venerdì 24 novembre 2017

Per salvare gli olivi e la biodiversità ci vogliono gli Ogm (Organismi geneticamente modificati)


Per salvare gli olivi e la biodiversità ci vogliono gli Ogm (Organismi geneticamente modificati) e sempre la ricerca Ogm ha salvato il “bimbo farfalla”
Il dibattito sugli Ogm da mesi è arenato su un falso problema. La tecnica del genome editing, insieme alla cisgenesi, viene definita più sostenibile (termine improprio per una tecnologia).
Si dice che permetterebbe di andare “oltre” i “vecchi” Ogm (il transgenico) e di intervenire sulle piante senza ricorrere a geni di specie diverse. Non è esatto.
Questa tecnica usata in laboratorio serve anche per tagliare in modo mirato un preciso punto del DNA del topo e inserire un gene esogeno, cioè di un’altra specie. Quindi con il genome editing si modifica il DNA di un organismo, come si vuole, anche inserendo o togliendo una sola lettera o un intero gene.
Supponendo, poi, che genome editing e cisgenesi siano andati “oltre” gli Ogm, dal punto di vista giuridico, si dovrebbe allora consentire la loro sperimentazione in pieno campo, in quanto indistinguibili da incroci o mutanti spontanei. Se non possono andare in campo allora non si è andato “oltre” nulla e si resta nell’oscurantismo.
I “vecchi” Ogm (transgenici), sono più studiati e più sicuri anche di piante biologiche perché è l’unica agricoltura che analizza i prodotti finali e non solo i processi di produzione. Ben vengano le innovazioni come il genome editing, ma senza imporre il ricatto di abbandonare tecniche precedenti e ancora valide, anche perché sappiamo poco della resa e dell’efficacia delle nuove tecnologie e delle relative proprietà intellettuali in gioco. Per la prima volta nel 2015 si sono ridotti gli ettari mondiali coltivati con Ogm: il declino è solo dell’1%. Forse è dovuto all’arrivo sui mercati di nuove piante modificate con genome editing che non devono sottostare alla costosissima burocrazia messa in campo per vietare la coltivazione (ma non l’importazione) di Ogm, come il fungo ottenuto con genome editing che negli USA può essere coltivato e venduto senza ulteriori controlli.
Bisogna riaprire i campi sperimentali, qualunque sia la tecnologia usata, sulle piante tipiche italiane che con il miglioramento genetico si potrebbero salvare, evitando ulteriori perdite di biodiversità.

E se i vitigni del Salento leccese avessero il gene o i geni di resistenza a Xylella Fastidiosa subspecie Pauca ceppo ST53?

Oggi ho preso parte al Corso di aggiornamento professionale “DISSECCAMENTO RAPIDO DELL’OLIVO LO STATO DELL’ARTE A 4 ANNI DALLA DIAGNOSI DI XYLELLA FASTIDIOSA presso l’ IISS Presta Columella di Lecce.
Ho ascoltato che con un inoculo enorme in ambiente controllato su Vite non si è avuta alcuna infezione e che le piante di vite del Salento leccese non si infettano al punto che si vuole chiedere la possibilità di commercializzarle in tutto il Mondo senza fare ricorso alla termoterapia.
Ho chiesto se ci fosse in corso una linea di ricerca per individuare il gene di resistenza al Ceppo di Xylella Fastidiosa subspecie Pauca ceppo ST53 nel DNA dei vitigni del Salento leccese mi hanno risposto che non c’è al momento una ricerca finalizzata a verificare se ci siano i geni o il gene di tale resistenza.
Inoltre pare che prevalga l’ipotesi che ci sia qualcosa nel DNA di Xylella Fastidiosa subspecie Pauca ceppo ST53 che la rende incompatibile con i vitigni del Salento leccese.
Io ho replicato che è altrettanto legittimo pensare che ci sia invece un gene di resistenza a Xylella Fastidiosa subspecie Pauca ceppo ST53 nei vitigni del Salento leccese.
Mi hanno detto che allo stato non esitono evidenze scientifiche né per l’una né per l’altra ipotesi.
Poiché è possibile affermare che se fosse un gene di resistenza a Xylella Fastidiosa subspecie Pauca ceppo ST53 dei vitigni del Salento leccese a determinare l’assenza di infezione si potrebbe effettuare un miglioramento genetico inserendo detto gene in olivo io mi sento di affermare che tale ricerca andrebbe iniziata al più presto.

Antonio Bruno

mercoledì 8 novembre 2017

Il Santolivo Sabato 18 novembre 2017 Mostra fotografica



Non solo un albero ma il simbolo di una terra, della sua storia, della sua cultura. Lo spettacolo dei cantieri Koreja, Il Santolivo. Requiem per un albero,è un progetto di teatro partecipato che coinvolge la comunità nel processo creativo e nell'indagine storico antropologica su un tema importante: l'albero simbolo della vita è morto e si celebra il suo funerale. Una serie di interviste agli anziani contadini e a chi cerca di salvare l'ulivo dalla morte diventano materiale artistico con la musica della banda, le danze rituali, i musicisti e i cantanti del luogo. A dirigere le varie anime di questo corteo nato da un'idea di Salvatore Tramacere, direttore di Koreja, Anna Stigsgaard, regista danese.

Le foto che seguono sono di Daniele Coricciati












martedì 17 ottobre 2017

Il paesaggio è il futuro del Salento leccese


Il paesaggio rurale del Salento leccese è in una profonda trasformazione. Sino agli anni 80 del secolo scorso dire Provincia di Lecce equivaleva a una paesaggio in cui la vite e l’olivo insieme al tabacco la facevano da padroni. Oggi la vite e ridotta a meno di 10mila ettari e l’olivo, così come lo conosciamo noi, rischia di scomparire sotto la morsa del disseccamento mentre il tabacco è oramai da anni che non si vede più.
A questo punto si rende necessaria una riflessione in grado di stimolare la discussione sulle queste questioni di rilevanza territoriale.
Secondo i dati dell'ultimo censimento Istat (2010) sono circa 97mila gli ettari di superficie olivetata in provincia di Lecce, il 60% della superficie agricola utilizzata (Sau), per un totale di 65mila aziende. Il 92% delle aziende agricole è dedito alla coltivazione dell'olivo (9 su 10), mentre le aziende specializzate esclusivamente nel settore olivicolo sono 51.078 (il 77% del totale). Di queste 29.880 (pari al 58,5%) hanno una superficie inferiore ad un ettaro. Quelle con una superficie inferiore a due ettari sono invece 42.372 (83 %) e detengono una superficie complessiva di 33.692 ettari pari al 36,3% del totale (più di un terzo).
Quindi in Provincia di Lecce l’agricoltura è soprattutto olivicoltura. Ma  l’olivicoltura è in crisi e non solo per il disseccamento quindi cosa coltivare e come utilizzare il territorio? Questa è la domanda che pongono gli agricoltori e i proprietari del paesaggio rurale del Salento leccese.
Uno strumento a disposizione di tutti è il PIANO TERRITORIALE DI COORDINAMENTO PROVINCIALE approvato con Deliberazione del Consiglio Provinciale n. 75 del 24/10/2008 che è scaturito dal principio secondo il quale “Non si può fare programmazione economica e generale in assenza di una coerente programmazione del territorio”.
Sono passati 9 anni da allora e secondo la mia opinione abbiamo la necessità di fare lo sforzo di mettere lo specchio davanti agli occhi dei proprietari del paesaggio rurale per osservare attraverso lo sguardo dei professionisti il Salento leccese.
Si legge nella presentazione di questo piano una affermazione dell’On. Salvatore Capone che è valida oggi più che mai ed è la seguente:
“C'è un Salento nuovo che ha voglia di crescere, di trovare nuove strade per lo sviluppo, di costruire comunità sempre più accoglienti e a misura d’uomo. Un Salento che possa offrire un futuro e nuove opportunità alle prossime generazioni.
[omissis]  Per farlo c’è bisogno di strumenti innovativi che sappiano cogliere le reali esigenze dei cittadini del Salento e trasformarle in idee e progetti realizzabili.”.
Ecco perchè è opportuno pensare a una vera e propria pianificazione territoriale del Salento leccese. Questo è ancora più importante in quanto siamo tutti consapevoli che nell’ambito delle discipline della pianificazione territoriale e dello sviluppo del territorio, non esiste un linguaggio comune. Questo chiarisce la dipendenza della riflessione che propongo dagli aspetti culturali della terra di Lecce e d’Otranto, soprattutto perché si avrebbe una difficoltà di comprensione e comunicazione nell’ambito della pianificazione e dello sviluppo territoriale con professionisti provenienti da altri territori.
In questo contesto è possibile ottenere di accompagnare e stimolare gli attori impegnati nelle sfide della pianificazione e dello sviluppo del territorio, nel loro percorso verso la definizione di soluzioni appropriate.
Per ottenere questo c’è bisogno di coinvolgere tutte le figure professionali del territorio ciascuna chiamata a dare il proprio contributo specifico. Il professionista Dottore Agronomo e Forestale in questo contesto ha una centralità per via della sua formazione ampia e articolata che lo mettono in grado di relazionarsi con tutte le altre figure professionali poiché  è in grado di applicare ai problemi di pianificazione un vero e proprio approccio “olistico”. L’approccio è integrato dalla conoscenza che ha il Dottore Agronomo e Forestale  della struttura, delle dinamiche e delle modalità di controllo e di gestione del territorio rurale, boschivo e “naturale” in genere.
C’è molto da fare e quindi si tratta di iniziare.
Antonio Bruno


lunedì 2 ottobre 2017

Potrebbero essere due i predatori contro il vettore di Xylella


Le notizie che da due giorni appaiono circa la scoperta casuale ad opera del Prof. Francesco Porcelli del predatore “Zelus renardii” efficace contro il vettore della Xylella  è oggi salutata sulla stampa come una possibile soluzione per abbassare la popolazione dei vettori e quindi di conseguenza l’inoculo. In una chiacchierata il collega Giuseppe Romano mi ha riferito di aver letto da tempo di un altro predatore potenzialmente efficace, l'anagrus  atomus che però non è stato ancora preso in considerazione perché sembrerebbe che il problema sarebbero le autorizzazioni.


A tale proposito riporto il riassunto di uno studio:
Intorno agli anni ’60, si sono verificate per la prima volta in California estese infestazioni ad opera di cicaline in vaste aree a monocoltura di vite. Tali attacchi, attribuiti ad Erythroneura elegantula Osborn risultavano più intensi nelle zone interne dei vigneti rispetto a quelle marginali in cui vi era la presenza di Rubus spp. (Doutt and Nakata, 1965).
Si ritenne che ciò fosse dovuto al fatto che in quest’ultime zone l’Imenottero Mimaride Anagrus epos Girault giungesse nei vigneti abbastanza presto in primavera fuoriuscendo dalle uova di Dikrella cruentata su Rubus spp., importante ospite per lo svernamento e il naturale mantenimento dell’ooparassitoide (Doutt & Nakata, 1973). L’attività di controllo dell’Anagrus nel vigneto poteva effettuarsi anche per alcune miglia di distanza dal rovo. Studi più approfonditi (Antolin & Strong, 1987) a tale riguardo, hanno evidenziato che gli Anagrus hanno un raggio di dispersione molto grande, ma che a distanza maggiore riduce la loro efficacia. Si è quindi evidenziato che l’Anagrus è un efficace fattore di mortalità dell’ Erythroneura se i rovi crescono nelle vicinanze del vigneto, se esiste una sincronizzazione tra Dikrella e Anagrus e se la quantità di rovi è sufficientemente grande da garantire una forte popolazione in primavera (Williams, 1984). A seguito di queste osservazioni è stato consigliato d’interrompere la stretta monocoltura del vigneto e di associarla con siepi di rovo nelle aree marginali. Sulla base di tale esempio, numerosi autori hanno enfatizzato l’importanza della biodiversità negli agroecosistemi (Altieri, 1994).
Per quanto riguarda l’Europa, il ruolo delle piante spontanee quali ospiti d’antagonisti utili di cicaline della vite è stato per prima approfondito in alcuni vigneti del Cantone Ticino (Svizzera) (Cerrutti et al., 1991); dove l’Empoasca vitis GÖthe rappresenta un importante problema fitosanitario. In tale contesto è stato messo in evidenza in particolare il ruolo di Anagrus atomus (Linneaus) e quello delle piante spontanee e coltivate dell’agroecosistema, quali ospiti alternativi di uova di cicaline e di ooparassitoidi nel  periodo invernale. Tra tali piante sono state ritenute di maggiore importanza il Rubus spp., Lonicera spp., Malus domestica, Corylus avellana, rosa coltivata e Betulla pendula.
In Italia nella Friuli Venezia Giulia è stato indagato sul ruolo del Rubus spp. nel ciclo biologico di due cicaline della vite, Zygina rhamni Ferrari e E. vitis (Pavan, 2000), specie molto dannose in tale areale. Da tali studi, è emerso che entrambe le cicaline possono completare il loro ciclo biologico su rovo, e che la Z. rhamni sverna su piante del genere Rubus sia come adulto che come uovo. Inoltre, sono stati osservati in primavera, stadi giovanili di quest’ultima specie su Rubus spp. prima che gli adulti migrassero su vite. Pertanto è stato affermato la Z. rhamni possa presentare un ciclo dioico fra Rubus spp. E vite. Per quanto concerne, invece, l’E. vitis, il Rubus spp. rappresenta semplicemente, un’ulteriore ospite durante il periodo primaverile.
Da alcuni anni (Viggiani et. al., 2004) sono iniziati gli studi sulle cicaline che si riproducono sul rovo negli ambienti italiani meridionali, per i quali, in particolare, si disponeva solo di qualche dato di cattura d’adulti. Per molte specie mancano ancora conoscenze sui caratteri distintivi degli stadi giovanili e sulla fenologia.
In ogni caso, le attuali conoscenze sono largamente insufficienti per dare indicazioni attendibili a vari livelli (coltivazioni aziendali e territoriali) che, possano contribuire a rendere più efficace il controllo naturale delle cicaline dannose.


Fonte: UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI NAPOLI “FEDERICO II” D.E.Z.A. - Dipartimento di Entomologia e Zoologia Agraria “Filippo Silvestri” Corso di Dottorato di Ricerca in: AGROBIOLOGIA E AGROCHIMICA XX Ciclo Indirizzo: Entomologia generale e applicata Aspetti bio-etologici delle cicaline del rovo (Homoptera: Cicadellidae) e di altri ospiti alternativi di ooparassitoidi (Hymenoptera: Mymaridae, Trichogrammatidae) Tutore: Coordinatore: Ch.mo Prof. Gennaro Viggiani Ch.mo Prof. Antonio Violante Candidata:  Dott. Annalisa Di Luca

Un predatore contro il vettore: «Così si sconfigge la xylella»


INTERVISTA di Maria Claudia MINERVA del Quotidiano di Puglia ALL’ENTOMOLOGO PROF. FRANCESCO PORCELLI
[omissis]

Al di là degli interventi meccanici insetticidi, i ricercatori stanno studiando quella che si annuncia come una grandissima novità: un predatore efficace contro il vettore della Xylella. È già stato individuato e si chiama “Zelus renardii”. «Si tratta di un predatore incontrato casualmente a Bari - spiega Francesco Porcelli, entomologo del Disspa, che coordina il progetto sul campionamento dei vettori - originario del Nord America, segnalato per la prima volta in Grecia e poi arrivato autonomamente fino in Spagna.
Io l’ho osservato studiando lo psillide “Macrohomotoma gladiata”, introdotta in Europa qualche anno fa e originaria dall’Estremo Oriente.

Ebbene ho osservato lo Zelus predare gli psillidi sui rami dei Ficus ornamentali - aggiunge l’entomologo - Abbiamo provato ad offrirgli Philaenus adulti constatando, in pochi secondi, l’aggressione letale dello Zelus. Ulteriori numerosi esperimenti e osservazioni sistematiche, ancora in corso, dimostrano l’appetito feroce di questo predatore e la sua attitudine a uccidere grandi numeri della preda, anche senza nemmeno nutrirsene. Per l’allevamento massale abbiamo ottenuto discrete performance utilizzando diete a base di fegato frullato e gelificato. Ora - conclude - siamo impegnati a capire se lo Zelus può essere allevato in massa, e soprattutto, su dieta completamente sintetica, facilmente conservabile e dispensabile. In prospettiva, se riuscissimo a mettere a punto una buona tecnica di allevamento massale, c’è una biofabbrica». L’idea è di allevare popolazioni consistenti di Zelus renardii da utilizzare per il controllo dei fitofagi dell’olivo, e non solo, comprese le sputacchine: riducendo efficacemente la trasmissione della Xylella da pianta infetta a pianta sana.
[omissis]


mercoledì 27 settembre 2017

Una nuova olivicoltura di Giuseppe Mauro Ferro

Una nuova olivicoltura

Il Salento che vuole rinascere ha ora una sua "carta" fondamentale, fatta di valori e strategie, attraverso la quale si pensa sia possibile ripartire e rilanciarsi. Uno specifico progetto messo in piedi con determinazione e consapevolezza, prevede una razionalizzazione degli oliveti tradizionali, la realizzazione di nuovi impianti  - semi intensivi e intensivi - e l'introduzione di nuovi sistemi produttivi




LINEE GUIDA PER UN PROGETTO DI RILANCIO DELL'AGRICOLTURA/OLIVICOLTURA SALENTINA

Nel Salento l'attività agricola è da sempre fondamentale non solo dal punto di vista economico per la produzione di beni alimentari ma anche dal punto di vista ambientale per il suo contributo a disegnare il paesaggio, proteggere l'ecosistema e conservarne la biodiversità.
La storia, comunque, insegna che l'agricoltura da sola non può determinare lo sviluppo di un intero territorio. Diviene fondamentale, quindi, sensibilizzare le Istituzioni, i produttori, le loro Organizzazioni e la cittadinanza in generale a definire scelte strategiche comuni per il futuro dell'agricoltura salentina di concerto con le altre attività economiche presenti sul territorio ed iniziare ad immaginare un nuovo modello di sviluppo che tenga conto della presenza ormai endemica del batterio Xylella fastidiosa, con il quale dobbiamo convivere nella speranza di contenerlo.
Per tale motivo, i cittadini e i produttori agricoli salentini, unitamente alle Istituzioni regionali e locali, sia pubbliche che private, dovranno assumere impegni precisi nel mettere in atto azioni, condotte e scelte che garantiscano, anche per le generazioni future, da un lato la tutela del territorio e il diritto al cibo e dall'altro un equo reddito ai produttori agricoli. Questo perché la crescita sociale ed economica di un territorio non può che essere il risultato della convinta adesione della popolazione e della necessità di collaborazione fra i vari soggetti interessati.
Per quanto precedentemente riportato e con l'auspicio che la ricerca scientifica possa giungere nel medio e lungo periodo ad una cura delle piante infette dal batterio Xylella fastidiosa, tenendo conto, altresì, che la gestione di detta epidemia deve necessariamente prevedere anche altre competenze di tipo economico, ambientale, politico e sociale, è ormai giunto il momento di condividere.

UNA NUOVA STRATEGIA PER IL FUTURO DEL TERRITORIO
In tal senso uno sforzo è stato già intrapreso nel giugno del 2015 con la "Carta di Galatina", che dettava gli impegni che intendevano assumere i produttori agricoli, i membri della Società civile e i rappresentanti delle Istituzioni al fine di:
salvaguardare il futuro del Salento e il diritto delle generazioni future
a vivere in un contesto più sano, equo e sostenibile.

Linee guida per un progetto di rilancio dell'agricoltura/olivicoltura salentina

La nuova strategia dovrà prevedere:
1)  l'adozione di una legge speciale, finanziata con specifici fondi straordinari comunitari, nazionali e regionali, finalizzata ad un piano di sviluppo che coinvolga l'agricoltura e tutte le altre attività economiche presenti sul territorio (turismo, artigianato, commercio, piccola e media industria, servizi);
2)  nell'ambito di detto piano, uno specifico progetto di rilancio dell'olivicoltura salentina attraverso la razionalizzazione degli oliveti tradizionali, la realizzazione di nuovi impianti (semi intensivi ed intensivi) e l'introduzione di nuovi sistemi produttivi.

In tale ottica occorre, innanzitutto, individuare e distinguere:
a)  gli imprenditori professionali che intendano proseguire tale attività o altri che vogliano investire in olivicoltura, anche diversificando in attività non prettamente agricole;
b)  i semplici proprietari/conduttori di piccoli appezzamenti che erano o risultano ancora olivetati (professionisti, pensionati, impiegati, ecc.).
Nel caso della lettera a) sono fondamentali:
- l'autorizzazione al reimpianto degli olivi seccati o, comunque, colpiti da Xylella fastidiosa con cultivar che risultino più resistenti al batterio [1], tenendo conto che per un'olivicoltura da reddito occorre realizzare impianti semi intensivi o intensivi che prevedano la completa meccanizzazione dell'intero ciclo produttivo [2];
-  l'individuazione degli areali e, quindi, lo studio dei terreni che possano soddisfare le esigenze di una olivicoltura moderna;
-  la predisposizione di un piano per la gestione delle risorse idriche che preveda, prioritariamente, infrastrutture per la raccolta e la distribuzione dell'acqua, onde permettere un più economico utilizzo dell'irrigazione, anche attraverso l'impiego delle acque reflue opportunamente trattate, prevedendo in tal senso la ristrutturazione e il rilancio delle attività dei Consorzi di Bonifica, attualmente commissariati;
-  l'incentivazione alla costituzione di società di capitali o di persone per ricondurre ad una dimensione [3] economica ottimale la gestione delle attuali aziende agricole/olivicole;
-  l'implementazione di un nuovo modello di organizzazione economica nell'ambito della filiera olivicolo-olearia rivolto al mercato, attraverso un progetto di rilancio dei contratti di rete, della cooperazione e dell'associazionismo che preveda, fra gli altri interventi, l'adozione di un unico marchio commerciale che identifichi il territorio di produzione [4];
-  l'individuazione di specie arboree da frutto alternative all'olivo nel caso l'imprenditore voglia cambiare l'indirizzo produttivo.
Nelle more della definizione ed implementazione del progetto di rilancio dell'olivicoltura salentina, occorre prevedere un sostegno economico straordinario, con destinazione vincolata, per tutti i soggetti della filiera olivicolo-olearia, ivi compresi i frantoi (privati o sociali) ed i vivai, i cui redditi risultino compromessi dal diffondersi del batterio.

Nel caso della lettera b) sono fondamentali:
-  l'autorizzazione al reimpianto degli olivi seccati o, comunque, colpiti da Xylella fastidiosa con cultivar che risultino più resistenti al batterio (si rimanda alla nota n. 1), senza prevedere, necessariamente, la realizzazione di impianti semi intensivi o intensivi (si rimanda alla nota n. 2);
-  l'individuazione di specie arboree da frutto autoctone (ritorno alla biodiversità) alternative all'olivo;
- l'individuazione di specie arboree sempreverdi nel caso siano di ornamento ad un insediamento abitativo.

3) Interventi di carattere ambientale, paesaggistico e culturale, quali:
-  la salvaguardia degli olivi monumentali con specifiche azioni di sostegno per monitorarne l'eventuale patogenicità, prevedendo specifici interventi anche con la collocazione di reti anti-insetto;
-  la predisposizione nelle aree compromesse di specifici Piani di zona i cui interventi siano improntati, oltre alla salvaguardia degli interessi agro-economici, anche alla riqualificazione paesaggistica e alla salvaguardia idrogeologica.

Conclusioni
Alla base di un progetto di rilancio dell'agricoltura/olivicoltura salentina risulta, comunque, di fondamentale importanza il rinnovamento delle aziende attraverso il ricambio generazionale, che è il più importante obiettivo da perseguire nella politica di innovazione del settore.
In agricoltura, ed in particolare in olivicoltura, occorreranno sempre più giovani diplomati e laureati capaci non solo di valorizzare la propria intelligenza e preparazione generale, ma soprattutto di acquisire una formazione specialistica mirata alle attività da svolgere.
Nel prossimo futuro l'avanzare delle conoscenze potrà portare in agricoltura cambiamenti oggi neppure immaginabili.
La rivoluzione, iniziata negli Stati Uniti per fronteggiare i cambiamenti climatici, prevede di arrivare in pochi anni nel nostro Paese al 10% della superficie coltivata con esperienze e produzioni legate all'agricoltura di precisione: la trasformazione in senso digitale di campi, stalle, fattorie e mezzi agricoli.
La modernizzazione del settore è importante soprattutto per migliorare i redditi agricoli italiani che nel periodo 2005-2014 sono cresciuti solo del 14% rispetto alla media europea del 40%.
Nel contempo, strumenti sempre più sofisticati stanno portando a ridurre fortemente il fabbisogno di manodopera generica mentre cresce quello di maestranze e tecnici specializzati, quindi di una qualificata formazione, a tutti i livelli.
I giovani imprenditori agricoli ed olivicoli di domani saranno certamente gli artefici di un nuovo e creativo capitalismo imprenditoriale, basato sulla conoscenza, cioè su un capitale intellettuale, per il quale occorrono soprattutto preparazione, idee e capacità manageriali.
Diviene, quindi, fondamentale nel Salento il ruolo che dovranno svolgere le scuole del territorio, tra le quali si sono già distinti per l'impegno profuso gli Istituti Secondari Superiori "Egidio Lanoce" di Maglie e "Presta-Columella" di Lecce, nonché la stessa Università del Salento. Ma questo da solo non basta.
Un'agricoltura più moderna deve essere certamente innovativa e non può aver paura del cambiamento. Dobbiamo avere la forza di vincere la resistenza al cambiamento anche perché nella maggior parte dei casi, l'esito è per l'impresa un balzo in avanti che prima era impensabile.
Bisogna lavorare insieme: una cosa complicata nel nostro Salento, perché esiste la tendenza ad essere individualisti e gelosi. Ma nel mercato di oggi l'individualismo non paga più.
E' necessario mettere in comune le eccellenze, la qualità e l'organizzazione. Ricordo a tal proposito quando tanti anni fa il mio "maestro" il Prof. Giuseppe De Meo, che oltre ad essere Ordinario di Economia e Politica Agraria dell'allora Facoltà di Agraria di Bari, aveva anche l'incarico semestrale di Associazionismo in agricoltura, cercava di far comprendere a noi studenti quanto la collaborazione fra produttori fosse importante per determinare l'acquisizione di nuove conoscenze, migliorare la managerialità, la capacità di decidere, il percorso di crescita e l'immissione di prodotti più interessanti per il mercato.
Gli imprenditori salentini del futuro dovranno sempre più confrontarsi, condividere i percorsi, curiosare, attivare collaborazioni con le imprese dello stesso settore, di settori diversi e con i centri di ricerca, attivare partecipazioni e fusioni, rinunciando quindi all'autoreferenzialità.


NOTE
[1] Secondo quanto recentemente affermato dal Prof. Angelo Godini, già Ordinario di Coltivazioni Arboree presso l'Università degli Studi di Bari, "Per suggerire la scelta di varietà di fruttiferi, di orticole e floricole, non è sufficiente ch'esse siano resistenti ad una specifica malattia (nel nostro caso Xylella), ma è necessario ch'esse siano in possesso soprattutto di caratteristiche agronomiche, biologiche e tecnologiche tali da renderne tranquilla la proposta di diffusione in coltura". ("La Gazzetta del Mezzogiorno" del 18/05/2017).
[2] In data 15 maggio 2017 la Commissione Europea ha presentato agli Stati Membri nel Comitato sulla salute delle piante un documento che prevede la possibilità di reimpianto di olivi con varietà resistenti alla Xylella fastidiosa (cultivar Leccino e FS17 meglio conosciuta come Favolosa), nonché criteri e procedure per individuare e preservare gli olivi secolari sani. Ogni decisione concreta potrebbe essere assunta già nel prossimo incontro del Comitato, che riunisce esperti dell'Esecutivo UE e degli Stati membri, previsto per il 19-20 giugno 2017.
[3] Secondo le rilevazioni del primo trimestre 2017 di Movimprese - Unioncamere sulla natimortalità delle imprese agricole al 31 marzo scorso, rispetto al 31/12/2016 sono in calo le ditte individuali mentre risultano in crescita le società di capitale e di persone. In Puglia il totale delle imprese registrate al 31/03/2017 è pari a n. 77.778 (- 0,71%), delle quali 1.659 società di capitale (+ 1,04%) e 2.435 società di persone (+ 1,16%).
[4] L'agroalimentare è un settore particolarmente vocato per la cooperazione. Infatti, in un recente sondaggio de "L'Informatore Agrario", al quale hanno partecipato imprenditori agricoli, tecnici, allevatori ed operatori del settore distribuiti sull'intero territorio nazionale, il 71% ha dichiarato che l'aggregazione tra produttori è molto importante per la redditività dell'attività agricola. Nel comparto viticolo, che esprime la maggiore potenzialità dell'export agro-alimentare italiano, detta percentuale sale all'80%.



La foto di apertura è di Giorgio Sorcinelli (particolare di una foto più ampia)
Giuseppe Mauro Ferro - 25-09-2017 - Tutti i diritti riservati

domenica 24 settembre 2017

La mia proposta per un rilancio dell’olivicoltura del Salento leccese


Le ricerche scientifiche hanno definitivamente chiarito che l'olivo o ulivo (Olea europaea L., 1753) è tra le specie vegetali più efficienti in grado di valorizzare le risorse ambientali attraverso la produzione di Olio.
Sempre in letteratura scientifica è facile ottenere la produttività teorica, che risulta si sia attestata su rese di 2 tonnellate per ettaro, in questo eguagliando la produttività della palma da olio (Elaeis guineensis Jacq.).
Intanto per sgombrare il campo da qualunque equivoco posso affermare, senza paura di smentita, che l’olivo è in possesso dei requisiti fondamentali che gli consentono di poter essere una coltivazione moderna. Infatti grazie alle tecniche agronomiche della nebulizzazione e della micropropagazione è possibile ottenere una grande disponibilità di materiale vegetale, senza sottacere il fatto che se la pianta dell’olivo è posta in buone condizioni idriche e nutrizionali presenta una buona adattabilità alla intensificazione (aumento del numero delle piante per ettaro) a patto e condizione che si realizzano impianti con criteri che valorizzino la luce, il suolo e le risorse.
Oramai per motivi facilmente intuibili i nuovi impianti di olivo vengono realizzati in modo da ottenere la meccanizzazione integrale di tutte le operazioni colturali soprattutto quelle della raccolta delle olive da olio.
La scelta che ha l’imprenditore agricolo del Salento leccese, in virtù delle ricerche e sperimentazioni pubblicate sino ad oggi nelle riviste scientifiche, è tra due modelli che possono integrarsi a seconda dell’azienda agricola che dovrà essere interessata da un impianto moderno di oliveto.
Il primo modello è quello dell’oliveto con sistema di allevamento intensivo che prevede la messa a dimora di 400 – 600 piante per ettaro che si adatta a cultivar vigorose di olivo da olio e a quelle di olivo da mensa.
Il secondo modello è quello dell’oliveto con sistema di allevamento superintensivo che prevede la messa a dimora di un numero più che doppio di piante di olivo rispetto all’intensivo ovvero 1000 – 2000 piante per ettaro. In questo sistema di allevamento superintensivo dell’olivo le piante vengono poste in filari ed è assolutamente necessario creare particolari accorgimenti per il controllo della crescita e della fruttificazione per permettere la raccolta con macchine scavallatrici che danno una elevatissima efficienza in  termini di riduzione dei costi per tutte le operazioni colturali. 
Sino ad oggi la ricerca scientifica ha selezionato solo poche cultivar do olivo che possono essere utilizzate per questo sistema di allevamento.
Non faccio un confronto tra i due modelli perché sarebbe inutile. Questo perché sono applicabili in situazioni diverse che comunque prevedono aziende che abbiano una grande superficie da investire a oliveto.
Di una cosa però sono certo che tali modelli, applicabili nelle diverse situazioni del paesaggio rurale del Salento leccese, sono risolutivi in vista dell’espansione della coltivazione dell’olivo permettendo al nostro territorio di riguadagnare posizioni nel panorama produttivo mondiale.


Antonio Bruno Dottore Agronomo

Bibliografia
1) AYERZA R., SIBBETT G.S. (2001): Thermal adaptability of olive (Olea europaea L.) to the Arid Chaco of Argentina, «Agriculture, Ecosystems and Environment», 84, pp. 277-285.
2) BESNARD G., BARADAT P., CHEVALIER D., TAGMOUNT A., BERVILLÉ A. (2001): Genetic differentiation in the olive complex (Olea europaea) revealed by RAPDs and RFLPs in the rRNA genes, «Genet. Resources and Crop Evolution», 48, pp. 165-182.
3) BESNARD G., KHADARI B., BARADAT P., BERVILLÉ A. (2002): Olea europaea (Oleaceae) phylogeography based on chloroplast DNA polymorphism, «Theor. Appl. Genet.», 104, pp. 1353-1361.
4) BESNARD G., GARCIA-VERDUGO C., RUBIO DE CASAS R., TREIER U.A., GALLAND N., VARGAS P. (2007a): Polyploidy in the Olive Complex (Olea europaea): Evidence from Flow Cytometry and Nuclear Microsatellite Analyses, «Annals of Botany», pp. 1-6.
5) BESNARD G., RUBIO DE CASAS R., VARGAS P. (2007b): Plastid and nuclear DNA polymorphism reveals historical processes of isolation and reticulation in the olive tree complex (Olea europaea), «J. Biogeogr.», 34, pp. 736-752.
6) BRETON C., TERSAC M., BERVILLÉ A. (2006): Genetic diversity and gene flow between the wild olive (oleaster, Olea europaea L.) and the olive: several Plio-Pleistocene refuge zones in the Mediterranean basin suggested by simple sequence repeats analysis, «J. Biogeogr.», 33, pp. 1916-1928.
8) BRETON C., GUERIN J., DUCATILLON C., MÉDAIL F., KULL C.A., BERVILLÉ A. (2008): Taming the wild and “wilding” the tame: Tree breeding and dispersal in Australia and the Mediterranean, «Plant Science», 75, pp. 197-205.
10) DENNEY J.O. MCEACHERN G.R. (1983): An analysis of several climatic temperature variables dealing with olive reproduction, «Journal of the American Society for Horticultural Science», 108, pp. 578-581.
11) FIORINO P. (1999): Miglioramento genetico in olivo (Olea europaea L.), Seminario Internazionale “Innovazioni scientifiche e loro applicazione in olivicoltura ed elaiotecnica”, Accademia dei Georgofili, Firenze, 10-12 maggio.


martedì 11 luglio 2017

I CONTADINI LEQUILESI TENTANO IL CAMBIAMENTO DELLE COLTURE TIPICHE DI LEQUILE NELL’ANNATA AGRARIA DEL 1584/85


11-7-1585- FURBACCHIONI I CONTADINI LEQUILESI!!

PER ALLEGGERIRE LE DECIME DOVUTE ALLA MARCHESA DI LEQUILE VITTORI DORIA ,I CONTADINI LEQUILESI TENTANO IL CAMBIAMENTO DELLE COLTURE TIPICHE DI LEQUILE NELL’ANNATA AGRARIA DEL 1584/85, MA CON UN DECRETO DELL’11-7-1585 LA REGIA CAMERA DELLA SOMMARIA ( Documento conservato nell’Archivio di Stato di Napoli - vol- 1010 carta 237) IMPONE CHE : < ….dove prima nascevano ulivi, grani, orgi, fave , avena, lino, pasuli, cicere, bambace, zaffarana, melluni, miglio…li possessori hanno levato da detti territori detti frutti malitiosamente cun decima et piantato ivi altre sorte te frutti gentile come cerase, fico, persica, pruma, piru, amendola …e così non potendone pagare decima alcuna in grave danno della esponente(marchesa Vittoria Doria) se condannano … )

Ricerca di Antonio Margiotta di Lequile già segretario dell'Associazione dei Dottori in Agraria e Forestali della Provincia di Lecce

sabato 27 maggio 2017

Il Dottore Agronomo Giovanni Melcarne è stato nominato membro del Centro di ricerca sull’olivo, olio e olive da mensa dell’Università degli Studi di Bari “Aldo Moro”

Il Dottore Agronomo Giovanni Melcarne è stato nominato membro del Centro di ricerca sull’olivo, olio e olive da mensa dell’Università degli Studi di Bari “Aldo Moro”.

Questa nomina fa onore al Mondo dei Professionisti Agricoli della Provincia di Lecce. Formulo i miei auguri di buon lavoro al Collega Giovanni Melcarne con la certezza che sarà uno splendido inizio di una brillante carriera di ricercatore scientifico.


Antonio Bruno Consigliere Nazionale della Fidaf - Federazione Italiana Dottori in Agraria e Forestali 

giovedì 4 maggio 2017

DOTTORE CHE COSA POSSO COLTIVARE?


Cari colleghi,
io non compro i quotidiani, non li leggo nemmeno se sono a diposizione gratis sui tavoli dei bar, forse perché da quando non bevo più caffè  frequento poco i bar. Stamattina quando un collega mi ha chiamato per segnalarmi un intervento toccante sul Quotidiano di Puglia, in prima pagina,  di un iscritto all’Ordine dei dottori agronomi e forestali di Lecce, non sono riuscito a resistere e ho acquistato il giornale per leggere quell’intervento.
Non voglio fare commenti, anche se ci sarebbe molto da scrivere per significare ciò che avrei potuto fare, dire o promuovere. Questo vale soprattutto per me che da otto anni ricopro il prestigioso incarico di Consigliere dell’Ordine.  Dopo la lettura di questa lettera io ho deciso di rivedere completamente il mio modo di osservare,  percepire ed interpretare il territorio del Salento leccese per rispondere finalmente alla domanda che mi viene rivolta e che da troppo tempo è senza risposta. La domanda è: “DOTTORE CHE COSA DEVO COLTIVARE?”. Sento che non posso sottrarmi, ho la consapevolezza di avere il dovere di dare il mio contributo facendo del mio meglio. C’è una mailing list con moltissimi colleghi che sono sensibili a questo tema e voglio fare la domanda a tutti, la stessa domanda che fanno sempre a me. La domanda è la seguente: “COLLEGHI QUALI INDICAZIONI SU COSA COLTIVARE DOBBIAMO DARE AI PROPRIETARI DEL PAESAGGIO RURALE DEL SALENTO LECCESE?”
antonio bruno


LA LETTERA
CARO EMILIANO ECCO I RISULTATI DELLA XYELLA: CHIUDO, LICENZIO E VADO ALTROVE
di Mario TENORE
sono un dottore agronomo, laureato dal luglio del 2003 con 110/lode, e nel 2004 ho frequentato un master post/laurea in certificazione fitosanitaria delle produzioni vivaistico e sementiere. Anni di studio per cercare migliorare l'attività che la mia famiglia svolge con amore e dedizione estrema da ormai tre genera-zioni: il vivaismo viticolo. Il tutto in un territorio dal potenziale di 10 milioni di piante prodotte ogni anno: Otranto. La mia famiglia produce circa 500 mila barbatelle di vite destinate al mercato italiano ed estero (principalmente nord Africa), e ci avvaliamo delle prestazioni di 13 dipendenti. Tutto bene e grandi prospettive di sviluppo, fino all'arrivo della sciagura Xylella fastidiosa. Da quel momento in poi siamo sprofondati nel buio e nella solitudine più totale. Una breve ricostruzione. Agli inizi della questione Xy-lella, quando si sospettava che anche la vite fosse ospite del batterio, sono state eseguite analisi su ogni lotto di produzione di tutte le azien-de vivaistiche di Otranto, naturalmente a nostre spese, tutte con esito negativo (as-senza del patogeno), ma in nome di una precauzionalità estrema la Comunità Euro-pea, nel mese di maggio del 2015 ha deciso di bloccare tutte le attività vivaistiche, barbatelle comprese.
Continua a pag. 8
Il mondo scientifico pugliese si attivava allora subito mettendo in atto dei test di. patogcnicita per confermare che la vite non venis-se atta.am dal ceppo di xylella presente nel Sale.. Anche que-sti test confermavano che la vite, fortunatamente, è estranea alle in-fezioni del patogeno. Tutto que-sto sforzo, però, non è bastato a far cambiare opinione ai burocra-ti di Bruxelles che, dall'anno scorso, ci impongono senza alcu-na base scientifica su vite, l'ob-bligo di terinotrattue le barbatel-le, nel momento più prossimo al-la consegna, con acqua calda alla temperatura di 50°C per una du-rata di 45 minuti. Quest'obbligo interveniva nella scorsa campa-gna, in un periodo dell'anno, no-vembre, in cui i lavori del vivai-sta sarebbero già dovuti essere a buon punto. mentre noi eravamo ancora bloccati. In Italia esiste so-lo una ditta produttrice dell'appo-sito macchinario e ne è anche de-tentrice di brevetto. Il costo è di  170 mila ero, e la capienza è di circa 6000 barbatelle per ciclo. Grazie alla caparbietà di alcuni di noi vivaisti, ed alla coscienza del costruttore della macchina, siamo riusciti ad ottenere un mac-chinario un po' meno tecnologi-co, ma non meno funzionale, al prezzo di 50 mila curo. Comprendendo che una sola macchina di termoterapia non ba-stava per trattare circa 10 milioni di barbatelle in maniera rapida ed essendo braviin matematica, abbiamo da subito cercato dato nelle istituzioni. In particolar mo-do abbiamo più volte interloquito con l'attuale Assessore all'agri-coltura della Regione Puglia, il quale ci ha sempre assicurato che non saremmo stati lasciati so-li e che, o attraverso leggi specia-li oppure per il mezzo dei Psr, ci sarebbe stata rimborsata la spesa per le macchine. Era l'inverno 2015-2016: noi acquistiamo sei macchine ed ovviamente lascio a  voi immaginare come è andata a finire, avete un minimo di co-noscenza della politica italiana. Ormai, sono due anni che te, motrattiamo le nostre piante per una malattia che non è presente, e che non riguarda la vite. Nume-rose sono state le successive ri-chieste di incontro con l'assesso-re, tutte rigorosamente andate a vado, forse abbiamo la colpa di non essere foggiani. L'unico ente che non è venuto meno ai propri impegni permet-tendoci di lavorare è l'affido pro-vinciale dell'agricoltura di Lecce che ha preso a cuore le sorti del 1105170 territorio e di un comparo che sviluppa un numero di gior-nate lavorative annue che sfiora le 70 mila impiegando oltre mil-le lavoratori. È bene ricordare che l'arcate otrantino, come mol-ti altri scori del Salento, non pullula di industrie in grado di garantire lavoro, ma fonda la pro-pria economia sul turismo dei 3 mesi estivi e su quel poco di agni-
coltura che gente come noi cerca di portare avanti. Neanche questi aspetti occupa-zionali, follemente a rischio, han-no attirato l'attenzione del presi-dente della Regione Puglia che non si mai interessato delle no-stre vicissitudini. Non è stato neanche in grado di opporsi alla violenza protratta sull'agricoltura del nostro territorio quando il mi-nistro dell'agricoltura ha emana-to un decreto che ha dichiarato tutta l'Italia territorio indenne da Xylella fastidiosa tranne le pro-vincie di Brindisi e Lecce. Que-sta genialau italiana ha generato tutta una serie di emendamenti in cascata da parte dei Paesi esteri (nord Africa) che vietano l'impor-tazione di barbatelle solo dalla Paglia. Una catastrofe economica di portata incalcolabile. Ovviamene anche il presiden-te della Regione non si è mai de-gnato di rispondere alle nostre ri-chieste di incontrò per cui la mia domanda è: per quale motivo io, in piena solitudine devo continua-re a lavorare con tali e tante diffi-coltà in un territorio che mi ha completamente abbandonato nel-la sua rappresentanza istituziona-le? Allora per farla breve, comuni-co ufficialmente che la mia azien-da si è già trasferita in un'altra Regione con una nuova licenza vivaistica, e ringrazio l'intera giunta regionale per "l'impegno" che ci ha messo per distruggere in soli 3 armi tutti gli sforzi della mia famiglia ed i miei sogni per il futuro. Mi rimane il tempo di termina-re i lavori di produzione delle mie ultime barbatelle "made in Otranto" e mi vedrò costretto a li-cenziare tutti e 13 i miei dipen-denti,ti, non per mie colpe. Vado via con la coscienza pulita e con il rammarico e la delusione di avere una classe politica comple-tamente incapace di tutelarmi. Al-tri colleghi vivaisti seguiranno*. scia per cui mi auguro che i no-stri politici possano prevedere un futuro più roseo a tutti quei lavo-ratori agricoli che la xylella  ren-de disoccupati. Mario Tenore*


*MARIO TENORE DOTTORE AGRONOMO ISCRITTO ALL’ORDINE DEI DOTTORI AGRONOMI E FORESTALI DELLA PROVINCIA DI LECCE

lunedì 1 maggio 2017

La proposta di una mini rivoluzione verde dell’Ordine dei Dottori Agronomi e Forestali della provincia di Lecce


Sabato 29 aprile, dalle 10 alle 18, nei padiglioni di Lecce Fiere, in piazza Palio, nell’ambito di Externa si è tenuta la giornata formativa sul tema «Il ruolo del dottore agronomo e forestale nella progettazione paesistica e delle infrastrutture verdi».
L’incontro è stato promosso dell’Ordine dei dottori agronomi e dei dottori forestali della provincia di Lecce, con il patrocinio della Regione Puglia, Università del Salento, Camera di commercio, Associazione regionale pugliese tecnici e ricercatori in agricoltura (Arptra), l’ Accademia dei georgofili, sotto la direzione tecnico-scientifica di Francesco Tarantino.
Nel suo intervento il dott. Rosario Centonze, presidente dell’Ordine di Lecce, ha subito stigmatizzato l’attenzione dei presenti su ciò che avviene al paesaggio ed al verde urbano del territorio del Salento leccese affermando come sia spesso “violentato”, oltremodo dimenticato, politicamente utilizzato ad emblema economicamente e socialmente determinante.   L'agronomo moderno non si occupa solo di sistemi agrari o agro-alimentari, forestali, ma ha assunto sempre più la figura di  "gestore del territorio", perché può ricoprire ruoli specifici in settori interdisciplinari, quali quello "Biologico-paesaggistico-urbanistico" che richiedono le sue conoscenze per lo studio dell'impatto ambientale di opere complesse, per la pianificazione territoriale, per l'armonizzazione dell'ambiente rurale con l'insediamento edificato, residenziale o produttivo diffuso, per l'arredo urbano, nell'ambito della realizzazione di spazi verdi, per la sempre crescente richiesta di interventi manutentivi sul verde esistente.
Il presidente dell’Ordine di Lecce ha continuato illustrando in che modo l’Ordine di Lecce sta agendo richiamando i dottori agronomi e forestali all’impegno concreto ricordando ai presenti che l’Ordine ha costituito una Commissione di Studio per il Verde Urbano con l’obiettivo di individuare le principali criticità e focalizzare i diversi ambiti d’azione. Durante il pluriennale lavoro della Commissione è stata elaborata una serie di fascicoli tecnici monotematici con l’esigenza di comunicare su larga scala la propria visione sul verde urbano, aspetto fondamentale del vivere civile, legato alla qualità degli ambienti urbani. Infatti la presenza del verde nei centri abitati, la sua pianificazione, la gestione delle aree urbane naturali sono oggetto di un continuo scambio di pareri, di esperienze e di osservazioni, sempre vivo all’interno dell’Ordine.
E’ stato rimarcato come gli interventi di impianto del verde cittadino sono limitati e non organizzati su scala territoriale comunale e la cura in questi interventi è molte volte approssimativa e affidata dalle amministrazioni a personale non qualificato. Il risultato di tale condotta si traduce in una qualità scadente del verde urbano a livello estetico, funzionale e paesaggistico, e porta alla riduzione del patrimonio vegetale e al danneggiamento del patrimonio esistente.
L’Ordine di Lecce, prendendo atto delle non appropriate condotte, piuttosto che limitarsi ad interventi su casi specifici, ha scelto di agire costruttivamente per fornire una serie di strumenti operativi utili ai soggetti che, a diverso titolo, intervengono sul verde urbano.
Di particolare interesse sono state le relazioni di  Sabrina Diamanti, consigliere nazionale dell’Ordine dei dottori agronomi, nonché coordinatrice del dipartimento «Paesaggio, pianificazione e sistemi del verde»; Giovanni Sala, agronomo per Land Italia srl, Milano; Filippo Piva, dello studio Pampa, di San Marino, sul tema «Il progetto paesaggistico dalla piccola alla grande scala: casi di studio progettati e realizzati»; ed infine di Gianluca Tramutola, della «Sap Landscape consultancy & design», che ha parlato di «Paesaggi e giardini tra identità e percezione: interventi progettuali e casi studio in Olanda e nel Salento».

Antonio Bruno

sabato 29 aprile 2017

Il ruolo del Dottore Agronomo e Forestale nella progettazione paesistica e delle infrastrutture verdi


A Lecce in Piazza Palio i Dottori Agronomi e i  Dottori Forestali hanno esposto la loro progettazione paesistica e delle infrastrutture verdi. Questi professionisti non fanno che mettere in connessione le parti di territorio che oggi invece risultano in discontinuità in quanto è strategico per la biodiversità poiché il territorio salentino in particolare è soggetto a un forte consumo di suolo per uso agricolo, e viene inoltre ulteriormente frammentato a causa della realizzazione delle infrastrutture e delle opere connesse. La vocazione prevalentemente agricola del territorio permette al Dottore Agronomo e al Dottore Forestale la pianificazione di interventi a contenuto costo economico ed alto valore aggiunto ambientale, compatibili con le produzioni agricole esistenti come ad esempio impianto di siepi e filari, miglioramento naturalistico dei seminativi, gestione di prati stabili, rinaturazioni associate alle aziende, e tutto quanto serve a garantire la conservazione e la valorizzazione del territorio.

I progetti di fattibilità tecnica ed economica realizzati dai Dottori Agronomi e dai Dottori Forestali forniscono le conoscenze tecnico-scientifiche, gli strumenti giuridico-amministrativi e le basi politico-sociali per realizzare corridoi di connessione nelle aree urbane e in quelle agricole della provincia di Lecce. Gli studi che sono stati presentati dai relatori, tutti Dottori Agronomi e Dottori Forestali, individuano precisi interventi volti alla realizzazione dei corridoi agroecologici, dopo aver valutato le opportunità di connessione, la compatibilità con gli strumenti pianificatori vigenti e la disponibilità delle aree. Laddove le pratiche colturali intensive costituiscono una potenziale sorgente di criticità per la rete ecologica, si è potuto prendere atto che i professionisti hanno individuato idonee pratiche di mitigazione e limitazione dell'impatto ambientale, ripristinando le funzioni ecologiche e paesistiche dell’agricoltura a supporto del territorio.
I Dottori Agronomi e i Dottori Forestali di Lecce con Sabrina Diamanti Consigliere Nazionale CONAF

I Dottori Agronomi e i Dottori Forestali provvedono allo studio del territorio, alla progettazione degli interventi, alla realizzazione e il mantenimento degli stessi in concertazione con gli stakeholder locali, con particolare riferimento ai proprietari delle numerose aree agricole presenti nell’area del Salento. Ciò permette di rispondere davvero ai bisogni emergenti e di avere a disposizione ulteriori risorse. Il professionista Dottore Agronomo e il Dottore Forestale aggiunge allo studio del territorio per la progettazione paesistica e delle infrastrutture un team multidisciplinare che rappresenta i partner di progetto.

L’unico intervento registrato nel dibattito della giornata formativa è stato quello del Dottore Agronomo Antonio Bruno che è anche Esperto in Diagnostica urbana e territoriale nel quale ha suggerito ai colleghi presenti di organizzare ogni anno la Giornata Nazionale del Paesaggio istituita quest’anno per la prima volta dal Ministero dei beni e delle Attività Culturali e del Turismo, che si è tenuta il 14 marzo 2017 con oltre 120 iniziative in tutta Italia e che si terrà ogni anno nella stessa data. Nel suo intervento il dott. Bruno ha anche proposto ai colleghi Dottori Agronomi e dai Dottori Forestali della provincia di Lecce di realizzare i progetti di cura del verde dei tanti rondò che risultano per lo più in stato di abbandono nelle strade provinciali istituendo un vero e proprio osservatorio del paesaggio. Sempre nello stesso intervento il professionista ha chiesto a Serena Diamanti che è la Consigliera Nazionale dei Dottori Agronomi e Coordinatrice del dipartimento del paesaggio pianificazione e Sistema del verde di farsi promotrice di un progetto di legge che istituisca nei Comuni l’ufficio del paesaggio coordinato e diretto dal professionista Dottore Agronomo o Dottore Forestale per ottenere che finalmente nei territori comunali si abbia una effettiva cura del paesaggio e del territorio in generale. Uno dei compiti che secondo il dott. Bruno dovrebbe avere l’Ufficio del paesaggio dovrebbe essere quello di sovraintendere al Bilancio Arboreo che è un documento richiesto dalla legge 14 gennaio 2013 n°10, che all’articolo 3 bis comma 2 chiede ad ogni amministrazione comunale di pubblicare due mesi prima della fine del mandato il bilancio del numero di alberi piantati nel territorio comunale nel corso dei cinque anni di governo della città.

Un numero che, secondo la legge 113/92 deve per obbligo essere almeno pari al numero dei bambini nati nello stesso periodo.
Il documento realizzato dall’ufficio del paesaggio che tra l’altro si dovrà prendere cura del verde in città deve indicare tutti gli altri dati che possano essere di estremo interesse.
Nel suo intervento il dott. Bruno ha ribadito che i Dottori Agronomi e i Dottori Forestali progettano infrastrutture verdi e provvedono a coniugare la natura con la cultura, l’agricoltura e il paesaggio per questo motivo è fondamentale il ruolo di questo professionista all’interno delle Soprintendenze Belle arti e paesaggio, nessuno dei colleghi di Lecce è all’interno di questa importante struttura ed è ora che il Consiglio Nazionale si faccia portavoce di tale esigenza ottenendo questa importante presenza.

Infine il dott. Bruno ha stimolato i Dottori Agronomi presenti di farsi parte dirigente nel calcolo dei servizi ecosistemici resi da agricoltura e paesaggio alla collettività oltre che di proporre progetti per la manutenzione del paesaggio agli enti strumentali della Regione tra cui i Consorzi di Bonifica.