giovedì 26 giugno 2025

Radici di ulivo, mare di cemento: la sfida salentina oggi

 


Radici di ulivo, mare di cemento: la sfida salentina oggi

di Antonio Bruno

Il Settecento salentino ci parla oggi con le carte ingiallite dei catasti onciari: montagne di numeri che raccontano una verità scomoda. Mentre l’attuale crisi agricola (-17% di aziende dal 2009 ) sembra un destino ineluttabile, quei documenti svelano un passato in cui questa terra era un crocevia economico del Mediterraneo. Oggi, fra capannoni abbandonati e distese di agriturismi, il Salento deve scegliere se essere cartolina per turisti o laboratorio di rinascita.


L’oro verde che non scotta più

Nel 1750, 46.950 salme d’olio (77.500 quintali) salpavano solo da Gallipoli verso mezza Europa. Trenta velieri all’ancora aspettavano carico, mentre i porti minori praticavano un commercio "semiclandestino" per sfuggire ai dazi. Oggi? Il Salento produce ancora olio, ma come compasso spuntato di un’economia turisticizzata:

·         Qualità vs quantità: I settecenteschi denunciavano già la rovina dell’olio lasciato marcire nei "camini" per carenza di frantoi. Oggi abbiamo 1.200 frantoi ma l’82% delle aziende lavora per terzi, rinunciando al valore del brand.

·         Diritti feudali vs burocrazia: Allora la decima baronale soffocava i contadini; oggi un olivicoltore deve affrontare 17 adempimenti per una etichetta DOP.

"Un tomolo d’oliveto da 200 ducati rende 16 ducati al biennio" si lamentava un proprietario nel 1789. Tradotto: con 5.000€ d’investimento, oggi si guadagnano 400€ l’anno. La matematica non è cambiata.


La mappa sociale che non c’è più

I catasti borbonici rivelano un equilibrio fragile ma vitale: il 75% dei braccianti possedeva casa con orto, e persino i nullatenenti trovavano sostegno negli enti ecclesiastici con mutui all’8%. Un welfare ante litteram basato sulla terra.

Tabella: Evoluzione del tessuto rurale salentino

Parametro

Settecento

Oggi

Piccoli proprietari

75% braccianti con terra

<30% aziende sotto 5 ettari

Modello contrattuale

Enfiteusi e colonia perpetua

Affitti brevi (82% <5 anni)

Sicurezza sociale

Prestiti ecclesiastici a tasso calmierato

80% lavoratori senza ammortizzatori

Dipendenza esterna

Esportazione olio/vino

Turismo = 44% nuove imprese 

Oggi 9.283 aziende agricole sopravvivono nella provincia di Lecce, ma il modello è frantumato: i contadini settecenteschi piantavano ulivi per i nipoti; oggi il 70% delle successioni agricole fallisce per disinteresse.


Il virus della monocultura turistica

Quando i principi Dentice nel 1839 concedevano terre ai coloni, o quando Ettore Tagliaferro smembrò i latifondi creando cooperative, intuivano che la terra vive di comunità. Oggi il Salento insegue il turismo low cost:

·         Brindisi e Taranto hanno perso 2.241 imprese manifatturiere dal 2009

·         Lecce conta 5.838 attività di ristorazione/alloggio (+44%)

·         I prezzi delle case a 5 km dal mare sono triplicati in 10 anni

"Il Salento non ha altro capitale da toccar denaro che gli oliveti" scriveva l’economista Palmieri nel 1790. Oggi direbbe: "Avete sostituito gli ulivi con i letti di Airbnb".


Manifesto per la Terza Via Salentina

Ripartire dalla terra non significa voltare le sponde al mare. Serve un patto generazionale:

1.      Agro-finanza anticrisi: Fondi mutualistici sul modello delle Casse Rurali di Tagliaferro (*), per acquistare frantoi comunitari e bypassare gli intermediari.

2.      Bonus "Ulivo 4.0": Sgravi al 65% per chi converta terreni incolti a agricoltura biodinamica con sistemi IoT per irrigazione (**).

3.      Patto paesaggio: Obbligo di 1 ulivo piantato ogni 10 m² di nuova costruzione, come a Matera con i suoi 15.000 alberi nel Piano Regolatore.

4.      Turismo agricolo evoluto: Agriturismi come hub di co-working rurale, con sartorie digitali che riattivino le filiere tessili (10.000 posti persi).

Un giovane imprenditore di Galatina mi dice: "Mio nonno aveva 5 ettari e 8 figli. Io ho un drone e 50 clienti in Olanda che pagano l’olio prima della raccolta"La tradizione senza innovazione è museo; l’innovazione senza radici è speculazione.


Conclusioni: La lezione dei catasti

Quando Carlo di Borbone nel 1740 creò il catasto onciario, capì che la ricchezza è nella conoscenza. Quel censimento rivelò che il 70% dei salentini possedeva terra. Oggi il Salento deve re-inventare la sua mappa: non per tornare al Settecento, ma per non ritrovarsi nel 2050 come un parco tematico del sole, con contadini trasformati in comparse per turisti.

La vera sfida? Fare dell’agricoltura un atto di resistenza poetica. Come quei vigneti di Negroamaro che crescono fra le pietre: radici profonde, sguardo al mare.

 

(*) Ercole Pennetta, L’ECONOMIA AGRICOLA SALENTINA NEL SECOLO XVIII Ecco il modello in tre punti essenziali:

1.    Credito cooperativo antiusura:
Piccole banche locali create dai contadini stessi (soci-titolari) per prestarsi denaro a tassi calmierati (3-5%), spezzando la morsa degli usurai che chiedevano fino al 30%.

2.    Filiere controllate:
Le Casse finanziavano acquisto collettivo di macchinari (frantoi, torchi) e materie prime, aggirando intermediari. Esempio: "Un frantoio per 10 poderi".

3.    Autogoverno contadino:
Ogni socio aveva un voto indipendentemente dalla quota versata. Le decisioni (prestiti, investimenti) venivano prese in assemblee nei "pagghiari" (stalle trasformate in sedi).

Perché fu rivoluzionario:

"Trasformò il bracciante da debitore eterno a co-proprietario di strumenti di produzione" (Archivio Tagliaferro, 1905). Un modello antesignano delle Banche di Credito Cooperativo odierne.

(**) Ecco l'essenza in 4 punti-chiave:

1.    Sensori spia nel terreno:
Sonde misurano in tempo reale umidità, temperatura e salinità del suolo (esempio: 25% acqua a 50 cm di profondità).

2.    Comando da smartphone:
L'agricoltore attiva l'irrigazione da remoto ("accendi settore 3 per 20 minuti") basandosi su alert automatici.

3.    Adattamento climatico:
Il sistema incrocia dati meteo (es: pioggia prevista tra 2 ore) e ricalcola autonomamente i fabbisogni idrici.

4.    Risparmio certificato:
-50% sprechi d'acqua vs metodi tradizionali
-30% costi energetici
+15% resa colturale (*dati ESA/FAO 2023*)

Come funziona in pratica:
"I sensori nel vigneto rilevano secchezza. Un algoritmo compara i dati con previsioni meteo e storie irrigue dell'ultimo decennio. Decide di attivare i gocciolatori solo domani all'alba, quando l'evaporazione è minima."
(Fonte: Progetto "SmartVine" Regione Puglia, 2024)

Perché è rivoluzionario per il Salento:

"Dove i nonni contavano sulle lunazioni, oggi gli ulivi parlano via satellite. Un contadino di Veglie irriga 10 ettari con 3 click, mentre guida il trattore" (Report AgriTech Salento).

 

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