Intervista al Dottore Agronomo Antonio Bruno: Il Nuovo Valore del Selvatico nella Gestione del Paesaggio
Intervistatore: Buongiorno, Dottor Bruno. Oggi vorremmo parlare con lei del concetto di "selvatico" che sta emergendo in diversi ambiti, dalla paesaggistica all'antropologia. Il selvatico, oggi, sembra incarnare un valore positivo e un'idea di contiguità con la natura. Qual è la sua opinione su questa nuova visione?
Dott. Antonio Bruno: Buongiorno a voi. Il concetto di "selvatico" ha sicuramente subito una trasformazione significativa nel corso degli anni. Se un tempo era quasi sinonimo di "selvaggio", con una connotazione negativa, oggi il selvatico viene visto come un simbolo di rigenerazione e di equilibrio tra uomo e natura. Questo cambiamento di prospettiva riflette un mutamento profondo nella nostra sensibilità verso l'ambiente. In effetti, il selvatico non è più visto come qualcosa da domare o controllare, ma come una risorsa preziosa da preservare e da cui imparare.
Intervistatore: Questo cambio di paradigma come si riflette nella sua professione di agronomo?
Dott. Antonio Bruno: Il mio lavoro si basa sull'interazione tra l'uomo e la natura, e questo nuovo approccio al selvatico influisce notevolmente sul modo in cui concepiamo e gestiamo il paesaggio. Prendiamo, ad esempio, il concetto di "terzo paesaggio" introdotto dal paesaggista Gilles Clément, che è stato fondamentale nel rivalutare gli spazi residuali, come le scarpate delle ferrovie o le aree industriali dismesse. Questi luoghi, un tempo considerati trascurati, oggi vengono visti come habitat preziosi per la biodiversità e come esempi di come la natura può riappropriarsi di spazi abbandonati, creando nuove forme di bellezza.
Intervistatore: Si parla molto di un giardinaggio che asseconda il lavoro spontaneo della natura, un'idea portata avanti da Antonio Perazzi nel suo libro sul giardino selvatico. Cosa ne pensa di questo approccio?
Dott. Antonio Bruno: Trovo che l'approccio di Perazzi sia estremamente interessante e in linea con l'evoluzione del pensiero contemporaneo sul paesaggio. Il giardiniere, secondo questa visione, deve diventare un ascoltatore attento delle dinamiche naturali, intervenendo il meno possibile e facilitando i processi spontanei. Questo metodo non solo riduce l'impatto ambientale, ma promuove anche un tipo di bellezza più autentica, meno costruita e più integrata nel contesto naturale. È un'idea che si sposa bene con la sostenibilità, poiché si cerca di fare molto con poco, valorizzando ciò che cresce spontaneamente senza eccessivi interventi umani.
Intervistatore: Questo ci porta a riflettere anche su un aspetto etico del paesaggio. Come vede questa connessione tra estetica ed etica nella gestione del territorio?
Dott. Antonio Bruno: L'estetica del selvatico introduce inevitabilmente un'etica del rispetto e della sostenibilità. Imparare ad apprezzare la bellezza schiva e umile del selvatico ci porta a una maggiore consapevolezza del nostro impatto sull'ambiente e ci incoraggia a intervenire con maggiore delicatezza. Questo approccio è particolarmente rilevante oggi, in un'epoca in cui le risorse naturali sono sempre più limitate e il cambiamento climatico ci impone di ripensare i nostri modelli di sviluppo. Il giardino selvatico diventa così un simbolo di un nuovo modo di abitare la terra, più rispettoso e collaborativo.
Intervistatore: In conclusione, crede che questa tendenza verso il selvatico sia destinata a durare? E come influirà sulle future generazioni di agronomi e paesaggisti?
Dott. Antonio Bruno: Credo fermamente che questa tendenza sia qui per restare. Il selvatico risponde a un bisogno profondo di riconnessione con la natura, che è sempre più sentito nella nostra società. Per le future generazioni di agronomi e paesaggisti, questo significa lavorare in sintonia con la natura, sviluppando progetti che non solo rispettano ma esaltano la biodiversità e la resilienza degli ecosistemi. In definitiva, il selvatico ci offre una nuova lente attraverso cui guardare il paesaggio, non come qualcosa da dominare, ma come un partner con cui collaborare per creare un futuro sostenibile.
Intervistatore: Grazie, Dottor Bruno, per aver condiviso con noi le sue preziose riflessioni.
Dott. Antonio Bruno: Grazie a voi, è stato un piacere.
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