Intervista con il dottore agronomo Antonio Bruno sulla crisi agricola e la Xylella in Puglia
Intervistatore: Dottor Bruno, la citazione di
Einstein “Follia è fare sempre la stessa cosa aspettandosi risultati diversi”
sembra ben applicarsi alla situazione agricola pugliese e alla crisi
dell'olivicoltura colpita dalla Xylella. Da anni lo Stato e l'Unione Europea
investono milioni di euro nel settore agricolo, eppure i risultati sono
deludenti. Cosa ne pensa?
Dottor Antonio
Bruno: È proprio
così. In agricoltura abbiamo assistito a un lungo periodo di assistenzialismo
che, pur animato da buone intenzioni, ha fallito nel rendere il settore
autonomo e sostenibile. I contadini hanno ricevuto sostegni finanziari, ma
spesso mancano i mezzi o le competenze per tradurli in innovazione concreta.
L’uso di fondi pubblici senza un cambio di paradigma non porta a nulla di
duraturo: è come cercare di riempire un secchio bucato. Il problema è
strutturale e richiede una soluzione radicale, e la crisi della Xylella in
Puglia lo ha reso ancora più evidente.
Intervistatore: A proposito della Xylella, sembra
che non si riesca a contenere questa emergenza fitosanitaria. Cosa sta
sbagliando il sistema?
Dottor
Antonio Bruno: La Xylella
è un nemico micidiale, e la mancanza di interventi rapidi e coordinati l’ha
resa una piaga per l’olivicoltura pugliese. La disorganizzazione istituzionale
e la carenza di investimenti consistenti nella ricerca scientifica hanno
permesso al batterio di espandersi senza freni. Come evidenziato dalle
amministrazioni locali, dai sindaci e dagli imprenditori della Piana dei
Millenari, serve una strategia di contrasto robusta e mirata, che punti alla
rigenerazione e alla tutela del patrimonio olivicolo, e che preveda anche il
coinvolgimento delle istituzioni europee. Senza un intervento deciso e
tempestivo, gli effetti economici e paesaggistici potrebbero essere devastanti.
Negli ultimi dieci anni, contadini e imprenditori agricoli non sono riusciti, né
come singoli né attraverso le loro associazioni, a risolvere il problema.
Intervistatore: Molti, come Alessandra Testa e
l’associazione Amo Puglia, invocano un cambio di rotta e misure urgenti per
salvaguardare il paesaggio e il patrimonio olivicolo. Cosa suggerisce?
Dottor
Antonio Bruno: Serve un
piano di gestione diretta e una collaborazione interistituzionale, con la
creazione di un ente pubblico che ripensi il territorio anche in termini di
biodiversità, magari incentivando piantagioni diversificate e più resistenti ai
patogeni. Non possiamo più fare affidamento esclusivamente sulla monocultura
dell’olivo. Il territorio pugliese è unico al mondo, e la sua salvaguardia è
una responsabilità nazionale, non solo regionale. Abbiamo bisogno di un ente
pubblico a cui affidare le risorse per la ricerca e per sperimentare tecniche
di innesto, sovrainnesto e reimpianto con varietà resistenti. La mobilitazione
delle associazioni e dei cittadini ci mostra che questa non è solo una crisi
agricola, ma anche culturale e identitaria. Il fallimento di contadini e
imprenditori agricoli ci spinge a chiedere loro di farsi da parte, lasciando
agire chi ha le competenze e i mezzi per farlo.
Intervistatore: Molti sostengono che servano nuovi
modelli economici e che lo Stato debba “prendere in mano” il paesaggio agrario.
Cosa ne pensa?
Dottor
Antonio Bruno: Questa è, a
mio avviso, l’unica soluzione praticabile. È giusto che lo Stato o enti
regionali abbiano un ruolo di gestione del paesaggio agrario. La soluzione può
venire esclusivamente dall’alto, poiché i contadini e gli imprenditori
agricoli, dopo trent'anni di Politica Agricola Comune e finanziamenti, non
hanno generato né occupazione né ricchezza per il territorio; di conseguenza,
ci sono moltissimi terreni incolti. Lo Stato deve sostenere il settore con
politiche chiare e con l’assunzione di giovani tecnici agricoli, in grado di
sfruttare l’innovazione per garantire la sostenibilità a lungo termine del
paesaggio agrario. Perché ciò accada, è necessario istituire un ente statale
che gestisca gli incentivi per la formazione professionale e investa in
strumenti tecnologici avanzati.
Intervistatore: Siamo alla vigilia di una decisione
storica. Quale futuro vede per l’agricoltura pugliese?
Dottor
Antonio Bruno: Siamo di
fronte a un bivio: continuare a tamponare le emergenze con i contadini e gli
imprenditori agricoli o adottare un approccio lungimirante e integrato con un
ente statale. La rigenerazione del paesaggio non può prescindere dal
coinvolgimento dei giovani, dal sostegno alla ricerca e dallo sviluppo di nuove
filiere produttive. O si inizia a investire in soluzioni sostenibili, o il
rischio di desertificazione economica e culturale diventerà una realtà. Bisogna
agire ora, perché la nostra agricoltura e il nostro patrimonio paesaggistico
non sopravvivranno a un’altra generazione di immobilismo.
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