"Xylella, il nemico invisibile e l’illusione dell’incolto"
di Antonio Bruno
C’è sempre, nella narrazione di una crisi, un
capro espiatorio. È il destino di ogni tragedia: serve un colpevole. E così,
anche questa volta, mentre la Xylella torna a far parlare di sé nel nord
barese, riemerge un vecchio cliché: la malattia degli ulivi sarebbe colpa degli
alberi abbandonati, delle terre incolte, della negligenza altrui. Insomma, se
curi il tuo ulivo, lui ti protegge. Se lo lasci solo, ti punisce.
Mi si perdoni, ma la realtà è più complicata.
Più spietata. E più urgente.
Nel 2013, quando il batterio iniziò la sua
corsa inarrestabile nel Salento, molti dissero: “Non succederà da noi. Noi gli
ulivi li curiamo.” Ma la Xylella non conosce confini comunali, né medie di
potatura. Non distingue tra cura e abbandono, perché viaggia con gli insetti,
con gli scambi commerciali. Non è una maledizione selettiva, ma un’infezione
sistemica. E allora, quella sicurezza ostentata, quella convinzione che
bastasse “fare bene” per essere al sicuro, oggi mostra le sue crepe.
Sento parlare di alberi infetti in una
stazione di servizio, quasi che l’asfalto possa essere colpevole. Si sospetta
l’autostrada, gli autotrasportatori, forse i camionisti. Sento parlare di aree
“trascurate” come focolai annunciati. Ma mi chiedo: non è forse più pericoloso
il pensiero che divide il territorio in chi è “virtuoso” e chi è “colpevole”?
Non è questo l’errore più grande? Perché se crediamo che basti fare bene il
proprio orticello per fermare un’epidemia vegetale, allora siamo più ciechi del
batterio stesso.
Il problema della Xylella è culturale, prima
ancora che agricolo. È nella difficoltà di pensare in termini collettivi. È
nella lentezza di un Paese che fatica a fare sistema, anche davanti
all’evidenza scientifica. Perché diciamolo: da oltre dieci anni gli studiosi ci
spiegano che servono strategie integrate, sorveglianza continua, risposte
rapide e coordinate. Eppure, ogni focolaio ci trova sorpresi, disorientati,
pronti a puntare il dito invece di stringere i ranghi.
La Puglia ha un cuore verde che batte nel
legno millenario dei suoi ulivi. Ma quel cuore, per restare vivo, ha bisogno di
una comunità che smetta di cercare colpe e cominci a condividere
responsabilità. La Xylella non si ferma con la nostalgia, né con la rimozione.
Si affronta con la consapevolezza, la scienza, la politica del fare. Senza
illusioni. Senza confini.
E soprattutto, senza nemici immaginari.
Ho
analizzato l’articolo della stampa locale che evidenzia alcune opinioni diffuse
tra gli agricoltori del nord barese in merito alla presenza di Xylella
fastidiosa nella zona di Bisceglie.
Ecco una analisi
critica punto per punto dello scritto, seguita dalla bibliografia
scientifica.
Autore:
Antonio Bruno
Istituzione:
Associazione dei Laureati in Scienze Agrarie e Forestali della Provincia di
Lecce
ANALISI DELLE AFFERMAZIONI
1. "La Xylella si diffonde solo su piante
abbandonate"
“Questi
alberi sono all’interno di una stazione di servizio dell'autostrada, ulivi
incolti e trascurati ormai da sempre...”, “...un’area abbandonata da un sacco
di tempo”
Errore/Imprecisione:
La diffusione di Xylella fastidiosa subsp. pauca (ceppo CoDiRO,
responsabile della malattia degli olivi) non dipende esclusivamente dallo
stato colturale degli alberi. Sebbene la potatura e la gestione agronomica
possano contribuire a ridurre le popolazioni del vettore (sputacchina Philaenus
spumarius), non impediscono l'infezione se la pianta viene esposta al
batterio.
La scienza
dice:
- Xylella è trasmessa da insetti vettori
che si spostano anche su piante sane e curate. Non esiste una prova
scientifica che una buona gestione agronomica impedisca del tutto
l’infezione.
- L’abbandono può aumentare il
rischio perché si perdono i presidi contro i vettori, ma non è una condizione
necessaria né sufficiente.
Conclusione: l’associazione diretta “pianta
trascurata = infezione” è una semplificazione fuorviante.
2. "La Xylella è arrivata a Bisceglie per colpa
dell’autostrada e dei trasportatori"
“...non è
escluso che il vettore possa essere stato trasportato inavvertitamente tramite
l'autostrada…”
Errore/Speculazione
non supportata:
Il trasporto passivo del vettore lungo le autostrade è possibile, ma non
è attualmente documentato come principale via di diffusione. Gli adulti
di Philaenus spumarius sono abili volatori, ma si spostano in genere per
brevi distanze (centinaia di metri). I focolai si diffondono soprattutto per propagazione
naturale e movimentazione di materiale vegetale infetto.
Conclusione: l'autostrada può essere un
fattore secondario, ma non rappresenta la causa primaria accertata
della diffusione.
3. "La Xylella si propaga da sud a nord: lo dimostra
la posizione degli alberi infetti"
“...significa
probabilmente che la Xylella si sia propagata sia a sud che a nord”
Imprecisione
logica:
L’inferenza è azzardata. Quattro piante infette in due direzioni non bastano
a stabilire un senso di diffusione. Per definire la direzione di diffusione
è necessaria un'analisi genetica (studi di filogenesi) e il tracciamento
epidemiologico dei focolai.
Conclusione: affermazione speculativa,
senza base tecnica.
4. "La manutenzione comunale è una delle
principali cause della diffusione della Xylella"
“...la
pulizia a bordo strada dovrebbe essere eseguita dal Comune. Questa è
considerata una principale causa che può contribuire alla propagazione della
Xylella.”
Esagerazione
del ruolo comunale:
Sì, la gestione della vegetazione spontanea è parte delle misure di
contenimento del vettore (riduzione degli stadi giovanili della sputacchina),
ma non può essere indicata come causa principale dell’epidemia. La
responsabilità della gestione integrata è multilivello: agricoltori,
Comuni, Regione e Ministeri.
Conclusione: affermazione esagerata, che
attribuisce responsabilità improprie al solo livello comunale.
5. "La potatura e l’aratura impediscono la
diffusione"
“...era
stato disposto un obbligo di potatura e aratura, ma non è servito…”
Vero ma va
contestualizzato:
Le pratiche colturali come potatura, aratura e controllo della vegetazione
spontanea sono misure di contenimento che riducono la popolazione del
vettore, ma non eliminano il patogeno. Da sole non bastano a
bloccare un’epidemia in fase avanzata.
Conclusione: le misure agronomiche aiutano
ma non risolvono da sole; presentarle come soluzione "fallita" è fuorviante
se non si considera l'intero contesto epidemiologico.
BIBLIOGRAFIA SCIENTIFICA
- Saponari, M., Boscia, D.,
Nigro, F., & Martelli, G. P. (2013). Identification of DNA sequences related to
Xylella fastidiosa in oleander, almond and olive trees exhibiting leaf
scorch symptoms in Apulia (southern Italy). Journal of Plant
Pathology, 95(3), 659–668.
- EFSA Panel on Plant Health
(2015). Scientific
Opinion on the risk to plant health posed by Xylella fastidiosa in the EU
territory, with identification and evaluation of risk reduction options.
EFSA Journal, 13(1), 3989.
- Cornara, D., Sicard, A.,
Zeilinger, A. R., Porcelli, F., Purcell, A. H., & Almeida, R. P. P.
(2017). Transmission
of Xylella fastidiosa to grapevine by the meadow spittlebug. Entomologia
Experimentalis et Applicata, 162(2), 135–143.
- Giampetruzzi, A., et al. (2017). The impact of pathogens on
the evolution of plant species: the case of Xylella fastidiosa and olive
quick decline syndrome. Genome Biology and Evolution, 9(10), 2742–2756.
- White, S. M., Bullock, J. M.,
Hooftman, D. A. P., & Chapman, D. S. (2017). Modelling the spread and
control of Xylella fastidiosa in the early stages of invasion in Apulia,
Italy. Biological Invasions, 19(6), 1825–1837.
CONCLUSIONI
Il racconto
giornalistico riflette le percezioni comuni degli agricoltori, ma spesso
propone cause semplificate o errate, che non trovano conferma nelle
evidenze scientifiche. In particolare:
- La colpa attribuita agli
oliveti abbandonati è una semplificazione.
- La buona gestione può
aiutare ma non è garanzia contro l'infezione.
- La diffusione della Xylella
è complessa, e richiede un approccio multidisciplinare e sistemico.

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