Intervista
al Dottore Agronomo Antonio Bruno su come lo Stato debba affrontare i
cambiamenti climatici
Intervistatore: Dottor Bruno, da anni si parla di
crisi e declino del paesaggio rurale nel Sud Italia, ma sembra che gli
interventi non abbiano portato miglioramenti. Qual è la sua visione su quanto
accaduto?
Dott.
Antonio Bruno: Purtroppo,
da oltre sessant’anni, assistiamo a un meccanismo di assistenzialismo che ha
fortemente danneggiato il nostro paesaggio rurale. I proprietari delle terre
hanno percepito fondi pubblici, spesso senza impiegare questi contributi per
migliorare le proprie aziende o generare posti di lavoro per i giovani. Questo
ha portato a una situazione di stallo e progressivo abbandono delle aree
rurali.
Intervistatore: Quindi, secondo lei, i fondi
pubblici non sono stati usati per innovare o migliorare la situazione nelle
campagne?
Dott.
Antonio Bruno:
Esattamente. Quei contributi avrebbero potuto trasformare il settore agricolo,
modernizzando le strutture e creando una base economica sostenibile per le
nuove generazioni. Ma non è stato così. Le aziende agricole restano inadeguate,
incapaci di raggiungere un equilibrio economico autonomo. Questi fondi,
destinati al sostegno e allo sviluppo, sono stati gestiti con una logica di
sopravvivenza, piuttosto che di crescita, portando all’assistenzialismo
cronico.
Intervistatore: Quali sono le conseguenze più gravi
di questo approccio assistenziale?
Dott.
Antonio Bruno: Le
conseguenze sono enormi: il paesaggio rurale è stato abbandonato e, con il
tempo, questa trascuratezza ha influenzato negativamente anche altre attività
economiche. Le terre incolte, la mancata gestione delle risorse idriche e il
degrado del suolo limitano la produttività e minano il potenziale economico di
intere comunità. Inoltre, il cambiamento climatico, con temperature sempre più
elevate e periodi di siccità prolungata, amplifica le difficoltà. Abbiamo visto
quest’estate temperature che hanno superato i 47 gradi, devastando le colture,
le specie boschive e anche le falde acquifere, che diventano sempre più
salinizzate.
Intervistatore: La situazione è davvero critica.
C’è una soluzione?
Dott.
Antonio Bruno: Serve un
cambiamento radicale. Credo che l’agricoltura debba essere gestita dallo Stato.
Gli attuali fondi pubblici che finiscono nelle casse degli imprenditori
agricoli privati potrebbero essere indirizzati verso politiche occupazionali a
beneficio dei giovani. Con un piano di gestione statale, potremmo finanziare
interventi mirati per l’adattamento climatico e incentivare pratiche
sostenibili, come il risparmio e il riuso delle acque. Pensiamo a quanti posti
di lavoro si potrebbero creare per i giovani, impegnandoli nella salvaguardia e
nella valorizzazione del nostro paesaggio.
Intervistatore: In che modo potrebbe lo Stato
intervenire per migliorare la situazione agricola?
Dott.
Antonio Bruno: Lo Stato
potrebbe, ad esempio, guidare progetti di recupero delle acque, attraverso l’uso di acque reflue e meteoriche.
Potrebbe promuovere l’uso di specie agricole più resistenti al caldo e alla
siccità. Abbiamo tecnologie e pratiche efficienti per irrigare e per combattere
il depauperamento della falda, ma non sono sufficientemente implementate. È
essenziale, inoltre, che ci sia una gestione del Paesaggio rurale per
indirizzare la produzione agricola verso colture che siano sostenibili e
resistenti ai cambiamenti climatici.
Intervistatore: E per quanto riguarda l’aspetto
economico e il ritorno occupazionale?
Dott.
Antonio Bruno: Il sistema
attuale ha mostrato che non garantisce posti di lavoro stabili e, spesso,
nemmeno profitti adeguati agli agricoltori. Una gestione pubblica
dell’agricoltura potrebbe portare a un reinvestimento dei fondi in progetti che
assicurino un ritorno sia economico che occupazionale. Se lo Stato gestisse
queste risorse, potrebbero nascere opportunità di formazione e occupazione per
i giovani, riportando vitalità nelle zone rurali e creando un ciclo virtuoso
che faccia crescere tutta l’economia locale.
Intervistatore: Pensa quindi che ci sia l’urgenza
di abbandonare il vecchio modello?
Dott.
Antonio Bruno:
Assolutamente. Questo è il momento di agire: il cambiamento climatico e la
crisi idrica sono campanelli d’allarme che non possiamo ignorare. Continuare a
finanziare un’agricoltura che non investe nel futuro significa perdere
l’opportunità di garantire un ambiente, un paesaggio e un’economia rurale che
siano sostenibili.
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