domenica 14 marzo 2021

Erva te lu jentu del Salento leccese Parietaria judaica L. - Urticaceae - Erba vetriola minore

 


Erva te lu jentu del Salento leccese Parietaria judaica L. - Urticaceae - Erba vetriola minore

La parietaria (Parietaria officinalis L.) è molto diffusa negli incolti e si fa notare spesso in città, lungo i muri. Del resto il suo nome deriva dal latino “paries” (parete). Il nome volgare più curioso è "erba vetriola", che deriva dall'uso che veniva fatto di questa pianta come strumento per lavare l’interno delle bottiglie e i vetri in generale.

Le foglie giovani e le parti più tenere sono commestibili; si raccolgono prima della fioritura e si consumano come gli spinaci. L’acqua di cottura assume il colore verde intenso, tanto che può essere utilizzata anche per colorare zuppe, minestre e pasta fresca. Peccato che il suo polline provochi in alcuni allergie molto fastidiose. (Biodiverso 14 marzo 2018 https://www.facebook.com/BiodiverSO/photos/pcb.1816906201667269/1816905885000634/ )

Parietaria diffusa MERT. et KOCH (P. judaica sensu Boiss.), in FE. - Margini arvensi della strada a E di Lido Silvana; Spunnulata di Castiglione. Pianta a piccole foglie, a brattee fiorali connate alla base e con perigonio molto pi^ accresciuto degli stami. Avevamo segnalato ne1 1” elenco la specie comprensiva P. officinalis L. (s. 1. Fiori) che includeva anche questa varieth (ora specie in FE) che sembra erroneamente sinonimizzata in NFAI con la P. judaica di LINNEO anzich6 di BOIS SIER. GlULlANO MONTELUCCI e PIETRO PARENZAN SECOND0 CONTRIBUTO ALLA CONOSCENZA BOTANICA DELLA COSTA NERETINA (prov. di Taranto e Lecce) Thalassia Salentina N. 3 1 Dicembre 1969

La Parietaria officinalis (“erva ti lu jentu” nei nostri dialetti) appartiene alla famiglia delle Urticaceae. Cresce prevalentemente nei pressi dei vecchi muri, da qui il suo nome. Oltre che lungo i muretti a secco e addossata alle vecchie case di campagna, è assai presente anche nelle aree urbane insinuandosi in fessure dei marciapiedi, negli orti, lungo aiuole abbandonate, nelle crepe delle vecchie abitazioni.

LA PARIETARIA (O “ERVA TI LU JENTU”) NEGLI USI POPOLARI Gianfranco Mele https://www.lavocedimaruggio.it/wp/la-parietaria-o-erva-ti-lu-jentu-negli-usi-popolari.html

Ha proprietà diuretiche, antinfiammatorie, emollienti, sudorifere, depurative, espettoranti. Contiene sali minerali, flavonoidi, tannini.

 


Nella nostra tradizione, era utilizzata per ottenere cataplasmi per contusioni e distorsioni (veniva pestata e mescolata ad aceto e albume d’uovo).

 

L’impacco di erba pestata era utilizzato per essere applicato su piaghe ed emorroidi.

 

I vapori delle sommità fiorite bollite in acqua venivano fatti respirare a chi soffriva di raffreddore o allergie delle vie respiratorie.

 

Le foglie fresche erano utilizzate per curare orzaioli e congiuntiviti, strofinate sugli occhi.

 

Per sverminare i bambini si usavano spesso cataplasmi di foglie di parietaria miste a spicchi d’aglio, tritati insieme e impastati con olio d’oliva.

 


LA PARIETARIA (O “ERVA TI LU JENTU”) NEGLI USI POPOLARI

 

Nardone, Ditonno e Lamusta, nella loro ricerca sugli usi tradizionali salentini e pugliesi delle piante, riportano di proprietà magiche attribuite alla Parietaria e di un particolare rituale: doveva essere preparato infuso di parietaria strappando la pianta “con la mano sinistra da una parete esposta a levante in notti di luna piena o crescente”. L’intruglio doveva poi essere lasciato per una notte, senza asportare dall’acqua la pianta immersa in infusione, sul davanzale di una finestra. Non si evince, dallo scritto dei succitati autori, quale fosse lo scopo del procedimento.

 


LA PARIETARIA (O “ERVA TI LU JENTU”) NEGLI USI POPOLARI

 

Un utilizzo comune in tutta la penisola era quello di pulire, con le sue foglie, l’interno di fiaschi e bottiglie (per questo motivo è chiamata anche erba vetriola). Come alimento, le foglie giovani e tenere venivano lessate oppure utilizzate per ripieni, frittate, minestre. In medicina popolare, era usata anche per eliminare i calcoli renali. Veniva utilizzata inoltre come diuretico ingerendone il succo dopo averla pestata.

 

Un altro utilizzo era quello di lenire, strofinata sulla parte arrossata, il prurito causato dal contatto con l’ortica.


 

LA PARIETARIA (O “ERVA TI LU JENTU”) NEGLI USI POPOLARI

 

Plinio il Vecchio racconta di un servitore di Pericle, che nella rocca di un tempio, salì sulla cima e cadde. Fu guarito grazie all’impiego della Parietaria, che Minerva mostrò in sogno a Pericle.

 

Nel Dioscoride rivisto dal Mattioli, la parietaria è chiamata Elsine parietaria, e, scrive il medico senese, “ha virtù grande di consolidare le ferite fresche”, impiegata nel seguente modo: “mezza pesta, e legata sopra la ferita per tre dì continui”. In questo modo, racconta il Mattioli, la ferita “si salda talmente che non ha bisogno di alro medicamento”. Inoltre, “il succo delle foglie e dei gambi bevuto al peso di tre oncie, provoca mirabilmente l’orina”. Si impiega inoltre “nei clisteri, per i dolori colici e della matrice”. Ancora, “il succo tenuto in bocca caldo, mitiga il dolore dei denti”. Inoltre, anche secondo Galeno, questa erba, impiastrata, giova alla pelle, ai foruncoli, ai dolori d’orecchio, mentre il suo succo è efficace per combattere la tosse utilizzandolo con gargarismi.

 


LA PARIETARIA (O “ERVA TI LU JENTU”) NEGLI USI POPOLARILa parietaria nelle tavole del Mattioli

 

Nell’ambito degli impieghi alimentari, anche moderni, la parietaria è utilizzata per ricavarne una “crema di patate e parietaria”. Si impiega inoltre come condimento per la pasta.

 

Tra gli usi erboristici, un infuso di 20 gr. di foglie è impiegato come depurativo. In decozione, è utilizzata contro nefrite e calcoli urinari. Esternamente, le foglie fresche pestate e ridotte in poltiglia si utilizzano (sull’esempio del Dioscoride) come cicatrizzante per ferite, foruncoli, irritazioni della pelle, emorroidi, ragadi. Come suffumigi per il raffreddore, le sue foglie (versate in acqua bollente) insieme a foglie di arancio e un rametto di edera

 


Gianfranco Mele

 

BIBLIOGRAFIA ESSENZIALE

 

Domenico Nardone, Nunzia Maria Ditonno, Santina Lamusta Fave e favelle, le piante della Puglia peninsulare nelle voci dialettali in uso e di tradizione, Centro di Studi Salentini, Lecce, 2012

 

Antonio Costantini, Marosa Marcucci Le erbe le pietre gli animali nei rimedi popolari del salento, Congedo Ed., 2006

 

Salvatore Pezzella, Magia delle erbe, vol. 1°, Edizioni Mediterranee, Roma, 1989

 

Andrea Mattioli, Di Pedacio Dioscoride Anazarbeo Libri cinque Della historia, et materia medicinale tradotti in lingua volgare italiana da M. Pietro Andrea Matthiolo Sanese Medico, 1544

 

 

Foto di  Pancrazio Campagna http://floranelsalento.blogspot.com/2012/02/blog-post_6789.html

giovedì 4 marzo 2021

Una masseria cinquecentesca del Salento leccese

 Una masseria cinquecentesca con tutte le sue potenzialità ed attrezzi, un piccolo orto per la cucina ed il pozzo con le vasche in pietra per il bucato.

Foto di Raimondo Rodia





















mercoledì 3 marzo 2021

Lu Cauleddu , lu Caricieddhu silene (Silene vulgaris) del Salento leccese

Lu Cauleddu , lu Caricieddhu silene (Silene vulgaris),

La silene rigonfia o gonfiata (Silene vulgaris (Moench) Garcke) è una piccola pianta (alta fino a 60–70 cm; massimo 100 cm) perenne e glabra, dai caratteristici fiori chiamati “bubbolini”, appartenente alla famiglia delle Caryophyllaceae.

Nome dialettale salentino: Caricieddhu, Cauleddu

La silene (Silene vulgaris), detta anche strigoli e, in alcune zone del Salento, Cauleddu, in altre Caricieddhu. È diffusissima ma sconosciuta come pianta commestibile in gran parte della Puglia. Le cimette delle piante e le foglie più carnose sono perfette per una frittata, un risotto o semplicemente lessate e condite con un filo d’olio d’oliva extravergine e qualche goccia di limone, o anche crude, in un’insalata mista. In pratica possono essere trattate come gli spinaci. (Dario Ersetti 2018)

La silene era una delle “erbe miste”, le cosiddette “foglie mischiate” (foje mische), di cui era ghiotto l’Imperatore Federico II, stupor mundi, Hohenstaufen di Svevia, quando veniva nel suo amato Salento (Dario Ersetti 2018)

Le foto sono di Pancrazio Campagna fonte: http://floranelsalento.blogspot.com/2012/02/blog-post_4756.html#:~:text=Nome%20dialettale%20salentino%3A%20Caricieddhu,Infiorescenza%20a%20pannocchia%20lassa.











martedì 2 marzo 2021

Provincia di Lecce - Trasmissione della malaria in rapporto alla permanenza di condizioni idrogeologiche capaci di permettere lo sviluppo di specie vettrici


 Provincia di Lecce - Cartina che rappresenta la trasmissione della malaria in rapporto alla permanenza di condizioni idrogeologiche capaci di permettere lo sviluppo di specie vettrici

La malaria nel territorio della Città di Lecce

 Bellissima carta che presenta la diffusione della malaria nel territorio di Lecce. La carta ha numerosi elementi di interesse e tra questi segnalo l'estensione delle aree palustri prima degli interventi di bonifica (potremmo parlarne per ore: i toponimi delle paludi svelano la loro origine...), le masserie, pagliaroni, frantoi, cappelle,...., l'estensione delle aree coltivate o boscate (si veda ad esempio quella sulla Lecce - San Cataldo). Non sfuggirà la localizzazione di alcune specchie e tra queste quella di Calone, posta a ridosso della palude dove ora sorge Casalabate e con le cui pietre, si dice sia stata colmata proprio la palude stessa. La carta è certamente della fine del 1800 ed è stata stampata dalla Lito-Tipografia del Prof. Vincenzo Masciullo. Carta trovata in quell'inesauribile contenitore culturale di carte, documenti e libri, assolutamente unici, della Libreria del Sole di Mario Cazzato.