Apparato radicale di una pianta di olivo con pacciamatura in paglia o “inerbimento controllato”. Si parla di “inerbimento controllato” quando si effettuano 2 - 3 sfalci annui dell’erba che naturalmente cresce negli oliveti. La pacciamatura invece è la copertura del suolo con paglia o altro materiale inerte naturale.
Entrambe queste tecniche vengono utilizzate per “proteggere” il terreno da un’eccessiva esposizione ai raggi solari estivi.
A sinistra: apparato radicale di una pianta di olivo in terreno diserbato chimicamente.
A destra: apparato radicale di una pianta di olivo lavorato a 20 cm di profondità (aratura).
Il diserbo (utilizzo di sostanze chimiche per impedire la crescita di erbe spontanee) non permette lo sviluppo della radice nella sua superiore del terreno, laddove, invece, normalmente si direzionano i “capillari” assorbenti.
Le arature invece tagliano completamente queste radici.
L’inerbimento controllato, in pratica, non ostacola lo sviluppo dei capillari in superficie e, poiché gli olivi sono piante xerofite, cioè vegetali adattati a vivere in ambienti caratterizzati da lunghi periodi di siccità ma che cercano l’umidità atmosferica del primo mattino, io consiglierei un inerbimento controllato per alcuni anni (3/4) e successivamente un’ aratura superficiale in modo da rinnovare questi capillari e permettere ai microorganismi terricoli di potersi anch’essi rinnovare e quindi ripopolare il suolo agricolo.
Apparato radicale di una pianta di olivo con pacciamatura in paglia o “inerbimento controllato”. Si parla di “inerbimento controllato” quando si effettuano 2 - 3 sfalci annui dell’erba che naturalmente cresce negli oliveti. La pacciamatura invece è la copertura del suolo con paglia o altro materiale inerte naturale.
Entrambe queste tecniche vengono utilizzate per “proteggere” il terreno da un’eccessiva esposizione ai raggi solari estivi.
Fonte: Giuseppe Bene
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agroalimentare basato sull’interazione tra le migliori pratiche ambientali, un alto livello di biodiversità,
la salvaguardia delle risorse naturali, l’applicazione di criteri rigorosi in materia di benessere degli
animali e una produzione confacente alle preferenze di taluni consumatori per prodotti ottenuti con
sostanze e procedimenti naturali.
Il metodo di produzione biologico esplica pertanto una duplice funzione sociale, provvedendo da un lato a un mercato specifico che risponde alla domanda di prodotti biologici dei consumatori e, dall’altro, fornendo beni pubblici che contribuiscono alla tutela dell’ambiente, al benessere degli animali e allo sviluppo rurale”. (Regolamento (CE) n. 834/2007).
L’agricoltura biologica si fonda su principi, oltre che su pratiche comuni, ideati per minimizzare l’impatto umano nell’ambiente e allo stesso tempo permettere al sistema agricolo di operare nel modo più naturale possibile.
Le pratiche agricole biologiche includono:
la rotazione delle colture per un uso efficiente delle risorse locali;
limiti molto ristretti nell’uso di pesticidi e fertilizzanti sintetici, antibiotici nell’allevamento degli animali, additivi negli alimenti e coadiuvanti;
il divieto di organismi geneticamente modificati (OGM);
l’uso efficace delle risorse del luogo, come l’utilizzo del letame per fertilizzare la terra o la coltivazione dei foraggi per il bestiame all’interno dell’azienda agricola;
la scelta di piante e animali che resistono alle malattie e si adattano alle condizioni del luogo;
l’allevamento degli animali a stabulazione libera, all’aperto nutriti con foraggio biologico;
l’utilizzo di pratiche di allevamento appropriate per le differenti specie di bestiame.
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