sabato 5 ottobre 2024

Intervista al Dottore Agronomo Antonio Bruno: nuova riforma fondiaria

 

Intervista al Dottore Agronomo Antonio Bruno: nuova riforma fondiaria 


Intervistatore: Dottore Bruno, la sua proposta di una nuova riforma fondiaria è decisamente innovativa. Potrebbe spiegare meglio su cosa si basa questa sua visione?

Antonio Bruno: La mia proposta nasce dalla constatazione che, in assenza di una legislazione che sancisca il cibo come un diritto fondamentale, la produzione alimentare è ormai completamente nelle mani della Grande Distribuzione Organizzata, controllata dalla finanza internazionale. Questa, a sua volta, ha l’interesse di procacciare il cibo laddove costa meno, senza badare alle conseguenze sociali, ambientali o economiche per i territori coinvolti. Il punto di partenza è semplice: se continuiamo su questa strada, il cibo sarà unicamente una merce come le altre, governata da logiche di mercato globale che non tengono conto della dignità delle persone e dei lavoratori agricoli.

Intervistatore: Quindi, lei parla di un ritorno all’agricoltura come elemento chiave per la dignità professionale. Tuttavia, ha anche sottolineato come questa tradizione si stia perdendo nelle famiglie, specialmente nel Salento. Perché, secondo lei, si è verificata questa rottura?

Antonio Bruno: Come ha ben detto il mio amico Giovanni Pascali, l’ultima generazione, quella che ha vissuto gli anni del Boom economico, ha spesso scelto di interrompere la tradizione agricola familiare. Questo è avvenuto per diverse ragioni, ma una delle principali è stata la narrazione che dipingeva il lavoro nei campi come fatica, come una professione che privava le persone della dignità. Molti genitori hanno spinto i figli verso altri lavori, lontani dalle campagne, convincendoli che sarebbe stata una vita migliore. Purtroppo, questa decisione ha privato le nuove generazioni della conoscenza tecnica e agronomica che, un tempo, veniva tramandata di padre in figlio.

Intervistatore: E cosa si potrebbe fare per invertire questa tendenza? Come si può riportare i giovani a considerare l'agricoltura come un’opportunità?

Antonio Bruno: Credo che la soluzione stia nel ripensare completamente il ruolo dell'agricoltura all'interno della società. Se l’umanità riconoscesse il cibo come un diritto universale, sarebbe necessario un sistema in grado di garantirlo. Ecco perché propongo una nuova riforma fondiaria basata su un monopolio statale. Questo monopolio si occuperebbe di gestire il paesaggio agricolo attraverso l’esproprio e la redistribuzione delle risorse, con il fine di garantire cibo per tutti. L’agricoltura non sarebbe più una mera attività privata, ma diventerebbe un servizio pubblico, dove lo Stato, attraverso figure professionali adeguatamente remunerate, si farebbe carico della produzione agricola e della sua distribuzione.

Intervistatore: Quindi, secondo lei, il futuro dell’agricoltura passa necessariamente attraverso un monopolio statale? Quali sarebbero i benefici di questa trasformazione?

Antonio Bruno: Assolutamente sì. Se lo Stato gestisse direttamente la produzione e distribuzione del cibo, questo darebbe grande dignità professionale a tutte le persone coinvolte. Ogni lavoratore, a qualsiasi livello di responsabilità, avrebbe un ruolo chiaro e ben definito all’interno di un sistema che non mira al profitto, ma alla soddisfazione di un bisogno primario dell’umanità. Il monopolio statale permetterebbe una gestione più equa delle risorse e garantirebbe che il cibo non sia più una merce soggetta alle speculazioni finanziarie, ma un diritto accessibile a tutti.

Intervistatore: Una proposta molto ambiziosa, non c’è dubbio. Cosa direbbe ai critici che potrebbero obiettare che un sistema simile potrebbe soffocare l’iniziativa privata e la diversità produttiva?

Antonio Bruno: Io non vedo il monopolio statale come un nemico dell’iniziativa privata, ma come un modo per riportare equilibrio in un sistema che ormai ha perso il contatto con la realtà. Non sto dicendo che non ci debba essere spazio per le piccole realtà produttive locali, anzi, queste potrebbero continuare a coesistere, ma il grosso della produzione deve essere gestito da uno Stato che garantisca a tutti accesso al cibo. L’iniziativa privata potrebbe continuare ad esistere in forme complementari, arricchendo il paesaggio agricolo con diversità culturali e produttive, ma sempre sotto l’ombrello protettivo di un sistema che si preoccupa di non lasciare nessuno indietro.

Intervistatore: In conclusione, Dottore, come immagina il futuro dell’agricoltura se la sua proposta venisse adottata su scala globale?

Antonio Bruno: Se la mia proposta venisse adottata, immagino un mondo in cui l’agricoltura torni ad essere considerata un’arte nobile, in cui il lavoro nei campi sia apprezzato e valorizzato. Uno scenario in cui i lavoratori agricoli siano rispettati e adeguatamente remunerati, e dove il cibo venga riconosciuto come un diritto inalienabile di ogni essere umano. In questo futuro, l’agricoltura sarebbe il motore di una società più giusta e sostenibile, in cui le risorse vengono redistribuite equamente e in cui la dignità umana non è sacrificata sull’altare del profitto. Questo è il futuro che spero di vedere.

Intervistatore: La ringrazio molto per il tempo e la chiarezza, Dottore Bruno. Le sue idee sono certamente stimolanti e fanno riflettere su un tema così cruciale come quello dell’alimentazione.

Antonio Bruno: Grazie a voi per l’opportunità di condividere queste riflessioni.

 

Nessun commento:

Posta un commento