mercoledì 30 ottobre 2024

Intervista con il dottore agronomo Antonio Bruno sulla crisi agricola e la Xylella in Puglia


 Intervista con il dottore agronomo Antonio Bruno sulla crisi agricola e la Xylella in Puglia

Intervistatore: Dottor Bruno, la citazione di Einstein “Follia è fare sempre la stessa cosa aspettandosi risultati diversi” sembra ben applicarsi alla situazione agricola pugliese e alla crisi dell'olivicoltura colpita dalla Xylella. Da anni lo Stato e l'Unione Europea investono milioni di euro nel settore agricolo, eppure i risultati sono deludenti. Cosa ne pensa?

Dottor Antonio Bruno: È proprio così. In agricoltura abbiamo assistito a un lungo periodo di assistenzialismo che, pur animato da buone intenzioni, ha fallito nel rendere il settore autonomo e sostenibile. I contadini hanno ricevuto sostegni finanziari, ma spesso mancano i mezzi o le competenze per tradurli in innovazione concreta. L’uso di fondi pubblici senza un cambio di paradigma non porta a nulla di duraturo: è come cercare di riempire un secchio bucato. Il problema è strutturale e richiede una soluzione radicale, e la crisi della Xylella in Puglia lo ha reso ancora più evidente.

Intervistatore: A proposito della Xylella, sembra che non si riesca a contenere questa emergenza fitosanitaria. Cosa sta sbagliando il sistema?

Dottor Antonio Bruno: La Xylella è un nemico micidiale, e la mancanza di interventi rapidi e coordinati l’ha resa una piaga per l’olivicoltura pugliese. La disorganizzazione istituzionale e la carenza di investimenti consistenti nella ricerca scientifica hanno permesso al batterio di espandersi senza freni. Come evidenziato dalle amministrazioni locali, dai sindaci e dagli imprenditori della Piana dei Millenari, serve una strategia di contrasto robusta e mirata, che punti alla rigenerazione e alla tutela del patrimonio olivicolo, e che preveda anche il coinvolgimento delle istituzioni europee. Senza un intervento deciso e tempestivo, gli effetti economici e paesaggistici potrebbero essere devastanti. Negli ultimi dieci anni, contadini e imprenditori agricoli non sono riusciti, né come singoli né attraverso le loro associazioni, a risolvere il problema.

Intervistatore: Molti, come Alessandra Testa e l’associazione Amo Puglia, invocano un cambio di rotta e misure urgenti per salvaguardare il paesaggio e il patrimonio olivicolo. Cosa suggerisce?

Dottor Antonio Bruno: Serve un piano di gestione diretta e una collaborazione interistituzionale, con la creazione di un ente pubblico che ripensi il territorio anche in termini di biodiversità, magari incentivando piantagioni diversificate e più resistenti ai patogeni. Non possiamo più fare affidamento esclusivamente sulla monocultura dell’olivo. Il territorio pugliese è unico al mondo, e la sua salvaguardia è una responsabilità nazionale, non solo regionale. Abbiamo bisogno di un ente pubblico a cui affidare le risorse per la ricerca e per sperimentare tecniche di innesto, sovrainnesto e reimpianto con varietà resistenti. La mobilitazione delle associazioni e dei cittadini ci mostra che questa non è solo una crisi agricola, ma anche culturale e identitaria. Il fallimento di contadini e imprenditori agricoli ci spinge a chiedere loro di farsi da parte, lasciando agire chi ha le competenze e i mezzi per farlo.

Intervistatore: Molti sostengono che servano nuovi modelli economici e che lo Stato debba “prendere in mano” il paesaggio agrario. Cosa ne pensa?

Dottor Antonio Bruno: Questa è, a mio avviso, l’unica soluzione praticabile. È giusto che lo Stato o enti regionali abbiano un ruolo di gestione del paesaggio agrario. La soluzione può venire esclusivamente dall’alto, poiché i contadini e gli imprenditori agricoli, dopo trent'anni di Politica Agricola Comune e finanziamenti, non hanno generato né occupazione né ricchezza per il territorio; di conseguenza, ci sono moltissimi terreni incolti. Lo Stato deve sostenere il settore con politiche chiare e con l’assunzione di giovani tecnici agricoli, in grado di sfruttare l’innovazione per garantire la sostenibilità a lungo termine del paesaggio agrario. Perché ciò accada, è necessario istituire un ente statale che gestisca gli incentivi per la formazione professionale e investa in strumenti tecnologici avanzati.

Intervistatore: Siamo alla vigilia di una decisione storica. Quale futuro vede per l’agricoltura pugliese?

Dottor Antonio Bruno: Siamo di fronte a un bivio: continuare a tamponare le emergenze con i contadini e gli imprenditori agricoli o adottare un approccio lungimirante e integrato con un ente statale. La rigenerazione del paesaggio non può prescindere dal coinvolgimento dei giovani, dal sostegno alla ricerca e dallo sviluppo di nuove filiere produttive. O si inizia a investire in soluzioni sostenibili, o il rischio di desertificazione economica e culturale diventerà una realtà. Bisogna agire ora, perché la nostra agricoltura e il nostro patrimonio paesaggistico non sopravvivranno a un’altra generazione di immobilismo.

Fine modulo

 

Nessun commento:

Posta un commento