“Agricoltura al capolinea: ora deve pensarci lo Stato”
In tutta sincerità, di agricoltura si parla spesso solo quando i trattori invadono le strade o quando il grano non vale nulla. Ma quello che sta succedendo ora in Italia – e in Europa – merita più di un titolo sui giornali: è un punto di non ritorno.
Gli agricoltori italiani, specie quelli del Sud, si trovano davanti a un bivio. La nuova Politica Agricola Comune (PAC) dell’Unione Europea taglia risorse fondamentali: 86 miliardi di euro in meno. In pratica, il 20% dei fondi in meno rispetto a prima. E tutto questo mentre si chiede loro di essere più sostenibili, più verdi, più etici. Ma con quali soldi?
Lo hanno detto chiaramente: senza finanziamenti pubblici, l’agricoltura non regge. Non si va avanti. Non si semina, non si raccoglie, non si assume. E non si mangia.
Ed è qui che scatta la riflessione vera, quella scomoda: se un intero settore economico funziona solo con i soldi dei cittadini, allora non è più privato, è pubblico di fatto. Ed è ora di trattarlo come tale.
Troppi, in questi anni, hanno lucrato su un sistema malato. C’è chi ha fatto affari con le carte, chi con i fondi europei, chi con i lavoratori in nero. Le mafie hanno trovato terreno fertile, e i migranti sono stati ridotti a braccia silenziose, sfruttate e invisibili.
Diciamolo chiaro: l’agricoltura italiana non può più essere lasciata nelle mani di chi pensa solo al profitto. Se i soldi li mettono i cittadini, allora è giusto che a decidere sia un Ente pubblico, trasparente, controllato, che gestisca questo patrimonio. Che assicuri produzione di qualità, rispetto per chi lavora, e restituisca dignità a un mestiere che è la base di tutto: il cibo.
Pensateci: nessuno di noi accetterebbe che l’acqua potabile fosse gestita da mafiosi o che l’aria fosse venduta al ribasso da multinazionali. Eppure, sul cibo – e su chi lo produce – chiudiamo un occhio da anni. È ora di riaprirlo. È ora di dire basta.
Serve un’agenzia pubblica nazionale per l’agricoltura, che gestisca fondi, controlli, e produzione. Che assicuri regole chiare, salari dignitosi, e rispetto per l’ambiente. Basta sussidi a pioggia. Basta caporalato. Basta furbizie. Basta politici che fanno finta di non vedere.
Chi paga – cioè noi – deve poter dire la sua. Deve poter sapere dove finiscono i soldi. Deve poter decidere cosa arriva sulla propria tavola.
Perché l’agricoltura non è solo un settore. È la nostra vita quotidiana. E la vita, signori miei, non si lascia nelle mani sbagliate.
Ecco lo studio, che approfondisce le richieste economiche, la dipendenza pubblica del settore agricolo, e introduce la proposta di gestione pubblica come presidio che riduce mafia e sfruttamento:
Autore: Antonio Bruno
Istituzione: Associazione dei Laureati in Scienze Agrarie e Forestali della Provincia di Lecce
📌 Richieste economiche
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Riduzione netta del budget agricolo europeo pari a circa 86‑87 miliardi €, con un taglio effettivo del 20% delle risorse disponibili finora.
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Gli agricoltori chiedono il mantenimento dei fondi in coerenza con gli investimenti richiesti per la sostenibilità ambientale, nonché una distribuzione che favorisca aziende in grado di generare reddito, occupazione e tutela del territorio.
⚠️ Il settore agricolo è pubblico di fatto
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L’agricoltura italiana non regge senza i trasferimenti economici pubblici (UE e nazionali), che rappresentano l’unica fonte di sostegno stabile.
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Il settore non è competitivo su mercato libero: vive solo grazie ai soldi dei cittadini, quindi dovrebbe essere considerato un bene pubblico.
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La gestione dei fondi attraverso un’unica struttura pubblica, trasparente e controllata, risponderebbe alla legittimità democratica di chi finanzia il sistema.
🛡️ Come la gestione pubblica eviterebbe mafia e sfruttamento
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Attualmente, nei sistemi agricoli italiani sono presenti due grandi problemi strutturali:
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Infiltrazione della criminalità organizzata nella filiera: tramite appalti, caporalato e frodi agroalimentari (es. agro‑mafia, olive oil contraffatto) Documenti Camera.
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Sfruttamento sistematico dei migranti non regolari: circa 200‑230 mila lavoratori stagionali lavorano in nero, spesso privi di diritti, a salari da fame, in condizioni assimilabili alla schiavitù moderna Financial TimesPicklineWikipediaRedattore Sociale.
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Una gestione pubblica diretta, tramite un Ente rappresentativo dei cittadini, riuscirebbe a:
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Gestire in modo trasparente e controllato le risorse economiche, riducendo il rischio di fuga nei canali mafiosi.
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Eliminare la mediazione privata illegale (caporalato), affidando il reclutamento e l’organizzazione della manodopera a cooperative regolari o enti pubblici.
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Applicare norme e contratti regolari, con controlli veri sui rapporti di lavoro, eliminando il lavoro irregolare e le paghe da fame.
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Sottrarre terreni e risorse al controllo mafioso: i beni confiscati potrebbero essere affidati non a imprese private, ma a cooperative legali o enti pubblici, in modo da restituire valore al territorio e alla comunità Pickline+1Documenti Camera+1.
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🏛️ Proposta concreta: un Ente pubblico di gestione agricola
Un organismo pubblico, nominato dai cittadini o dalle istituzioni democratiche, dovrebbe:
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Gestire e distribuire i fondi agricoli (UE e nazionali) in modo trasparente e orientato a benefici collettivi.
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Regolare le attività agricole secondo criteri di qualità, sostenibilità ambientale, diritti sul lavoro e sicurezza.
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Coordinare il lavoro stagionale tramite strutture controllate, eliminando l’intermediazione irregolare e garantendo contratti legali.
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Governare i terreni confiscati alla mafia, assegnandoli a cooperative o progetti pubblici che producono cibo sano e lavoro dignitoso.
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Operare con partecipazione dei cittadini – veri finanziatori – e con meccanismi chiari di controllo pubblico.
✅ Vantaggi della gestione pubblica
| Problema attuale | Gestione pubblica – Soluzione proposta |
|---|---|
| Fondi pubblici dispersivi e incontrollabili | Amministrazione trasparente e centralizzata |
| Infiltrazione mafiosa nelle filiere | Beni pubblici sotto controllo diretto, assegnati a fini sociali |
| Sfruttamento dei migranti | Reclutamento regolare, salari minimi rispettati, no caporalato |
| Concorrenti sleali tra aziende e paesi | Planificazione basata su interesse collettivo, non profit |
🧭 In sintesi
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Il settore agricolo italiano richiede fondi pubblici per sopravvivere, il che ne fa de facto un settore pubblico.
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La creazione di un Ente pubblico di gestione agricola garantirebbe che questi fondi siano spesi nell’interesse dei cittadini, contrastando la mafia e tutelando i diritti dei lavoratori migranti.
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Solo così si riconosce legittimità democratica al settore: chi paga – i cittadini – diventa chi decide e controlla.

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