giovedì 4 luglio 2024

L'allevamento degli ovini Karakul nel Salento

 









L'allevamento degli ovini Karakul nel Salento

Non so quale impressione abbia prodotto nell'animo dei nostri Allevatori il mio precedente scritto dal titolo "L'Ariete Karakul nel Salento", pubblicato su questa simpatica Rivista, con tanta amorevole cura, diretta dall'Illustre Prof. Cav. Uff. Attilio Biasco. Penso, però, che, nell'interesse di tutti, dopo la rosea esposizione da me fatta, occorra, pure, esaminare attentamente il rovescio della medaglia per evitare possibili e non poche delusioni alle quali si può andare inesorabilmente incontro, se non si terrà giusto conto di quanto sarò ancora per dire.

Agnella all'età di giorni 15-1 Incrocio Karakul Leccese nera

Allevamenti Comm. Dott. Raffaello Garzia

Innanzi tutto, bisogna tenere ben presente che la razza Karakul, traendo origine da regioni a noi molto lontane e costituita da elementi naturali ed atmosferici assai diversi dai nostri, il primo e più grave inconveniente che gli Allevatori dovranno superare sarà quello dell'acclimatazione. Non vi è certo chi non sappia, infatti, come tale fenomeno se non sia trionfalmente superato, rappresenti la causa fondamentale di limitata fecondità, di gravissime malattie e della stessa perdita dei soggetti pagati spesso a peso d'oro!

È, quindi, assolutamente necessario che coloro i quali vogliano darsi a un allevamento qualsiasi, e a questo in modo particolare, siano molto cauti nella scelta dei soggetti e stiano più che attenti sulla provenienza dei loro riproduttori, sulla loro costituzione fisica, sulla loro resistenza organica.

Né ciò basta. È anche necessario che ciascuno ponga al proprio passivo somme non lievi, dipendenti da perdite, a volte dell'intero capitale, il che può costringere, dopo pochi mesi, di dovere ricominciare di bel nuovo, con enorme, incalcolabile dispendio e con l'immensa difficoltà di sostituire i propri riproduttori con altri soggetti che, per quanto apparentemente forti, non danno maggiori garanzie di quelli precedentemente perduti! Il fenomeno dell'ambientamento rappresenta, infatti, un gioco a mosca cieca, per cui l'allevatore, per quanto esperto ed oculato, non sa, il più delle volte, come potrà uscirne.

E passiamo ad altro. Accanto alle gravissime difficoltà dell'ambientamento esistono fatti patologici, non sempre apparentemente constatabili, specialmente nel periodo di incubazione, che possono dar luogo a vastissima mortalità per il loro carattere infettivo e parassitario. Tali malattie, di cui i nostri greggi sono finora esenti, e guai ad introdurle nella nostra regione, provengono principalmente da pascoli infetti messi a disposizione dei greggi esotici. Alcune di esse colpiscono l'apparato gastro-intestinale, altre i bronchi e i polmoni. Tutte sono ugualmente gravi, di difficilissima cura e conducono inesorabilmente alla morte, distruggendo perfino interi greggi. Si richiede, quindi, anche per questo, ogni prudenza nell'acquisto di simili ovini e, più specialmente, grande, ben fondata fiducia nella provenienza.

Altro importantissimo punto da dover tenere ben presente sarà la scelta dei riproduttori. È necessario che essi siano purissimi dal punto di vista della razza, altrimenti ogni somma impiegata per il loro acquisto sarà buttata, senz'altro, al vento! Non è, però, facile assicurarsi della purezza dei soggetti, specialmente se acquistati a distanza, per semplice corrispondenza. Ma anche da vicino si può cadere facilmente in errore, tenendo presente, come già dissi nel mio precedente scritto, che i meticci dalla quinta generazione in poi hanno quasi tutti i caratteri del puro sangue. E se l'apparenza potrà, quasi indiscutibilmente, ingannare, all'amara prova l'acquirente subirà le più dure delusioni e i maggiori danni! Non bisogna dimenticare che l'Ariete Karakul deve essere assolutamente e sicuramente puro sangue. Qualsiasi transazione su questo importantissimo, capitale punto farà tornare sempre più indietro nelle successive generazioni.

Un ultimo consiglio sento di dover dare ai futuri allevatori: quello di non iniziare l'allevamento senza prima aver curato di fornirsi di uno scelto gregge di vere pecore leccesi nere, oggi in buona parte alterate nei loro migliori caratteri da precedenti irrazionali incroci. Agendo diversamente si impiegherebbe inutilmente un capitale non lieve nell'acquisto di un Ariete Karakul, riuscendo a fare soltanto un buco nell'acqua!

Non ho voluto con quanto ho detto scoraggiare completamente i futuri allevatori di razze Karakul nel Salento, ma ho ritenuto mio dovere mettere in guardia sui maggiori e più importanti pericoli coloro che si dessero a importare riproduttori senza i necessari accorgimenti, senza la più sicura perizia. Così facendo, essi sarebbero causa di danni gravissimi a se stessi e alla collettività, invece di contribuire efficacemente a sollevare la nostra bilancia agricolo-commerciale dal peso delle importazioni estere!

Raffaello Garzia


 


Di alcune cause e rimedi della saltuaria e scarsa produttività degli oliveti

 Di alcune cause e rimedi della saltuaria e scarsa produttività degli oliveti




In questo periodo in cui facile è l'alzarsi delle lamentele di agricoltori delusi per la mancanza, o la scarsezza, o le deficienti sanità e resa in olio del raccolto, è ben adatto richiamare l'attenzione di essi su alcune delle cause che le determinano e sui rimedi necessari.

Innumerevoli olivicoltori hanno radicata in mente l'idea che l'ulivo non possa produrre se non ogni due anni, bene inteso, quando non vi siano avversità speciali che ne rendano ancor più lunga l'aspettativa. Essi giustificano l'alternanza della produzione come in tutto dipendente dal fatto che in seguito ad un buon raccolto rimangano spossate le piante e perciò le vermene non abbiano la capacità di portarne nuovamente dell'altro copioso e ben nutrito.

A parte le inclemenze stagionali, che nelle Puglie ed in Lucania spiegano la loro nociva azione più che in altre regioni olivicole italiane, l'improduttività, la scarsezza e l'alternanza della produzione di molti oliveti dipendono dal non volere e non saper mettere le piante nelle condizioni di non esaurire le riserve di sostanze da esse elaborate, immagazzinate e distribuite nei diversi organi.

L'opera della potatura ed il sussidio delle concimazioni adeguate, portano in seno alle piante energie eccedenti il bisogno della buona nutrizione dei frutti, siano pur essi abbondanti, energie che vengono anche usufruite dai rametti fruttiferi del venturo anno per il loro normale sviluppo.

In diverse località intercorrono serie di 4, 5, 6 anni prima che si compia la rimonda. Negli ulivi trascurati i rami fruttiferi non sono regolarmente vestiti di rigogliose fronde; essi presentano nuda la base, scarsa anche di gemme e solo la cima, incapace di accrescersi, presenta un ciuffetto di anemiche foglie.

Quivi le piante acquistano il carattere cespuglioso, per il disordinato sviluppo in larghezza anziché in altezza. Con le due cure essenziali della potatura e della concimazione razionali, insieme ai lavori del terreno, annualmente e previdentemente applicate, subito dopo la raccolta delle olive e mai oltre il mese di marzo, si procurerà una più redditizia olivicoltura.

Caso per caso, dall'esame delle condizioni ambientali di clima e terreno, delle varietà coltivate, dello sviluppo delle piantagioni, della esecuzione dei lavori, del valore delle varie sostanze concimanti, calcolato in base al prezzo delle unità fertilizzanti contenute, le Istituzioni agrarie locali ed in ispecie le Cattedre ambulanti di agricoltura, potranno dare i più giusti consigli al premuroso agricoltore.

Numerose esperienze, ripetute anche nei luoghi più ingrati della nostra regione, han chiaramente dimostrato che la potatura razionale e la concimazione fosfo-potassico-azotata, hanno elevato e stabilizzato la produzione degli oliveti trattati.

Non solo, ma hanno anche elevato la resa in olio delle olive e migliorato la qualità di esso ed ancora, hanno reso le piante ed il prodotto più resistenti e meno attaccabili dalle avversità parassitarie.

Il valore medio delle produzioni di tali oliveti è stato sempre molto più alto e remunerativo, da sorpassare spesso del doppio quello della produzione degli oliveti vicini di controllo.

L'olivicoltura è uno dei più importanti settori dell'agricoltura nazionale. Per la nostra regione essa dovrebbe stare molto vicina alla viticoltura e beneficiare analogamente delle attenzioni che a questa si prodigano, specialmente ora che le numerose provvidenze del Governo Nazionale han difeso e valorizzato il prodotto oleario.

Dott. Sava Salvatore

mercoledì 3 luglio 2024

Le Cantine Sociali nella Provincia di Lecce nel 1895

 

Le Cantine Sociali nella Provincia di Lecce nel 1895



Nel 1895, la provincia di Lecce presentava un paesaggio unico e caratteristico, dominato da pianure immense e vaste distese di vigneti. Il Salento, secondo solo alla Sicilia, si distingueva per la sua coltivazione estensiva della vite, una pianta tanto amata per il suo tronco rugoso e serpentino, e per i pampini verdeggianti che profumavano l'aria e producevano un'uva deliziosa. Tuttavia, nonostante questa apparente ricchezza, la realtà economica della viticoltura salentina era ben diversa.

La Crisi Vinicola

La coltivazione intensiva dei vigneti, esplosa dopo la devastazione dei vigneti francesi ad opera della fillossera, era inizialmente motivata dalla speranza di soddisfare la domanda di vino d'oltre Alpi. Tuttavia, quando la Francia riuscì a ricostituire i propri vigneti e cessò le relazioni commerciali con l'Italia, la produzione vinicola salentina si trovò in crisi. Il mercato si saturò e i viticoltori dovettero confrontarsi con la dura realtà di un'offerta che superava di gran lunga la domanda.

La Necessità di Innovazione

Per rispondere a questa crisi, fu chiaro che la produzione vinicola dovesse subire una trasformazione radicale. Il problema principale risiedeva nel fatto che la maggior parte del vino prodotto nel Salento veniva venduto allo stato di mosto o come vino da taglio, senza essere adeguatamente affinato o valorizzato. I produttori locali non possedevano le conoscenze enologiche necessarie né i mezzi per migliorare la qualità del vino e spesso vendevano il prodotto al primo compratore disponibile, generalmente commessi viaggiatori piemontesi o lombardi.

Le Cantine Sociali: Una Soluzione Collettiva

La soluzione proposta era la costituzione di consorzi enologici o Cantine Sociali. Queste associazioni avrebbero avuto il compito di affinare i vini prima di esportarli, producendo vini di alta qualità destinati al consumo diretto. Si sarebbe trattato di un’impresa collettiva, che richiedeva la cooperazione delle individualità più intelligenti e coraggiose della regione, disposte a investire nella nuova industria enologica.

Benefici delle Cantine Sociali

I vantaggi delle Cantine Sociali erano evidenti: la produzione di vini di qualità superiore avrebbe permesso di accedere a nuovi mercati esteri, stabilendo il Salento come un importante centro di produzione vinicola a livello mondiale. I vini salentini, prodotti in condizioni favorevoli di suolo e clima, avevano il potenziale per competere con quelli delle regioni più rinomate come la Borgogna e il Bordeaux.

Problemi Attuali e Potenziali Miglioramenti

Nonostante il grande potenziale, la situazione vinicola nel Salento del 1895 era ancora segnata da pratiche agricole e produttive arretrate. Molti viticoltori, ignorando i principi basilari della chimica enologica e dell’enotecnia, continuavano a utilizzare metodi primitivi per la produzione del vino. La mancanza di strutture adeguate per l'affinamento e la conservazione del vino portava spesso a grandi perdite economiche.

Inoltre, l’epoca della vendemmia non veniva scelta con criterio, il che comprometteva ulteriormente la qualità del prodotto finale. La fermentazione e l'imbottamento seguivano metodi empirici e variabili, con scarsa attenzione alla standardizzazione e alla qualità costante.

Conclusione

L'istituzione delle Cantine Sociali rappresentava una soluzione necessaria e lungimirante per affrontare le sfide della viticoltura salentina. Con l'unione delle risorse e delle competenze, i viticoltori avrebbero potuto migliorare la qualità dei loro vini, accedere a nuovi mercati e trasformare il Salento in una regione vinicola di prestigio internazionale.

Antonio Bruno

 

Bibliografia

La provincia di Lecce (1895:A. 1, apr., 26, fasc. 1)

 

giovedì 9 maggio 2024

Coltivare i Fagioli: Guida Completa per un Orto Rigoglioso

 

Coltivare i Fagioli: Guida Completa per un Orto Rigoglioso


Il fagiolo, una delle piante leguminose più importanti nell'orto, originaria del Perù, rappresenta un elemento fondamentale per arricchire il suolo di azoto e garantire la fertilità del terreno. Conosciuto per la sua versatilità culinaria e il suo apporto proteico, il fagiolo si divide principalmente in due categorie: quelli da cui si mangiano solo i semi (fagioli veri e propri) e quelli in cui si consuma l'intera pianta, semi e baccello (fagiolini).

 

La coltivazione dei fagioli e dei fagiolini condivide molte pratiche simili, essendo entrambi legumi della stessa specie. Qui di seguito, esamineremo la coltivazione specifica dei fagioli, mentre i fagiolini saranno trattati separatamente.

 

La Pianta di Fagioli

Il fagiolo (Phaseolus vulgaris), appartenente alla famiglia delle fabacee, è noto per la sua capacità di fissare l'azoto nel suolo, rendendolo prezioso per mantenere l'orto ricco e fertile. Esistono varietà nane e rampicanti, ognuna con caratteristiche distintive che influenzano la coltivazione.

 

Clima e Terreno Ideali

I fagioli prosperano in climi caldi e temperati e preferiscono zone ben esposte al sole. Il terreno ideale è morbido, a medio impasto, con un pH intorno a 5, sebbene si adattino bene a diverse tipologie di suolo.

 

Lavorazione del Suolo

Prima della semina, è consigliabile effettuare una classica lavorazione del terreno, includendo vangatura, zappettatura e livellamento con il rastrello per garantire un ambiente ottimale alle giovani piantine.

 

Concimazione per i Fagioli

I fagioli beneficiano di una concimazione organica, preferibilmente con letame maturo o pellettato interrato a media profondità. L'azoto è essenziale solo in piccole quantità iniziali, poiché il fagiolo è in grado di catturarlo dall'aria grazie alla sua natura leguminosa. La concimazione deve invece essere ricca di potassio.

 

Seminare il Fagiolo

La semina del fagiolo dovrebbe avvenire preferibilmente tra aprile e maggio, sia in coltura protetta che in pieno campo. È consigliabile seguire il calendario lunare per una semina ottimale. I fagioli si seminano a una profondità di 1,5 volte la loro dimensione, con un sesto d'impianto di 3-4 centimetri su file distanziate di 50 cm.

 

Predisporre Sostegni per i Fagioli Rampicanti

Le varietà rampicanti richiedono sostegni adeguati, che possono essere paletti o reti, per favorire il loro sviluppo verticale e proteggerle dai venti e dai temporali estivi.

 

La Coltivazione dei Fagioli nell'Orto

La cura dei fagioli nell'orto comprende operazioni colturali come sarchiatura, zappettatura e irrigazione regolare. È importante mantenere stabili i sostegni delle varietà rampicanti e rincalzare i fagioli nani per garantire una crescita sana.

 

Malattie e Parassiti dei Fagioli

Le malattie comuni dei fagioli includono la rizottonia, il marciume radicale e le batteriosi, mentre tra i parassiti principali vi sono gli afidi e il tonchio. Una corretta identificazione e gestione tempestiva sono cruciali per mantenere la salute delle piante.

 

Raccolta dei Fagioli

I fagioli vanno raccolti quando il baccello è completamente maturo e tende ad appassire. Possono essere conservati surgelati o lasciati essiccare sulla pianta per il consumo futuro o la conservazione dei semi.

 

Varietà di Fagioli Consigliate

Tra le varietà più apprezzate troviamo i cannellini, i bianchi di Spagna, i borlotti e i dall'occhio, ognuno con caratteristiche e usi culinari distinti.

 

Coltivare i fagioli è un'esperienza gratificante che offre non solo un'abbondante raccolta di legumi deliziosi, ma contribuisce anche a mantenere l'orto sano e fertile. Seguendo queste linee guida, potrete godere di una coltivazione di successo e di gustose ricette a base di fagioli direttamente dal vostro orto. Buona coltivazione!

 

 

 

 

 

Coltivazione Integrata del Nespolo del Giappone: Guida Completa

 

Coltivazione Integrata del Nespolo del Giappone: Guida Completa


 La foto è di Paola Pomarico

Il nespolo del Giappone, conosciuto per la sua dolcezza e la fragranza dei suoi frutti, richiede cure particolari per una coltivazione di successo. In questa guida completa, esamineremo le modalità specifiche per la produzione integrata del nespolo, includendo considerazioni sul suolo, clima, varietà, portinnesti, gestione del suolo, fertilizzazione, irrigazione, difesa e raccolta.

 

Scelta dell'Ambiente di Coltivazione e Vocaizionalità

 

La valutazione delle caratteristiche pedoclimatiche è fondamentale per il successo della coltivazione del nespolo del Giappone. Il suolo deve avere un buon drenaggio e un'adeguata quantità di acqua, mentre le temperature inferiori a -4, -5 °C possono danneggiare la pianta. Le nebbie persistenti e le estati calde e secche possono influenzare la crescita e la maturazione dei frutti.

 

Scelta Varietale e del Materiale di Propagazione

 

La scelta della varietà dipende dagli aspetti produttivi e dalla resistenza ai parassiti. Le varietà giapponesi offrono frutti gialli con polpa gustosa ma poco profumata, mentre le varietà cinesi producono frutti arancioni con polpa profumata. Le varietà italiane, come quelle siciliane, variano da dolci a sub-acide e presentano diversi gradi di resistenza al trasporto.

 

Scelta del Portinnesto e del Materiale Vivaistico

 

La scelta del portinnesto è cruciale per adattare la coltura alle condizioni del terreno. Il nespolo può essere innestato sul franco di nespolo o sul cotogno, con considerazioni specifiche per ciascuno. Il materiale di propagazione deve essere di alta qualità e conforme alle normative locali.

 

Sistemazione e Preparazione del Suolo all'Impianto

 

La preparazione del suolo include operazioni come lo spietramento e il livellamento, con attenzione alla fertilità e alla stabilità del terreno, specialmente nelle aree collinari a rischio di erosione.

 

Gestione del Suolo

 

La gestione del suolo mira a contenere le erbe infestanti, valorizzare le precipitazioni e facilitare le operazioni colturali. L'inerbimento può essere spontaneo o artificiale, con specifiche direttive a seconda della pendenza del terreno.

 

Sistemi e Distanze di Piantagione

 

Le distanze di impianto e le forme di allevamento devono favorire la massima intercettazione luminosa e la distribuzione uniforme dei prodotti antiparassitari. Attualmente, si preferiscono impianti con densità più elevate e forme di allevamento più libere.

 

Gestione dell'Albero e Fruttificazione

 

La potatura di formazione e di produzione è essenziale per lo sviluppo strutturale e la produttività dell'albero. Il diradamento dei frutti aiuta a garantire una migliore qualità e dimensione dei frutti.

 

Fertilizzazione

 

La fertilizzazione è guidata da un piano concimazione che considera le esigenze della coltura e del terreno, con particolare attenzione ai limiti di azoto per la prevenzione dell'inquinamento.

 

Irrigazione

 

L'irrigazione mira a soddisfare il fabbisogno idrico della coltura, evitando sprechi e lisciviazione di nutrienti. La gestione irrigua si basa su un bilancio idrico che tiene conto delle fasi fenologiche e delle condizioni del terreno.

 

Difesa e Diserbo

 

Il rispetto delle norme per la difesa e il diserbo integrato è fondamentale per la salute della coltura e la prevenzione delle malattie.

 

Raccolta

 

La raccolta del frutto richiede delicatezza per preservarne la fragilità. L'identificazione dei prodotti della produzione integrata facilita la rintracciabilità e la distinzione sul mercato.

 

In conclusione, una corretta applicazione delle pratiche di produzione integrata può garantire una coltivazione di successo del nespolo del Giappone, offrendo frutti di alta qualità e sostenibili sul piano ambientale.

 

 

 

 

 

domenica 11 febbraio 2024

Viaggio comico nell'universo dell'Ambrosia di Arance: una storia di liquori e di leggende

 

Viaggio comico nell'universo dell'Ambrosia di Arance: una storia di liquori e di leggende

Da tempo immemore, nel cuore del Salento leccese, si cela un tesoro che non è d'oro, bensì di un colore più caldo e invitante: l'ambrosia di arance. Ma attenzione, non stiamo parlando di una comune bevanda, no no no, questa è una prelibatezza così straordinaria che sembra essere stata battezzata direttamente dalle divinità dell'Olimpo!

Si racconta che ben cinquecento anni prima di Gesù Cristo, la poetessa Saffo menzionò un elisir dalle proprietà divine chiamato "ambrosia". E c'è chi sostiene che questa divina bevanda possa essere proprio l'ambrosia ottenuta dalle arance del Salento leccese. Ma sì, perché diciamocelo, quale altra spiegazione avrebbe l'assurdamente delizioso sapore di questa creazione?

Ma come si fa a trasformare delle semplici arance in un nettare così sublime? Il procedimento è tanto complesso quanto affascinante: si inizia con l'estrazione degli aromi delle arance attraverso i vapori dell'alcol. Immaginatevi gli agrumi in sauna, eh sì, anche le arance meritano un trattamento di lusso! Dopodiché si filtra l'aroma e si aggiunge uno sciroppo a base di acqua e zucchero. Dopo venti giorni di attesa spasmodica, il liquore è finalmente pronto per essere imbottigliato e portato nelle case di tutti coloro che vogliono assaporare un po' di paradiso.

Ma l'ambrosia di arance è solo la punta dell'iceberg in questo universo liquore. Le regioni del Sud Italia sono vere e proprie patrie dei liquori agli agrumi, con il Limoncello che è praticamente un membro della famiglia in molte case. E che dire dell'Aurum, il cui nome evoca ricchezza e antichità tanto da far sognare i poeti, o del Mandarine Napoléon, che ha conquistato anche il cuore dell'Imperatore francese (e forse anche quello di qualche sua amante)?

Ma torniamo al Salento leccese, perché lì non si scherza affatto con i liquori. Oltre all'ambrosia di arance, c'è l'Arancino, che non è solo una specialità siciliana da mangiare, ma anche un liquore da bere! Sì, avete capito bene, qui le arance si bevono e si mangiano senza alcuna distinzione.

E se siete abbastanza coraggiosi da attraversare l'Atlantico, potrete imbattervi nel Curaçao, un liquore che sembra essere nato per fare festa e che ha conquistato il cuore dei giovani e dei meno giovani, tanto che non si può pensare a un party senza la sua presenza colorata e frizzante.

Insomma, l'universo dei liquori agli agrumi è vasto e pieno di sorprese. E se vi state chiedendo se esiste davvero l'ambrosia degli dei, beh, provate un sorso di quella pugliese e credetemi, vi sembrerà di toccare il cielo con un dito!

Il manuale folle delle cime di rapa: guida completa per l'orto pugliese

 

Il manuale folle delle cime di rapa: guida completa per l'orto pugliese

Sei stufo di coltivare gli stessi vecchi pomodori e cetrioli nel tuo orto? Se la risposta è sì, allora è giunto il momento di abbracciare l'epica avventura culinaria delle cime di rapa! Sì, hai letto bene. Dimentica le noiose insalate e immergiti nell'emozionante mondo delle brassicacee, con la nostra guida esplosiva alla coltivazione delle cime di rapa.

Se c'è una cosa che la Puglia sa fare bene, oltre alle spiagge e all'olio d'oliva, sono le cime di rapa. Sì, avete capito bene, quelle verdure che sembrano le cugine un po' stravaganti dei broccoli, e che hanno un posto speciale nei cuori e nei piatti dei pugliesi.

Ma andiamo al dunque. Un documento davvero avvincente, che risale al Paleolitico o giù di lì (ok, forse sto esagerando), conferma l'esistenza di quest'ortaggio nella terra della taranta: la tesi di laurea del dottor Micheli, intitolata con fervore "L’orticoltura in provincia di Lecce", risalente all’anno accademico 1955-56. Sì, avete letto bene. Pare che già all'epoca, tra una lezione e l'altra, il dottor Micheli si desse da fare con le sue cime di rapa.

Ma non finisce qui, amici. Questo ortaggio ha una carriera più solida di molti attori di Hollywood, perché non solo è stato oggetto di studio accademico, ma è anche protagonista di volumi illustri come "Puglia e Basilicata. Primi piatti" della collana "Antiche ricette della tradizione popolare" (edito da Murer nel lontano 2005). Certo, non siamo proprio sulla lista dei bestseller del New York Times, ma almeno ci siamo dentro!

E poi ci sono i libri di cucina. Oh, quanti libri di cucina! "La cucina pugliese in 400 ricette tradizionali" del '94 di Sada, che sembra aver fatto uno studio approfondito sulle varie modalità di preparazione delle cime di rapa. Ci sono stufati, soffritti, con baccalà, e chissà cos'altro! E non dimentichiamoci di Borri, che nel suo "La terra dell’ulivo - Guida Enogastronomica della Puglia" del '93, ha osato definire le orecchiette con le cime di rapa come uno dei piatti più famosi della cucina pugliese. Ecco, sì, ora sì che stiamo parlando!

E poi c'è la perla di saggezza gastronomica del testo "Puglia: dalla terra alla tavola" del '79, che ci svela tutti i segreti per una cottura perfetta delle nostre amate cime di rapa. Dall'importanza di scegliere le migliori (quelle di Modugno, ovviamente) alla delicatezza nel condimento (abbondante olio, pochissimo aceto o limone... ma meglio solo olio, per davvero). Insomma, le cime di rapa sono un'affare serio in Puglia!

Così, mentre il mondo corre dietro alle mode culinarie più improbabili, noi pugliesi possiamo gioire nell'essenza semplice e autentica delle nostre cime di rapa. E chi sa, magari fra qualche anno vedremo una sfilza di ricette gourmet con le nostre amiche verdurine protagoniste. Ma noi, intanto, continueremo a gustarcele come sempre: con tanto amore e olio d'oliva.

Cos'è la cima di rapa?

Immagina una pianta che ha deciso di sfidare le convenzioni orticole. Un incrocio tra un cavolo e un broccolo, con un tocco di ribellione pugliese. Ecco la cima di rapa! Con foglie più grandi del tuo gatto e un gusto che fa svenire persino i cavoli più coriacei, questa verdura è la superstar dell'orto.

Il processo produttivo: un'epica saga agricola

La coltivazione delle cime di rapa è una saga che si snoda attraverso secoli di tradizione agricola pugliese. Le sementi, prodotte sin dai tempi dei nonni dei nostri nonni, sono state tramandate di generazione in generazione. E se le tue radici non risalgono alla Puglia, niente paura! Le aziende agricole si sono avventurate nel selvaggio mondo delle sementi specializzate.

Storia e tradizione: un tuffo nel passato culinario

Le cime di rapa non sono solo un ortaggio; sono una leggenda culinaria. Da tempi immemorabili, queste verdure hanno incantato i palati dei pugliesi e dei non pugliesi allo stesso modo. Dai broccoli di rapa stufati alle rape soffritte, il panorama gastronomico pugliese è ricco di piatti che fanno onore alle umili cime di rapa.

Il clima e il terreno: dove la magia prende vita

Le cime di rapa non sono semplici piante; sono creature che hanno bisogno del giusto ambiente per prosperare. Non amano il freddo, ma neanche il caldo eccessivo. Quindi, se stai pensando di coltivarle sulle Alpi Svizzere, potresti avere qualche problema. E ricorda, un terreno ben drenato è essenziale. Nessuna pozzanghera fermerà la nostra eroica cima di rapa!

Semina o trapianto: l'inizio dell'avventura

È giunto il momento di scegliere: seminare o trapiantare? Se sei un avventuriero nell'animo, opta per la semina diretta. Se preferisci una strada meno tortuosa, affidati al trapianto. Ma sappi che in entrambi i casi, ti aspetta un viaggio indimenticabile.

La coltivazione: una danza con la natura

Una volta che le tue cime di rapa hanno preso radici, è il momento di assistere al loro incredibile sviluppo. Irrigazione, pacciamatura, e zappettatura: sono le mosse fondamentali in questa danza agricola. E ricorda, una buona gestione del terreno è la chiave per una coltivazione di successo.

Malattie e parassiti: gli avversari da sconfiggere

Ma attenzione, ogni eroe ha i suoi nemici. Limacce e altiche possono minacciare la tua coltivazione. Ma non temere! Con un po' di attenzione e cura, potrai sconfiggerli senza problemi.

Raccogliere cime di rapa: il momento dell'abbondanza

Infine, il momento tanto atteso è arrivato: la raccolta. Scegli il momento giusto, afferra le tue forbici da giardino e raccogli le tue cime di rapa con orgoglio. E ricorda, ogni infiorescenza tagliata è il segno di un'avventura culinaria in arrivo.

Con questa guida epica, sei pronto per intraprendere il viaggio delle cime di rapa. Che tu sia un veterano dell'orto o un neofita, preparati a vivere l'avventura più gustosa della tua vita vegetale! Buona fortuna, e che le cime di rapa siano sempre con te!

venerdì 9 febbraio 2024

La Rotazione Agraria: Una Guida Pratica (e Comica)

 

La Rotazione Agraria: Una Guida Pratica (e Comica)

Hai mai sentito parlare della rotazione agraria? No? Beh, non sei solo. È uno di quei concetti che sembra essere più misterioso della formula segreta della Coca-Cola. Ma non temere, perché oggi ci addentreremo nei meandri di questa pratica agricola in modo che tu possa finalmente far finta di saperne qualcosa quando sei seduto al tavolo della cena con la tua famiglia.

Iniziamo con le basi. Cos'è esattamente questa rotazione agraria di cui tutti parlano? Immagina un giro in una giostra al parco divertimenti. Hai capito? No? Bene, allora immagina questo: è come una ruota che gira e gira, ma invece di divertenti cavalli di legno e musica allegro, ci sono semi, animali e molto, molto letame.

Quindi, come funziona questa magia agricola? Semplice. Prendi un pezzo di terra, ci piazzi sopra qualche seme, e poi aspetti. Ma non aspettare troppo a lungo, altrimenti niente di interessante accadrà. È un po' come aspettare che il tuo coinquilino pulisca il bagno – meglio tenere le aspettative basse.

Il trucco sta nel fare in modo che il terreno non si stanchi mai. Immagina di lavorare senza mai prendere una pausa. No, grazie! Quindi, ogni tanto, cambi il tipo di coltura che coltivi. Come fare il cambio d'abito a un matrimonio, ma molto più sporco.

Ah, e non dimentichiamoci del ruolo delle mucche e delle pecore in tutto questo. Sì, hai capito bene. Il segreto per una terra felice è un sacco di cacca di mucca. Chi l'avrebbe mai detto, eh?

Ma c'è di più. Se vuoi davvero fare il grande coltivatore, devi essere un vero mago dell'arte della rotazione agraria. Devi sapere quali piante spossano il terreno più velocemente di una squadra di operai edili in sciopero. Devi capire la profondità delle radici delle piante meglio di un botanico sotto acido.

Insomma, la rotazione agraria è un po' come cucinare una zuppa: devi mescolare gli ingredienti giusti al momento giusto e non dimenticare di aggiungere un po' di pepe (o, nel nostro caso, di letame di mucca).

Quindi, la prossima volta che sentirai qualcuno parlare di rotazione agraria, fai un sorrisetto compiaciuto e annuisci come se avessi appena ricevuto il Premio Nobel per l'Agricoltura. E se qualcuno ti chiederà di spiegarlo, non esitare a tirare fuori questo articolo e a leggerlo con un tono di voce solenne. Potresti anche ottenere qualche risata. O almeno una stretta di mano da parte del contadino locale. Buona fortuna!

Scoperte sciocche nell'agricoltura: Un trattato comico

Ah, l'agricoltura! Un campo così vasto e pieno di segreti che neanche Indiana Jones oserebbe esplorare. Ma ecco qui, cari lettori, ci immergiamo nelle profondità dell'Economia Rustica, il luogo dove le mucche contano più dei contanti e le patate sono più preziose dell'oro.

La scelta del sistema agrario, amici miei, è come decidere quale piatto cucinare quando hai solo un gambo di sedano, un pezzo di formaggio e una carota a disposizione. Lasciate che l'Economia Rustica si prenda carico di questo dilemma esistenziale. Ma non temete, parleremo più diffusamente di questo argomento... beh, in un momento migliore, quando avremo finito di contare le pecore.

Ora, completiamo il trattato con principi generali che fanno sì che l'agricoltura sia un'arte più complessa di quella di fare il moonwalk su un campo di mais.

1. Tutte le piante amano un po' di terriccio nel loro piatto. Ma come una persona con un amore per le patatine fritte, alla fine il terreno diventa spossato e inaridito se non lo nutriamo con cura. Un terreno affamato non produce nulla di buono, tranne forse un cactus triste.

2. Piante come grano e canapa sono come ospiti affamati a un buffet, divorano tutto senza nemmeno guardare negli occhi il terreno. Non siate come loro, abbiate un po' di educazione vegetale!

3. Le piante sono come persone - hanno bisogni diversi e radici diverse. Alcune hanno radici superficiali come un pettegolezzo da salotto, mentre altre hanno radici più profonde di una conversazione sul significato della vita. Abbiamo bisogno di trovare il giusto equilibrio tra gli estroversi e gli introspettivi nel nostro campo.

4. Una rotazione senza sosta è l'obiettivo. Dobbiamo trattare il terreno come un locale notturno e assicurarci che la festa non finisca mai. Mai lasciare il terreno senza nulla da fare, o rischieremo di avere un campo più vuoto di una festa in maschera dove nessuno ha ricevuto l'invito.

5. Ricordate, se prendete dalla terra, dovete anche restituire. È come prendere in prestito il tagliaunghie di qualcuno e non restituirlo mai. La terra non è un bancomat, ragazzi, dategli un po' di rispetto.

6. Il bestiame è il vero MVP dell'agricoltura. Oltre a essere i nostri amici pelosi, sono anche i produttori di quella magica sostanza chiamata letame. Senza di loro, saremmo persi come pecore smarrite in una città senza parchi.

7. Quindi, ricordate di mantenere l'armonia tra il vostro bestiame e le vostre colture. Dategli da mangiare e loro vi daranno indietro il regalo più grande: un sacco di letame.

E così, cari lettori, abbiamo attraversato il mondo dell'agricoltura con la grazia di una mucca su un pattino a rotelle. Ricordate sempre questi saggi consigli quando affrontate il vostro orto o il vostro campo. E ora, mi scuso ma devo andare a insegnare al mio cavolo come fare il moonwalk(*).

(*) Il Moonwalk è una popolare mossa di danza che è diventata famosa principalmente grazie a Michael Jackson. È caratterizzata da un movimento in cui un ballerino sembra muoversi all'indietro mentre in realtà si sposta in avanti, dando l'illusione di camminare sulla Luna. Questo effetto è ottenuto grazie a un particolare movimento dei piedi e delle gambe, combinato con un movimento di slittamento verso dietro. Il Moonwalk è diventato un'icona della cultura pop e una delle mosse di danza più riconoscibili al mondo.

Bibliografia

Luigi Granata, Catechismo Agrario 1841

La cicoria riccia: un capriccio culinario che fa arricciare i baffi

 

La cicoria riccia: un capriccio culinario che fa arricciare i baffi

In un mondo gastronomico sempre più sofisticato, dove i cibi trendy si alternano più velocemente di un gatto impazzito, c'è un'erba umile e modesta che si fa strada tra le foglie di avocado e i frullati di kale: la cicoria riccia.

Ma chi avrebbe mai pensato che una pianta dal nome tanto simpaticamente contorto potesse diventare l'ultima moda nelle cucine più chic? Per svelare i misteri di questa verdura, dobbiamo andare oltre il suo aspetto arruffato e scavare nella sua storia e tradizione.

Conosciuta con nomi altrettanto suggestivi come "cecora rizza" o "cicoriella cresta", la cicoria riccia ha radici profonde nella cultura salentina. Da Mannarini a Garrisi, passando per tutte le nonne del Salento, la sua presenza è stata documentata con tanto amore e dedizione quanto un piatto di pasta al pomodoro.

Ma cosa rende così speciale questa cicoria? Oltre al suo nome esotico e alle sue foglie frastagliate, sembra che abbia un superpotere: il potere di trasformare l'amaro in dolcezza. Sì, avete capito bene. Mentre le altre cicorie si pavoneggiano con il loro sapore amarognolo, la cicoria riccia decide di essere diversa. È come quella persona che arriva alla festa in pigiama e riesce comunque a conquistare tutti con il suo fascino disarmante.

E non è solo una facciata! La cicoria riccia è ricca di proprietà benefiche: depurativa, digestiva e addirittura amica dei diabetici con il suo fruttosio gentile e non invadente. Una sorta di super erba che ti fa sentire meglio dopo averla mangiata, come se ti desse una pacca sulla spalla e ti sussurrasse: "Andrà tutto bene".

Ma come si prepara questa meraviglia della natura? Le possibilità sono infinite. Puoi farne decotti o infusi, oppure godertela in una fresca insalata estiva. Puoi accompagnare le sue foglie arricciate con un filo d'olio extravergine d'oliva, oppure trasformarle in un contorno esotico mescolandole con altre verdure. Insomma, la cicoria riccia è come un'amica versatile che si adatta a tutte le situazioni.

E non dimentichiamoci delle feste! In Puglia, la cicoria riccia è l'ospite d'onore di sagre e festival, dove viene celebrata come la regina indiscussa della cucina locale. Immaginatevi una sagra dedicata interamente alla cicoria riccia: bancarelle piene di foglie frastagliate, profumi di olio d'oliva e risate di contadini che raccontano storie sulle loro coltivazioni. Sì, potrebbe sembrare strano, ma è proprio così che funziona il fascino della cicoria riccia.

Quindi la prossima volta che vi sentite un po' giù di morale, fatevi un piatto di cicoria riccia e lasciate che il suo sapore dolce e le sue proprietà benefiche vi sollevino l'animo. E ricordatevi sempre: nella vita, così come nella cucina, è bello arricciarsi un po'.