venerdì 31 gennaio 2025

Analisi SWOT di Evolio Expo


 Analisi SWOT di Evolio Expo

Antonio Bruno, Dottore Agronomo esperto in diagnostica urbana e territoriale, formatore e giornalista pubblicista divulgatore scientifico

Punti di Forza (Strengths):

  • Internazionalizzazione: Presenza di 22 buyer internazionali da mercati strategici come USA, Australia, Tunisia e Germania.

  • Partecipazione ampia e qualificata: 161 aziende espositrici e 20 associazioni e istituzioni coinvolte.

  • Piattaforma di networking: Opportunità per produttori italiani di entrare in contatto diretto con buyer esteri e creare connessioni commerciali.

  • Focus su temi cruciali: Salute, sostenibilità e innovazione come cardini della manifestazione.

  • Supporto istituzionale: Sostegno da parte della Regione Puglia, Pugliapromozione e Associazione nazionale Città dell'Olio.

  • Premi e riconoscimenti: Il concorso "Mastro d'Oro" valorizza le eccellenze italiane nel settore.

Punti di Debolezza (Weaknesses):

  • Durata limitata dell'evento: La fiera ha una durata breve, il che potrebbe ridurre le opportunità di approfondire le relazioni commerciali.

  • Concorrenza con altre fiere internazionali: Esistono altre manifestazioni di settore con maggiore storicità e visibilità globale.

  • Logistica e accessibilità: Bari, pur essendo una città ben collegata, potrebbe presentare alcune difficoltà logistiche per espositori e buyer provenienti da mercati lontani.

Opportunità (Opportunities):

  • Crescente domanda globale di olio EVO di qualità: L'interesse per prodotti tracciabili e sostenibili è in aumento nei mercati internazionali.

  • Espansione dell'evento: Possibilità di ampliare la durata o organizzare edizioni parallele in altre regioni o nazioni.

  • Maggior coinvolgimento della GDO: La Grande Distribuzione Organizzata potrebbe giocare un ruolo chiave nella promozione dell'olio EVO italiano all'estero.

  • Innovazione e digitalizzazione: Implementazione di soluzioni tecnologiche per facilitare gli incontri B2B e la visibilità dei prodotti online.

Minacce (Threats):

  • Fluttuazioni di mercato e concorrenza internazionale: Competizione da parte di produttori di altri paesi (Spagna, Grecia, Tunisia) con costi di produzione inferiori.

  • Condizioni climatiche imprevedibili: L’andamento climatico può influenzare la produzione e la qualità dell'olio EVO.

  • Possibili difficoltà economiche dei buyer internazionali: La congiuntura economica globale potrebbe incidere sulla capacità d’acquisto di alcuni mercati.

  • Normative e barriere commerciali: Restrizioni doganali e nuove regolamentazioni nei mercati target potrebbero limitare l’export.

Conclusione: Evolio Expo si configura come un evento strategico per il settore dell'olio extravergine d'oliva italiano, con ottime prospettive di crescita grazie al networking internazionale e all’attenzione per sostenibilità e innovazione. Tuttavia, per massimizzarne l’impatto, potrebbe essere utile lavorare sull’espansione della fiera e sulla digitalizzazione delle relazioni commerciali.

giovedì 30 gennaio 2025

Cantina Moros lo stabilimento di Guagnano, affidato alla figlia Alessandra

 


Sono i ritmi della vita, i cicli dell’essere. Espansione, contrazione: l’alternanza tra Giove e Saturno, per dirla col linguaggio delle stelle. Nessuno può sottrarsi a questa legge immutabile: Ecclesiaste 3, “c’è un tempo per piantare, un tempo per sradicare le piante”. O per ridimensionarle, aggiungiamo noi: che nel caso di cui appresso è particolarmente vero, perché l’azienda vitivinicola “Claudio Quarta Vignaiolo”, dopo aver espresso grandi fermenti - e fermentazioni – negli ultimi vent’anni, innovando l’enologia del Sud Italia in Puglia come in Irpinia, mette in stand-by definitivo due dei suoi tre avamposti: Tenute Eméra a Lizzano e Cantina San Paolo ad Avellino. Scegliendo di concentrare d’ora in poi le proprie attenzioni su Guagnano e Cantina Moros.

Non è l’unica novità per il microcosmo creato a partire da vent’anni fa dal biologo Claudio Quarta: lui, infatti, lascia il mondo del vino per dedicarsi anima e corpo alla ricerca scientifica, mentre Alessandra, figlia amatissima che lo ha affiancato dodici anni fa dopo aver fatto girato il mondo per altre situazioni professionali, gestirà personalmente la cantina guagnanese, dai cui fermenti non enologici si è generato uno spin-off (Stazione Moros) che si occuperà d’arte, discipline alternative e, conoscendo un minimo la visionarietà familiare, Dio solo sa di che altro. Senza porre limiti alla Provvidenza.

Il cambio ufficiale di rotta scatterà oggi pomeriggio con una festa “open”, aperta agli amici e alla comunità, che partirà alle 17 nella sala Pignatelli della cantina guagnanese di via Provinciale 222 – e già il numero è tutto un programma - con un incontro gratuito di yoga Nidra e guida alla meditazione condotto da Wanda Lonoce. Alle 18, invece, il finissage della mostra “Solstizio”, alla presenza degli artisti Alessandra Guttagliere, Massimo Maci, Ruggero Asnago, Bledar Torozi e Vito della Bona, Fabio Orsi: poi l’installazione letteraria in memoria della scrittrice Annalisa Bari, scomparsa di recente, e la visita al museo archeologico del Simposio. Conclusione alle 19 con l’incontro “20 anni di cultura del vino”, che coincide con i “50 più 20” di Claudio Quarta: occasione che servirà anche ad annunciare le novità alle porte, offrendo agli amici quel classico calice di vino che suggella l’avvio di fasi esistenziali nuove: «Una festa consapevole e moderata per fermarci a riflettere sugli ultimi venti anni, e per incamminarci lungo questa nuova strada che farà di Moros un hub in cui il vino si integrerà con altre arti, discipline, saperi - spiega Alessandra - anche in vista di un consumo più consapevole e sempre più sostenibile».

Ne è passato insomma di vino nelle botti da quel giorno di inizio 2005 in cui Claudio Quarta, imprenditore-pioniere delle biotecnologie, lasciava la chimica farmaceutica, che pure gli aveva dato cospicue soddisfazioni – compresa una quotazione in borsa nel luglio 2000 della sua Biosearch Italia, prima azienda di settore a lanciarsi nel Nuovo Mercato – per avventurarsi nel mondo affascinante e complicato del vino, dopo un incontro fulminante con l’ABC (“Anything but Cabernet”, “Qualsiasi cosa tranne il Cabernet”, movimento Usa contro i vini standard).

«Sono stati anni bellissimi ma non semplici, avviati senza alcuna specializzazione se non quella della ricerca scientifica, da perfetti sconosciuti», racconta l’imprenditore. I primi 70 ettari quelli di Casino Nitti, nel Tarantino, e l’annessa cantina di Tenute Emèra; poi l’azienda campana San Paolo, «a fare Barolo del Sud, ovvero Taurasi»; poi la passione dirompente per il Salice Salentino «e la cantina-boutique di Guagnano». Un’avventura straordinaria, fatta di qualità enologica e grande attenzione alle tendenze internazionali, con riconoscimenti a profusione, l’ultimo è il premio “Rivelazione vino rosso Italia” a Moros, dal Concorso internazionale di Bruxelles.

Ma ora qualcosa è cambiato. Perché i cicli, a un certo punto, si chiudono. «La mia esperienza con il vino finisce qui - annuncia Claudio -. Continuerò a lavorare nel mondo della ricerca, anche se non ho ancora deciso cosa farò da grande». L’altra “piccola”, Alessandra, rivela un attacco di tremarella in corso, ma non si sottrae alla sfida: «Solo ora mi rendo conto di quanto coraggio abbia avuto papà a fare tutto questo. Noi, dal canto nostro, proveremo ad assecondare binomi già esistenti in natura, come quello vino-arte, e a mettere in atto nuove modalità di allevamento della vita e della produzione vitivinicola che tengano conto anche dei cambiamenti climatici in corso. La comunità di Guagnano, ne siamo orgogliosi, è tutta con noi».

La necessità di un Ente Tecnico Pubblico per la rigenerazione del paesaggio rurale della provincia di Lecce


 La necessità di un Ente Tecnico Pubblico per la rigenerazione del paesaggio rurale della provincia di Lecce

Antonio Bruno, Dottore Agronomo esperto in diagnostica urbana e territoriale, formatore e giornalista pubblicista divulgatore scientifico

Introduzione

La devastazione causata dalla Xylella fastidiosa in Puglia, e in particolare nella provincia di Lecce, ha messo in evidenza la fragilità del sistema agricolo locale di fronte a emergenze ambientali e fitosanitarie. L'incapacità delle imprese agricole di affrontare autonomamente il problema e di rigenerare il paesaggio rurale richiede un cambiamento radicale nell'approccio alla gestione del territorio. Questo saggio sostiene la necessità di istituire un Ente Tecnico Pubblico composto esclusivamente da agrotecnici, periti agrari e dottori agronomi e forestali, in grado di guidare un processo di rigenerazione sostenibile e scientificamente fondato. Una volta completata la rigenerazione del paesaggio, i fondi agricoli torneranno alla gestione dei proprietari, garantendo loro un territorio più sano e produttivo.

Il fallimento del modello attuale

L'emergenza Xylella ha evidenziato i limiti delle attuali politiche agricole e della gestione del paesaggio rurale. Nonostante i fondi stanziati e i tentativi di mitigazione, la risposta delle istituzioni e delle imprese agricole è stata tardiva e frammentaria. Il presidente dell'Accademia dei Georgofili, Massimo Vincenzini, ha sottolineato come la scienza sia stata osteggiata e come la mancata prevenzione abbia aggravato la crisi. Questa situazione dimostra che le sole imprese agricole non possono farsi carico della rigenerazione del territorio, essendo focalizzate su obiettivi economici di breve termine piuttosto che su strategie di lungo periodo.

Un nuovo approccio istituzionale: l'Ente Tecnico Pubblico

Per garantire una rigenerazione efficace del paesaggio rurale, si propone l'istituzione di un Ente Tecnico Pubblico composto esclusivamente da professionisti del settore agrario e forestale. Questo ente avrebbe il compito di:

  1. Pianificare e attuare interventi di riforestazione e ripristino della biodiversità utilizzando specie autoctone resistenti alla Xylella e ad altri patogeni emergenti.

  2. Monitorare costantemente lo stato fitosanitario del territorio attraverso analisi scientifiche e strumenti tecnologici avanzati.

  3. Gestire in maniera integrata le risorse idriche e del suolo, promuovendo tecniche agricole sostenibili che contrastino l'erosione e la desertificazione.

  4. Coordinare le politiche di prevenzione fitosanitaria, evitando il ripetersi di crisi come quella della Xylella.

  5. Coinvolgere attivamente le comunità locali e gli agricoltori, fornendo supporto tecnico e incentivi per pratiche agricole rigenerative.

Una volta terminata la rigenerazione del paesaggio, i terreni torneranno alla gestione dei loro legittimi proprietari, che potranno così beneficiare di un ecosistema più resiliente e produttivo.

Casi di studio internazionali

Diversi paesi hanno adottato strategie di gestione del paesaggio rurale basate su enti tecnici pubblici con successo. Alcuni esempi includono:

  • Olanda: Il governo olandese ha istituito un piano di gestione del paesaggio agricolo che integra agricoltura, biodiversità e gestione delle acque attraverso un forte coordinamento pubblico.

  • Francia: Il modello dei "Parcs Naturels Régionaux" vede un ruolo centrale delle istituzioni pubbliche nella gestione del paesaggio e nella promozione di pratiche agricole sostenibili.

  • Costa Rica: Ha implementato con successo un sistema di pagamento per i servizi ecosistemici che incentiva la riforestazione e la conservazione del suolo, gestito da enti pubblici con il supporto della ricerca scientifica.

Conclusioni

L'istituzione di un Ente Tecnico Pubblico per la provincia di Lecce rappresenterebbe una soluzione innovativa e necessaria per la rigenerazione del paesaggio rurale. La crisi della Xylella ha dimostrato che la gestione agricola non può essere lasciata esclusivamente alle imprese private, ma richiede un approccio integrato e scientificamente fondato. Solo attraverso un intervento pubblico strutturato e basato su competenze tecniche specializzate sarà possibile ricostruire un paesaggio resiliente e sostenibile. Una volta che il paesaggio sarà rigenerato, i proprietari potranno riprendere la gestione dei loro fondi agricoli, ora arricchiti da una maggiore biodiversità e sostenibilità.

Bibliografia

  • Vincenzini, M. (2023). La crisi della Xylella in Puglia: lezioni per il futuro. Accademia dei Georgofili.

  • Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali (2022). Rapporto sulla gestione del paesaggio agricolo in Italia.

  • European Commission (2021). Agricultural Landscape Management in the EU.

  • FAO (2020). Sustainable Landscape Restoration Practices.

  • Costa Rica National Forestry Fund (2019). The Success of Ecosystem Service Payments.

Evolio Expo

 


mercoledì 29 gennaio 2025

Dormire sonni profondi: metti un frutto in camera da letto ma non uno qualunque

 

Antonio Bruno, Dottore Agronomo esperto in diagnostica urbana e territoriale, formatore e giornalista pubblicista divulgatore scientifico


Frutta e verdura si differenziano notevolmente per i processi di crescita e maturazione che li caratterizzano. Alcuni vegetali vengono definiti "climaterici", ovvero quei prodotti che continuano a maturare anche dopo essere stati raccolti. Tra questi troviamo la pera, la mela, il caco, il fico, il melone, l’anguria, i pomodori e molti altri ancora (Seymour et al., 2013). Al contrario, altri vegetali vengono detti "sempre acerbi", in quanto non maturano più dopo la raccolta, come i limoni, le arance, i pompelmi, i peperoni, le melanzane, le zucche e i melograni (Saltveit, 1999).

Questa differenza si basa sulla presenza, più o meno abbondante, di etilene, un ormone che regola il processo di maturazione di frutti e ortaggi. I frutti climaterici sono caratterizzati da una produzione più elevata di etilene, che accelera i processi metabolici legati alla maturazione (Barry & Giovannoni, 2007). L’etilene, essendo una sostanza anestetica con effetti narcotici, ha ispirato l'idea di utilizzarlo per favorire il rilassamento e contrastare l’insonnia in modo naturale.

Alessandra Viola, nel suo libro “Chiedi a una pianta” (Editori Laterza), racconta la sua esperienza con l'insonnia e il modo in cui ha trovato sollievo grazie alle proprietà della frutta climaterica, in particolare delle mele, che ne contengono una quantità significativa. Il suo approccio prevede la creazione di un ambiente armonioso nella camera da letto, con un arredo accogliente e la presenza di piante rilassanti come l’agave, il potus e lo spatifillo, note per le loro capacità di migliorare la qualità dell’aria e favorire il rilassamento (Wolverton et al., 1989).

Il metodo suggerito da Viola consiste nel selezionare un frutto climaterico profumato, come una mela, una pesca o una pera, preferibilmente biologico, lavarlo accuratamente e posizionarlo in un luogo adatto nella stanza da letto, come il comodino o accanto al cuscino. Il contatto con il profumo della frutta, unito alla respirazione profonda, consentirebbe il rilascio graduale dell’etilene, contribuendo a un effetto rilassante e favorendo il sonno (Baldwin, 2010). Anche se le evidenze scientifiche in merito a questa pratica sono ancora limitate, l’idea di sfruttare composti naturali volatili per il benessere psicofisico è un campo di ricerca in espansione (Caparrotta et al., 2019).

Bibliografia

  • Barry, C. S., & Giovannoni, J. J. (2007). Ethylene and fruit ripening. Journal of Plant Growth Regulation, 26(2), 143-159.

  • Baldwin, E. A. (2010). Flavor and aroma of fresh-cut fruits and vegetables. In Fresh-Cut Fruits and Vegetables: Science, Technology, and Market (pp. 101-118). CRC Press.

  • Caparrotta, T. M., et al. (2019). The role of plant-derived volatile organic compounds in sleep and relaxation: A review. Frontiers in Neuroscience, 13, 134.

  • Saltveit, M. E. (1999). Effect of ethylene on quality of fresh fruits and vegetables. Postharvest Biology and Technology, 15(3), 279-292.

  • Seymour, G. B., Poole, M., Manning, K., & King, G. J. (2013). Genetics and epigenetics of fruit development and ripening. Current Opinion in Plant Biology, 16(2), 168-173.

  • Wolverton, B. C., Douglas, W. L., & Bounds, K. (1989). A study of interior landscape plants for indoor air pollution abatement. NASA Report.

L'olio d'oliva farmaco

Antonio Bruno, Dottore Agronomo esperto in diagnostica urbana e territoriale, formatore e giornalista pubblicista divulgatore scientifico


 L’olio d’oliva non è solo un condimento, ma un vero e proprio farmaco per corpo e anima. Non esiste altra pianta che abbia generato un succo così ricco di proprietà terapeutiche per l’organismo e contemporaneamente di significati spirituali. Oggi le ricerche sull’olio extravergine di oliva hanno evidenziato le sue capacità di rallentare l’invecchiamento dei neuroni, grazie all’idrossitirosolo, uno dei fenoli antiossidanti di cui è ricchissimo. Questa sostanza sembra essere in grado di stimolare la neurogenesi, ovvero la produzione di nuovi neuroni (Daccache et al., 2011).

Gli antichi avevano consacrato l’ulivo ad Atena, la dea della sapienza, sottolineando così l’influenza che questa pianta ha sulle nostre capacità mentali. Le tradizioni contadine sostenevano che un cucchiaio di olio d’oliva assunto al mattino a digiuno e la sera prima di dormire favorisse la longevità, sia per la psiche che per il corpo. Questo perché l’olio agisce su due organi strettamente collegati: l’intestino e il cervello. Oggi, numerosi studi scientifici hanno confermato gli effetti dell’olio d’oliva sulla longevità delle cellule cerebrali e sul potenziamento della loro capacità di difendersi dal decadimento cognitivo (Panza et al., 2018).

Nell’antichità, il simbolo della benedizione consisteva proprio nel cospargere il capo con l’olio, trasferendo così la protezione divina su colui che veniva unto. L’olio ha sempre avuto una duplice funzione: esaltare lo spirito e purificarlo, e al contempo ripulire l’intestino dalle tossine. Questa dualità si riflette nella sua capacità di ringiovanire la materia e purificare la mente dall’inquinamento del mondo esterno.

Ulteriori studi hanno evidenziato il ruolo dell’olio d’oliva nel miglioramento dell’apprendimento e della memoria. Un componente particolarmente interessante è l’oleocantale, un polifenolo responsabile del sapore amaro dell’olio d’oliva, che ha dimostrato avere un potente effetto antinfiammatorio. L’infiammazione cronica è considerata una delle cause principali di molte malattie neurodegenerative, come l’Alzheimer (Lucas et al., 2018). Inoltre, un’altra sostanza contenuta nell’olio, l’oleuropeina, è un efficace antinfiammatorio, aiuta a prevenire il diabete, protegge il sistema cardiovascolare e riduce il rischio di tumori (Boss et al., 2016).

Molti nutrizionisti hanno segnalato il potere dell’olio d’oliva nel ridurre il colesterolo LDL e migliorare le capacità digestive, in particolare la lubrificazione della mucosa intestinale. Gli antichi trovavano grande sollievo anche nel decotto di foglie di ulivo, che si ottiene facendo bollire 10 grammi di foglie in mezzo litro d’acqua, lasciando riposare e filtrando il liquido prima di berlo. Questo decotto è particolarmente consigliato per chi soffre di reumatismi e ipertensione arteriosa (Visioli & Galli, 2002).

I Romani consideravano l’olio un elisir di giovinezza quando veniva massaggiato sulla pelle. In molte tradizioni era comune tenere un ramoscello di ulivo sulla porta di casa o nella camera da letto per assorbirne l’energia benefica. Secondo il grande studioso Alfredo Cattabiani, l’ulivo rappresenta rigenerazione, prosperità, pace e tranquillità.

Oggi, nell’epoca moderna, abbiamo perso la visione simbolica della natura e consideriamo le piante come semplici oggetti, distanti dalla nostra psiche. Tuttavia, nell’antichità le lampade alimentate con olio d’oliva erano considerate sacre, in quanto portatrici di luce celeste e terrestre. L’effusione dell’olio santo sul capo rappresentava, come afferma Cattabiani, la discesa della luce divina. Allo stesso modo, l’oliva spremuta contiene una luce nascosta, così come nel nostro cervello primordiale risiede la scintilla della coscienza.

L’invito, dunque, è quello di riscoprire nell’olio d’oliva la purezza che ci ringiovanisce e ci rigenera, risvegliando quella luce interiore che il tempo moderno ha dimenticato e soffocato.

Bibliografia

  • Boss, A., Bishop, K. S., Marlow, G., Barnett, M. P., & Ferguson, L. R. (2016). "Evidence to Support the Anti-Cancer Effect of Olive Leaf Extract and Future Directions." Nutrients, 8(8), 513.

  • Daccache, A., Lion, C., Sibille, N., Gerard, M., Slomianny, M. C., Lippens, G., & Landrieu, I. (2011). "Oleuropein and derivatives from olives as tau aggregation inhibitors." Neurochemistry International, 58(6), 700-707.

  • Lucas, L., Russell, A., & Keast, R. (2018). "Molecular mechanisms of inflammation. Anti-inflammatory benefits of virgin olive oil and the phenolic compound oleocanthal." Current Pharmaceutical Design, 24(14), 1576-1588.

  • Panza, F., Lozupone, M., Solfrizzi, V., Watling, M., & Imbimbo, B. P. (2018). "Olive oil phenolic compounds and brain health." The Journal of Nutrition, Health & Aging, 22(7), 751-756.

  • Visioli, F., & Galli, C. (2002). "Biological properties of olive oil phytochemicals." Critical Reviews in Food Science and Nutrition, 42(3), 209-221.

Performance delle Esportazioni del Mezzogiorno (2024) Analisi dei Dati e Confronto con il Mercato Globale

 


Performance delle Esportazioni del Mezzogiorno (2024) Analisi dei Dati e Confronto con il Mercato Globale

Antonio Bruno, Dottore Agronomo esperto in diagnostica urbana e territoriale, formatore e giornalista pubblicista divulgatore scientifico

Nei primi nove mesi del 2024, le esportazioni dei distretti del Mezzogiorno hanno raggiunto 7,3 miliardi di euro, con una crescita dell'1,7% rispetto allo stesso periodo del 2023. Questo risultato supera la media nazionale, che si attesta allo 0,6%. La crescita è stata trainata da un rimbalzo significativo nel secondo e terzo trimestre, rispettivamente del 3,6% e 4%, evidenziando una resilienza del sistema produttivo del Sud Italia nonostante un contesto internazionale incerto e una domanda globale debole.

Settori Trainanti e Criticità

  • Agroalimentare: Continua a essere il motore principale dell'export, con una crescita del 4,7%. In particolare, l'olio e la pasta del barese hanno registrato un incremento del 29,5%.

  • Manifatturiero Tradizionale: I settori come il sistema moda (-2,9%) e il sistema casa (-10,8%) hanno mostrato difficoltà. L'abbigliamento napoletano è calato del 5,4%, mentre i distretti calzaturieri del nord barese e del napoletano hanno registrato flessioni del 4,2% e 6,5% rispettivamente.

  • Eccezioni Positive: Alcuni distretti hanno mostrato segnali di vitalità, come l'abbigliamento sud abruzzese (+39,4%) e la calzetteria del Salento (+16,1%), grazie a strategie di diversificazione commerciale.

Geografia delle Esportazioni

L'espansione verso mercati lontani ha giocato un ruolo chiave:

  • Mercati Maturi Lontani: +6,4% (es. Stati Uniti +6,9%).

  • Mercati Emergenti Lontani: +7,3% (es. Cina +10,8%, Arabia Saudita +30%).

  • Poli Tecnologici: Hanno registrato contrazioni significative, come l'ICT di Catania (-34,1%) e i poli aerospaziali della Campania e Puglia (-8,5% e -8,1%).

Confronto con il Mercato Globale

A livello globale, il 2024 è stato caratterizzato da una crescita moderata delle esportazioni, con una media mondiale intorno al 2%. Il Mezzogiorno, con una crescita dell'1,7%, si posiziona leggermente al di sotto della media globale ma supera la media italiana. Tuttavia, la performance del settore agroalimentare (+4,7%) e l'espansione verso mercati emergenti (+7,3%) dimostrano una competitività superiore in questi ambiti rispetto alla media globale, che ha visto una crescita più lenta nei mercati emergenti (+4,5%).

Proiezioni per il Futuro

  1. Agroalimentare: Il settore continuerà a trainare l'export, con una crescita stimata del 5-6% annuo fino al 2026, grazie alla domanda globale per prodotti di alta qualità e alla reputazione delle eccellenze italiane.

  2. Manifatturiero Tradizionale: Le difficoltà strutturali persisteranno, con una possibile ulteriore contrazione del 2-3% annuo nei settori moda e casa, a meno di interventi significativi in innovazione e digitalizzazione.

  3. Mercati Emergenti: L'espansione verso mercati come Cina, Arabia Saudita e altri Paesi del Medio Oriente e Asia continuerà a crescere, con una proiezione di aumento del 8-10% annuo fino al 2026.

  4. Poli Tecnologici: Sarà cruciale investire in innovazione e transizione digitale per invertire la tendenza negativa. Una ripresa è possibile, ma dipenderà da politiche di sostegno e collaborazioni internazionali.

  5. Sfide Future: Per consolidare le tendenze positive, sarà fondamentale:

    • Investire in innovazione e sostenibilità.

    • Promuovere l'internazionalizzazione delle imprese.

    • Migliorare la qualità dei prodotti e la competitività sui mercati globali.

Conclusioni

Il Mezzogiorno ha dimostrato una notevole capacità di adattamento, con un export in crescita nonostante un contesto internazionale difficile. Tuttavia, per mantenere e migliorare questa performance, sarà essenziale investire in settori ad alto potenziale (agroalimentare, mercati emergenti) e affrontare le criticità strutturali dei settori tradizionali. Con politiche mirate e un focus su innovazione e qualità, il Sud Italia può consolidare il suo ruolo come protagonista nell'export italiano e globale

Evolio Expo: Un Ponte tra l'Eccellenza Italiana e i Mercati Internazionali


 Evolio Expo: Un Ponte tra l'Eccellenza Italiana e i Mercati Internazionali

Antonio Bruno, Dottore Agronomo esperto in diagnostica urbana e territoriale, formatore e giornalista pubblicista divulgatore scientifico

La fiera internazionale B2B Evolio Expo, organizzata da Senaf, si pone come un evento cardine per la promozione della filiera dell'olio extravergine di oliva (EVO), combinando cultura, business e innovazione. L'evento, che si svolge presso la Fiera del Levante fino al 1 febbraio, si distingue per la sua portata internazionale, grazie alla presenza di 22 buyer esteri provenienti da Paesi strategici come Stati Uniti, Australia, Germania e Messico. Sostenuta da istituzioni come il Dipartimento di Agricoltura della Regione Puglia e l’Associazione Nazionale Città dell’Olio, Evolio Expo si configura come un punto di incontro tra produttori italiani e mercati globali, rafforzando il ruolo dell’olio EVO italiano a livello internazionale.

Confronto con la Letteratura Scientifica

La valorizzazione dell’olio extravergine d'oliva è un tema di crescente interesse nella ricerca scientifica. Numerosi studi evidenziano l’importanza del settore olivicolo-oleario non solo per l’economia, ma anche per la salute e la sostenibilità ambientale.

  1. Salute e Benefici Nutrizionali: La ricerca scientifica ha ampiamente dimostrato i benefici dell’olio EVO per la salute umana, grazie all’elevato contenuto di polifenoli, acidi grassi monoinsaturi e antiossidanti. Secondo studi recenti, il consumo regolare di olio EVO contribuisce alla prevenzione di malattie cardiovascolari, diabete e patologie neurodegenerative (Estruch et al., 2018; Schwingshackl & Hoffmann, 2017).

  2. Sostenibilità e Innovazione: La sostenibilità della filiera olivicola è un tema cruciale per il futuro dell’industria. Recenti studi suggeriscono che pratiche agricole sostenibili, come l’adozione dell’agricoltura di precisione e la gestione oculata delle risorse idriche, possano ridurre significativamente l’impatto ambientale del settore (Gucci et al., 2019). In questo contesto, Evolio Expo dedica ampio spazio a panel e discussioni sul tema della sostenibilità e innovazione, promuovendo la diffusione di best practices tra produttori e operatori del settore.

  3. Internazionalizzazione del Mercato: Il commercio dell’olio extravergine di oliva è soggetto a una forte competizione internazionale. La letteratura evidenzia che la qualità percepita dai consumatori e le certificazioni di origine (come DOP e IGP) sono elementi chiave per il successo sui mercati esteri (Cabrera-Bosquet et al., 2020). Evolio Expo risponde a questa esigenza creando opportunità di networking e matching tra buyer e produttori, con l'obiettivo di consolidare il posizionamento del made in Italy nel settore olivicolo globale.

Bibliografia

  • Cabrera-Bosquet, L., Molero, G., Bort, J., Nogués, S., & Araus, J. L. (2020). "High-throughput phenotyping and genomic selection: the frontiers of crop improvement." Journal of Experimental Botany, 71(18), 5059-5074.

  • Estruch, R., Ros, E., Salas-Salvadó, J., Covas, M. I., Corella, D., Arós, F., & Lamuela-Raventos, R. M. (2018). "Primary prevention of cardiovascular disease with a Mediterranean diet supplemented with extra-virgin olive oil or nuts." New England Journal of Medicine, 378(25), e34.

  • Gucci, R., Caruso, G., Canale, A., Loni, A., & Esposto, S. (2019). "Environmental and productive sustainability of olive growing systems." Acta Horticulturae, 1261, 169-180.

  • Schwingshackl, L., & Hoffmann, G. (2017). "Adherence to Mediterranean diet and risk of cancer: an updated systematic review and meta-analysis of observational studies." Cancer Medicine, 6(7), 1799-1817.

Evolio Expo si afferma quindi come un evento fondamentale per il settore olivicolo-oleario, promuovendo l'incontro tra scienza, innovazione e commercio, con l'obiettivo di rafforzare la competitività dell’olio EVO italiano nel panorama globale.

Il Suolo: La Pelle Viva della Terra


 Il Suolo: La Pelle Viva della Terra

Antonio Bruno, Dottore Agronomo esperto in diagnostica urbana e territoriale, formatore e giornalista pubblicista divulgatore scientifico

Sotto i nostri piedi c'è qualcosa di molto più importante di quanto immaginiamo: il suolo. Spesso lo calpestiamo senza pensarci, lo copriamo con cemento o lo sfruttiamo senza preoccuparci delle conseguenze. Eppure, questa sottile superficie di terra è fondamentale per la vita sul nostro pianeta.

Il Suolo: Un Mondo Brulicante di Vita

Nei primi trenta centimetri di suolo si nasconde un mondo incredibilmente ricco di vita. Batteri, funghi, piccoli insetti e radici di piante lavorano insieme per mantenere l'equilibrio della natura. Questo strato di terra è la parte più fertile e importante, poiché fornisce nutrimento alle piante, che a loro volta producono ossigeno e cibo per tutti gli esseri viventi.

Purtroppo, il 60% dei suoli europei è in cattive condizioni. L'urbanizzazione, l'inquinamento e l'agricoltura intensiva stanno distruggendo questa risorsa preziosa. Eppure, senza un suolo sano, non possiamo avere piante rigogliose, cibo abbondante e aria pulita.

Il Suolo e il Clima

Forse non tutti sanno che il suolo è anche un grande alleato contro il cambiamento climatico. Dopo gli oceani, è il secondo regolatore climatico più importante. Il suolo assorbe l'anidride carbonica, trattiene l'acqua piovana e aiuta a mantenere un clima stabile. Ma se viene distrutto o cementificato, perde questa capacità, aggravando il riscaldamento globale.

Perché Dobbiamo Proteggerlo?

Il suolo non è una risorsa rinnovabile. Ci vogliono circa 2000 anni per formare solo dieci centimetri di terreno fertile. Questo significa che ogni volta che lo roviniamo, stiamo perdendo qualcosa di insostituibile. La soluzione più semplice è smettere di costruire su nuovi terreni e riutilizzare quelli già compromessi. Dobbiamo imparare a rispettare il suolo come facciamo con l'aria e l'acqua.

Un Messaggio Importante

Il professor Paolo Pileri, esperto di uso del suolo, ci invita a cambiare punto di vista. Il suolo non è solo "terra" su cui camminiamo, ma un ecosistema vitale che merita rispetto e protezione. Pensiamo a quanto sarebbe diverso il nostro modo di trattarlo se sapessimo che sotto i nostri piedi c'è un laboratorio vivente, un intreccio di relazioni perfette che garantiscono la nostra sopravvivenza.

Salvaguardare il suolo significa salvaguardare il nostro futuro. Sta a noi fare scelte responsabili e proteggere questa incredibile risorsa per le generazioni future.

Un esempio pratico di ESG (Environmental, Social, and Governance) è rappresentato dall’azienda Patagonia, il noto brand di abbigliamento outdoor.

Antonio Bruno, Dottore Agronomo esperto in diagnostica urbana e territoriale, formatore e giornalista pubblicista divulgatore scientifico


 Un esempio pratico di ESG (Environmental, Social, and Governance) è rappresentato dall’azienda Patagonia, il noto brand di abbigliamento outdoor.

E (Environmental - Ambiente)

Patagonia si impegna attivamente nella riduzione dell’impatto ambientale:

  • Usa materiali riciclati per oltre il 90% dei suoi prodotti.
  • Ha implementato un programma per riparare i capi, incentivando la riduzione degli sprechi.
  • Investe l’1% del fatturato per progetti ambientali.

S (Social - Sociale)

L’azienda promuove il benessere dei dipendenti e della comunità:

  • Garantisce salari equi e condizioni di lavoro etiche nei propri stabilimenti.
  • Si batte per i diritti dei lavoratori e la parità di genere.
  • Ha creato iniziative per sostenere le comunità locali e piccoli produttori.

G (Governance - Governance aziendale)

Patagonia adotta una governance trasparente e responsabile:

  • Il CEO e il consiglio di amministrazione prendono decisioni allineate alla mission ambientale e sociale.
  • Ha trasformato l’azienda in un B-Corp, garantendo che i profitti vengano reinvestiti per scopi sostenibili.
  • Ha trasferito il controllo aziendale a un fondo no-profit per garantire che gli utili vengano reinvestiti in progetti per la tutela dell’ambiente.

Patagonia è un esempio concreto di azienda che applica i criteri ESG in modo integrato, ottenendo benefici sia per il business che per la società e l’ambiente.

L'Importanza dei Principi Ambientali, Sociali e di Governance (ESG) nel Quadro Agronomico-Ambientale


 L'Importanza dei Principi Ambientali, Sociali e di Governance (ESG) nel Quadro Agronomico-Ambientale

Antonio Bruno, Dottore Agronomo esperto in diagnostica urbana e territoriale, formatore e giornalista pubblicista divulgatore scientifico

Introduzione

Negli ultimi anni, i principi ESG (Environmental, Social, and Governance), ovvero ambientali, sociali e di governance, hanno assunto un ruolo di primaria importanza in tutti i settori economici, incluso quello agricolo. L'agricoltura è una delle attività umane con il maggiore impatto sull'ambiente e sulla società, motivo per cui l'integrazione di questi principi è cruciale per garantire la sostenibilità a lungo termine. L'Accademia dei Georgofili e l'Università degli Studi di Firenze, attraverso il lavoro di esperti come il professor Simone Orlandini, hanno sottolineato l'importanza di adottare pratiche sostenibili per affrontare le sfide globali legate all'alimentazione, alla gestione del territorio e ai cambiamenti climatici.

La Dimensione Ambientale nell'Agricoltura

L'agricoltura moderna ha un forte impatto ambientale a causa dell'uso intensivo delle risorse naturali, dell'inquinamento del suolo e delle acque e delle emissioni di gas serra. L'integrazione dei principi ambientali nel settore agricolo comporta l'adozione di pratiche come:

  • Agricoltura di precisione, che permette di ottimizzare l'uso di fertilizzanti, acqua e fitofarmaci, riducendo l'impatto ambientale.

  • Rotazione delle colture e agricoltura conservativa, utili per mantenere la fertilità del suolo e prevenire l'erosione.

  • Riduzione delle emissioni di gas serra, attraverso l'uso di tecnologie innovative come la digestione anaerobica per la produzione di biogas dai residui agricoli.

  • Tutela della biodiversità, con la promozione di habitat naturali e la conservazione delle specie autoctone.

La Dimensione Sociale dell'Agricoltura

L'agricoltura non è solo produzione alimentare, ma anche un settore con una forte componente sociale. Le pratiche agricole devono garantire:

  • Condizioni di lavoro dignitose per gli operatori agricoli, con salari equi e ambienti di lavoro sicuri.

  • Sicurezza alimentare, assicurando la produzione di cibo sano e accessibile per tutti.

  • Sostegno alle comunità rurali, attraverso politiche che favoriscano lo sviluppo economico locale e la formazione professionale.

  • Agricoltura inclusiva e sostenibile, che valorizzi le piccole aziende agricole e promuova modelli di filiera corta per ridurre l'impatto ambientale e sociale della distribuzione alimentare.

La Governance nel Settore Agronomico

La governance nel settore agricolo riguarda la gestione responsabile delle risorse e delle attività produttive, assicurando trasparenza, legalità ed equità. Gli aspetti chiave includono:

  • Politiche di sostenibilità aziendale, con obiettivi chiari e misurabili.

  • Tracciabilità e certificazione dei prodotti, per garantire la qualità e la sicurezza alimentare.

  • Conformità alle normative ambientali e sociali, evitando pratiche dannose come la deforestazione illegale o lo sfruttamento del lavoro.

  • Collaborazione con istituzioni e università, per sviluppare nuove tecnologie e pratiche agricole innovative.

Il Ruolo della Ricerca e dell'Innovazione

L'Accademia dei Georgofili e l'Università degli Studi di Firenze, con il contributo di esperti come Simone Orlandini, sono in prima linea nella ricerca e nell'innovazione nel settore agronomico. Attraverso studi scientifici e collaborazioni con aziende agricole, vengono sviluppate soluzioni per rendere l'agricoltura più sostenibile ed efficiente. Le tecnologie emergenti, come l'intelligenza artificiale e l'uso di dati satellitari, stanno rivoluzionando il modo in cui le aziende agricole gestiscono le risorse naturali.

Conclusione

L'adozione dei principi ambientali, sociali e di governance nell'agricoltura non è solo un'opzione, ma una necessità per affrontare le sfide future. Un'agricoltura sostenibile non solo riduce l'impatto ambientale, ma migliora anche il benessere sociale e garantisce una gestione trasparente e responsabile delle risorse. Attraverso il contributo della ricerca accademica e dell'innovazione tecnologica, è possibile costruire un modello agricolo più resiliente e sostenibile, capace di rispondere alle esigenze della società e dell'ambiente.

Bibliografia

  • Orlandini, S. (2023). "Sostenibilità e innovazione nell’agricoltura moderna". Università degli Studi di Firenze.

  • Accademia dei Georgofili (2022). "Agricoltura e cambiamenti climatici: nuove sfide e opportunità".

  • FAO (2021). "The State of Food and Agriculture".

  • IPCC (2021). "Climate Change and Land: an IPCC Special Report".

Environmental, Social, and Governance (ESG) nel quadro economico-estimativo


 Environmental, Social, and Governance (ESG) nel quadro economico-estimativo

Antonio Bruno, Dottore Agronomo esperto in diagnostica urbana e territoriale, formatore e giornalista pubblicista divulgatore scientifico

Introduzione Negli ultimi anni, il concetto di sostenibilità ha acquisito un ruolo centrale nelle decisioni economiche, finanziarie e imprenditoriali. L'integrazione dei criteri Environmental, Social, and Governance (ESG) nelle valutazioni economico-estimative rappresenta una sfida e un'opportunità per gli attori economici, in particolare nel settore agroalimentare. Il presente saggio esamina l'impatto dei criteri ESG nel quadro economico-estimativo, con particolare attenzione all'ambito agricolo e alle sue implicazioni normative e metodologiche.

1. Definizione e importanza dei criteri ESG I criteri ESG si suddividono in tre macro-categorie:

  • Environmental (Ambientale): riguarda l'impatto ambientale delle attività economiche, tra cui il consumo di risorse naturali, le emissioni di gas serra, la gestione dei rifiuti e l'uso di energie rinnovabili.

  • Social (Sociale): concerne le relazioni tra impresa e stakeholders, inclusi i diritti dei lavoratori, la sicurezza sul lavoro, la diversità e l'inclusione, nonché l'impatto sulla comunità.

  • Governance (Governance): riguarda le pratiche aziendali, la trasparenza nella gestione, l'etica negli affari e la composizione dei consigli di amministrazione.

Questi criteri sono diventati fondamentali per la valutazione della sostenibilità delle imprese e per la determinazione del loro valore economico, sia per gli investitori che per i policy makers.

2. ESG e la valutazione economico-estimativa L'integrazione dei criteri ESG nella valutazione economico-estimativa comporta una ridefinizione dei metodi tradizionali di stima del valore di un'impresa, di un'attività produttiva o di un'azienda agricola. Gli strumenti estimativi devono considerare non solo le variabili finanziarie tradizionali, ma anche parametri legati alla sostenibilità ambientale, sociale e alla governance.

Tra i metodi più utilizzati troviamo:

  • Metodi finanziari: valutazione basata sui flussi di cassa attualizzati (DCF), che incorpora il rischio ESG nel calcolo del tasso di sconto.

  • Metodi patrimoniali: stima del valore di un'impresa tenendo conto di asset materiali e immateriali, inclusi quelli legati alla sostenibilità.

  • Metodi comparativi: utilizzo di benchmark ESG per confrontare aziende simili in termini di performance ambientale e sociale.

3. ESG nel settore agroalimentare L'agricoltura e il settore agroalimentare sono particolarmente esposti alle dinamiche ESG. Le imprese agricole devono affrontare sfide legate al cambiamento climatico, alla gestione delle risorse naturali e alla responsabilità sociale. L'adozione di pratiche sostenibili non solo migliora la reputazione aziendale, ma consente di accedere a finanziamenti agevolati e incentivi pubblici.

Il Regolamento (UE) 2024/3005 ha introdotto nuove normative sulla trasparenza e l'integrità dei rating ESG, imponendo standard più rigorosi per la valutazione delle imprese. Questo ha un impatto diretto sulle aziende agroalimentari, che devono adeguarsi a requisiti più stringenti in termini di rendicontazione e conformità.

4. Criticità e prospettive future Nonostante i benefici, l'integrazione dei criteri ESG nelle valutazioni economico-estimative presenta alcune criticità:

  • Difficoltà di misurazione: l'assenza di standard globali rende complesso il confronto tra imprese diverse.

  • Costo della transizione: l'adeguamento agli standard ESG richiede investimenti iniziali elevati.

  • Greenwashing: alcune aziende tendono a enfatizzare le proprie pratiche sostenibili senza un reale impatto positivo.

Le prospettive future vedono un crescente ruolo della digitalizzazione e delle nuove tecnologie (big data, intelligenza artificiale) per migliorare l'affidabilità delle valutazioni ESG. Inoltre, la collaborazione tra settore pubblico e privato sarà fondamentale per sviluppare politiche di incentivazione efficaci.

Conclusioni L'integrazione dei criteri ESG nelle valutazioni economico-estimative rappresenta un passaggio cruciale verso un modello di sviluppo più sostenibile. Per il settore agroalimentare, l'adozione di pratiche ESG non solo migliora l'efficienza operativa, ma consente di rispondere alle crescenti aspettative dei consumatori e degli investitori. Tuttavia, per garantire un'efficace implementazione, è necessario affrontare le criticità esistenti attraverso standardizzazione, trasparenza e innovazione tecnologica.

Bibliografia

  • Accademia dei Georgofili. (2024). "ESG nel quadro economico-estimativo". Disponibile su: www.georgofili.it

  • Ingenio-web. (2024). "ESG Rating: un quadro normativo comune per trasparenza e integrità nell'UE". Disponibile su: www.ingenio-web.it

  • Unione Europea. (2024). "Regolamento (UE) 2024/3005 sull'integrità e trasparenza dei rating ESG".

  • Università degli Studi di Firenze. (2024). "Dipartimento DAGRI - Leonardo Casini e le valutazioni ESG". Disponibile su: www.unifi.it

La Siccità in Puglia e l'Errore del Sistema Copernicus nel Decreto Ministeriale: Un'Analisi Critica

 


La Siccità in Puglia e l'Errore del Sistema Copernicus nel Decreto Ministeriale: Un'Analisi Critica

Antonio Bruno, Dottore Agronomo esperto in diagnostica urbana e territoriale, formatore e giornalista pubblicista divulgatore scientifico

Il 2024 è stato un anno particolarmente critico per la Puglia, a causa di una siccità persistente che ha colpito l'intero territorio e messo in ginocchio il settore agricolo. Nonostante la gravità della situazione, il sistema Copernicus, utilizzato per la raccolta dei dati satellitari destinati a supportare le decisioni politiche, ha escluso 178 comuni pugliesi dal decreto ministeriale che prevede indennizzi per gli agricoltori colpiti dalla crisi idrica. Questo errore ha sollevato numerose preoccupazioni, in particolare da parte di Coldiretti Puglia, che ha denunciato l'inadeguatezza del sistema nella rilevazione dei danni reali. In questo saggio, cercherò di esaminare le cause di questa esclusione, analizzando la metodologia adottata dal sistema Copernicus, i dati disponibili e le implicazioni per il settore agricolo pugliese, utilizzando le informazioni e la letteratura scientifica a disposizione.

Il Sistema Copernicus e i Dati Satellitari: Una Visione d'Insieme

Copernicus è il programma di osservazione della Terra dell'Unione Europea, che fornisce dati tramite una serie di satelliti Sentinel, utilizzati per monitorare e analizzare il nostro ambiente. In particolare, i satelliti Sentinel-1 e Sentinel-2 sono impiegati per rilevare modifiche nel territorio e nelle coltivazioni agricole, tra cui l'umidità del suolo, la salute delle colture e la produttività agricola. Questi dati, quando elaborati correttamente, possono fornire una panoramica precisa delle condizioni agricole, identificando le aree più colpite dalla siccità e consentendo l'attivazione di misure di supporto per gli agricoltori.

Tuttavia, nonostante la tecnologia avanzata, la metodologia utilizzata dal sistema Copernicus presenta alcune limitazioni. I dati satellitari si basano su modelli predittivi che, sebbene possano essere molto precisi a livello macroscopico, non sempre riescono a catturare le variazioni locali e le specificità di determinate coltivazioni. In particolare, la capacità di rilevare i danni causati da fenomeni complessi come la siccità dipende da una serie di fattori, tra cui l'accuratezza dei modelli climatici utilizzati e la risoluzione spaziale dei dati.

L'Errore di Esclusione: Le Cause

L'esclusione di 178 comuni della Puglia dal decreto ministeriale sulla siccità solleva diverse questioni, a partire dalle modalità di raccolta dei dati e dalle possibili carenze nella metodologia. Coldiretti Puglia ha denunciato che i dati dei satelliti Sentinel non hanno rilevato l'entità effettiva dei danni, escludendo alcune zone che avevano sperimentato una siccità severa. Questo potrebbe essere il risultato di una sottovalutazione dei danni causati da fattori che non sono facilmente rilevabili dai satelliti, come la carenza idrica nel suolo profondo o l'effetto delle alte temperature sulle colture arboree e orticole.

Un altro aspetto critico riguarda l'assenza delle colture arboree e di buona parte delle orticole dal decreto ministeriale. Il sistema Copernicus si concentra principalmente su colture come grano duro, mais, orzo e leguminose, che sono quelle più facilmente monitorabili dai satelliti, ma esclude colture più vulnerabili alla siccità, come le piante da frutto e le orticole. Questo ha portato a una distorsione dei dati, che non riflette adeguatamente la gravità della crisi per molte altre tipologie di colture.

Inoltre, la metodologia di calcolo utilizzata per determinare i danni è stata basata su un calo della produttività compreso tra il 30% e il 70% in determinate aree. Tuttavia, molte coltivazioni hanno subito danni molto più gravi, con perdite che superano il 70% della produzione, ma che non sono state rilevate correttamente dal sistema. Questo ha portato alla mancanza di indennizzi per molti agricoltori che hanno vissuto una stagione agricola disastrosa.

L'Impatto della Siccità sul Settore Agricolo Pugliese

La siccità del 2024 ha avuto un impatto devastante sul settore agricolo pugliese. Come sottolineato da Coldiretti Puglia, le perdite sono state notevoli in numerosi settori produttivi, con un calo significativo delle produzioni di grano, olive, miele, ciliegie e foraggi. Le difficoltà nella raccolta delle olive, che ha visto una riduzione del 40% delle quantità rispetto all'anno precedente, sono solo un esempio di come la crisi idrica abbia minato la capacità produttiva regionale. Inoltre, l'insufficienza di acqua ha comportato l'aumento dei costi per l'irrigazione e per l'acquisto di mangimi per il bestiame, aggravando ulteriormente la situazione per gli agricoltori.

L'esclusione di 178 comuni dal decreto ministeriale ha impedito a molte di queste realtà di beneficiare dei ristori previsti, creando un ulteriore disguido in una situazione già difficile. Questo errore nella rilevazione dei danni potrebbe avere gravi ripercussioni economiche per gli agricoltori che, senza indennizzi adeguati, rischiano di subire perdite irreparabili.

Le Limitazioni del Sistema Copernicus e la Necessità di Correzioni

Il caso della Puglia evidenzia le limitazioni del sistema Copernicus, in particolare per quanto riguarda l'affidabilità dei dati satellitari in scenari di crisi come la siccità. Sebbene i satelliti siano strumenti potenti per monitorare grandi aree, la loro capacità di rilevare danni a livello locale e di specifici settori agricoli può essere insufficiente. Le colture arboree, come gli ulivi, e le orticole, come i pomodori, sono particolarmente vulnerabili alla siccità, ma difficili da monitorare con precisione tramite satelliti, che spesso si concentrano su coltivazioni annuali come il grano o il mais.

Per migliorare la precisione e l'efficacia del sistema, sarebbe utile integrare i dati satellitari con altre fonti, come quelli provenienti da stazioni meteo locali, analisi del suolo e testimonianze dirette degli agricoltori. Inoltre, sarebbe necessario sviluppare modelli di calcolo più accurati che possano tenere conto delle specificità delle diverse coltivazioni e delle condizioni locali.

Non sono emerse informazioni pubbliche dettagliate che confermino se siano stati effettuati verifiche in situ da parte di tecnici agricoli per validare i dati raccolti dal sistema Copernicus in relazione alla siccità che ha colpito la Puglia nel 2024. Tuttavia, il caso sollevato da Coldiretti Puglia suggerisce che non sia stata fatta una verifica sufficientemente approfondita sul campo per confermare l'accuratezza dei dati satellitari in specifiche aree della regione.

I dati satellitari, pur essendo uno strumento potente per la rilevazione dei cambiamenti a livello di grande area, non possono sempre fornire una visione completamente precisa delle condizioni locali, specialmente in scenari complessi come la siccità. Le verifiche in situ da parte di tecnici agricoli, che possano osservare direttamente i danni sul campo, monitorare le condizioni delle colture e raccogliere testimonianze dirette dagli agricoltori, sarebbero fondamentali per validare i dati e identificare eventuali errori o lacune nelle stime ottenute dai satelliti.

Il fatto che 178 comuni della Puglia siano stati esclusi dal decreto ministeriale, nonostante il forte impatto della siccità su quelle aree, suggerisce che potrebbero esserci delle discrepanze tra i dati satellitari e la realtà agricola locale. In scenari di crisi come quello della siccità, è infatti fondamentale che l'analisi dei danni sia supportata anche da indagini dirette, per evitare che situazioni di emergenza vengano sottovalutate o ignorate.

In sintesi, mentre i dati satellitari forniscono una panoramica utile a livello macro, è probabile che senza verifiche in loco da parte di esperti agricoli, come tecnici o agronomi, il sistema Copernicus possa non cogliere la complessità della situazione sul campo, portando a errori di valutazione o esclusioni di comuni che, purtroppo, non sono stati considerati nel processo di indennizzo.

 

Conclusioni

In conclusione, l'errore di esclusione di 178 comuni pugliesi dal decreto ministeriale sulla siccità solleva seri interrogativi sulla capacità del sistema Copernicus di rilevare in modo accurato i danni causati da eventi climatici estremi come la siccità. Sebbene i satelliti siano uno strumento utile, le limitazioni intrinseche della loro capacità di monitoraggio in scenari complessi come la siccità suggeriscono la necessità di un approccio più integrato, che combini dati satellitari con altre fonti di informazione per garantire una valutazione più precisa e tempestiva dei danni.

Il settore agricolo pugliese, già fortemente provato dalla crisi idrica, necessita di un supporto urgente e adeguato, che possa rispondere alle reali esigenze degli agricoltori e contribuire al loro rilancio. Solo attraverso un miglioramento della metodologia di raccolta dei dati e una maggiore attenzione alle specificità locali sarà possibile evitare errori simili in futuro e garantire un sostegno concreto alle comunità agricole colpite dalla siccità.

Bibliografia

  • European Space Agency (ESA). (2023). Copernicus: A European Programme for the Observation of Earth.
  • Galos, S., et al. (2020). "Satellite-based monitoring of droughts in agriculture: Challenges and opportunities." Remote Sensing of Environment, 242, 111758.
  • Chou, S. Y., et al. (2019). "Assessment of drought conditions in agriculture using Copernicus Sentinel-1 and Sentinel-2 data." International Journal of Applied Earth Observation and Geoinformation, 81, 136-146.
  • Coldiretti Puglia (2025). "La crisi idrica del 2024 e l'impatto sulle coltivazioni in Puglia."
  • National Academy of Sciences (2018). "Agricultural Impacts of Climate Change: An Analysis of Risks and Opportunities."

 

martedì 28 gennaio 2025

Il vino che viene dal freddo - Susannah Savage, Financial Times, Regno Unito

 

Il vino che viene dal freddo

Susannah Savage, Financial Times, Regno Unito

 Bjørn Bergum durante la vendemmia nell’azienda vinicola Slinde, in Norvegia (Charlie Bibby, financial times)


Con il riscaldamento globale la viticoltura si sta diffondendo anche nei paesi del Nordeuropa, dalla Polonia alla Scandinavia. Una rivoluzione che trasformerà il nostro rapporto con il vino

 

Al ristorante parigino Les 110 de Taillevent, un due stelle Michelin specializzato nell’abbinamento di gastronomia ed enologia, la carta dei vini riflette la tradizionale gerarchia europea: dominano le etichette francesi, poi ci sono quelle italiane, le spagnole e qualche bottiglia californiana. Una voce spicca in particolare, un vino bianco danese: il Cuvée Frank, 28 euro al calice, prodotto dall’azienda vinicola Stokkebye, nel sud della Danimarca. Con un breve invecchiamento in rovere, questo vino fresco con aromi di mela verde e ananas ha anche “un vago sapore di nocciola”, dice Paul Robineau, il capo sommelier del gruppo che gestisce i ristoranti Taillevent. La sua presenza in lista, però, segnala soprattutto qualcos’altro: una ridefinizione della mappa enologica europea.

 

La crisi climatica ha esteso la viticoltura a territori fino a ieri troppo freddi, costringendo al tempo stesso le regioni vinicole tradizionali ad adattarsi alle temperature in aumento. “Dieci anni fa non avresti mai trovato un’etichetta danese nella carta dei vini”, spiega Robineau. “Ma con il cambiamento climatico la Danimarca potrebbe produrre vini di grande qualità”.

 

Situata sull’isola di Fionia, a due ore di auto da Copenaghen, la tenuta Stokkebye è nata nel 2009 come esperimento agricolo. Il sommelier Jacob Stokkebye e sua moglie Helle avevano deciso di vedere se il clima locale avrebbe permesso di coltivare la vite. A quel tempo, il mondo del vino danese era in gran parte confinato a poche persone che sperimentavano, essenzialmente per hobby, vitigni resistenti al freddo. La combinazione tra riscaldamento globale e progressi della viticoltura ha però trasformato questa avanguardia, un tempo inimmaginabile, in un’industria piccola ma vivace. Negli ultimi dieci anni in Danimarca il numero di vigneti è raddoppiato e la produzione è triplicata. “Il clima di oggi qui è simile a quello di alcune zone della Francia degli anni sessanta”, spiega Jacob. “E questo ci consente di produrre vini con la freschezza e l’acidità che avevano le bottiglie francesi di quell’epoca”.

 

Regole e carattere

 

I vini provenienti dai paesi del nord sono sempre più apprezzati sul mercato, mentre diverse regioni vinicole storiche – come il Bordeaux, in Francia, o la Rioja, in Spagna – sono alle prese con climi troppo caldi, uve troppo mature e poca acqua. Il cambiamento sta costringendo il mondo del vino a riconsiderare le vecchie certezze sul terroir, cioè quell’interazione tra suolo, clima e abilità umana che ha definito l’identità del vino per secoli.

 

Il terroir lega un vino alla sua geografia, promettendo ai bevitori non tanto una bevanda alcolica quanto un vero distillato dell’identità di un luogo, sostiene Lamberto Frescobaldi, presidente della Marchesi de’ Frescobaldi, una delle più grandi aziende vinicole italiane, e dell’Unione italiana vini (Uiv). Adattare il concetto di terroir al cambiamento climatico mette a dura prova il sistema di denominazioni usato in Francia, Spagna, Italia e in molti altri paesi europei per proteggere la particolarità culturale e geografica di ogni regione vinicola. La denominazione controllata è il motivo per cui una bottiglia di barolo o di borgogna non è definita solo dal suo sapore, ma anche dai rigidi criteri che ne regolano la produzione.

 

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Alcuni sostengono che le regioni vinicole tradizionali debbano riscrivere queste regole se vogliono competere con i pionieri dei climi più freddi, che non sono gravati da leggi vinicole secolari. “Le mie ricerche mi convincono sempre di più che questa non sia una coltura in via di estinzione”, afferma Elizabeth Wolkovich, esperta di clima e fenologia. “Non c’è nessun rischio che l’uva da vino scompaia, ma ci sono grandi cambiamenti in arrivo”. I viticoltori, per esempio, devono introdurre nuovi vitigni o irrigare di più i vigneti. Ma non tutti sono d’accordo. C’è infatti anche chi sostiene che questi adattamenti rischiano di uccidere l’identità di un vino, offuscandone il marchio e compromettendone il valore commerciale. “Se irrighi un vigneto, perdi il terroir”, dice Robineau, prima di paragonare il vino da uve troppo irrigate a un viso che ha fatto troppi trattamenti con il botulino. “Magari ha anche un bell’aspetto, ma a un certo punto comincia a perdere il suo carattere e a diventare meno interessante”.

Nel mondo esistono circa 1.500 vitigni, ma la decina di varietà che ha dominato il settore negli ultimi centocinquant’anni e che produce i vini più celebrati cresce in fasce climatiche relativamente ristrette. Durante la stagione della crescita, le temperature medie dovrebbero idealmente variare tra i 12 e i 22 gradi. Tuttavia anche in questo intervallo la velocità di maturazione dei vitigni è diversa. Le uve precoci come il pinot nero raggiungono il picco mesi prima di quelle tardive come il cabernet sauvignon. Il trucco, dicono i coltivatori, è allineare la maturazione al mite clima dell’inizio dell’autunno, che è necessario per l’accumulo di zuccheri e tannini nell’acino. Se il tempo è troppo poco, l’uva giunge a maturazione prima di aver sviluppato il suo sapore, mentre troppo calore può renderla sciropposa, e portare a una eccessiva produzione di alcol nel processo di fermentazione. Il terreno gioca un ruolo più sottile: i vini migliori provengono da viti coltivate in terreni poveri di nutrienti e di acqua, che concentrano i composti aromatici negli acini. In passato la stabilità climatica dell’Europa ha permesso al concetto di terroir di affermarsi, elevando il vino da semplice merce a espressione di un luogo e di una cultura. Ma il riscaldamento globale ha cambiato tutto in modo irreversibile. “Se vi piacevano i vini di Bordeaux degli anni settanta e ottanta, sappiate che sono finiti per sempre”, afferma Wolkovich. “Il clima stabile che avevamo negli anni cinquanta e sessanta non esiste più. Quindi non possiamo avere i vini che la gente amava a quell’epoca”.

 

Marilou Vacheron, una viticoltrice di quarta generazione della tenuta Clos du Caillou a Châteauneuf-du-Pape, racconta che “negli ultimi dieci anni il clima della zona è diventato sempre più estremo, con prolungati periodi di siccità intensa e violente grandinate. Nel periodo che va dalla fioritura alla vendemmia, abbiamo osservato un aumento della temperatura di 3 gradi, abbinato a una riduzione delle precipitazioni di circa 50 millimetri”. Le temperature in aumento hanno anticipato l’invaiatura, il momento in cui i frutti cominciano a maturare e le bucce degli acini passano dal colore verde al giallo o al viola, cosa che spinge i viticoltori a vendemmiare prima. Un documento con le date delle vendemmie a Beaune, in Borgogna, a partire dal 1354 rivela che, dal 1988, nella regione la raccolta dell’uva è avvenuta in media 13 giorni prima rispetto alla date precedenti.

 

Il clima stabile che avevamo negli anni cinquanta e sessanta non esiste più

 

Nella regione dello Champagne la vendemmia si svolgeva tradizionalmente a metà settembre, per garantire l’acidità che è il segno distintivo delle uve locali. Oggi è sempre più comune che si cominci a metà agosto. Tuttavia, fa notare Wolkovich, le uve che maturano troppo velocemente possono provocare “un sovraccarico di zucchero, una scarsa acidità e uno sbilanciamento dei tannini”. Il risultato è un vino più alcolico e meno raffinato. Robineau cita il caso del pinot nero, da tempo apprezzato per il suo basso contenuto alcolico, la sua acidità e freschezza. “Negli ultimi anni abbiamo avuto un pinot nero con più del 15 per cento di alcol. Non era mai successo negli ultimi cinquant’anni”. Il cambiamento climatico sta anche modificando i periodi di dormienza, cruciali per la salute della vite. Gli inverni più caldi spingono le piante a interrompere prima la dormienza, esponendo le gemme più tenere al rischio di essere danneggiate dalle gelate primaverili. Nel 2021 la Francia ha vissuto un inverno eccezionalmente caldo seguito da un’ondata di freddo anomalo ad aprile. Le viti, appena germogliate, sono morte per le gelate e il raccolto è stato il più misero dalla seconda guerra mondiale.

 

Il caso norvegese

 

Anche l’Europa meridionale ha sperimentato siccità prolungate che hanno messo alla prova la resistenza perfino dei vigneti più forti. “Per produrre vino di alta qualità è necessario un certo grado di deficit idrico”, spiega Cornelis van Leeuwen, professore di viticoltura della Bordeaux Sciences agro, la scuola nazionale superiore delle scienze agronomiche. “Ma c’è un punto di rottura. Se la siccità è troppa, le rese crollano”. Un modello statistico sviluppato da Giovanni Sgubin e dai suoi colleghi dell’università di Palermo ha analizzato l’idoneità dei vigneti europei in vari scenari climatici, tenendo conto di temperature, precipitazioni e umidità, e ha scoperto che le regioni vinicole esistenti potrebbero adattarsi ragionevolmente bene a un aumento di 2 gradi centigradi delle temperature globali rispetto ai livelli preindustriali. Oltre quella soglia, però, la quota dell’attuale superficie europea coltivata a vite e in grado di dare frutti adatti a produrre un buon vino cala drasticamente. Le regioni costiere e di pianura in Spagna, Italia e Grecia sono particolarmente vulnerabili. Il team di Sgubin prevede che siccità e ondate di calore potrebbero rendere inadatto alla produzione vinicola il 90 per cento di queste aree entro la fine del secolo.

 

 

Mentre l’Europa meridionale è alle prese con sfide potenzialmente esistenziali, nel nord del continente le temperature più elevate hanno trasformato terreni un tempo marginali in promettenti vigneti. Con i suoi terreni calcarei e un clima fresco che ricorda quello dello Champagne, l’Inghilterra è diventata una potenza nella produzione dei vini spumanti. E con le estati che si allungano, il vino fermo inglese sta guadagnando terreno. Nell’ultimo decennio si è sviluppata rapidamente anche l’industria vinicola polacca, mentre Estonia, Lituania e Lettonia producono vini che, pur se in quantità modesta, lasciano presagire un futuro in cui l’Europa settentrionale sarà protagonista dell’industria vinicola mondiale

 

Perfino i paesi scandinavi stanno ottenendo buoni risultati. In Norvegia, Bjørn e Halldis Bergum, che gestiscono il vigneto commerciale più settentrionale del mondo, hanno assistito in prima persona all’impatto del cambiamento climatico sulla vinificazione. Arroccato sui ripidi pendii sopra il Sognefjord, a nord di Bergen, la loro tenuta, che si chiama Slinde, è un mosaico di filari bassi curati scrupolosamente a mano.

 

“La primavera arriva prima e l’inverno è posticipato”, spiega Bjørn, “rispetto a quarant’anni fa c’è forse un mese di gelo in meno”, e prevede che presto i vini norvegesi potrebbero fare concorrenza a quelli francesi. Le lunghe giornate estive garantiscono fino al 30 per cento di luce in più per la fotosintesi, aumentando la concentrazione di zuccheri e l’aromaticità dei frutti. “Se qui in Norvegia riuscissimo a far maturare del riesling e dello chardonnay, forse avremmo la possibilità di produrre vini ancora migliori dei loro”, afferma. In Norvegia, inoltre, la produzione non è vincolata dal sistema delle denominazioni. “Qui non abbiamo regole”, dice Bjørn, che ha testato 55 diverse varietà di uva. La sua missione è inventare qualcosa di completamente nuovo, adattando le sue scelte ai microclimi norvegesi. Ogni stagione è una scommessa, perché alcune varietà crescono bene, mentre altre si dimostrano inadatte.


 

Come cambia la mappa del vino

 - Financial TimesFinancial Times

A Stokkebye in Danimarca, Jacob e Helle adottano un approccio diverso. I loro metodi sono molto legati alla tradizione e traggono ispirazione dai processi secolari usati nello Champagne. Gli spumanti della tenuta Stokkebye, realizzati con uve Pinot nero, sono spesso confusi con i più famosi vini francesi. “È solo questione di tempo prima che i produttori francesi comincino ad acquistare terreni qui in Danimarca”, prevede Stokkebye, aggiungendo che alcuni viticoltori francesi hanno già fatto offerte.

 

In termini commerciali, i vini del Nordeuropa sono ancora ai primi passi. “Bisogna capire se i consumatori si faranno convincere da produttori che stanno cercando di coltivare la vite in posti nuovi e non hanno la stessa storia culturale della vecchia viticoltura”, riflette Wolkovich. Frescobaldi afferma invece che la crescita di nuovi concorrenti, come l’Inghilterra o la Danimarca, “spinge tutti noi a produrre vino migliore”.

 


Come cambia la mappa del vino

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Cambiare e adattarsi

 

Ma per farlo, e per affrontare al meglio il cambiamento climatico, i produttori mediterranei devono adattarsi. Molti stanno già piantando le cosiddette colture di copertura, che competono con le viti per acqua e sostanze nutritive, rallentando la maturazione dei frutti. Altri hanno abbandonato la pratica della potatura, lasciando che le foglie non tagliate proteggano l’uva dal calore intenso del sole. In Toscana i vigneti vengono piantati ad altitudini più elevate, dove le notti più fresche rallentano la maturazione. “L’obiettivo non è solo sopravvivere, ma produrre vini che esprimano ancora la loro identità unica”, dice Frescobaldi. Tuttavia, per molti viticoltori le innovazioni più efficaci sono anche le più controverse: scegliere vitigni più adatti al nuovo clima e irrigare il terreno.

 

Alcuni grandi produttori, come lo spagnolo Torres, stanno recuperando varietà autoctone dimenticate e più resistenti al calore, mentre a Bordeaux è stata presa la decisione storica di consentire l’uso, secondo le regole della denominazione controllata, di vitigni mediterranei come il marselan e la touriga nacional, originaria del Portogallo. Tuttavia, introdurre nuove varietà di uva o modificare le pratiche può richiedere decenni, per le difficoltà fisiche e logistiche, e per gli ostacoli normativi. Molti produttori ritengono che il sistema sia ancora troppo rigido. Altri, invece, temono che questi cambiamenti minaccino la qualità dei vini delle regioni storiche, come la Borgogna, mettendo a rischio la fiducia e l’attaccamento dei consumatori, costruiti nel corso dei secoli.

 

Le autorità francesi stanno consentendo ai produttori di vini a denominazione controllata di irrigare le viti con maggior frequenza a causa delle scarse precipitazioni e delle ondate di calore. Van Leeuwen racconta che molti viticoltori stanno facendo pressione per un ulteriore allentamento delle regole. Ma è irremovibile nel sostenere che la regione di Bordeaux non ne ha bisogno. “Abbiamo 800 millimetri di pioggia all’anno. E se consideriamo le annate migliori, sono sempre quelle più secche”. Nella regione della Linguadoca, nel sudovest della Francia, oggi circa il 20 per cento dei vigneti è irrigato, spiega van Leeuwen, che poi aggiunge: “Sono piuttosto preoccupato per questa tendenza”. Il motivo è che sfrutta risorse idriche già limitate e rischia di abbassare la qualità del vino.

 

L’uso di varietà ibride appositamente selezionate è un altro tema di dibattito. Se in Danimarca, Svezia e nei paesi baltici oggi si fa il vino, in gran parte è merito di vitigni resistenti alle intemperie, come il solaris. Nell’Europa meridionale, gli ibridi garantiscono invece resistenza alla siccità e alle muffe, consentendo ai viticoltori di adattarsi a un clima più caldo e secco senza ricorrere all’irrigazione o alla chimica. “Gli ibridi sono promettenti perché richiedono meno irrorazioni e hanno un impatto ambientale minore. Ma hanno ancora molta strada da fare”, dice Frescobaldi. “In Toscana abbiamo piantato piccoli terreni di prova con degli ibridi, ma non stanno dando risultati soddisfacenti. Per il momento non li imbottiglierei”. Wolkovich nota che il processo di selezione è ancora agli inizi: “Coltiviamo pinot nero da duemila anni. Gli ibridi, invece, stanno ancora cercando la loro strada”.

 

La sostituzione dei vitigni e l’uso di nuove pratiche in vigna sfidano il concetto stesso di terroir. “Il vino deve essere il riflesso del suo territorio, della sua posizione”, sostiene Frescobaldi. “Se coltiviamo tutto dovunque, perdiamo il senso del luogo, l’identità del vino. La nostra responsabilità di produttori è insistere su questo senso di origine”.

 

“Come si può fare un bordeaux con il touriga?”, chiede Robineau. “È ovvio che il concetto di terroir si perde, perché il touriga non è un’uva originaria del bordolese”. Ma Wolkovich ricorda che, per quanto riguarda i più drastici casi di adattamento, un precedente c’è già. Alla fine dell’ottocento un’epidemia di fillossera (un parassita della vite) devastò i vigneti europei e costrinse i coltivatori a un grande sforzo di reimpianto. Il carattere dei bordeaux o dei borgogna di oggi “è il risultato di decisioni prese poco più di un secolo fa”, spiega Wolkovich. “Il vitigno è solo una piccola componente della magia del vino. Non so se i consumatori lo capiranno, ma spetta anche all’industria spiegarglielo”. bt

 

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