confini comunali, né medie di potatura. Non distingue tra cura e abbandono, perché viaggia con gli insetti, con gli scambi commerciali. Non è una maledizione selettiva, ma un’infezione sistemica. E allora, quella sicurezza ostentata, quella convinzione che bastasse “fare bene” per essere al sicuro, oggi mostra le sue crepe.

Sento parlare di alberi infetti in una stazione di servizio, quasi che l’asfalto possa essere colpevole. Si sospetta l’autostrada, gli autotrasportatori, forse i camionisti. Sento parlare di aree “trascurate” come focolai annunciati. Ma mi chiedo: non è forse più pericoloso il pensiero che divide il territorio in chi è “virtuoso” e chi è “colpevole”? Non è questo l’errore più grande? Perché se crediamo che basti fare bene il proprio orticello per fermare un’epidemia vegetale, allora siamo più ciechi del batterio stesso.

Il problema della Xylella è culturale, prima ancora che agricolo. È nella difficoltà di pensare in termini collettivi. È nella lentezza di un Paese che fatica a fare sistema, anche davanti all’evidenza scientifica. Perché diciamolo: da oltre dieci anni gli studiosi ci spiegano che servono strategie integrate, sorveglianza continua, risposte rapide e coordinate. Eppure, ogni focolaio ci trova sorpresi, disorientati, pronti a puntare il dito invece di stringere i ranghi.

La Puglia ha un cuore verde che batte nel legno millenario dei suoi ulivi. Ma quel cuore, per restare vivo, ha bisogno di una comunità che smetta di cercare colpe e cominci a condividere responsabilità. La Xylella non si ferma con la nostalgia, né con la rimozione. Si affronta con la consapevolezza, la scienza, la politica del fare. Senza illusioni. Senza confini.

E soprattutto, senza nemici immaginari.

 

 

 

Ho analizzato l’articolo della stampa locale che evidenzia alcune opinioni diffuse tra gli agricoltori del nord barese in merito alla presenza di Xylella fastidiosa nella zona di Bisceglie.

Ecco una analisi critica punto per punto dello scritto, seguita dalla bibliografia scientifica.

Autore: Antonio Bruno

Istituzione: Associazione dei Laureati in Scienze Agrarie e Forestali della Provincia di Lecce


ANALISI DELLE AFFERMAZIONI

1. "La Xylella si diffonde solo su piante abbandonate"

“Questi alberi sono all’interno di una stazione di servizio dell'autostrada, ulivi incolti e trascurati ormai da sempre...”, “...un’area abbandonata da un sacco di tempo”

Errore/Imprecisione:
La diffusione di Xylella fastidiosa subsp. pauca (ceppo CoDiRO, responsabile della malattia degli olivi) non dipende esclusivamente dallo stato colturale degli alberi. Sebbene la potatura e la gestione agronomica possano contribuire a ridurre le popolazioni del vettore (sputacchina Philaenus spumarius), non impediscono l'infezione se la pianta viene esposta al batterio.

La scienza dice:

  • Xylella è trasmessa da insetti vettori che si spostano anche su piante sane e curate. Non esiste una prova scientifica che una buona gestione agronomica impedisca del tutto l’infezione.
  • L’abbandono può aumentare il rischio perché si perdono i presidi contro i vettori, ma non è una condizione necessaria né sufficiente.

Conclusione: l’associazione diretta “pianta trascurata = infezione” è una semplificazione fuorviante.


2. "La Xylella è arrivata a Bisceglie per colpa dell’autostrada e dei trasportatori"

“...non è escluso che il vettore possa essere stato trasportato inavvertitamente tramite l'autostrada…”

Errore/Speculazione non supportata:
Il trasporto passivo del vettore lungo le autostrade è possibile, ma non è attualmente documentato come principale via di diffusione. Gli adulti di Philaenus spumarius sono abili volatori, ma si spostano in genere per brevi distanze (centinaia di metri). I focolai si diffondono soprattutto per propagazione naturale e movimentazione di materiale vegetale infetto.

Conclusione: l'autostrada può essere un fattore secondario, ma non rappresenta la causa primaria accertata della diffusione.


3. "La Xylella si propaga da sud a nord: lo dimostra la posizione degli alberi infetti"

“...significa probabilmente che la Xylella si sia propagata sia a sud che a nord”

Imprecisione logica:
L’inferenza è azzardata. Quattro piante infette in due direzioni non bastano a stabilire un senso di diffusione. Per definire la direzione di diffusione è necessaria un'analisi genetica (studi di filogenesi) e il tracciamento epidemiologico dei focolai.

Conclusione: affermazione speculativa, senza base tecnica.


4. "La manutenzione comunale è una delle principali cause della diffusione della Xylella"

“...la pulizia a bordo strada dovrebbe essere eseguita dal Comune. Questa è considerata una principale causa che può contribuire alla propagazione della Xylella.”

Esagerazione del ruolo comunale:
Sì, la gestione della vegetazione spontanea è parte delle misure di contenimento del vettore (riduzione degli stadi giovanili della sputacchina), ma non può essere indicata come causa principale dell’epidemia. La responsabilità della gestione integrata è multilivello: agricoltori, Comuni, Regione e Ministeri.

Conclusione: affermazione esagerata, che attribuisce responsabilità improprie al solo livello comunale.


5. "La potatura e l’aratura impediscono la diffusione"

“...era stato disposto un obbligo di potatura e aratura, ma non è servito…”

Vero ma va contestualizzato:
Le pratiche colturali come potatura, aratura e controllo della vegetazione spontanea sono misure di contenimento che riducono la popolazione del vettore, ma non eliminano il patogeno. Da sole non bastano a bloccare un’epidemia in fase avanzata.

Conclusione: le misure agronomiche aiutano ma non risolvono da sole; presentarle come soluzione "fallita" è fuorviante se non si considera l'intero contesto epidemiologico.


BIBLIOGRAFIA SCIENTIFICA

  1. Saponari, M., Boscia, D., Nigro, F., & Martelli, G. P. (2013). Identification of DNA sequences related to Xylella fastidiosa in oleander, almond and olive trees exhibiting leaf scorch symptoms in Apulia (southern Italy). Journal of Plant Pathology, 95(3), 659–668.
  2. EFSA Panel on Plant Health (2015). Scientific Opinion on the risk to plant health posed by Xylella fastidiosa in the EU territory, with identification and evaluation of risk reduction options. EFSA Journal, 13(1), 3989.
  3. Cornara, D., Sicard, A., Zeilinger, A. R., Porcelli, F., Purcell, A. H., & Almeida, R. P. P. (2017). Transmission of Xylella fastidiosa to grapevine by the meadow spittlebug. Entomologia Experimentalis et Applicata, 162(2), 135–143.
  4. Giampetruzzi, A., et al. (2017). The impact of pathogens on the evolution of plant species: the case of Xylella fastidiosa and olive quick decline syndrome. Genome Biology and Evolution, 9(10), 2742–2756.
  5. White, S. M., Bullock, J. M., Hooftman, D. A. P., & Chapman, D. S. (2017). Modelling the spread and control of Xylella fastidiosa in the early stages of invasion in Apulia, Italy. Biological Invasions, 19(6), 1825–1837.

CONCLUSIONI

Il racconto giornalistico riflette le percezioni comuni degli agricoltori, ma spesso propone cause semplificate o errate, che non trovano conferma nelle evidenze scientifiche. In particolare:

  • La colpa attribuita agli oliveti abbandonati è una semplificazione.
  • La buona gestione può aiutare ma non è garanzia contro l'infezione.
  • La diffusione della Xylella è complessa, e richiede un approccio multidisciplinare e sistemico.

 

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