domenica 14 giugno 2015

Convegno sul libro inchiesta “Xylella Report” di Marilù Mastrogiovanni svoltosi il 23 maggio scorso nella Sala Consiliare del Comune di Valenzano (BA)



Il libro inchiesta “Xylella Report” di Marilù Mastrogiovanni è stato oggetto di un convegno, svoltosi il 23 maggio scorso nella Sala Consiliare del Comune di Valenzano (BA), organizzato, in collaborazione con lo stesso Comune, da Michele Ladisa, Direttore di Onda del Sud e da Gabriella Sabato, Presidente di Stella del Monte, che ne sono stati anche moderatori.
Relatori sono stati, invece, Franco Valentini (IAMB di Valenzano), Antonio Moretti (ISPA-CNR, Bari), Donato Boscia (CNR, Università A. Moro, Bari), Francesco Porcelli (Università A. Moro, Bari) e Salvatore Camposeo (Università A. Moro, Bari).
L’obiettivo del Convegno era di fare chiarezza sulla Xylella, attraverso riflessioni e dibattito.
Alle domande chiare e precise di Michele Ladisa e Gabriella Sabato, i relatori hanno risposto in modo altrettanto chiaro, ma spesso in modo parziale, forse perché non erano gli interlocutori giusti.
Erano assenti l’autrice del libro “Xilella Report”, i funzionari della Regione Puglia, del Ministero competente (MIPAAF), della Comunità Europea, dell’Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare (EFSA) e alcuni patologi delle Università di Foggia e Firenze che, se fossero stati invitati e/o se fossero stati presenti, avrebbero potuto dare un valido contributo al dibattito, in quanto a giudicare dalle loro pubblicazioni non sembra siano d’accordo nell’attribuire al batterio Xylella la patologia denominata “Complesso del Disseccamento Rapido dell’Olivo (CoDiRO).
Franco Valentini ha chiarito che lo IAMB ha operato bene e sempre nel rispetto delle norme nazionali ed internazionali ed ha spiegato che la Xylella introdotta allo IAMB di Valenzano (BA) solo a scopo di formazione e non di sperimentazione non può essere sfuggita dai laboratori, sia perché avrebbe infettato prima gli oliveti dello stesso IAMB di Valenzano e sia perché si trattava di sottospecie diverse dalla sottospecie pauca, ceppo CoDiRO, cioè il ceppo che sarebbe stato identificato nel Salento e che alcuni esperti ritengono responsabile della patologia.

Antonio Moretti ha sottolineato l’importanza della ricerca libera e che i ricercatori devono essere lasciati in pace, in quanto hanno fatto tutto quello che potevano fare e continueranno a fare per dare un contributo alla problematica del CoDiRO. Evidentemente, Moretti si riferiva agli attacchi da parte di alcuni olivicoltori, ma forse anche alle azioni della magistratura che ha sequestrato i computer dei centri di ricerca dell’Università e del Cnr di Bari.

Donato Boscia ha lamentato l’assenza della giornalista Mastrogiovanni, in quanto avrebbe gradito chiarire con lei, personalmente, alcuni punti del libro “Xylella Report”, che, come ha detto, contengono diverse inesattezze ed in certi casi anche falsità. Precisando, però, che deve essersi trattato di errori involontari della giornalista, considerandoli quindi malintesi e/o conseguenza di mancanza di competenze nel settore della patologia.

Francesco Porcelli ha dichiarato in modo esplicito che il problema è la Xylella ed i suoi vettori e che una volta che il batterio si è insediato in un’area non c’è più nulla da fare. Bisogna abbattere l’ospite (l’olivo) se si vuole contenere la patologia. Ha paragonato la Xylella al punteruolo rosso. Purtroppo, ha aggiunto, passa sempre molto tempo (anni) tra quando c’è la certezza scientifica e il momento in cui si prende coscienza che l’unica cosa da fare è abbattere l’ospite (l’olivo) per controllare la patologia o tentare di eradicare il patogeno, cioè la Xylella.

Salvatore Camposeo è stato in linea con Porcelli: bisogna abbattere le piante d’olivo per far fuori la Xylella. È evidente che anche Camposeo ritiene o è convinto che la Xylella sia la causa della patologia CoDiRO. È stato molto determinato: se si vogliono salvare gli oliveti della Puglia, la soluzione è l’abbattimento delle piante infette, senza perder tempo.

Considerazioni e conclusioni in merito all’evento

A mio avviso, è mancato un vero dibattito. C’era poca gente (una quarantina di persone) e forse nemmeno molto interessata alla problematica. A causa dell’ora tarda, non c’era molta voglia di discutere. Un giovane matematico ci ha provato, ma lo scambio non ha funzionato. Pertanto, con grande sconforto degli organizzatori, il Convegno ha fallito l’obiettivo, che era quello di fare chiarezza sulla problematica del CoDiRO.
Avevo deciso di partecipare al Convegno per migliorare le mie conoscenze sulla connessione Xylella - CoDiRO, ma ho solo avuto la conferma dell’onestà, serietà e competenza dei relatori e dei centri di ricerca. Le cause della confusione, che si è creata, sarebbero da ricercare altrove: nell’assenza di una regia adeguata, a monte del Piano anti-Xylella.
Sono rimasto, pertanto, del parere che non ci sono dei patogeni da incriminare o da eradicare insieme alle piante malate. I grandi patologi sanno che i patogeni sono degli opportunisti e determinano patologie solo quando le piante diventano vulnerabili. La vulnerabilità è la conseguenza di diversi fattori ambientali (abiotici), a volte più determinanti degli stessi patogeni (biotici), come temperature, estremi climatici, escursioni termiche, eccessi idrici ed eccessi di aridità, uso eccessivo (abuso) di concimi chimici, pesticidi, erbicidi, ecc..
Quando per decenni si è praticata un’agricoltura ad alto impatto ambientale, di tipo industriale, che appunto comporta l’abuso di inquinanti (tra l’altro cancerogeni) è ovvio che prima o dopo le piante diventano vulnerabili. A ciò si aggiunga che le agricolture ad alto impatto ambientale sono quasi sempre responsabili della perdita di biodiversità degli agroecosistemi. È stato stimato che, in genere, quando si riduce la biodiversità di un ecosistema aumenta la diffusione delle malattie. Insomma, la biodiversità indica resistenza, mentre l’uniformità indica vulnerabilità alle malattie.
In pratica, un oliveto senza erbe non solo non è bello, come alcuni sarebbero portati a pensare, ma non è nemmeno normale. E’ un campo artificiale. La presenza di più specie di erbe, in un oliveto, indica una maggiore fertilità del suolo. Le erbe non competono, ma collaborano con le piante d’olivo, non tanto per farle produrre di più ma per farle essere più sane e quindi meno suscettibili alle malattie. Le erbe vanno falciate al momento opportuno, per farne compost e/o letame. E stato stimato che, nel tempo, l’applicazione di questi principi fornisce anche redditi superiori.
È sbagliato accanirsi contro questo o quel patogeno, contro i batteri o i funghi, sia perché, come nel caso della Xylella, l’eradicazione completa è impossibile, e sia perché l’accanimento comporta dei rischi più gravi dell’eventuale danno, tra cui quello di aumentare la virulenza degli stessi patogeni. Senza dire che spesso il tentativo di eradicazione può comportare la creazione di nuovi patogeni, ancora più insidiosi dei precedenti.
Il caso del punteruolo rosso (Rhynchophorus ferrugineus Olivier, 1790), al quale Porcelli ha fatto riferimento, nel corso del suo intervento, è un caso particolare, che, a mio avviso, non può essere paragonato a quello della Xylella, perché nel caso del punteruolo abbiamo la certezza che la causa è l’insetto (nella fase di larva) e sappiamo anche che la vulnerabilità della palma, purtroppo, sembra non dipendere dalle condizioni di allevamento. Nel caso della Xylella, invece, non abbiamo la stessa certezza, anzi, ad oggi, sono di più le incertezze delle certezze e, in ogni caso, sappiamo anche che la virulenza degli eventuali patogeni del CoDiRO è legata alla vulnerabilità delle piante e quindi alle condizioni di allevamento: modello di agrotecnica. Più esplicitamente, la virulenza dei patogeni potrebbe essere la conseguenza dell’agrotecnica e non la causa della patologia.
D’altro canto si parla della Xylella, come se fosse uguale al bacillo della peste nera: Yersinia pestis (Lehmann & Neumann, 1896), van Loghen, 1944, scoperto nel 1894 da Alexandre Yersin. Un allarmismo ingiustificato? Si e no. Vediamo perché.
A coloro che mi chiedono come spiegare la velocità con cui si è diffusa la patologia del CoDiRO, rispondo che, innanzitutto, bisogna conoscere qual è la reale velocità, che di fatto nessuno ha quantizzato. Comunque, ipotizzando un’alta velocità, la risposta è che c’è una ragione in più per pensare che la causa non sia il batterio, in quanto esso risulterebbe quasi più veloce di quello della peste. Ma se si esclude che sia il batterio, allora che cos’è? È l’agrotecnica insieme alle condizioni ambientali e climatiche che si sono verificate negli ultimi anni, proprio nelle aree focolaio del Salento, favorevoli ai patogeni e sfavorevoli all’olivo. Se accettiamo questa ipotesi, abbiamo buoni motivi non solo per escludere la Xylella, come causa della patologia, ma di pensare, invece, ad un segnale, forse più drammatico, di inizio di desertificazione, dovuta ad un’agricoltura industriale e quindi all’uomo.
Questa ipotesi è avvalorata dal fatto che recentemente, sempre con maggiore frequenza, i mass media hanno comunicato che sono state scoperte in altre aree d’Italia e del resto del Mediterraneo esempi di piante d’olivo che presentano sintomatologie simili a quelle del Salento. Bisogna verificare se si tratta di una patologia assimilabile a quella del CoDiRO.
La conclusione logica, quindi, dovrebbe essere che l’estirpazione delle piante d’olivo, per ridurre la carica di Xylella, non è la soluzione del problema del CoDiRO, ma che questa patologia dovrebbe essere controllata o combattuta ripristinando una buona agricoltura, un’agricoltura a basso impatto ambientale, abbandonando definitivamente la cosiddetta CHIMICA e soprattutto l’uso e abuso di erbicidi, che oltre ad uccidere la microflora del suolo, rendono indisponibili i microelementi presenti nel terreno e interferiscono negativamente con il metabolismo delle piante, che conseguentemente diventano vulnerabili o più suscettibili ai patogeni.

Grazie all’opposizione degli olivicoltori salentini si è evitato un disastro ecologico. Grazie a loro le norme ed il Piano anti-Xylella sono stati rivisti.

La problematica doveva essere gestita meglio, possibilmente con un approccio più multidisciplinare e con la partecipazione degli olivicoltori, esclusi quelli che hanno il torto di aver utilizzato la norma europea del disaccoppiamento del 2005 per abbandonare i loro oliveti, e magari con l’aggravante di averlo fatto dopo decenni di applicazione di modelli agricoli industriali o ad alto impatto ambientale. Preciso che questi agricoltori non sono i soli colpevoli. Le colpe sono anche altrove e quasi sempre nell’intero sistema, che non vuole capire che bisogna svegliarsi e passare a modelli agricoli sostenibili. Purtroppo chi ci governa questo non l’ha ancora capito. Forse perché non riesce a metabolizzare il cambiamento. La vera economia è quella biologica ed ecologica.

Non mi resta che ribadire quello che ho sostenuto anche in altre occasioni: l’estirpazione delle piante d’olivo per porre rimedio al fenomeno del CoDiRO mi sembra una follia. La cosa migliore da fare è concentrarsi su come funziona l’ecosistema. È in questa direzione che dovrebbe andare la ricerca e per la quale dovrebbero essere spesi i finanziamenti pubblici, nazionali ed europei.

Il problema non può essere la Xylella. In un mondo non statico, ma dinamico, è sbagliato pensare che il problema è costituito da uno o più patogeni. In un mondo che diviene in continuazione i fattori in gioco sono diversi ed è su questi che bisogna intervenire per evitare di dare un vantaggio a questo o a quel patogeno, piuttosto che pensare di far fuori i patogeni, che sono ubiquitari  ed opportunisti.

La filosofia di fare fuori i patogeni invece di eliminare o ridurre o controllare le cause che agevolano i patogeni e indeboliscono l’ospite (o gli ospiti) è una filosofia perdente, che ha portato e porta sempre più la scienza verso l’isolamento e quindi ad una cattiva scienza. La filosofia vincente è quella di lavorare sulle cause e non sui sintomi. Lavorare sulle relazioni ospite – parassita, ma contestualizzarle all’intero ecosistema.

Sulla base di quanto espresso, anche il senso comune dovrebbe suggerire di continuare a lavorare per trovare soluzioni che rispettino le leggi della natura, senza allarmismi. Se le norme e direttive europee sono sbagliate, e non sempre per colpa della Commissione Europea, ma degli input ricevuti dagli Stati membri, non devono essere applicate. Bisogna avere il coraggio di contestarle.

“Il mondo non sarà distrutto da quelli che fanno il male, ma da quelli che li guardano senza far nulla” (Albert Einstein). “Non c’è tirannia più crudele di quella che si esercita all’ombra delle leggi e con i colori della giustizia” (Montesquieu).

Pietro Perrino già Direttore dell’IGV-CNR di Bari

Nessun commento:

Posta un commento