In altro luogo ho indicate molte notizie storiche intorno al
fico, albero che quanto alla sua celebrità, ed all'uso che se ne fa , gareggia
colla vite e coll' ulivo. Ivi si troverà ancora la nota dei molti au tori
nostrali die ne hanno scritto, fra i quali ricordo il poema Ficulnea del
Ravasini parmigiano. Ora parlerò principalmente del modo di coltivarlo. Il fico
( ficus carica ), si distingue da tutte le altre frutta , educate fra noi per
la singolarità del modo di fruttificare, il frutto, che noi diciamo fico,
propriamente parlando, altro non è se non un ricettacolo di fiori femminini
attaccati alle pareti di esso, ed i fiori mascolini , nelle specie almeno
coltivate tra noi, li trovano nell'orifizio del ricettacolo coperti da alcune
picciolo squame che stanno sovrapposte a guisa di embrice l’una all'altra. Al
principio di primavera' il fico fiore , detto in qualche luogo fiorone, che
vedesi a spuntare, ora già stato alimentato dalla foglia dell' anno antecedente
, ed i fichi che colgonsi in autunno, sono nutriti dalla foglie che
sviluppatisi a primavera. Questa pianta nativa di paesi caldi , teme sopra ogni
altra cosa il freddo. Ve ne sono di molte sorti che variano nel tempo della
maturità , e ve ne ha una specie che matura in novembre. Perciò il Crescenzio
che ci ha lasciati ottimi precetti sul coltivamento di quest' albero, ci dice
di porre cura che ne' luoghi magri e secchi uon si piantino quelli i quali nel
tempo del gran caldo , in coi si fatti luoghi caggiono dall' arbore, e già
aveva avviiato di eleggere le specie adattate al sito. Ogni terreno fuorchè
l'umido o paludoso, serve al fico: ma lo troviamo assai più saporito alla
collina e su i poggi, - ne' terreni asciutti , sciolti e freschi , ma non
soverchiar mente. Non sia il fondo troppo ricco, ma nè meno sterile. Riescono
ancora tra i rottami di vecchie mura , amando essi assai le sostanze calcari.
Alla pianura hanno più volume, e minor sapore. Negli orti e ne' cortili chiusi,
si trovano già riparati dal freddo e dall'umido. il levante ed il mezzodì, sono
le due posizioni che più a loro convengono. Taluno ne pone al ponente, e fino
al settentrione , sperando così di goderne più a lungo, lo che può ottenersi
procurandosi una collezione di questi alberi, secondo l' ordine della- loro
maturità. Se dovessi giudicare dello stato della coltivazione dei fichi, da
quelli che coltivami nelle parti a me più conosciute, dovrei mostrare ch'essa è
molto minore di quella che potrebbe essere; e che si potrebbe accrescere
infinitamente se non ci contentassimo di mangiarli freschi, mali seccammo, come
praticasi nel dipartimento dell'Agogna.
È lunga cosa propagare il fico co' semi. Volendolo fare, si
prendano da quelli che seccati al sole ci vengono dal levante. Si moltiplicano
con piante picciole divelte dalle radici delle adulte ne' luoghi secchi, in
ottobre ed in novembre; ne' temperati , in febbrajo , e ne' freddi, in marzo ed
aprile. Il Trinci non commenda un tal metodo, anzi assicura positivamente che
non riesce. Il motivo per altro che fa mancare questo genere di moltiplicazione
io avviso sia nella poca attenzione che viene posta nel separare le radici. Il
fico è pianta delicatissima. Se non si usi una somma destrezza , ed in vece di
fare il taglio netto se si mutilino le radici , o si comprimano , la barbatella
deve necessariamente perire. Così se taluno volesse margottare il ramo, che
questo genere di -propagazione pure riceve il nostro albero , veda di non
istringerlo troppo. Il più comune modo di moltiplicarlo, è quello di porne
talee o piantoni . Sia il ramo di tre anni e non più giovine: abbia nodi spessi
, scelgasi tra quelli situati al levante o mezzodì, con estremità grossa e
robusta, nè troppo liscia ,mentre come ci avverte Crescenzio: “quelle piante
che sono chiare, e che hanno gli occhi da lungi l'uno dall'altro , si reputano essere sterili
a. Non si piantino meno lunghi di un braccio. l a fossa si farà proporzionata
alla qualità del terreno. Sogliono prescriverla profonda un metro e mezzo. Sarà
stata aperta qualche tempo. All' atto di fare la piantata si empie per un terzo
, e poi vi si pongono i piantoni, dei quali non dovranno rimanere fuori di
terra se non due o tre palmi. Sul principio di primavera conviene piantare, e
non in autunno, Potrebbesi ancora , fatto un buon divelto con una mazza di
ferro od altro strumento , aprire dei fori ed entro insinuarvi le talee , indi
accostare ad esse la terra. Ciò atte derà benissimo , e non mai quello che si
usa da moltissimi di obbligare per forza detti rami ad entrare nel terreno ,
onde si lacerano. Del fico ancora rifanno propaggini , e ce lo insegna il Davanzati
così: Propagginalo se vuoi far bene, e' per ciò fare taglialo il primo anno fra
le due terre , -e il secondo la sua messa carica in altra fossa tirata dove
vuoi che il pedal venga , e riempila di terra cotta', molta loppa e litame fracido;
e stupirai delle n.esse e de' bei fichi che il primo anno ei ti farà. Per terra
cotta io intendo riposata, ed al sole esposta per lungo tempo. Le piante
derivate da margotta , da propaggini e da barbatelle, vengono più presto, jna
reggono più vigorose se da piantoni. Il fico
non ammette altra pianta e non s'innesta, almeno stabilmente, sopra altri
generi. Non usano però l’innesto, sul quale, così uno degli antichi nostri
maestri. » Innestasi il fico nel mese di aprile circa la croccia: e se sono giovani innestane fendendo il pedale, e incontamente
poi si dee legare. . . . Apprendonsi meglio se s' innestano in pedale tagliato
rasente terra. Alcuni sono che innestano di giugno . . . Anche si può ingemmare
ovvero impiastrare e innestare a lucrinolo ( zufolo) e di maggio e di aprile. «
La qualità del sugo proprio dell' albero è torse quella che trattiene i più dall'
inserire. ' Barbicata che; sarà la pianta, si comincerà a darle la forma più opportuna.
Al novembre, dopo la piantagione dovranno scalzarsi le radici tutte e tagliarsi
quelle che nate fossero lungo il tronco sotterra alla. profondità di due palmi
poco più. Indi se la magrezza del terreno lo domandi, si letaminerà il terreno,
ma quello che è in confine delle radici. Poi si rimetterà tutta la terra
scavata, e si alzerà attorno al pedale dell' albero in maniera che l' acqua non
vada addosso alla pianta e scorra immediatamente sopra le radici . A primavera
poi se occorra , potrà disfarsi il monticello di terra, e formare in vece un
arginello a qualche distanza circolarmente attorno al tronco, onde poi l’acqua
vada ad abbeverare le radici , cui si potesse temere fossero per essere offese all'
occasione di un' estate sommamente calda. Non saprei consigliare a tenere il
fico a spalliera. Forse a macchia, almeno ne' luoghi nei quali si corre pericolo
che soffra pe' freddi o precoci o tardivi, converrà meglio. J e ad albero da
cima ne' siti ben difesi.'
In generale per altro questa pianta non soffre molto il
taglio , e per ciò consiglio di non adoperarsi molto per formarlo alto.
Ricordiamoci che le frutta spuntano su i rami grossi ; quando occorra potarli non
8? farà se non levando coll' unghia le estremità loro. » E si deve tagliare da
essi tutto ciò che si troverà fracido, o
mal nato, e devesi potare in modo che inclinato per i lati possa spandersi per
le latora.u
La fica j a prospera moltissimo governata con ceneri
liscivate con calce, con loppe di ogni biada, ed ogni avanzo di materia
vegetale. Stiasi lontano dall' usare letami di stalla. Al più al più in qualche
caso particolare, gioverà un po' di stabbio pecorino o di colombo, ma ben
vecchio.
Allevando nano il fico può preservarsi meglio dal freddo.
Commendevole è il metodo di fare intorno al tronco un recinto di grossi vimini
, o stecconi distante dal medesimo un mezzo metro, e riempierne lo spazio con
terra da copririi con lettiera, o meglio ceneri che sono pel fico il migliore
de con cimi. Questo steccato sarà alto più o' meno in proporzione dell' altezza
del tronco stesso. Si badi a tagliare netto, e si coprano le ferite, almeno le
principali , altrimenti la pianta ne avrà molto danno.
Dall' ommissione di ambedue queste avvertenze, nasce moltissime
volte la perdita loro. Alcuni formano un fascio dei rami già adulti , e li
cingono di lunga e folta sopravveste di paglia : la qual cosa per altro valer
può per una pianta non mai per un fichereto.
Si rimondi il fico, e si schiveranno per la massima parte le
malattie a cui va soggetto.
Fra queste, la caduta delle frutta è forse la più dannosa.
Accade ad onta che bellissime e vigorosissime sieno le sue foglie. Non v’è altro
rimedio se non il divettare questi rami così rigogliosi posti al di sopra dei
teneri fichi; la qual cosa, come pure altri rimedj proposti , che per brevità
tralascio , può vedersi nel Crescenzio, dal quale io prenderò il metodo di
secearle. “Che primieramente i fichi si spandano in su i graticci insino al
mezzogiorno : ancora molli si rimettano ne' cofani, o vero ceste. E allora
scaltidato il forno , a modo che richieda il pane, e ivi entro si inetta il
detto cofano , messovi prima sotto tre pietre onde non arda e si chiuda il
forno. E poichè i fichi saranno ben colti, così caldi, come sono interponendovi
le foglie del fico medesimo, in vasello di terra si pongano ben calcati e chiusi.
Ma se per le superchievoli piogge , non potrai porgli allo scoperto ,
acconceragli sotto il coperto, in maniera che stiano levati da terra un mezzo
piede, e di sotto ad essi, in luogo di sole, li si metta cenere che vapori
quegli, e riscaldigli e li asciughigli . Poi si volgano al contrario della lor li
tagliatura, acciocchè cosi i loro cuoj, come le loro ti polpe si secchino, e
poi accoppiati insieme si mettano in cestello o in sacchetti . Altri sono che i
fichi mezzanamente maturi , poichè gli hanno divisi , gli spandono tutti in
graticci , a seccare al sole, e la notte gli ricolgono sotto copertura. E conservansi
ancora con la loro grossezza , secondo ti il modo degli spagnuoli, in questa maniera
, cioè. Che si devono mezzanamente seccare, e poiché li saranno ottimamente raffreddati,
si mettano in alti cun vaso, e bene stretti si conservino. E i fichi li secchi,
i quali quelli di Cesena hanno ottimi , si fanno da loro in questo modo, cioè.
Che tolgono ti i fichi , i quali si chiamano grassuls ovvero grasseli gli non
troppo maturi, e lasciansi interi per due li giorni al sole : e ciò latto i più
grossi si fendono per lo mezzo, per Io traverso e ripongansi con la >>
parie d' entro rivolta al sole a seccare, e lascianvisi due o tre dì : e poi si
giungono insieme, e ancora si lasciano stare due o tre dì al sole, e poi si mettono
in resta ovvero treccia, e anche si lasciano al sole due o tre dì: e ciò fatto
si tengono nella cassa, intorno di quindici dì : e poi ancora se è mestiere si
pongano al sole, i quali poichè saranno raffreddati , si pongano strettamente
in alcun vasello, e si carichino fortemente* ce Questi erano metodi universali
di seccare i fichi fra noi nel iaoo.
Dei fichi si fa acquavite. Furono proposti per accrescere la
sostanza zuccherina all' uva quando ne manca. Il legno al più al più può
servire a qualche scultore. Il fico selvatico -è indigeno dell'Italia (i).
Il melagrano recato dall'Africa in occasione delle guerre
cartaginesi, onde gliene venne il nome di (pu nica granatum ) può coltivarsi a
siepe e ad albero.
Vuole però luoghi meridionali, e terreno sostanzioso sì, ma
sciolto. Propagasi per semente da porsi in autunno o a primavera in terreno ben
preparato. A questo modo ed a quello dei piantoni , si preferisce di
moltiplicarlo coi polloni che sorgono già muniti di radice dalle vicinanze del
pedale. In collina prospera, e se ne fanno siepi. Vive al piano ancora, ma in
luogo asciutto. S' innesta a spacco : ma bisogna escere solleciti. Ve ne Sono
di più specie. Merita la preferenza quella chiamata a frutto dolce, che fa poma
assai voluminose. Il freddo è il suo maggiora nemico. Vuole tenuto potato nella
sua gioventù onde non a' allarghi di soverchio, qualora vogliasene faro spalliera
o siepe. Tagliasi in autunno avanzato. Ai crelenzieri e confetturieri e
farmacisti servono i semi , ed al facitore d' inchiostro la corteccia della mela,
perchè dà un nero all' inchiostro. Il conciatore di pelli talora se ne prevale
della scorza pel suo mestiere.
Brano tratto da: NUOVI ELEMENTI D I AGRICOLTURA del CONTE
FILIPPO RE PROFESSORE DI BOTANICA ED AGRICOLTURA NELLA UNIVERSITÀ' DI MODENA,
EC. SECONDA EDIZIONE 1818
Bibliografia: Sul fico . Ragionamenti di F. R. Milano 1808
in 8. Carolini. Memoria per servire alla storia compita del fico e della
proficazione.
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