L’AGRICOLTURA SALENTINA TRA REGRESSIONE E INNOVAZIONE!
di Gigi Pedone, già assessore prov,le all’agricoltura
Sono ormai diversi mesi che la
preoccupazione dei produttori agricoli e dell'opinione pubblica del
Salento sono rivolte in larga parte alla problematica connessa al
disseccamento rapido dei nostri olivi, causato dal diffondersi del
batterio da quarantena, cosiddetto Xylella fastidiosa. O meglio del
complesso del disseccamento rapido dell'olivo che è,
sfortunatamente, uno scenario complesso che mescola un quadro
ecologico e scientifico non semplice a problemi sociali, culturali e
colturali.
Il dramma principale è che questa
malattia non è, come ad esempio una semplice influenza, in cui il
contagio diretto del virus porta alla malattia, e neanche come la
malaria, portata da un microrganismo veicolato da una zanzara. Gli
agenti causali coinvolti, sono diversi anche se il protagonista in
negativo della tragedia è sicuramente il batterio Xylella
fastidiosa, sempre trovato associato alla patologia. Tuttavia ci
stiamo affrettando a colmare questo gap grazie a fondi di ricerca
stanziati, sembra, con i prossimi bandi regionali. Speriamo che non
intervengano i soliti ritardi burocratici a vanificare, come molte
volte è accaduto, l’impiego di quelle scarse risorse stanziate dal
governo al fine di risarcire i produttori colpiti dalla gravissima
patologia e per la stessa ricerca scientifica sullo studio del
complesso fenomeno, che rischia di colpire a morte quello che in
tanti secoli è stata l’identità del Salento, costituita
dall’olivicoltura e dal paesaggio rurale.
Ancora una volta, su questo dramma, si
è registrato uno scontro feroce nel corso della tavola rotonda
svoltasi nei giorni scorsi a Galatina sul futuro dell’agricoltura
salentina in occasione della presentazione de“La carta di
Galatina”. Un documento molto interessante e ricco di spunti
predisposto dal dott. Giuseppe Ferro e sottoscritto da diversi
soggetti sociali ed istituzionali del Salento.
Per essere breve, non considererò
tutte le proposte di quell’importante documento, che costituisce un
ottima base per una proficua discussione tra gli operatori del
comparto agroalimentare, i rappresentanti delle istituzioni, locali e
nazionali, il mondo dell’Università e della ricerca applicata.
L’unica strada percorribile per conseguire l’obiettivo invocato
da tutti: salvare e innovare l’agricoltura salentina e tutto ciò
che le è connaturato e completare. Richiamo qui alcuni punti della
“Carta” che ritengo siano fondamentali:
“ l'attività agricola sia
fondamentale non solo per la produzione di beni alimentari ma anche
per il suo contributo a disegnare il paesaggio, proteggere l'ambiente
e il territorio e conservare la biodiversità;
la conoscenza e la pratica dei modi di
produrre, sia tradizionali che avanzati, è essenziale per
l'efficienza del sistema agricolo, dall'agricoltura familiare fino a
quella industriale;
c'è sicurezza alimentare quando tutte
le persone in ogni momento hanno accesso fisico, sociale ed economico
ad un cibo sufficiente, sano e nutriente, che risponda alle esigenze
alimentari per una vita attiva e sana;
le risorse del territorio salentino
vadano gestite in modo equo, razionale ed efficiente e non possano
essere utilizzate in contrasto con i fabbisogni e le aspettative
della popolazione locale, anche al fine di preservarle per le
generazioni future…”
Quindi, in sostanza, il tema
dell’innovazione nell’agricoltura salentina, particolarmente in
questo periodo, diventa strategico. Sapendo che la crisi economica e
sociale di questi anni ha richiesto importanti sforzi, anche di
studio, per individuare proposte risolutive e strumenti che
consentano di affrontare i problemi e l’innovazione è ritenuta una
delle possibili soluzioni alla crisi, permettendo cosi ai produttori
di produrre a prezzi competitivi e ad alto valore aggiunto. Senza il
quale è difficile che si possa avere un forte ritorno dei giovani in
agricoltura, in particolare di quelli che hanno aquisito
professionalità e competenze nel settore.
In linea generale, ma soprattutto in
agricoltura, uno dei principali effetti dell’introduzione di
innovazioni nelle imprese e nei sistemi territoriali è la crescita
della produttività e della competitività; che è un’espressione
molto sintetica per indicare tutte le diverse modalità con cui tale
crescita può sostanziarsi: dalla migliore allocazione dei fattori
produttivi alla diversificazione della produzione, dal miglioramento
qualitativo dei prodotti alimentari allo sviluppo di prodotti
utilizzabili per altri usi, dalla riduzione dei costi indiretti
dell’inquinamento ambientale al superamento delle difficoltà di
contesto create da alcune specifiche condizioni quali quelle
pedoclimatiche.
Naturalmente, non tutti gli ambiti
operativi nei quali l’innovazione può essere utilizzata sono
replicabili in ogni contesto e soprattutto, data una determinata
condizione, non tutte le innovazioni sono in grado di generare
incremento di produttività e competitività. Il binomio innovazione
– agricoltura ha un glorioso e lungo passato. Sin dal dopo guerra
infatti il cosiddetto progresso tecnologico era indicato come una
delle più importanti risposte al necessario incremento della
produttività dell’agricoltura e alla riduzione dei costi
attraverso l’incremento dell’efficienza d’uso dei fattori
produttivi.
Come si genera l’innovazione?
Sicuramente l’innovazione è il risultato di un atto di creatività
stimolato dalla esigenza di comprendere un fenomeno e/o di risolvere
un problema. Per la qualcosa la disponibilità di tecnici
qualificati, diplomati da gli istituti agrari ed agronomi, è
fondamentale.
Da qui, torna in modo preponderante la
grande questione dell’istituzione della Facoltà di Agraria,
proposta sulla quale, l’anno scorso in primavera, si sviluppo un
movimento, vasto e unitario, composto da soggeti sociali, dal mondo
della scuola e dell’università, dal mondo della cultura e dello
spettacolo (Edoardo Winspear e Albano Carrisi firmatari della
petizione popolare al Rettore Zara), insieme a tanti imprenditori,
quali Maci della Cantine due Palme e tanti atri agricoltori. Quel
movimento, come si ricorderà, produsse l’approvazione di un o.d.g.
unitario, approvato all’unanimità, dal consiglio regionale, con il
quale si impegnava la giunta a stanziare adeguate risorse. Come al
solito, dopo l’entusiasmo iniziale, nessuno a messo le mani intasca
per cacciare i soldi necessari all’attivazione del corso di laurea
che richiede circa 4 milioni di euro l’anno!
Se non partiamo da questa
consapevolezza continuiamo a riempirci la bocca di parole roboanti ma
senza alcun risvolto applicativo; sapendo che la nostra filiera
agroalimentare, eccettuate le lodevoli eccezioni, è permeata da un
tragico ritardo nella pratica dell’introduzione di innovazione, di
processo e di prodotto, alla quale l’università e la ricerca
applicata dovranno dare un contributo fondamentale.
Ecco la sfida, culturale, sociale e
politica da cui partire, senza la quale continueremo a piangersi
addosso. Una caratteristica che ci rende quasi unici nel panorama
regionale e nazionale!
Gigi Pedone, già assessore prov,le
all’agricoltura
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