martedì 29 ottobre 2024

Intervista al Dottore Agronomo Antonio Bruno su come lo Stato debba affrontare i cambiamenti climatici


 

Intervista al Dottore Agronomo Antonio Bruno su come lo Stato debba affrontare i cambiamenti climatici

Intervistatore: Dottor Bruno, da anni si parla di crisi e declino del paesaggio rurale nel Sud Italia, ma sembra che gli interventi non abbiano portato miglioramenti. Qual è la sua visione su quanto accaduto?

Dott. Antonio Bruno: Purtroppo, da oltre sessant’anni, assistiamo a un meccanismo di assistenzialismo che ha fortemente danneggiato il nostro paesaggio rurale. I proprietari delle terre hanno percepito fondi pubblici, spesso senza impiegare questi contributi per migliorare le proprie aziende o generare posti di lavoro per i giovani. Questo ha portato a una situazione di stallo e progressivo abbandono delle aree rurali.

Intervistatore: Quindi, secondo lei, i fondi pubblici non sono stati usati per innovare o migliorare la situazione nelle campagne?

Dott. Antonio Bruno: Esattamente. Quei contributi avrebbero potuto trasformare il settore agricolo, modernizzando le strutture e creando una base economica sostenibile per le nuove generazioni. Ma non è stato così. Le aziende agricole restano inadeguate, incapaci di raggiungere un equilibrio economico autonomo. Questi fondi, destinati al sostegno e allo sviluppo, sono stati gestiti con una logica di sopravvivenza, piuttosto che di crescita, portando all’assistenzialismo cronico.

Intervistatore: Quali sono le conseguenze più gravi di questo approccio assistenziale?

Dott. Antonio Bruno: Le conseguenze sono enormi: il paesaggio rurale è stato abbandonato e, con il tempo, questa trascuratezza ha influenzato negativamente anche altre attività economiche. Le terre incolte, la mancata gestione delle risorse idriche e il degrado del suolo limitano la produttività e minano il potenziale economico di intere comunità. Inoltre, il cambiamento climatico, con temperature sempre più elevate e periodi di siccità prolungata, amplifica le difficoltà. Abbiamo visto quest’estate temperature che hanno superato i 47 gradi, devastando le colture, le specie boschive e anche le falde acquifere, che diventano sempre più salinizzate.

Intervistatore: La situazione è davvero critica. C’è una soluzione?

Dott. Antonio Bruno: Serve un cambiamento radicale. Credo che l’agricoltura debba essere gestita dallo Stato. Gli attuali fondi pubblici che finiscono nelle casse degli imprenditori agricoli privati potrebbero essere indirizzati verso politiche occupazionali a beneficio dei giovani. Con un piano di gestione statale, potremmo finanziare interventi mirati per l’adattamento climatico e incentivare pratiche sostenibili, come il risparmio e il riuso delle acque. Pensiamo a quanti posti di lavoro si potrebbero creare per i giovani, impegnandoli nella salvaguardia e nella valorizzazione del nostro paesaggio.

Intervistatore: In che modo potrebbe lo Stato intervenire per migliorare la situazione agricola?

Dott. Antonio Bruno: Lo Stato potrebbe, ad esempio, guidare progetti di recupero delle acque,  attraverso l’uso di acque reflue e meteoriche. Potrebbe promuovere l’uso di specie agricole più resistenti al caldo e alla siccità. Abbiamo tecnologie e pratiche efficienti per irrigare e per combattere il depauperamento della falda, ma non sono sufficientemente implementate. È essenziale, inoltre, che ci sia una gestione del Paesaggio rurale per indirizzare la produzione agricola verso colture che siano sostenibili e resistenti ai cambiamenti climatici.

Intervistatore: E per quanto riguarda l’aspetto economico e il ritorno occupazionale?

Dott. Antonio Bruno: Il sistema attuale ha mostrato che non garantisce posti di lavoro stabili e, spesso, nemmeno profitti adeguati agli agricoltori. Una gestione pubblica dell’agricoltura potrebbe portare a un reinvestimento dei fondi in progetti che assicurino un ritorno sia economico che occupazionale. Se lo Stato gestisse queste risorse, potrebbero nascere opportunità di formazione e occupazione per i giovani, riportando vitalità nelle zone rurali e creando un ciclo virtuoso che faccia crescere tutta l’economia locale.

Intervistatore: Pensa quindi che ci sia l’urgenza di abbandonare il vecchio modello?

Dott. Antonio Bruno: Assolutamente. Questo è il momento di agire: il cambiamento climatico e la crisi idrica sono campanelli d’allarme che non possiamo ignorare. Continuare a finanziare un’agricoltura che non investe nel futuro significa perdere l’opportunità di garantire un ambiente, un paesaggio e un’economia rurale che siano sostenibili.

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